Tutto quello che c’è da sapere sul mitologico vino sfuso di Valentini (partendo da un bianco 2013)

Tutto quello che c’è da sapere sul mitologico vino sfuso di Valentini (partendo da un bianco 2013)

di Simone Di Vito

“Il nome Valentini nel mondo del vino evoca leggenda. Vini d’Abruzzo baciati da una longevità disarmante, trebbiano e montepulciano (rosso e cerasuolo) mitici, vera espressione di spontaneità contadina e senso della misura “tecnologica” intrecciati a tal punto da non capire dove finisca l’una per lasciare spazio all’altra.”
Questo scriveva Alessandro Morichetti nel 2009 in Vado a comprare lo sfuso | Miracoli e Loreto (Aprutino).
Sembra poco ma sono passati 15 anni e gli sfusi di Valentini sono sempre lì, tra storia e leggenda. Come ogni anno, per pochi fortunati e solo previa prenotazione, si va con damigiana sotto braccio e passa la paura.

A tal proposito, qualche mese fa mi è capitata un’occasione abbastanza ghiotta.
Trattoria il Capanno, Spoleto. Tramite una soffiata scopro che hanno ancora un po’ di sfuso Valentini. Trebbiano e montepulciano in bottiglie da 1 litro, annata 2013 (!). I dubbi sulla possibilità che siano ormai due probabili aceti di vino sono durati 5 secondi, spazzati via in un lampo da fama dell’azienda ma soprattutto curiosità. Prendo una bottiglia per tipo da portar via e vediamo.

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Ho una limitatissima esperienza con i vini sfusi di Valentini, giusto un bianco e due rosati a referto, ma sempre da giovani, d’altronde chi vuoi che li tenga in cantina a maturare? Custodite le bottiglie per qualche mese, il momento giusto per stapparle è arrivato con un bel pranzo tra amici il primo maggio.

In realtà morivo dalla curiosità, così la sera prima non ho resistito e ho dato una sbirciatina.
Sono partito col trebbiano. Tolgo il tappo a corona, verso nel calice e inizia lo spettacolo. Solo a guardarlo nel bicchiere fa già capire che è in splendida forma: un colore giallo acceso che tende all’oro, sbuffi sulfurei, poi cedrata, gesso e sfumature affumicate, un fruttato di susina pimpante in prima fila. La bocca è di materia consistente ma liquida e incredibilmente raffinata, tra un pizzico di burro fuso e una spolverata di mentuccia spicca la sua vivida freschezza, scivola via fluido con un sapore intenso e lunghissimo tra frutta e affumicature. Una melina sorso dopo sorso per cui inizio a sentire gli olé come fossi allo stadio. Corale, appagante, completo. Spettacolo. Tra me e me penso: a cosa somiglia? A un super Chablis? Un eccellente Chenin dell’Anjou? Ma la risposta è semplice: a un Trebbiano di Valentini certo, ma di quelli in bottiglia.

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È poi la volta del Montepulciano.
Un po’ di posa da sballottamento c’è ma anche qui l’aspetto è un preludio alla bontà: il rosso rubino con sfumature scure, un frutto pieno a metà strada tra la prugna e la ciliegia, spezie e grafite qua e là a far da contorno, funghi e foglie secche. Un sorso succoso, dal poco tannino ma con tanta freschezza e una golosa profondità. Sorseggio e riverso di continuo, in pratica si beve da solo. Un filino più rustico e meno importante del trebbiano ma anche questo era assolutamente ineccepibile.

Sorso dopo sorso, la sbirciatina si è rapidamente trasformata in bevuta ma grazie al formato da un litro non mi faccio troppi problemi e continuo a versare e riversare. Dopo un po’ però mi accorgo che, specie col trebbiano, sono già a metà bottiglia. Il pensiero del pranzo del giorno dopo mi blocca costringendomi quindi a ritapparli e metterli via, con il sorriso sulle labbra pensando al giorno dopo.

A mente fredda, mi è venuta voglia di saperne di più. Online di questo sfuso si parla poco e in modo sintetico quindi ho contattato Gabriele Valentini, figlio di Francesco Paolo e sua moglie Elena, che non solo mi ha risposto ma l’ha fatto con un mezzo trattato che merita la condivisione.

Così mi ha raccontato Gabriele:

Produciamo sfuso da sempre. Da molto prima dell’imbottigliato. Nell’economia di sussistenza dei secoli passati, tutto veniva venduto sfuso e consumato localmente. Le quantità o le disponibilità delle tre tipologie sono molto variabili. Il processo di vinificazione è lo stesso del vino imbottigliato. Al momento della raccolta non sappiamo ancora cosa sarà venduto sfuso e cosa imbottigliato. Quindi poniamo la stessa cura per tutto. È durante la fase del “taglio” che selezioniamo le migliori botti e le combiniamo nelle giuste proporzioni per ottenere il miglior blend da imbottigliare.

Questo perché, non intervenendo chimicamente sul vino, possiamo ottenere il giusto ph, la giusta alcolicità, ecc. solamente in questo modo. Viene da sé che dopo il taglio rimangono “le teste e le code”, che vengono a loro volta riunite e vendute sfuse. Dopo questo processo, il vino da imbottigliare segue l’iter per diventare DOC e inizia l’affinamento in bottiglia che durerà un paio di mesi per il Cerasuolo, 4 anni circa per il Trebbiano e 5 anni circa per il Montepulciano. Il vino sfuso, invece, non diventerà DOC, ma vino da tavola. Pertanto, sebbene prodotti dai stessi vitigni e vinificati allo stesso moto, quando parliamo di sfuso dovremmo chiamarli Bianco, Rosso e Rosato.

Quindi, quella della vendita dello sfuso è una tradizione antica, antecedente alla concezione attuale del vino consumato in bottiglia etichettata. Quello del venire in cantina con la propria damigiana da riempire è sia un rituale sia un modo per rendere il vino accessibile a tutti. Sicuramente per noi è una scelta antieconomica, però è giusto che il vino venga consumato non solo nei momenti “solenni”, dove stappare una bottiglia è d’obbligo.

Miracolo a Loreto (Aprutino), l’ennesimo.

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Simone Di Vito

Cresciuto a pane e corse automobilistiche (per via del papà pilota), sceglie la sostenibilità di bacchette, tamburi e corde grosse, tra batteria e basso elettrico. Si approccia al vino grazie a una breve carriera da scaffalista al supermercato, decidendo dopo anni di iscriversi ad un corso AIS. Enostrippato a tempo pieno, operaio a tempo perso. Entra in Intravino dalla porta di servizio ma si ritrova quasi per sbaglio nella stanza dei bottoni. Coltiva il sogno di parcellizzare tutto quel che lo circonda, quartieri di Roma compresi.

10 Commenti

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Lanegano

circa 1 settimana fa - Link

Nel marzo 2023 alla festa del 50esimo di un distinto signore di Revello che talvolta scrive su queste pagine, tra le millemila bocce stappate è comparso un cerasuolo sfuso del Valentini. Una delizia di freschezza speziata, grazia e potente leggiadria se mi passate il paradosso. Avercene......

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Vinologista

circa 1 settimana fa - Link

Ci sono tanti sfusi buoni in Italia ......e ci ostiniamo ad osannare etichette note ...bere semplice dovrebbe essere la via....." Sfuso is the new Gran Cru" .... 😉😁🤣

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Nic Marsél

circa 1 settimana fa - Link

Stiamo valutando l'introduzione in calendario di San Valentini, festa dei vinnamorati.

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Franca

circa 1 settimana fa - Link

Purtroppo mai bevuto, sfuso o imbottigliato, ma l'interessante è la tecnica, cioè il fatto dell'assemblaggio motivato dell'assenza di sostanze aggiunte...sarebbe interessante approfondire per altri vini cd "naturali"

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mariazzo

circa 1 settimana fa - Link

Ma la domanda, un po' naif, è: quanto costa lo sfuso al litro? visto che le bottiglie girano a 100+€

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Vinogodi

circa 1 settimana fa - Link

...bevuti sia gli sfusi ( pochi) che quelli imbottigliati ( tanti):preferisco quelli imbottigliati...

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Piero Luciani

circa 7 giorni fa - Link

Bevuto, più volte, lo sfuso di Trebbiano, bevuto, più volte, la bottiglia di Trebbiano, anche delle stesse annate. Beh! mi riesce difficile credere alla "testa e la coda" dello stesso vino retrocesso a sfuso. Per me sono troppo diversi. Ma io non sono un sommelier, bensì solo uno a cui piace bere e bere bene!

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Invernomuto

circa 1 settimana fa - Link

Ah guarda, io col Montepulciano di VAlentini ho avuto solo pessime esperienze, in particolare con due btl di 2013 che erano un profluvio di cacche di qualsiasivoglia animale, con tutti i miei sforzi mentali non sono riuscito a finire due bicchieri. D'altra parte, un suo Trebbiano 2010 rimane tra i migliori bianchi italici bevuti in vita mia.

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Kalosartipos

circa 5 giorni fa - Link

L'ultima volta che comprai il suo sfuso (mi pare fosse il 2018), chiedeva 5€/lt.

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marcow

circa 3 giorni fa - Link

La "grandezza" di un produttore di vino non si misura dall'estensione dei vigneti ma dalla sua Abilità di Comunicazione. Qualità indispensabile in tutti i settori ma che è diventata importantissima nell'epoca contemporanea. Il massimo delle capacità di comunicazione si ha quando si riesce a "CREARE" un MITO sul Prodotto(smartphone, abbigliamento, panettone, VINO, acqua minerale ecc...) e su chi lo produce. I Francesi hanno dato lezione sui vini. ______ Questo risultato si raggiunge con diverse "strategie" di comunicazione. I master più prestigiosi e costosi del mondo servono proprio a "formare" dei grandi comunicatori al servizio di aziende produttrici di un prodotto. Il Web, immenso, è popolato per 80% di Comunicatori che ti vogliono vendere un prodotto o un servizio. ______ La grandezza della Critica Eno-Gastronomica si misura dalla capacità di essere INDIPENDENTE dalla Comunicazione Aziendale. Che significa, anche, sgonfiare, ridimensionare i MITI "creati" dalla Comunicazione.

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