Portfolio Cuzziol 2024 | Tanti assaggi e considerazioni sull’asse Roma-Milano. (Note di colore incluse)

Portfolio Cuzziol 2024 | Tanti assaggi e considerazioni sull’asse Roma-Milano. (Note di colore incluse)

di Redazione

La presentazione del portfolio 2024 di Cuzziol Grandi Vini è stata una doppia scusa per fare incetta di assaggi. Due città, Roma e Milano, due editor – rispettivamente Simone Di Vito e Marco Colabraro – e due eventi in cui perdersi, testare e scovare anche qualche nuova realtà del panorama vitivinicolo, europeo e non solo. Di seguito i migliori assaggi, riflessioni a voce alta ma anche qualche vicissitudine capitata tra i banchi d’assaggio dei due appuntamenti.

[In ogni slot è indicato l’autore di riferimento; ove non ci fosse, il testo è frutto di una elaborazione condivisa].

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L’evento a Roma e Milano


Il Chianti Classico de i Fabbri: una certezza
Uno dei primi assaggi fatti ma il verdetto da Roma a Milano è unanime: freschezza, agilità e tanto Lamole. Si distingue dai suoi fratelli Riserva e Gran Selezione per maggior dinamismo, territorialità e per noi anche attrattiva. Il territorio di Lamole è sempre più in ascesa, purtroppo anche i prezzi, ma i vini, come in questo caso, non smettono di convincere.

Giovani ma già godibili: a Bordeaux qualcosa sta cambiando?
È la domanda che mi sono posto dopo l’assaggio. Sapevo che nel portfolio di Cuzziol ce ne sono diversi, così, all’evento di Roma, appena li ho visti mi sono fiondato. Conoscendo la fama di longevità di questo territorio, con i “piedi di piombo” ho iniziato dal più giovane Chateau Haut Bailly 2020 per arrivare alla magnum 2014 di Chateau Le Bosq, passando per Figeac, Leoville Las Cases 2018, e Pichon Baron 2017. Fatta eccezione per Figeac (imballato), non immaginavo di trovare vini già abbastanza godibili, di frutto, equilibrio e bevibilità, con legno presente ma ben amalgamato. Il mio preferito è stato addirittura il più giovane della batteria. Cinque assaggini non fanno una certezza, eppure non c’era nemmeno la scusante di una bocca stanca dopo mille assaggi (ero appena entrato), per cui l’unica spiegazione – o forse è un auspicio – è che anche sulle rive della Gironda abbiano iniziato a pensare vini più immediati senza dover aspettare la pensione per berli. Chissà… (Simone)

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Da Marcel Deiss a Vignoble de Rêveur: dove non arriva il terroir arriva la completezza del blend
Due banchi che sono un’immersione nella terra delle cicogne, tra Bergheim e Bennwihr, tra Jean Michel e il figlio Mathieu, che collabora con il papà nel Domaine Marcel Deiss occupandosi inoltre di quelle che erano le vigne dello zio nel Vignoble de Rêveur. Quello che Mathieu ha ben chiaro è che i terreni di Bergheim sono vocatissimi e nelle espressioni più classiche dei grand cru del Domaine Marcel Deiss (Schoenenbourg e, soprattutto, il granitico Schlossberg) regalano complessità e raffinatezza rara; mentre le ghiaie del quaternario, su cui poggiano le vigne di Vignoble de Rêveur, non potranno mai toccare quei picchi di eccellenza, dunque la scelta vira su blend, prolungate macerazioni e mancanza di solfitazioni. Per citare una bottiglia su tutte Un istant sur terre, blend di pinot grigio, gewurtztraminer e riesling: conquista per carattere e sapidità disegnando un’Alsazia insolita ma, caso raro quando le macerazioni sono spinte, incredibilmente riconoscibile. (Marco)

Profumo più che profumi
Milan l’è un gran Milan, ça va sans dire, ma a una prima occhiata più che a un manipolo di professionisti che si accostano a una degustazione pareva il pubblico di una sfilata di moda. Tra vestiti eccentrici ed eleganze barocche spiccavano abiti da sera e giacche di paillettes, cappelli stravaganti, capelli ingellati, impomatati e decolorati… tutto bello, la personalità si comunica anche nel vestire ma il bagno nel profumo dolciastro anche no, grazie. Impossibile accostarsi ai banchi quando trovavi il pischello di turno con i suoi litri di deodoranti sparati sotto le ascelle e cinque o sei spruzzi di profumo su collo e polsini. (Marco)

Jérémie Huchet ci ricorda di non sottovalutare il Muscadet
I Muscadet sono vini troppo spesso sottovalutati nella loro apparente semplicità e nominati a braccetto con le ostriche, ma quando ne trovi uno ben fatto la storia cambia. Qui Jérémie Huchet, fuori dal circuito dei soliti noti, sa gestire macerazioni e affinamenti, rendendo evidenti i differenti terroir della zona e dando vita a bottiglie dinamiche nonché convincenti. Particolare nota di merito per la bollicina La Bretesche Brut Nature 2021, 18 mesi sui lieviti giocati su un verticale/sapido, con un frutto bello presente, vivo e dalla beva agile.

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Vini da sete direttamente dall’Austria
In bassa Austria, la cantina Gruber Roschitz vinifica grüner veltliner, riesling e pinot nero in espressioni semplici ma solide e a prezzi che li rendono davvero competitivi su ogni tavola. Non puoi aspettarti complessità, non aspettarti sfaccettature e colpi di cesello, quelle che incontri sono manifesti di beva, mineralità e frutto. Un po’ troppo rigidi i bianchi che sembrano dover fare ancora uno scalino per essere compiuti, convince il pinot nero ben equilibrato che alla cieca se la gioca con tante belle, e ben più care, bottiglie italiane. (Marco)

Il Grand Cru Quintessence de Corton-Charlemagne 2019 di Vincent Girardin: una bomba!
Uno dei vini più convincenti in due giorni ricchi di eccellenze. Cosa manca a questa bottiglia? Nulla, solo di essere bevuta. Raffinato ed espressivo, coinvolgente e vibrante. Giudizio che viene dall’emotività, certo, ma se ci dilunghiamo in note di degustazione corriamo il rischio del ridondante: pietra focaia, spezie, erbe spontanee a non finire, agrume che si mischia con frutta bianca; l’acidità anticipa e chiude un sorso materico e bilancia con sapienza le morbidezze. Ad avercene di bianchi così. (Marco)

Sullali: un Franciacortino carino ma poco innovativo
Tentativo di casa Vezzoli di inseguire il trend dell’ancestrale in Franciacorta. Pulito, fresco ma fin troppo statico e precisino, manca quel tocco di sana rusticità. Due anni sui lieviti, sboccato, dosato e pure filtrato: tanto marketing ma poco coraggio di fare un qualcosa di veramente alternativo. Come si dice nel calcio “buona l’intenzione” ma al momento, il risultato, è un tiro che invece di inquadrare lo specchio della porta vola alto sulla traversa, colpendo un tifoso in curva. Sciabolata e… Boing! (Simone)

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Pietradolce e quattro missili dall’Etna 
Barbagalli, Archineri, Rampante e Santo Spirito: come pescavi, pescavi bene. Sono bastate un’annusata e un sorso per cogliere le sfumature da una bottiglia all’altra, lievi differenze, nuance di un territorio tanto scarno e minimale quanto ricco e cangiante. In un evento in cui figuravano grandi vini, questi non solo si facevano sentire ma hanno spiccato su molti dei presenti per eleganza e perché no, prontezza di beva, seppur giovani. Tanto Etna. Tanta roba. (Simone)

Il Beaujoulais in rampa di lancio
Nel sud del Beajoulais, Jean-François Coquard nel 2014 ha realizzato il sogno di tornare nella sua terra e fare vino. La bolla non convince ma quando si assaggiano i suoi gamay è tutta un’altra storia. Bevibilità e finezza sono le note coerenti di tutti gli assaggi, nel Morgon Les Charmes si incontrano complessità e struttura degni di un cru. Un domaine di sicuro avvenire. (Marco)

Heyman-Löwenstein non fa solo bombe da Riesling 
Azienda che non è certo una scoperta per gli appassionati di Riesling e Mosella, eppure la sorpresa mi è arrivata dalla loro bollicina: solitamente base riesling, questa 100% pinot noir, ricavata da un fazzoletto di vigna che a seconda dell’annata viene vinificata in rosso o spumantizzata. Un brut da 48 mesi sui lieviti, preciso e molto raffinato, tagliente e freschissimo come i loro Roth Lay, ma soprattutto dà l’impressione di avere una vita davanti a sé. Una dimostrazione che la Mosella non è solo vini fermi e riesling. (Simone)

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Non solo “vino per gli americani”
A Roma ho conosciuto David Cilli, enologo Italiano di Harlan Estate (ne aveva scritto Clizia Zuin), e ho avuto la possibilità di assaggiare i vini. Quattro cuvée a base cabernet sauvignon in cui sia il Vecina che il The Mascot (terzo e quarto da sinistra in foto), pur con una struttura tozza già ora ostentavano espressività e scorrevolezza, frutto masticabile ma anche agilità e piacevolezza; specialmente “il Cane” (lo so, fa ridere ma l’ho sempre chiamato così), etichetta che ho visto spesso online e che mi aveva sempre strappato un “chissà com’è?”… non è niente male, anzi. Vini interessanti, sicuramente diversi da quello a cui siamo abituati, peccato non poterli stappare e assaggiare con frequenza, d’altronde con quei prezzi (rispettivamente circa 900 e 200 $ su diversi siti americani). Vini senz’altro adatti anche per gli europei… ma ricchi. (Simone)

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Griesel & Compagnie: solo sekt ma con un cervello italiano
Azienda tedesca di zona Hessische Bergstraße (Assia, a sud di Francoforte) totalmente incentrata sulle bollicine, rappresentata all’evento da Rachele Crosara (in foto), parmense trapiantata in Germania da ormai 7 anni e chef de cave di questa azienda. Il filo conduttore che unisce tutti i loro sekt sta in una freschissima (e diciamolo fichissima) cifra stilistica dal piglio ossidativo. Su tutti, buono il Pinot Noir Brut Nature ma soprattutto il loro top di gamma Grand Cuvée 2018 Dosage Zéro: più del 50% di pinot noir e il restante diviso tra pinot blanc e meunier, con 46 mesi sui lieviti. Tanta roba tra complessità e ricchezza ma con una beva fluida, ficcante, profonda. Bella scoperta e un’ottima alternativa alle solite zone spumantistiche. (Simone)

Una calca un po’ Fivi, un po’ Vinitaly
Organizzazione impeccabile, location splendide sia a Roma che a Milano, ma il caos era quello incontrollabile di molti altri eventi. Tanta frenesia, agitazione e poco contegno, che per quanto vuoi decidere di andare con calma vieni risucchiato nel vortice e ti ritrovi a lottare per un assaggio, che alla fine ottieni, a meno che non incontri determinati personaggi…

Fauna da Banchi d’assaggio / 1 | Il degustatore Monolite
Si piazza lì davanti, marcando a uomo il produttore e senza far avvicinare nessuno, un mix tra The Bodyguard e l’indimenticabile Postiglione di Compagni di Scuola: chiacchiera, domanda, assaggia, ci pensa, richiacchiera, domanda, assaggia, ci pensa… Fermo lì come un monolite, non permettendo a nessun altro non solo di assaggiare ma proprio di varcare la soglia del banco.

Fauna da Banchi d’assaggio / 2 | Lo Sbandieratore
Fa girare, volteggiare, roteare, il liquido nel calice a una velocità sempre maggiore cercando l’attenzione di tutti; una volta, due volte, tre volte, una ancora, annuso, vortico, annuso, il naso dentro fino a sfiorare il liquido. Sorriso al produttore. Sorso esiguo solo a bagnare le labbra e poi tutto nella sputacchiera. Mi avete visto? Ci sono anch’io! Sono proprio io! Sistemo il colletto della camicia e mi dirigo sicuro verso il prossimo banco pronto a ripetere lo show. 

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Tra diversi Champagne spunta il Cremant de Loire di Arlaud Lambert
A pochi metri dalla “Royal Rumble” per ottenere un sorso di Bruno Paillard (foto sopra), mi gustavo la scena in tutta tranquillità sorseggiando un cremant del Domaine Saint Just, che tra l’altro non aveva nulla da invidiare a tanti Champagne presenti all’evento. Vecchie viti di chenin blanc di 70 anni, 36 mesi sui lieviti e dosaggio zero: cremoso, bello verticale e succulento, oltretutto dando un’occhiata online con un prezzo abbordabilissimo (sui 28/35 €). (Simone)

Tanta bella Borgogna e una 2022 che zitta zitta…
Tanta la Borgogna presente in questi due eventi e, in vista di un viaggio imminente, un piccolo rodaggio del palato capitava proprio a fagiolo. Ogni produttore presente aveva, chi più chi meno, uno o due vini che andavano dal convincente al “questo me lo vado a prendere”: tra i più valevoli, alcuni 2021 e diverse 2022, l’annata più recente sul mercato e che dagli assaggi fatti ci è apparsa sicuramente in linea con le tendenze climatiche prodotte da un riscaldamento globale sempre più incombente, ma anche più convincente rispetto ad alcune delle precedenti in assaggio come 2020 e 2018. Su tutti, da segnalare il Saint-Romain Sous Roche 2022 di Henri & Gilles Buisson, un noir fine e longilineo ma espressivo ed estremamente succoso; il Gevrey-Chambertin 1er cru La Perriére 2021 di Heresztyn-Mazzini, ben più roccioso e graffiante del precedente ma dinamico e con una sua finezza.

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Molta Italia all’evento ma la selezione estera era ben più allettante
Pensando ai tanti assaggi fatti in questi due appuntamenti ci sembra doveroso dire che Cuzziol abbia lavorato molto sull’estero e i risultati sono evidenti. Tante le opportunità per scoprire qualcosa di nuovo e trascinante nell’ormai immenso panorama del vino. Per quanto riguarda la selezione italiana, lo standard è di livello ma abbiamo trovato, in proporzione, meno bottiglie interessanti (forse anche perché siamo più avvezzi ad assaggi nostrani).

Simone Di Vito e Marco Colabraro

2 Commenti

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Invernomuto

circa 1 anno fa - Link

Ehm, ma non è un evento per operatori del settore HORECA (agenti e ristoratori/bar/enoteche/grossisti/on line)? In che veste siete entrati?

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Simone Di Vito

circa 1 anno fa - Link

"infiltrati" come giornalisti 😅 Scherzi a parte abbiamo ricevuto un normalissimo invito

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