Warren Winiarski | Una (grande) storia oltre la notizia di Antinori che ha acquisito Stag’s Leap Wine Cellars

Warren Winiarski | Una (grande) storia oltre la notizia di Antinori che ha acquisito Stag’s Leap Wine Cellars

di Tommaso Ciuffoletti

La notizia è quella dell’acquisizione di Antinori della piena proprietà della cantina californiana Stag’s Leap Wine Cellars e potete leggerla più o meno ovunque (qui su WineNews), perché è una di quelle notizie che è giusto facciano rumore. Ma ciò a cui vale la pena dedicare un po’ di righe è una storia, o forse sono più storie, che s’intrecciano all’attualità.

La prima di queste storie non inizia in California, anzi, al tempo della nostra storia il territorio che oggi chiamiamo California non era ancora apparso sulle mappe degli esploratori europei. Questa storia, invece, inizia curiosamente in quello che oggi chiamiamo Chianti Classico, vicino a San Casciano Val di Pesa e più precisamente a Sant’Andrea in Percussina.

Siamo negli anni tra il 1513 e il 1516, a quei tempi la famiglia Antinori già commerciava vino ma il nostro interesse non è per questa bevanda bensì per un libro – Il Principe di Niccolò Machiavelli – una di quelle opere che segnano un discrimine vero tra chi l’abbia letta e chi no. Discorso che vale per pochi altri testi universali quali i Dialoghi di Confucio o le strisce dei Peanuts.

E dire che quando il Machiavelli, già segretario della Repubblica Fiorentina, si dedicò alla sua scrittura attraversava uno dei periodi più difficili della propria vita. Nel 1512 fu deposto da ogni ufficio pubblico e nel 1513 fu imprigionato, per sospetto di complicità in una delle tante, vere o presunte, congiure contro i Medici che erano rientrati da poco in città con un carico di paranoia non indifferente. Il suo nome, Niccolò di Ser Bernardo Machiavelli, figurava su una lista compilata dall’organizzatore di una queste congiure, Pier Paolo Boscoli. La lista finì in mano al Bargello (il capo della polizia), che decise, per l’intanto, di mettere il Machiavelli in carcere in attesa di accertamenti.

Niccolò di Ser Bernardo Machiavelli

Niccolò di Ser Bernardo Machiavelli

A ben vedere l’attualità del Machiavelli è anche l’attualità dei tempi in cui visse (in cui le carceri, come oggi, erano piene di detenuti in attesa di giudizio). E le prigioni dell’epoca, va detto, non erano migliori di quelle attuali, infestate dalle cimici, appestate dai più disparati fetori ed in cui gli interrogatori s’accompagnavano, secondo il costume dell’epoca, ad una buona dose di torture. Fu grazie all’amnistia seguita all’elezione al soglio pontificio di Giovanni di Lorenzo de’ Medici, col nome di Leone X, che il nostro poté uscire di galera e opportunamente ritirarsi proprio nel podere paterno di Sant’Andrea in Percussina. Qui, fra luglio e dicembre, iniziò la stesura di una raccolta di consigli per l’amministrazione del potere ad uso del giovane Lorenzo de’ Medici, nipote del Magnifico, che Leone X aveva in animo di destinare alla guida del Ducato d’Urbino. Cosa che regolarmente avvenne dopo che lo stesso Leone X ebbe cortesemente interdetto il legittimo signore del ducato, Francesco Maria della Rovere, per “fellonia”.

Il lavoro di Machiavelli divenne un trattato che viene studiato ancora oggi in ogni facoltà del mondo in cui s’insegni a leggere, analizzare e apprendere l’arte della politica.

Fra coloro che s’appassionarono allo studio di questa disciplina vi fu, secoli dopo, un ragazzo di origine polacca che nacque a Chicago nel 1928. A ben vedere, che qualcuno con origine polacca nascesse a Chicago non era una cosa rara. Dall’anno della sua creazione nel 1818, l’Illinois attirò una gran massa di immigrati dall’Europa. Tra questi si distinguevano non solo gli amish, ma soprattutto un ampio numero di contadini polacchi, una buona parte dei quali si inurbò a Chicago fin dalla sua fondazione nel 1833. Non è un caso che in Illinois si celebri la prima domenica di marzo il Casimir Pulaski day e che a lui sia intitolata anche un’importante strada di Chicago. Pulaski fu un esperto ufficiale della cavalleria polacca che per continuare a combattere gli inglesi, dopo che questi – di fatto – lo esiliarono dalla sua terra natale, si unì all’esercito di George Washington, al quale salvò la vita e regalò la riforma della cavalleria, modernizzandola e rendendola un formidabile strumento per trionfare nella Guerra d’Indipendenza. La sua celebrazione è soprattutto un momento per ricordare le radici polacche di tanti abitanti dell’Illinois e di Chicago in particolare.

Waren Winiarski a Firenze, in piazzale Donatello - photo da warrenwiniarski.com

Warren Winiarski a Firenze, in piazzale Donatello – photo da warrenwiniarski.com

Quel ragazzo nato nel 1928 faceva Warren di nome e Winiarski di cognome, che in polacco significa “quello del vino”, “vinicolo” (grazie a Wojciech Bonkowski – il primo Master of Wine polacco – per la traduzione). Se il destino di Warren Winiarski sembrava scritto nel nome, in realtà la sua strada sulla via di Bacco fu intrapresa quasi per caso e non in giovane età, complice un viaggio in Italia. Winiarski studiò infatti scienze politiche per la grandissima parte della propria gioventù e nel 1953, proprio per approfondire la conoscenza di Machiavelli e dell’italiano, trascorse un anno in Italia facendo base a Napoli, presso l’Istituto italiano per gli studi storici fondato da Benedetto Croce.

Quell’anno in Italia fu un’esperienza particolarmente significativa, soprattutto per quel che riguardava il vino e la sua cultura. Winiarski vi si appassionò così tanto che si mise a leggere qualunque cosa riuscisse a trovare al riguardo. Tra i tanti un libro in particolare lo appassionò e qualche anno dopo scrisse una lettera al suo autore: Philip Wagner, giornalista, autore di libri e winemaker nella sua tenuta del Maryland chiamata Boordy Vineyard. Winiarski andò a visitare Wagner, la sua cantina, scoprì il suo lavoro e prese una decisione definitiva: anche lui avrebbe fatto vino. Dove? Nel suo appartamento di Chicago, come aveva visto fare a suo padre prima di lui.

Le avventure casalinghe dell’enologo Winiarski meriterebbero un capitolo a parte, ma per farla breve, il nostro, dopo alcuni anni di esperimenti nello scantinato di casa, decise di fare il passo successivo e provare a lavorare in una cantina vera e propria. Come prima cosa prese sù la propria station wagon e insieme alla moglie Barbara si recò in Nuovo Messico per vedere direttamente l’industria agricola locale. Mentre passava tra campi di verdure e vigne pensava “i miei antenati mi malediranno se lascerò ciò che sto lasciando per tornare a ciò da cui loro sono scappati… e i miei figli mi malediranno per aver avuto l’opportunità di altro e averli invece riportati a questo”.
Poco dopo quel viaggio si mise a cercare un posto da apprendista cantiniere in una cantina disposta ad assumere uno studioso di scienze politiche. La cantina che trovò era in Napa Valley e si chiamava Souverain Cellars. Lui e Barbara si sistemarono in una vecchia cabin dei tempi pionieri, con una stufa a legna e una veranda di legno. Era il 1964. Non se ne sarebbero mai più andati da quella terra, contribuendo in modo decisivo a cambiarne il volto.

Warren e il figlio Steve - Foto da warrenwiniarski.com

Warren e il figlio Steve – Foto da warrenwiniarski.com

A Souverain aveva lavorato alcuni anni prima Mike Grgich e adesso il consulente era André Tchelistcheff. Ora, io di storie sono pronto a raccontarne tante, ma devo dare per scontato che sappiate chi siano questi due signori, per non eccedere nel già eccessivo spazio che sto prendendo. Vi basterà sapere che, insieme a Robert Mondavi e allo stesso Winiarski, sono due dei nomi più importanti della storia dell’industria vinicola statunitense. Era come se il destino avesse preparato la giusta ricompensa per tanta folle perseveranza, facendo approdare Winiarski nel posto ideale dove iniziare, imparare, costruire le basi per poi andare oltre, perché da quel poco che abbiamo visto il nostro uomo non era esattamente uno disposto a fermarsi al primo traguardo.

Per farla breve, Winiarski lasciò Souverain dopo 2 anni e nel 1966 divenne primo cantiniere dell’azienda di Robert Mondavi. Nel 1968, Winiarski lasciò la Robert Mondavi Winery per dedicarsi alla produzione di vino in Colorado, presso la Ivancie Cellars (sebbene lui operasse dalla California, dove sceglieva le uve da vinificare in Colorado).
Infine, nel 1970, Winiarski e alcuni investitori acquistarono un frutteto di prugne di 44 acri nella Napa Valley e lo ripiantarono a vigneto. Rimossi gli alberi di prugne, ciliegie e noci sulla proprietà furono piantati cabernet sauvignon e merlot. Nel 1973 Winiarski costruì una cantina vicino al vigneto e fondò la Stag’s Leap Wine Cellars.

Andre Tchelistcheff

André Tchelistcheff

A contribuire a quella decisione fu il già menzionato André Tchelistcheff, che fu chiamato con insistenza da Winiarski perché lo aiutasse nella sua nuova avventura. Dopo un’iniziale resistenza, il russo bianco accettò e nel settembre 1973 raggiunse l’amico a Stag’s Leap. L’immagine da film che racconta quel momento vuole che Tchelistcheff e sua moglie Dorothy stessero camminando le vigne insieme a Winiarski, il quale era piuttosto nervoso di conoscere il giudizio del proprio mentore. Quest’ultimo camminava, guardava, staccava qualche acino, lo mangiava, ne sputava la buccia. Il tutto senza mai profferire verbo. Poi, mentre stava un paio di passi davanti a Winiarski quest’ultimo lo sentì parlare tra sé e sé: “Miele… queste uve sanno di miele… di miele divino”.
Non so dire se tutto questo sia mai realmente avvenuto ma se è una sceneggiatura è senza dubbio adatta al contesto: Napa Valley, 1973 e l’alba di un momento che stava per rivoluzionare il mondo del vino.

Perché proprio quelle uve, quelle di cabernet sauvignon almeno, assaggiate da Tchelistcheff in quel settembre 1973, divennero il vino che vinse il famoso Judgment of Paris del 1976. Anche qui devo dare per buono che ne sappiate abbastanza, almeno per quel che riguarda la cronaca: Stevan Spurrier, il negozio parigino e la scuola di degustazione, i clienti americani, il viaggio della sua socia, il tasting alla cieca con giudici tutti francesi. Stag’s Leap Wine Cellars S.L.V. Cabernet Sauvignon 1973 fu il vino che vinse la sfida dei rossi. Lo Chardonnay 1973 Chateau Montelena di Mike Grgich vinse invece la sfida dei bianchi.
Quel che però è necessario chiarire per comprendere quella vicenda è che quanto avvenne rivelò al mondo che il vino non era più una questione di mistica esoterica, appannaggio di pochi introdotti alle segrete cose, ma una questione di tecnica e di scienza, di conoscenze chimiche e microbiologiche, di tecnologia applicata alla trasformazione dell’uva in vino. Ad affermarlo era stato un gruppo di emigrati a vario titolo. Un gruppo di persone i cui nomi avete letto qua sopra, insieme a quelli di molti altri che orbitavano tra le vigne della Napa Valley e l’Università di Davis, che fecero una rivoluzione – per molti versi democratizzante – che cambiò per sempre il mondo del vino.

grgich

Oggi la cantina di uno di quei protagonisti viene acquistata in toto da un’azienda italiana che porta il nome di una famiglia che lavora nel vino fin dai tempi in cui Nicolò Machiavelli scriveva quel libro senza il quale la nostra storia non sarebbe mai esistita. Perché senza il viaggio in Italia di Winiarski, per studiare proprio Machiavelli, il destino non avrebbe preso il corso che ha preso. E se si vuole sorridere dei casi della sorte, beh… Sant’Andrea in Percussina dista un tiro di schioppo da dove oggi quella famiglia, la famiglia Antinori, ha costruito la propria cantina ammiraglia.

Il resto sono numeri di fatturati, bottiglie, prezzi, milioni, miliardi, ma trovo che anche sommati valgano meno di una storia che sarebbe anche più lunga di così, e che ogni volta racconto ai miei studenti americani.

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Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

11 Commenti

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AG

circa 12 mesi fa - Link

E che merita di essere raccontata

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Paolo

circa 12 mesi fa - Link

Bellissimo articolo di una storia davvero affascinante! Love it!!!!

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giancarlo

circa 12 mesi fa - Link

Complimenti. Una perfetta lezione sul come riempire di contenuti una delle tante notizie economiche. Quando si dice dare Valore alle cose.

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Laila

circa 12 mesi fa - Link

Tommaso, mi fai volare con questi articoli pieni di storia, aneddoti con continui rimandi fra passato e presente. Grazie! che storia il caro Winiarski

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vinogodi

circa 12 mesi fa - Link

CITO: ...." .... è che quanto avvenne rivelò al mondo che il vino non era più una questione di mistica esoterica, appannaggio di pochi introdotti alle segrete cose, ma una questione di tecnica e di scienza, di conoscenze chimiche e microbiologiche, di tecnologia applicata alla trasformazione dell’uva in vino..." ... RISPONDO SBIGOTTITO: ... " Steiner si starà rivoltando nella tomba..."

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Gianni Cicco

circa 12 mesi fa - Link

Come può .....la fuffa rivoltarsi nella tomba?!

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Tommaso Ciuffoletti

circa 12 mesi fa - Link

Grazie!!! Grazie di cuore!

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Capex

circa 12 mesi fa - Link

L’essenza del leggere e gli articoli sul vino di Tommaso Ciuffoletti sono sinonimi.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 12 mesi fa - Link

Così finisce che ci credo!

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Domenico

circa 12 mesi fa - Link

Articolo scritto in modo impeccabile. Grazie, mi hai fatto sognare di lunedì mattina in un caffè milanese.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 12 mesi fa - Link

Grazie a te Domenico!! :)

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