[Focus] Il sangiovese (toscano) degli altri

[Focus] Il sangiovese (toscano) degli altri

di Tommaso Ciuffoletti

Un giro di assaggi, con alcuni consigli per gli acquisti, di sangiovesi “altri”. Principalmente sangiovesi toscani provenienti da zone meno celebrate della regione, ma in un paio di casi ci sono segnalazioni anche per vini di denominazioni canoniche che meritano di essere menzionati per la qualità o, meglio ancora, per il rapporto qualità-prezzo.
Note di degustazione rapide e sintetiche, salvo alcuni casi in cui il dilungarsi è necessario a sottolineare il valore del vino in questione.

Ogni eventuale pregiudizio positivo che possa avere nei confronti dei produttori citati è debitamente menzionato, ma vi assicuro in premessa che niente di quel che troverete consigliato lo è in virtù d’altro che non sia il mio gusto ed i parametri che ritengo qualificanti per un vino fatto (per la grandissima parte almeno) con uva sangiovese.

Alcuni assaggi sono stati fatti in ristoranti ed enoteche (sempre pagando la bottiglia recensita). Tuttavia la maggioranza degli assaggi menzionati è stata fatta a Firenze il 17 febbraio 2023 durante la manifestazione Anteprima L’Altra Toscana, che mette insieme una serie di consorzi toscani meno celebri rispetto ai vari Montalcino, Chianti Classico, Bolgheri, etc… Occasione interessante e ben organizzata, per spaziare oltre la solita Toscana in cerca di bevute altre. Si passa per zone e stili diversi, categorie di prezzo lontanissime fra loro e per protagonisti con storie ed origini le più disparate, a dimostrazione di come il sangiovese si leghi, per fili multicolore, alle tante vicende toscane che è possibile raccontare attraverso un bicchiere.

SANGIOVESE

sangio

Sangioveto, sangiovese grosso, prugnolo gentile… ok, in realtà è tutto sangiovese. Da quel che è possibile leggere [1] ed ascoltare parlando con addetti ai lavori, la vulgata secondo cui esistono fondamentalmente due tipi di questo vitigno, di cui l’uno, denominato “Sangiovese grosso” o “dolce” o “gentile” e lo altro denominato “Sangiovese piccolo” o “forte” o “montanino” (riportata anche sul sito del Ministero dell’Agricoltura[2]) non sembra molto fondata.
Tra le teorie sull’origine di questo vitigno, una delle più comuni lo vuole diffuso in area etrusca tra il Tevere e l’Arno [3] grossomodo quella terra che per tanto tempo è stata chiamata Tuscia e che comprende territori che oggi stanno tra Toscana, Umbria e Lazio; tutte regioni dove lo si coltiva ancora oggi. Del resto è il vitigno a bacca nera più presente in Italia, mentre all’estero lo si trova raramente. Toscana, Umbria e Lazio, come dicevamo, ma anche Marche ed Emilia Romagna sono le principali regioni dove viene coltivato, ma qui ci soffermeremo sulla Toscana.

In questa regione, il sangiovese (in purezza o come vitigno principale) rientra nei disciplinari di vini che si sono affermati a livello globale con una riconoscibilità ed un apprezzamento senza pari. Brunello di Montalcino, Chianti Classico, Nobile di Montepulciano, ma ci sono anche denominazioni meno celebri, eppur altrettanto storicamente importanti, come Montecucco, Carmignano (anche se in quest’ultimo caso si richiede la sua presenza solo fino al 50% [4]) e altri. Non solo: al di fuori delle denominazioni ci sono espressioni eccellenti del vino che questo vitigno può dare.

Il vino

Generalmente possiamo dire che i vini prodotti con sangiovese in purezza abbiano un’acidità piuttosto elevata e un alto contenuto di tannini, colore moderato e una struttura media[5] La definizione base è corretta. Ci sono stili e modalità produttive che inevitabilmente influenzano il vino che si ottiene da uve sangiovese, tanto quanto il terreno e il territorio. Di norma si ritiene che terreni calcarei, meglio se – come usa dire – ricchi di scheletro, siano l’ambiente privilegiato per questo vitigno, per farne esprimere meglio le note fruttate, anche se si trovano grandi vini a base di sangiovese coltivato su terreni argillosi (tanti Brunello ad esempio) o sabbioso “tufacei” (si prenda questa definizione come riferita tanto al tufo correttamente inteso, quanto a sabbie plioceniche compattatesi nel corso dei millenni[6]) . Storicamente l’esposizione a sud del vigneto era considerato un fattore importante (ricordo un video in cui Giulio Gambelli ribadiva più volte questo concetto). Oggi, forse, anche quella regola è in discussione alla luce delle estati sempre più calde che vanno diventando la norma, così come si vanno cercando vigne ad altitudini un tempo non esattamente apprezzate. Insomma, il sangiovese è un vitigno che – a parte rare eccezioni – ha trovato in varie parti della Toscana gli ambienti ideali per la propria diffusione, i produttori hanno trovato nel sangiovese un vitigno a cui concedere sempre più fiducia, ottenendone in cambio grandi soddisfazioni ed infine i consumatori hanno trovato nei vini di sangiovese un ventaglio di opzioni per tanti palati ed altrettanti portafogli.

Il sangiovese, per come l’ho conosciuto io e per come a me piace, è un vino generoso, ma non troppo. Al naso spazia dai toni floreali delle versioni più fresche a quelle più fruttate (e più canoniche), rimanendo sempre sui toni del rosso e non cedendo ad eccessive dolcezze. Con l’evoluzione vira su toni più terragni di bosco autunnale. In bocca usa la stessa misura nel concedere la propria parte fruttata su un corpo mai eccessivo. L’uso del legno deve essere dosato per non tradire il lato più riservato del sangiovese. Innegabile che il tannino giochi una parte importante perché è dove il sangiovese può risultare antipatico. Dando per buono di avere a che fare con vini ben fatti (evitando tannini verdi o amari), è bene accettare qualche asperità giovanile, piuttosto che qualche rifinitura di troppo. Al resto pensa l’acidità.

CHIANTI RUFINA

Zona fresca che si incontra andando da Firenze verso le montagne dell’Appenino Tosco-Emiliano. Una zona pre-montana, dove le vigne e gli oliveti cedono sovente il posto a boschi fitti e più raramente a borghi o pievi. La DOC risale al 1967, mentre la DOCG fu ottenuta nel 1984. Il disciplinare prevede il sangiovese da 70 a 100%.

FRASCOLE – Azzardo una premessa: comprate tutto quello che trovate di Frascole. Il rapporto qualità prezzo è a favore della qualità in tutti i vini che ho assaggiato ed è un’azienda di sicuro avvenire, dato che il suo futuro è nelle mani di un ragazzo di 27 anni di cui sentirete parlare: Cosimo Lippi.

Frascole – Chianti Rufina DOCG 2021 (Sangiovese Colorino, Canaiolo) – Naso bellissimo, bocca altrettanto. Frutto, tannino, acidità. Ottimo.
Frascole – Chianti Rufina Riserva DOCG 2020 (Sangiovese, Colorino) – Idem come sopra, naso forse ancora più entusiasmante.

Servono alcune parole per inquadrare meglio il senso di queste note così rapide. I Chianti Rufina di Frascole staccano quanto assaggiato dalla stessa zona in anni recenti. Un vino che tiene insieme l’eleganza di frutta rossa che emerge netta dal bicchiere, un tannino che non graffia, ma ha gli spigoli giusti e schietti che deve avere un bel sangiovese ed un’acidità che chiude in bellezza il sorso.
L’azienda si trova nel comune di Dicomano, su un poggio a circa 340 m s.l.m.. A fondare la cantina nel 1992, Elisa Santoni ed Enrico Lippi. Ad aiutarli da qualche anno è il figlio Cosimo. Studi ed esperienze di lavoro in Borgogna. Ricercando nell’archivio di Intravino ho trovato un vecchio pezzo dedicato ai trebbiani di Toscana e quelli di Frascole figuravano tra i migliori assaggi del lotto.
Online il Chianti Rufina di Frascole si trova a 15 €, la Riserva a 28.

Sulla destra Cosimo Lippi di Frascole (foto da www.frascole.it)

Sulla destra Cosimo Lippi di Frascole (foto da www.frascole.it)

Altri Chianti Rufina
Castello del Trebbio
Chianti Rufina Riserva DOCG 2018 – Grande naso, bocca decisamente più esile. Pulita ma fin troppo diafana.
Podere il Balzo Chianti Rufina DOCG 2019 – Uno strano mix di naso pesante e di una bocca invece molto lieve.
Podere il Lago Chianti Rufina DOCG 2020 – Naso terroso, bocca molto più intrigante sia per il frutto che per una leggera nota di spezia dolce.

MONTECUCCO

Parlando di vino, qua siamo tra il Brunello di Montalcino e il Morellino di Scansano. Parlando di geografia siamo nel versante occidentale dell’Amiata che guarda verso il mar Tirreno. Parlando di mitologia, ci sono storie notturne di sangiovesi di Montecucco che attraversavano il fiume Orcia per trasformarsi da vini economici in altri che costano dieci volte tanto…
Il Consorzio Tutela Vini Montecucco nasce nel 2000. Le varie categorie di Montecucco (quelle rosse ovviamente) contemplano sempre il sangiovese come vitigno principale. [7]

AMIATA… I VINI DEL VULCANO – Curiosa la scelta del nome di questa azienda (va bene il toponimo, ma che sia localizzato e non un’intera montagna! Immaginate un’azienda che avesse a chiamarsi “Montalcino” aggiungendo poi “… i vini del poggio”). Ma sorvolerò sul punto, perché si tratta di un’azienda che sta acquisendo consistenza e sta mettendo a fuoco i propri vini e questo è quello che conta. Siamo poco sotto il borgo di Montegiovi, ai piedi del versante occidentale del monte Amiata, le vigne hanno un’ottima esposizione e stanno un’altitudine di circa 450 m.

Lavico – Montecucco Sangiovese DOCG 2015 (Sangiovese) – Naso e bocca sono in rispondenza e hanno una grande compostezza ed equilibrio complessivo. Siamo sui toni di un’evoluzione che conserva freschezza di beva, ma con carattere più maturo e accenni di tabacco e liquirizia. Tutti gli elementi sono ben integrati. Manca forse un po’ di frutto ma vino davvero interessante.

Ricordo che anche altre annate bevute in passato mi erano quasi sempre piaciute, in alcuni casi l’alcol era un po’ eccessivo e i vini non sempre bilanciati. Qua, invece, mi pare che il lavoro di messa a fuoco stia andando nella giusta direzione. Interessante la scelta di proporre i propri rossi solo dopo un lungo invecchiamento, cosa che dà ulteriore valore ai vini dell’azienda. Dove trovate un sangiovese 2015 stilisticamente corretto ad un prezzo sotto i 20 €?
Online, Lavico 2015 si trova in vendita a 18€.

Stefania e Simone dell'azienda "Amiata .. i vini del vulcano". Foto da www.amiatavini.it

Stefania e Simone dell’azienda “Amiata… i vini del vulcano”. Foto da www.amiatavini.it

Altri Montecucco
Collemassari
Poggio – Lombrone Montecucco Sangiovese Riserva DOC 2017 – Spara un po’ troppo sull’alcol al naso ma in bocca si tiene in un equilibrio al limite. Tannino ancora troppo mordace, un legno ancora non pienamente integrato, anche se c’è un bel frutto che si riesce a distinguere. Nel complesso: non il mio vino.
Vegni e Medaglini – L’Addobbo Montecucco Sangiovese DOCG – Questa non è una nota di degustazione, ma una richiesta: qualcuno lo ha assaggiato di recente? Perché questo è uno di quei sangiovesi che per rapporto qualità-prezzo ho amato di più negli anni. Ultimamente non ho avuto modo di riassaggiarlo ma ne conservo uno di quei ricordi che valgono da soli la menzione e una richiesta: Chi l’ha visto? Qui, potenzialmente c’è un best buy di valore assoluto. Con una nota per i consumatori che dovessero imbattersi in una bottiglia di Addobbo: non lasciatevi scoraggiare dall’etichetta. 
Salustri – Santa Marta Montecucco DOC – Anche qua manca un assaggio recente ma si tratta di un Montecucco mitico per gli amanti del sangiovese. E anche qui va notato che l’etichetta, per dirla diplomatica, non rispecchia il mio concetto di bellezza.

VALDARNO DI SOPRA

La Denominazione Valdarno di Sopra è stata costituita nel 2011 su un territorio molto particolare (la vicenda geologica della creazione del Valdarno è veramente un unicum) ed una storia vitivincola segnata dal celebre bando di Cosimo III del 24 settembre 1716, “sopra la dichiarazione di confini delle quattro Regioni: Chianti, Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra”. La categoria più rilevante per il Sangiovese è ovviamente quella Valdarno di Sopra Sangiovese, con almeno l’85% di sangiovese.

PETROLO – Ci si sposta su una fascia di prezzo diversa rispetto ai vini visti fino ad ora ed anche il blasone dell’azienda è di diverso lignaggio. Tuttavia, per quel che interessa a noi, a rilevare è la qualità del sangiovese di Petrolo, che pure è diventata Petrolo grazie ad un merlot, il celebratissimo Galatrona, vino di concentrazione e finitura stilistica che interpretava bene gli anni (seconda metà dei ’90) in cui si è affermato a livello italiano e internazionale[8]. Il Sangiovese che Petrolo ha iniziato a produrre in anni relativamente recenti, è giocato su finezza e pulizia, bella acidità ed è giusto fare i complimenti a Luca Sanjust, proprietario e direttore dell’azienda, al consulente Carlo Ferrini e al quasi-giovane enologo Simone Cuccoli.

Petrolo Bòggina A – Valdarno di Sopra Sangiovese DOC 2021 (Sangiovese) – In questo caso A sta per anfora, dove il vino viene vinificato e invecchiato. Naso molto nitido, pulito, fresco, piccoli frutti rossi. Bocca finissima, tutto frutto, buon corpo, tannino morbido, finale lungo e pulito, bella acidità. Grandissimo equilibrio complessivo.
Petrolo Bòggina C – Valdarno di Sopra Sangiovese Riserva DOC 2020 (Sangiovese) In questo caso C sta per classico, a segnalare la vinificazione in vasche di cemento e affinamento in tonneaux di rovere. Naso con note un po’ più mature del Boggina A, forse con qualche dolcezza di troppo. Bocca composta, tannino ancora mordace, finale lungo e piacevole.

Ho preferito il Bòggina in anfora tra i due degustati, ma entrambi sono delle grandi versioni di sangiovese in purezza, capaci di bilanciare gli elementi in gioco – in particolare esprimendo con grazia un corpo vigoroso – e rispettando i caratteri del vitigno. Chapeau.
Online i due Bòggina, si trovano per cifre che stanno fra i 55 e i 60€.

Petrolo e la torre di Galatrona da www.petrolo.it

Petrolo e la torre di Galatrona da www.petrolo.it

Altri Valdarno di Sopra
Tenuta Sette Ponti Vigna dell’Impero Valdarno di Sopra Sangiovese DOC 2019- Toni più ematici, qualcosa di pomodoro, naso che non è nelle mie corde. Tannino molto ben integrato, corpo in equilibrio, ottima acidità. Una bocca, in definitiva, molto più convincente del naso.
Tenuta Sette Ponti Crognolo Toscana IGT 2020 – Qua si sente subito e si vede che non c’è solo sangiovese (è in blend con il merlot). Una bella bocca. Poco caratteristico, ma ben fatto.
Podere il Carnasciale Ottantadue Valdarno di Sopra Sangiovese DOC 2021 – Forse un eccesso di grazia in questo vino, che risulta fin troppo lieve sia al naso che in bocca. Forse bevuto in batteria sconta un po’ questo suo carattere meno espansivo. Da riassaggiare in solitaria.

ORCIA

Il Consorzio del Vino Orcia completa il proprio nome con il payoff “Orcia, il vino più bello del mondo”. Un po’ eccessivo, non c’è dubbio, ma certo chi non ha mai visitato la Val d’Orcia ha la sfortuna di non conoscere una campagna meravigliosa. Di contro ha la fortuna di potersi stupire il giorno che la conoscerà. Siamo nella parte sud della provincia di Siena, fra morbide colline di argilla pliocenica, disegnate dal lavoro secolari di mezzadri, dal grano e dai cipressi. Di un’armonia da far davvero chiedere se “i contadini toscani fossero più agricoltori o artisti”. La denominazione Orcia è nata il 14 febbraio 2000 e comprende le varietà Orcia, ottenuta da uve rosse con almeno il 60% di sangiovese, e Orcia Sangiovese, con almeno il 90% di questo vitigno.

PODERE FORTE – Qui è prendere o lasciare. Il progetto di Podere Forte è una di quelle cose da “qui non si bada a spese” che capisco possano non appassionare tutti. Pasquale Forte è un imprenditore di successo, self made man alla guida di un’azienda da oltre 3000 dipendenti “leader nel settore dell’automotive”. Su Podere Forte ha riversato una quantità di risorse impensabile per chiunque non sia ricco, ma ricco parecchio. Tuttavia provando ad andare oltre alcune sbavature da “tanto me lo posso permettere”, c’è un’azienda che ha gran cura per il dettaglio in vigna e in cantina. Sia da un punto di vista ambientale (dal recupero delle acque reflue all’impegno a farsi carbon neutral entro il 2035… ed io dico che con un po’ di buona volontà, viste le risorse disponibili, l’obiettivo si potrebbe avvicinare nel tempo), sia da un punto di vista della cura per il prodotto vino (ricordo la descrizione di un sistema molto sofisticato, in ogni passaggio della lavorazione, per evitare il contatto con l’ossigeno). Cerchiamo quindi di astrarci da ogni altra considerazione, per misurare il senso di questo progetto con l’unico metro del bicchiere (poi vedremo anche i prezzi).

Petrucci Melo – Orcia DOC 2017 (Sangiovese) – Naso bellissimo, che risente appena un po’ dell’alcol, ma ci sta considerando l’annata. Bocca di pulizia estrema. Frutti rossi, bello aperto, ampio. Corpo in equilibrio perfetto con tannino e acidità. Finale brillante. Vino OTTIMO (sì, avevo appuntato ottimo tutto in maiuscolo).
Petrucci Anfiteatro – Orcia DOC 2017 (Sangiovese) – Naso più intenso e scuro, ma sempre molto suadente. Sangiovese caldo, come l’annata, ma senza alcuna concessione a toni surmaturi. Bocca anche qui in grande equilibrio, un tannino che morde appena un p’ di più e finale forse un po’ meno entusiasmante. Gran vino, ma forse più del precedente ha risentito dell’annata calda.

In generale poter assaggiare due vini così vicini, della stessa annata, offre la possibilità di fare raffronti che ritengo molto utili. Due grandi sangiovesi in un’annata 2017 che è stata calda, siccitosa e sfidante per chiunque. Se si usa il metro del bicchiere, c’è poco da dire, se non che siamo a livelli molto alti.
Se si usa il metro del portafoglio: sia Petrucci Melo che Petrucci Anfiteatro si trovano online per 170 €.

Pasquale Forte - foto da forbes.it

Pasquale Forte – foto da forbes.it

CARMIGNANO

Siamo in provincia di Prato ed anche questa è una delle zone menzionate nel celebre bando mediceo del 1716. Ma Carmignano è anche una delle DOCG più piccole d’Italia, con i suoi 200 ettari di vigneto. Qua il sangiovese entra nei disciplinari da un minimo 50 fino ad un massimo di 90%, mentre è caratteristica di questa denominazione la presenza di cabernet, sia franc che sauvignon. 

CAPEZZANA – Azienda storica di questa denominazione, Capezzana nei suoi Carmignano prevede sempre una quota rilevante di sangiovese, solitamente in abbinata al cabernet sauvignon. Mediamente siamo siamo l’80% di sangiovese e la restante parte di cabernet sauvignon, abbastanza tuttavia da suggerire di non inserire questi vini in un report d’assaggi tutti dedicati al sangiovese. Vini tipicamente ben fatti, per quanto mi riguarda i più consistenti della denominazione (e ci sarebbe una menzione anche per il vin santo aziendale). Tuttavia era in degustazione anche un vino che non avevo mai degustato prima: UCB, acronimo di Ugo Contini Bonnaccossi, non il fondatore dell’azienda, ma di fatto il suo rinnovatore, colui che ne impostato la traiettoria che ancora oggi Capezzana segue. Deceduto nel 2012 all’età di 91 anni, a lui è dedicato questo vino, sangiovese in purezza (qua potete leggere un report di Andrea Gori dedicato ad una verticale di questo vino).

Capezzana – UCB – Toscana IGT 2018 (Sangiovese) – Balsamico, toni di erbe aromatiche e fiori secchi. Sangiovese lieve, molto floreale. Particolare. Interessante.

Carmignano è una zona in cui non sempre le maturazioni delle uve filavano lisce. Questo almeno come dato storico, ma gli ultimi anni stanno rivedendo questa verità data per acquisita. Ecco che si apre uno spazio possibile per dei sangiovesi in purezza come questo UCB. Vino che conserva tratti molto freschi, ma che pure li presenta in chiave di carattere e stile, non di difetto. Io dico di tenere d’occhio questa zona e soprattutto il sangiovese che potrebbe venire da qui. È zona piccola, ripeto, e in cui il sangiovese non è mai stato troppo in solitaria, ma che potrebbe tirar fuori qualche chicca di qui ai prossimi anni.
UCB si trova online a circa 60 €.

La tenuta di Capezzana a Carmignano - foto da: fsnews.it

La tenuta di Capezzana a Carmignano – foto da: fsnews.it

GLI ALTRI

Qui passerò in rassegna solo aziende e vini a base di sangiovese che bevo, ribevo e riberrò, tralasciando l’introduzione alla denominazione (che in certi casi è semplicemente quella di IGT Toscana), ma cercando di dare dei suggerimenti utili per bere bene oggi e forse anche meglio domani!

Paolo Marchionni – Ho detto che ogni pregiudizio positivo sarà segnalato. Bene: Paolo è un amico (per chi fosse interessato, qui su Intravino c’è un racconto di lui che ho fatto qualche tempo fa) ed una persona che stimo, a cui chiedo consigli, che cerco di prendere ad esempio. Rossovigliano è il vino base che produce a pochi chilometri da Firenze, nelle colline che stanno sopra Scandicci. È per me uno standard di riferimento per come si possa fare un sangiovese che tiene insieme sostanza ed eleganza, corpo e finezza, godibile nell’immediato, con margini di miglioramento nel tempo e ad un prezzo che è una scelta politica più che commerciale. E – forse sopra ogni altra cosa – ha una costanza di qualità che lascia sorpresi. Paolo ormai ha una consistenza, conquistata annata dopo annata, che lo mette tra gli interpreti più precisi di questo vitigno. Se pensate che l’amicizia influisca su questo giudizio, siete liberi di farlo, altrimenti potete fidarvi quando vi dico che no, non sono il tipo di amico che ti dice che sei bravo quando fai una cazzata.
Rossovigliano IGT Toscana 2020 (Sangiovese) – Naso bello, pieno, espressivo, fruttato: fragola matura, ciliegia, ritorni floreali. L’affinamento in cemento preserva la freschezza del frutto anche per la bocca, dove il tannino è già ben integrato, il corpo è generoso ed il finale pulito e luminoso.
Rossovigliano si trova online a 14 €.

Paolo Marchionni - foto di Andrea Moretti - da Facebook

Paolo Marchionni – foto di Andrea Moretti – da Facebook

Caprili – “A Montalcino le aziende spuntano ormai come funghi d’autunno e per il solo fatto di avere scritto Montalcino in etichetta ti chiedono dei prezzi che se provi a trovargli un senso nel bicchiere… meglio lasciar perdere”, questa frase – credo di averla riportata alla lettera – è stata pronunciata in mia presenza da un importante produttore ilcinese di cui avrò cura di non fare il nome. Una frase che faccio mia, perché credo colga un punto di verità difficilmente contestabile.
L’hype di Montalcino è noto a chiunque frequenti il mondo del vino anche solo distrattamente. Ma anche a chi lo frequenta con attenzione potrebbe essere sfuggita l’azienda Caprili. Eppure siamo sulla strada per andare da Soldera e Pieve Santa Restituita. Caprili è una di quelle aziende fondate da famiglie di ex mezzadri (penso ad altre aziende di Montalcino, come Capanna, ad esempio): la famiglia Bartolommei. Non fanno vino da ieri ma dal 1978 e sia il loro Rosso che il loro Brunello di Montalcino sono di una correttezza stilistica rigorosa e vengono venduti a prezzi tra i più accessibili della denominazione. Si renda merito a questa famiglia e ai loro vini, dunque. Su Intravino ho trovato un bel racconto di Andrea Gori sul Brunello 2015 e 2016 di Caprili.
Caprili Brunello di Montalcino 2018 – Riprendo qui le note di Andrea Gori dal suo report sui Brunello 2018: Trasparenza fruttata, amarena, resine e curcuma, sorso grintoso, sapido e fine, allunga alla grande 93
Caprili Rosso di Montalcino 2021 Uno stile classico, di grande rispetto del vitigno e della sua espressività. Naso preciso ed essenziale nei toni, ma intenso nella definizione di ciliegia e leggera speziatura dolce. In bocca si mantiene sulle stesse note espresse con una bella freschezza e qualche tono balsamico. Medio corpo, finale pulito, persistente.
Il Brunello 2018 di Caprili si trova online a 40 € il Rosso a 15 €.

Alfo Bartolommei - foto da: consorziobrunellodimontalcino.it

Alfo Bartolommei – foto da: consorziobrunellodimontalcino.it

Giacomo Baraldo – Sono passati più di 4 anni da quando pubblicammo qui su Intravino la prima intervista (e forse il primo pezzo dedicato) a Giacomo Baraldo. Allora Giacomo produceva solo pochissime bottiglie in quel di San Casciano dei Bagni, estremo sud della provincia di Siena, non lontano dal confine con Lazio e Umbria. Ricordo anche qualcuno che ebbe a fare dell’ironia sul fatto che si recensissero vini di produttori che al massimo potevano essere inquadrati come hobbisti (potrei fare nome e cognome del fine analista, ma mi pare superfluo). Beh, 4 anni dopo Giacomo ha dimostrato coi suoi vini di cosa è capace. Noi nel frattempo siamo diventati amici e abbiamo anche giocato a produrre un vino insieme (per ora solo una prova da hobbisti!), per cui anche in questo caso segnalo che se qualcuno vuole fermarsi qui con la lettura, ha tutto il diritto di farlo.
Per chi ha voglia di proseguire Giacomo ha una mano che sul Sangiovese è andata facendosi più precisa anno dopo anno, nel mentre che si faceva più matura anche la vigna del Bossolo, che circonda la sua casa su due lati. Il suo sangiovese Il Bossolo 2019 è forse la prova più compiuta, complice anche un’annata forse sottovalutata dalla critica, ma che – specie nel sud della Toscana- è stata notevolissima. Siamo su un terreno argilloso, un microclima che risente della vicinanza di quelle vasche termali di epoca etrusca che oggi sono all’attenzione del mondo intero ed un vino che di norma gioca su toni più scuri di altri sangiovesi visti fin qui, ma che tiene freschezza grazie anche alla lavorazione che prevede circa un 20% delle uve fatte fermentare direttamente in vigna e a grappolo intero.
Giacomo Baraldo – Il Bossolo – IGT Toscana 2019 (Sangiovese)Al naso ha note virate su toni più scuri del rosso, che si ritrovano anche in bocca. Ciliegia durone, marasca, un sorso pieno, appagante, di polpa e succo. La freschezza esce a fine sorso, insieme ad una buona acidità. Complice l’annata, ma qui c’è una nuova traiettoria – a parer mio – dei vini di Giacomo. Credo quella giusta.
Online Il Bossolo si trova a circa 28€.

Giacomo Baraldo

Giacomo Baraldo

Salcheto – Ho un’attenzione particolare per questa azienda della zona di Montepulciano, perché dall’inizio ne seguo il percorso di sostenibilità e per quanto mi riguarda è l’azienda che più di ogni altra ha mosso con anticipo i passi giusti verso una compiuta realizzazione di un modello moderno d’azienda. Sostenibilità significa non solo attenzione alla vigna, ma ad ogni fase della lavorazione (dal risparmio energetico al recupero delle acque reflue). Ma soprattutto non significa solo sostenibilità ambientale, ma anche attenzione ai lavoratori e agli aspetti sociali del proprio lavoro. Il tutto non solo raccontato, ma certificato da una lunga serie di enti ed agenzie (tra le altre cose Salcheto è, se non ricordo male, la prima azienda vinicola italiana ad essere stata certificata come B-Corp). Insomma, per me è un modello di riferimento. I vini all’inizio scontavano forse qualche imprecisione, inutile negarlo o nasconderlo, ma hanno trovato sempre maggiore definizione e di recente ho assaggiato al Santo Bevitore di Firenze, la 2019 del loro Nobile di Montepulciano …
Salcheto Nobile -Nobile di Montepulciano D.O.C.G. 2019 (Sangiovese) – Naso ricco, pieno, anche qui (come nel vino di Giacomo) con qualche tono scuro. C’è ciliegia durone, prugna, fragola matura, ma anche qualche nota di menta che mi piace. Anche in bocca il frutto domina un sorso che però riesce a rimanere agile. Anche qui frutto in rosso scuro e note balsamiche. Tannino ben integrato, finale sorprendentemente fresco.

 

 

Sezione della cantina di Salcheto - da Salcheto.it

Sezione della cantina di Salcheto – da Salcheto.it

Cantina del Rospo – Non si dovrebbe mai parlare di sé. Per questo non lo farò. Ma parlerò comunque del vino che fa un’azienda che ho fondato con due amici, quindi anche in questo caso potete passare oltre se volete e sostenere che sono una persona poco elegante.
Tuttavia non parlerò di me, perché il merito agricolo ed enologico di quanto si sta facendo negli ultimi anni va ascritto all’esperienza di Tommaso Furzi e al grande lavoro di Olmo Fratini. Enologo che lavora in vigna il primo, bevitore che lavora ovunque il secondo (per dirla con le parole di Antonio Camillo “Olmo si fa un culo come un cesto” e fidatevi che conosco Olmo da quando è nato e se mi aveste detto che un giorno avrei scritto questo di lui vi avrei detto che siete pazzi… ma questa cosa che stiamo facendo è talmente assurda che non mi sorprendo più di niente). Siamo a San Giovanni delle Contee, frazione del terzo comune più povero di Toscana e ben piazzato anche tra i più poveri d’Italia: Sorano. Nella provincia di Grosseto: la seconda meno densamente popolata d’Italia e seconda anche per tasso di spopolamento. Siamo nella ricca Toscana da un punto di vista geografico (sul confine con il Lazio e l’Umbria non è lontana), ma da un punto di vista socioeconomico … facciamo un po’ storia a parte. Per dirla con un vecchio manifesto della regione Calabria che fece rumore: sì, siamo sangiovannesi, siamo i peggiori, ma tra questi tufi di Tuscia c’è un fermento nuovo che vi consiglio di tenere d’occhio (ragazze e ragazzi che stanno partendo con progetti che … ma ci sarà tempo e modo di parlarne).
Perché abbiamo un ambiente poco toccato da mani invadenti, un territorio che registra dislivelli notevoli e suoli diversi nello spazio di pochi km. Una base di argille plioceniche e un mediopiano di tufo che su quell’argilla è piovuto in forma di sabbia vulcanica circa 400mila anni fa. E abbiamo anche gli ultimi versanti del complesso dell’Amiata a dare ulteriori opzioni. Il sangiovese che facciamo viene oggi in gran parte da due vigne piantate negli anni ’70 (e una terza se ne aggiungerà quest’anno). Un fondo di argilla su cui si sono depositate sabbie di grana diversa, esposizione nord-sud ad un’altitudine di circa 450 m.
Sciornaia – IGT Toscana 2022 (Sangiovese) In passato abbiamo fatto i nostri esperimenti e i nostri errori (3 annate clandestine e 2 ufficiali), ora tra cemento e damigiana stiamo andando verso una quadra fatta di naso di frutta rossa, fragoline di bosco, ciliegie fresche, amarena. In bocca siamo sulle stesse note di freschezza, con un filo di liquirizia e di note balsamiche che avevamo anche nelle altre annate. Un corpo lieve ed una buona acidità. Un vino selvaggio, ma più elegante di me.
Sciornaia non lo trovate (ancora) online.

 

Io, Tommaso Furzi e Olmo Fratini. Foto di Giacomo Laser - da Facebook

Io (poco elegante), Olmo Fratini e Tommaso Furzi. Foto di Giacomo Laser – da Facebook

QUEL CHE RIMANE

Quel che rimane è la convinzione che il sangiovese toscano sia una chiave per conoscere luoghi e storie che stanno oltre Montalcino e il Chianti Classico. Qui ho cercato di raccontare alcune di quelle storie e di quei luoghi e di farlo attraverso bicchieri fedeli a questo vitigno che, per me, è il primo dei rossi.

[1] Quattrocalici
[2] http://catalogoviti.politicheagricole.it/
[3] Fondazione Banfi.
[4] PoliticheAgricole.it.
[5] Quattrocalici.
[6] Sul tema si possono trovare alcune note esplicative nel focus sul Chianti Classico
[7] Consorzio Montecucco.
[8] Va segnalato che negli ultimi lustri lo stile si è fatto più lieve.

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Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

10 Commenti

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Stefano Cinelli Colombini

circa 12 mesi fa - Link

Articolo come sempre molto puntuale, aggiungerei solo che una nota caratteristica del Sangiovese toscano è l'eleganza. Sò bene che questo è un concetto più "poetico" che tecnico, forse impossibile da quantificare, ma l'armonia tra le varie componenti che trovo nelle migliori espressioni del Sangiovese toscano è rara anche tra i vini più grandi e famosi.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 12 mesi fa - Link

Sottoscrivo la nota sull'eleganza. Sì, anche per me il Sangiovese interpreta bene questo concetto (certo più poetico che tecnico). Giusta notazione!

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Gianfranco Campione

circa 12 mesi fa - Link

Burton Anderson , agli inizi del Rinascimento toscano , defini' il Sangiovese : vino rustico elegante. Una definizione semplice e insuperata.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 12 mesi fa - Link

Grandissimo Burton

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Vinogodi

circa 12 mesi fa - Link

...l'"eleganza" sta al vino come la "simpatia" ad una donna...

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AG

circa 12 mesi fa - Link

Giusto per essere politicamente scorretto, non dovrebbe essere l'opposto?

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Dario M.

circa 12 mesi fa - Link

Ciao Tommi!! Per me in Chianti Rufina ti sei scordato forse l'azienda che ha fatto il nome della denominazione: Selvapiana. Il Bucerchiale è uno dei sangiovesi più interessanti in ottica invecchiamento (L'annata '80 buonissima)

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Tommaso Ciuffoletti

circa 12 mesi fa - Link

Azienda davvero di riferimento. Non bevuta di recente, ma hai ragione. Da recuperare!

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Nuovo corso Friulano

circa 12 mesi fa - Link

Non posso definirmi amico di Paolo Marchionni,in quanto ho fatto con lui una sola degustazione dei suoi vini, sotto scrivo in pieno, RossoVigliano,per essere il suo vino "d'entrata"(scusate il termine orribile), è eccellente, io suoi Erta, sia rosso che bianco davvero strepitosi.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 12 mesi fa - Link

Sono davvero felice di leggere queste parole su Paolo, perché ha dei vini che parlano per lui! Oh a giugno siamo ad Alba da Morichetti! Se siete in zona ...

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