[Focus] Chianti Classico | Storia, territorio, UGA, terroir e assaggi

[Focus] Chianti Classico | Storia, territorio, UGA, terroir e assaggi

di Tommaso Ciuffoletti

Abstract – Di cosa parliamo quando parliamo di Chianti Classico

. Il Chianti Classico ha una lunga storia di rapporto col vino, ma è un territorio vasto e di non facile lettura. Altitudini diverse, esposizioni diverse, terreni diversi ed anche stili e addirittura blend diversi (il disciplinare li consente).
. In un contesto simile diventa decisivo un elemento del terroir che è l’unico non dato dalla natura: il fattore umano.
. In questo report ho provato a dare una rappresentazione sintetica, ma esaustiva, di tutti questi elementi, aggiungendo alcuni suggerimenti sulla base delle degustazioni più significative fatte durante la Chianti Classico Collection 2023 (CCC23).

. Prima di partire con questo racconto due note:
1) La Chianti Classico Collection, anche quest’anno, è stata un appuntamento veramente ben organizzato. Complimenti al Consorzio
2) Quanto segue prende diversi spunti dal lavoro di Alessandro Masnaghetti, che troverete puntualmente citato in nota, ma che era giusto ringraziare in premessa.

La storia

I loghi del Consorzio dalla fondazione ad oggi

I loghi del Consorzio dalla fondazione ad oggi

Il Chianti Classico è un territorio vasto, che va dalle porte di Siena a quelle di Firenze: “oltre 7.300 ettari di vigne, distribuiti su una superficie 10 volte superiore, danno solo una vaga idea della complessità della denominazione” [1].

Una terra dove nobili famiglie senesi e fiorentine avevano i propri possedimenti che si tramandavano e confondevano per discendenze e matrimoni e dove generazioni di mezzadri, che non possedevano altro che metà del frutto del proprio lavoro, hanno plasmato il paesaggio fino a giorni assai recenti. Ma la mezzadria fu abolita a partire dalla legge n. 756 del 1964 (e ci volle qualche anno per smantellare definitivamente l’assetto creato da quel contratto agricolo le cui radici affondavano nel Medioevo).
Molti di quei nobili pensarono così che fosse giunto il tempo di disfarsi di terre che non potevano più essere affidate alla fatica massacrante delle famiglie di mezzadri e su cui toccava pure pagare le tasse. Molti vendettero (alcuni lasciando in dote proprio ai mezzadri i poderi in cui questi vivevano). Altri invece si posero la questione di mettere a nuovo reddito quelle terre e fu così che insieme a una nuova generazione di imprenditori (spesso arrivati da fuori), posero le basi per costruire il mito del Gallo Nero.

Ma la storia del rapporto tra Chianti e vino risale a ben prima [2] ed ha un episodio cardine coi bandi di Cosimo III del 1716: il primo, quello del 18 luglio, “sopra il commercio del vino”, l’altro, del 24 settembre, “sopra la dichiarazione di confini delle quattro Regioni: Chianti, Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra”. Per la prima volta nella storia si emanano delle leggi specifiche per “proteggere” un prodotto agricolo d’eccellenza da frodi e sofisticazioni, tracciando precisi confini territoriali e dando istruzioni non già sulla produzione, quanto su trasporto e commercio [3].

Decisivo è stato poi il solco tracciato da Bettino Ricasoli, che spese gran parte della sua vita di vignaiolo (importante quasi quanto quella di uomo politico) per perfezionare la “formula” del vino del Chianti e in una famosa lettera del 1872 confermava “che il vino riceve dal Sangioveto la dose principale del suo profumo (a cui io miro particolarmente) e una certa vigoria di sensazione”.
Oggi la grande novità del Chianti Classico, inteso come Consorzio, è quella delle cosiddette UGA, acronimo per definire le menzioni geografiche che possono essere aggiunte in etichetta per i vini della categoria Gran Selezione. Qua su Intravino avevamo anticipato questa scelta del Consorzio di un anno circa ed avevamo dato ampia rassegna critica proprio della scelta della Gran Selezione.

Individuare zone che aiutino a costruire i caratteri peculiari dei terroir del Chianti Classico è una scelta che pare quantomai opportuna (che anzi poteva e doveva essere più coraggiosa). Ma in un territorio tanto vasto e variegato, complesso da un punto di vista orografico, geologico, climatico, dare dei caratteri chiari per esprimere il territorio attraverso il vino è principale responsabilità dei produttori. Per questo oggi più che mai è decisivo capire chi sta lavorando e come, per dotare queste menzioni geografiche (che, ribadiamo, per ora possono essere usate solo per i vini della categoria Gran Selezione) del carattere necessario ad essere individuate nel bicchiere e non solo in etichetta.

Il territorio

Mappa del Chianti classico. In rosso i crinali "montuosi"

Mappa del Chianti classico. In rosso i crinali “montuosi”

La prima cosa da inquadrare sono i crinali montuosi della zona, con in primis la catena dei Monti del Chianti (la linea rossa più lunga sulla nostra mappa) da San Polo a San Gusmè, secondo una direttrice nord-ovest/sud-est, che segna ad est il confine con il Valdarno. Poi c’è un crinale più piccolo che unisce la zona di Castellina con Vagliagli e infine un crinale di giuntura, potremmo dire, che unisce Radda e Castellina. Questi crinali concentrano le zone più alte del Chianti Classico in una fascia esterna sul confine est e nelle zone centrali interne del territorio della denominazione. Questo fa sì che le zone più basse siano sui confini esterni, in particolare sui fronti nord (nella zona di San Casciano), ovest (le parti sudoccidentali di San Donato, Castellina e Vagliagli) e sud (in particolare nella zona di Castelnuovo Berardenga). In coerenza con questa conformazione del territorio, la mappa delle temperature medie mostra che le parti interne e i crinali sono le zone con temperature medie più basse, mentre quelle più calde sono proprio sui confini meridionali, occidentali e su quelli settentrionali.

Per quanto riguarda la geologia, tra i caratteri più classici del Chianti Classico ci sono il famoso alberese “un calcare marnoso con un alto contenuto di carbonato di calcio (CaCO3) dall’80 al 94%; la grana è mediamente fine; la frattura a forma concoide” e il galestro “uno scisto argilloso che si divide facilmente in solidi prismatici”. Vigne coltivate su terreni di macigno sono relativamente poche e concentrate in alcune zone che stanno nella zona di San Casciano, nella parte bassa di Castellina e Vagliagli, fra Albola e Radda, un po’ a Lamole e un po’ nella zona di San Polo. Nella parte sud di Castelnuovo Berardenga c’è grande presenza di quel che viene chiamato tufo, ma che in realtà sono sabbie marine di origine pliocenica, compattatesi nel corso dei millenni.

Consideriamo infine che le valli del Chianti sono spesso strette e per questo la posizione o la “giacitura” sulla collina hanno un ruolo fondamentale e ci sconsiglia dal dare letture troppo univoche anche di territori vicini. Fattori come le pendenze, l’esposizione ai venti, le ore di sole diretto, il drenaggio delle acque piovane ecc.. sono tutti estremamente dipendenti dalla posizione del vigneto. Per intenderci: qua non siamo in Borgogna, dove la lettura del territorio è relativamente semplice, qua siamo in Chianti Classico ed è un bel casino! [Questa lettura del territorio del Chianti Classico deve molto ad una masterclass tenuta da Alessandro Masnaghetti e che potete trovare in nota 4]

Il terroir

Le UGA del Chianti Classico

Le UGA del Chianti Classico

Non esiste terroir senza fattore umano (e chi dice il contrario lo fa per convenienza). E questo è tanto più vero in Chianti, per quei caratteri di varietà che abbiamo sopra illustrato. Ogni territorio del Chianti Classico che intende darsi un’identità riconoscibile deve farlo attraverso il lavoro dei vignaioli.
Diventare una comunità di vignaioli e produttori che lavorano una terra con caratteri comuni, renderà quei caratteri riconoscibili anche nei bicchieri. Se questo accade, allora si può parlare di terroir. E lo si potrà fare anche per ciascuna di quelle zone che oggi sono alla meglio dei territori, con alcune eccezioni, che vedremo

Quella che segue è una presentazione: dei comuni del Chianti Classico (con Panzano che merita una menzione a parte), del loro territorio, delle associazioni di vignaioli che stanno lavorando insieme ed infine di alcuni caratteri dei Chianti Classico assaggiati durante la CCC23.

 

Le zone e le segnalazioni

___________________

Castellina

Con i suoi 578 metri sul livello del mare, è il paese più alto fra quelli che fanno comune all’interno della zona del Chianti Classico, ma ha un territorio che registra un forte dislivello, dato che si passa dai 180 m del punto più basso (nella zona di Castellina Scalo) ai 626 m del Monte Cavallaro. Una differenza che non è solo altimetrica, ma riguarda anche dimensioni e modalità produttive delle aziende che, nella parte bassa occidentale di Castellina giocano spesso la carta dei numeri, mentre nelle altre (complice il territorio) puntano su uno stile più fine.

Castellina e le sue zone

Castellina e le sue zone

Il territorio di Castellina in Chianti può essere diviso in 3 zone.

La prima è la parte bassa, una fascia di territorio all’estremo occidentale del comune, i cui terreni sono più tipicamente argillosi e dove le colline si fanno dolci, le pendenze tendono al pianeggiante e le temperature medie sono in linea con le zone più calde della denominazione. Questa è la zona più vitata del comune e vi si trovano diverse aziende che producono milioni di bottiglie (Piccini, Cecchi, Rocca delle Macie per fare alcuni esempi), ma anche alcune aziende medie o medio-piccole che invece producono vini di bel frutto e struttura.
La seconda è la parte alta che guarda a ovest, intendo quella fascia di territorio che sta nelle zone più elevate del versante che da Castellina corre verso Vagliagli (vedi mappa sopra) e guarda senza ostacoli verso Poggibonsi, Colle Val d’Elsa e Monteriggioni. Le esposizioni migliori sono quelle che guardano a sud e sudovest, e che magari perdono un po’ di sole del mattino, ma permettono soprattutto a quello del tramonto di allungarsi sulle vigne fino agli ultimi raggi. Qua si trovano aziende di medie dimensioni, nomi importanti e lignaggi più o meno antichi (Castellare di Castellina, Fonterutoli, San Donatino, Gagliole per fare alcuni nomi) ed i vini che vi si producono sono spesso più leggiadri, più fini, più delicati, con una parte floreale molto evidente rispetto ad altre zone della denominazione.
La terza parte è quella che dal crinale castellinese scende ad est, verso La Piazza (vi si trovano aziende come Nittardi e Bucciarelli). Siamo quindi sul versante opposto a quello visto fino ad ora. Qua ci sono più boschi che vigne e vi si producono vini meno ariosi, ma non di rado interessanti.
Dunque dov’è il carattere di Castellina? Non è facile da dire. Tenere insieme questi approcci così diversi dovrebbe essere una scelta da gestire con attenzione. Più spesso è parsa un’accettazione del dato di fatto, lasciando questo territorio un insieme di aziende che condividono lo stesso comune di residenza e poco altro.

Aziende che fanno parte del Consorzio: 59
Associazione Produttori: Viticoltori di Castellina in Chianti
Membri: 35
Castellina non è stata molto valorizzata negli ultimi anni. Diverse aziende, soprattutto quelle più blasonate, invece di collaborare hanno teso più volentieri ad ignorarsi. Se la cosa non ha molto senso in assoluto, ancor meno lo ha oggi che altri, collaborando, hanno impresso una nuova marcia alla propria immagine comunale. Il fattore umano, in questo caso, non ha giocato a favore del territorio. L’associazione dei Viticoltori di Castellina, non molto attiva negli ultimi lustri, si è spesa di recente per la realizzazione del lavoro di Armando Castagno per raccontare Castellina.

Vini e aziende da segnalare
Ci sono aziende che vengono dalla parte alta di Castellina e sono ben note, come Fonterutoli e Castellare di Castellina, che anche quest’anno hanno presentato dei Chianti Classico molto ben fatti (molto floreale quello di Castellare), ma la mia segnalazione è per Castagnoli, azienda che anno dopo anno va confermandosi – secondo me – come una delle più consistenti dell’intero territorio. Nella parte più bassa segnalo due aziende come Pomona e Nardi Viticoltori a cui guardare oggi e anche per il futuro, entrambe avevano in assaggio due CC2020 davvero belli e precisi, giocati su un bel frutto. Infine, sulla parte opposta che guarda verso la Piazza, l’azienda Bucciarelli aveva fuori un CC 2016 veramente ganzo, rustico, non pettinato, ma di grande freschezza e bella acidità.

Radda

Il territorio di Radda è attraversato quasi interamente da quel crinale di giuntura che va dai Monti del Chianti verso Castellina e da lì, scendendo verso sud, ci sono le serie di valli dove si trovano le vigne più importanti della zona. Ma non è tutto lì.

Radda

Radda

Radda - Dettaglio

Radda – Dettaglio

I crinali più celebri sono quelli che da sotto il paese di Radda, salgono verso nord. Vedete quei quattro raggi segnati in rosso che sembrano tutti partire dritti da Radda? Da ovest verso est (guardando la cartina da sinistra a destra) vanno verso: Monterinaldi, Castelvecchi, Volpaia e Pian d’Albola. Per quanto segnati sommariamente, servono a mostrare come al netto delle diverse inclinazioni, abbiano andamenti simili (nord sud) ed è tra quei 4 raggi che si trovano alcune delle aziende più celebri di Radda. Ma c’è anche quello spicchio verso l’estremo est (Selvole) che per quanto vicino ai 4 raggi ha un andamento leggermente diverso e ci sono diverse vigne anche nella parte sudorientale del comune di Radda (anche lì, in cartina, sono segnati i due brevi crinali più rilevanti di quella zona). Last, but absolutely not least: la zona immediatamente a sud del paese di Radda, dove si concentrano parecchie vigne, molte sono quelle più prossime al paese e diverse anche quelle poco distanti, ma su poggi diversi.

Aziende che fanno parte del Consorzio: 42
Associazione Produttori: Vignaioli di Radda
Membri: 26
Ci sono senza dubbio dei punti di coerenza territoriale (soprattutto nella zona più celebre delle vigne raddesi) e anche geologicamente ricorre sia una parte di macigno nelle zone più alte, che alberese e formazioni sillane  nelle altre. Ma il carattere peculiare dei vini di Radda (e direi del nuovo corso dei vini di Radda, che ha guadagnato la ribalta soprattutto nell’ultimo lustro) va oltre questo e abbraccia uno spettro più ampio di vini e aziende. E credo si possa azzardare che si è costruito grazie al contributo dell’associazione dei Vignaioli di Radda (di cui fa parte anche Montevertine). Toni scuri, a volte anche duri, tratti ematici in gioventù che spesso preludono a invecchiamenti di grandissimo fascino. Questi caratteri sono quelli che oggi rappresentano la cifra di Radda per merito di territorio, sì, ma anche del lavoro di un gruppo di vignaioli che mette insieme tanti fuoriclasse che sanno fare squadra (e non è un caso che la qualità media dei vini di Radda sia altissima e i toni spesso ricorrenti fra i diversi bicchieri).

Vini e aziende da segnalare
Tra quei 4 raggi di cui sopra, L’Erta di Radda e Carleone (la prima con un CC2020, la seconda con un CC2021) sono aziende che si sono già fatte un nome, ma da continuare a tenere sott’occhio anche per il futuro. Sempre vicino a quella zona (un po’ più verso ovest) c’è Istine e anche qui non scopro niente di nuovo, ma il CC2021 assaggiato era l’ennesima gioia in bicchiere. Così come non è stato nuovo l’entusiasmo per due bicchieri: CC2019 di Val delle Corti che viene da quella zona a sud del paese di Radda, e il  CC2021 di Monteraponi che invece si trova più a sud-ovest.

Gaiole

Il territorio di Gaiole è molto vasto (è la UGA con il territorio più vasto in assoluto: 12.900 ha), ma una buona parte di questo territorio è rappresentato dai Monti del Chianti, che occupano tutta la metà orientale del territorio comunale.

Gaiole

Gaiole

Gaiole - dettaglio

Gaiole – dettaglio

Nella zona montuosa le vigne sono poche e si affacciano sulla parte del Valdarno (le ho segnate con quei piccoli trattini in nero nella parte destra della mappa). Il grosso delle vigne sono nella metà occidentale e sommariamente raggruppabili in due lunghe strisce, una delle quali biforcata nella parte nord) che corrono quasi parallele in direzione nord-sud. È una rappresentazione piuttosto sommaria, che deve contare varie eccezioni, ma serve a semplificare e a dare un minimo di sistema ai punti sommitali su cui si trovano le vigne principali di Gaiole. Nell’immagine in dettaglio si può notare meglio come le due strisce segnate abbiano confini piuttosto vaghi ma minimamente riconoscibili. A parte ho cerchiato in giallo, nell’estremo sud, la zona più prossima a Castelnuovo Berardenga, anch’essa molto vitata e con temperature medie più alte. Geologicamente la zona dei Monti è caratterizzata da grande presenza di macigno, la parte centro-occidentale vede invece la prevalenza di alberese, mentre nella punta sud siamo ancora su quel “falso” tufo che in realtà sono sabbie marine di origine pliocenica, compattatesi nel corso dei millenni.

Aziende che fanno parte del Consorzio: 41
Associazione Produttori: Viticoltori di Gaiole
Membri: 12
Gaiole ospita alcune delle aziende più celebri e celebrate del Chianti Classico, ma trovare un filo che leghi i frutti del loro lavoro non è facile. Valli strette, tanti cucuzzoli, su ciascuno di essi un’azienda che fa storia a sé. Beh forse non è proprio così, ma… Sul sito dell’associazione dei Viticoltori di Gaiole le notizie sono ferme al 2019, segno che se già le aziende a far parte di questo gruppo erano poche, le attività non sono state molte di più. Peccato, perché Gaiole potrebbe essere qualcosa in più del comune con tante eccellenze, ciascuna per conto proprio.

Vini e aziende da segnalare
In questo caso gli assaggi fatti alla CCC2023 mi hanno raccontato di toni balsamici che al naso sono curiosamente tornati spesso. La mia degustazione andava in cerca di qualcosa da scoprire, più che di conferme per cercare di afferrare un filo da seguire anche nei prossimi anni. In questo senso i CC 2021 di Rocca di Montegrossi e Castello di Meleto, così come il CC2018 di Podere Il Palazzino sono stati i vini più coerenti e sorprendenti. Affascinante, anche se su toni più speziati che balsamici, Ricasoli. Menzione a parte, nel mio taccuino, l’ha meritata Riecine col suo CC2021, queste le note che mi sono appuntato: Naso intenso, ma di grande precisione in rosso. Bocca che mette insieme tutto: frutto, corpo, tannini, acidità. Vino che rasenta la perfezione per l’annata e migliore bevuta della mia personale Collection 2023. *****

Panzano

Circa 2900 ettari di territorio per questa UGA, ma ben 595 ettari vitati, che rappresentano il 21% circa del territorio totale. La densità più alta di vigne di tutte le UGA del Chianti Classico. E se qualcuno avesse dei dubbi sull’importanza del fattore umano nella costruzione del terroir, Panzano sta lì a dimostrare nei fatti che di dubbi non ce ne possono essere.

Panzano e la Conca d'oro

Panzano e la Conca d’oro

La lettura più puntuale del territorio di Panzano è quella di Alessandro Masnaghetti, che divide il territorio della UGA di Panzano in due versanti, prendendo come spartiacque “la strada che da San Casciano in Val di Pesa porta a Panzano e prosegue poi in direzione est verso Volpaia” (segnato in rosso nella mappa qua sopra.
Il versante più noto è quello di sudovest, lì si trovano la gran parte delle vigne e delle aziende di Panzano e si lì si trova anche la famosa Conca d’oro. Il nome “d’oro” è dovuto al fatto che lì, prima che il vino diventasse il prodotto che è diventato negli ultimi decenni del secolo scorso, si coltivava grano e l’oro era quello delle spighe mature. Si tratta di un teatro naturale dai suoli sono tipicamente argillosi e ricchi di galestro, che sta sotto il paese e guarda ad sud-ovest, con le vigne migliori storicamente considerate quelle con esposizione a sud. L’andamento delle ultime annate, sempre più calde, rappresenta una grande sfida per tutti i produttori, ma in particolare per quelli della Conca d’oro (dove le escursioni termiche tra giorno e notte sono piuttosto contenute) e di questa parte di Panzano in generale. Vini che hanno una bella pienezza da giovani, ma che a volte lasciano qualche dubbio sulla tenuta nel tempo.
Potrebbe dunque trovare nuovo lustro il versante nordorientale, meno vitato, ma più fresco.

Aziende che fanno parte del Consorzio: 39
Associazione Produttori: L’Unione dei Viticoltori di Panzano in Chianti
Membri: 22
L’Unione dei Viticoltori di Panzano in Chianti è attiva dal 1994. Nacque con l’idea di riportare in vita una festa che si teneva negli anni ’50 nel piccolo borgo del comune di Greve. Una festa che si chiamava Vino al Vino e metteva quelle che già allora erano aziende di un certo blasone, accanto a piccoli e misconosciuti produttori. Così facendo quel momento di festa era anche occasione per assaggi reciproci, scambi, occasioni di visibilità. Un’idea semplice e vincente. Se oggi Panzano è una zona che merita a pieno titolo la dignità di una menzione speciale in etichetta, è soprattutto per il lavoro meritorio di quell’associazione di viticoltori. Non solo, ma le sfide poste dai cambiamenti climatici si affrontano meglio insieme, condividendo competenze, soluzioni e nuove strade… e tra questi assaggi fatti alla CCC2023 qualcosa di interessante, in questo senso, secondo me, c’è già.

Vini e aziende da segnalare
Il CC2019 di Vecchie Terre di Montefili ha svettato per intensità ed equilibrio, ma anche i CC2020 di Vallone di Cecione e Le Cinciole hanno mostrato una finezza sorprendente. Se gli effetti del climate change pongono domande, qua ci sono potenziali risposte di grande prospettiva.

San Casciano 

Siamo all’estremo nord della denominazione, ma come abbiamo visto nord non significa una zona più fredda, anzi. Il territorio della UGA sta tra la valle del fiume Greve e quella del fiume Pesa, su altitudini medie più basse rispetto al cuore del Chianti Classico e su pendii più dolci.

San Casciano

San Casciano

“Il territorio della UGA di San Casciano può essere visto – in larga parte – come un vasto altopiano alluvionale solcato da numerose valli, spesso profonde, la cui parte sommitale si colloca con regolarità attorno ai 300 metri sul livello del mare” [5]. L’andamento dei due fiumi, più lineare quello della Pesa, più irregolare e frastagliato quello della Greve, sembra indicare che terreni più morbidi si trovano sul lato occidentale e più duri sul lato orientale. Altra nota è che nella parte sud della UGA il territorio inizia ad alzarsi a quote leggermente più alte e il terreno registra la presenza anche di blocchi di alberese. C’è tuttavia una vaga coerenza di territorio, le vigne sono collocate in maniera diffusa su questo altopiano, senza seguire particolari andamenti ricorrenti. C’è quindi spazio per un lavoro di collegamento stilistico che è appena iniziato. Anche in questo caso è opportuno segnalare che qua le estati sempre più calde sono particolarmente sfidanti e qualche vino che ne ha fatto le spese è capitato di assaggiarlo.

Aziende che fanno parte del Consorzio: 46
Associazione Produttori:  San Casciano Classico
Membri: 28
I viticoltori della zona, riuniti nell’associazione San Casciano Classico hanno iniziato da poco a lavorare insieme, ma sono già partiti col piedi giusto, organizzando una giornata con Alessandro Masnaghetti di cui io e Andrea Gori abbiamo dato conto in un articolo che consiglio a chi vuole approfondire la conoscenza di questo territorio.
Il tratto comune che ho trovato nei vini di San Casciano è il ricorrere di un sentore agrumato, di arancia (rossa) se dovessi dire, a tratti più fresco a tratti fin troppo dolce. Credo che la prima versione di questo carattere sia quella da privilegiare.

Vini e aziende da segnalare
Ho scelto i vini di due aziende che si stanno spendendo molto, insieme a Villa Le Corti di Duccio Corsini, per dare corpo al lavoro dell’associazione San Casciano Classico. Cigliano Di Sopra con un CC2021 dalla bella trama rossa ed una bella sapidità (che Matteo Vaccari, giovanissimo e sorridente membro del team di Cigliano mi segnala fra i caratteri ricorrenti dei vini di San Casciano) e Luiano con il CC2021 con un 5% di merlot e un 5% di cabernet Sauvignon che lo scuriscono oltre quel che meriterebbe il sangiovese aziendale.

Greve

Greve è un comune dal territorio assai vasto, al cui interno ricadono ben 4 UGA: Greve, Montefioralle, Lamole e Panzano, che abbiamo già visto. Qui la faccenda si complica un poco e conviene provvedere subito a definire rapidamente Lamole e Montefioralle.

Greve + Panzano, Montefioralle, Lamole UGA

Greve + Panzano, Montefioralle, Lamole UGA

Lamole è un’area dall’enorme potenziale espressivo. È una zona piccola, coerente geologicamente, con esposizione quasi interamente a ovest, con vigneti che stanno fra le altitudini medie più elevate del Chianti Classico. Se il tono floreale di Castellina è tipico solo di una parte dei vini della zona, qua è un marchio davvero distintivo. Ci sono solo 8 aziende che ricadono in questa UGA e tanto lavoro da fare, ma la prospettiva c’è tutta. Per ora dell’Associazione Viticoltori di Lamole non si trovano grandi tracce online. Tra le varie aziende segnalo Fattoria di Castello di Lamole  di Paolo Socci.

Montefioralle è un’altra UGA molto piccola, che conta 15 aziende. Siamo sulla riva sinistra del fiume Greve e per una spiegazione di cosa questo significhi rimando al video qua sotto (merito ad Andrea Gori di averlo registrato e reso disponibile online), in cui Sebastiano Capponi illustra il territorio e la sua storia con la consueta precisione e competenza. Qua confesso di non essere capace di individuare un tratto comune netto quanto quello di Lamole, ma in questo caso l’Associazione dei Viticoltori di Montefioralle ha una presenza ed un’attività molto più vivace di quella dei colleghi di Lamole. Al riguardo credo che la segnalazione migliore che si possa fare è quella del lavoro che Aldo Fiordelli ha fatto proprio per i Viticoltori di Montefioralle, un lavoro di grande spessore e precisione che merita davvero di essere portato ad esempio. Tra le varie aziende segnalo infine Villa Calcinaia della famiglia Capponi.

Quel che rimane di Greve è un territorio di non facilissima lettura. Abbiamo visto sopra (guardate il video se non lo avete ancora fatto) la divisione fra riva destra e riva sinistra del fiume Greve che segna un primo spartiacque, abbiamo le zone più alte che stanno nella fascia orientale e salgono lungo i fianchi dei Monti del Chianti e abbiamo poi un secondo versante, con quote meno elevate, a ovest del paese di Greve. Infine ci sono i due corni nord del territorio comunale, quello occidentale verso Strada in Chianti e quello orientale verso San Polo, con scarsa presenza di vigne ed una grande presenza di macigno. Per dirla veloce: questo territorio può essere tutto e il suo contrario, quel che è certo è che Greve è stata più generosa con le proprie eccellenze – ieri Panzano, oggi e domani Lamole – che con ciò che del proprio territorio rimaneva. Forse oggi è il caso di concentrarsi su di sé. Ci sono aziende i cui vini sono un po’ stanchi e poco brillanti, questo va detto, ma ci sono anche novità estremamente interessanti. Da circa un anno è stata fondata l’Associazione dei Viticoltori di Greve  al cui interno si trovano aziende che non appartengono solo alla UGA di Greve, ma che ricadono anche nelle UGA di Montefioralle e Panzano. Lo scorso settembre l’associazione si è presentata con una giornata di cui Andrea Gori ha dato conto proprio su queste pagine (condotta ancora una volta da Alessandro Masnaghetti).

Vini e aziende da segnalare
Non è una novità Querciabella, ma vale la pena rammentare anche questo tipo di eccellenze che sono sul territorio grevigiano. Mentre tra le novità ci sono Ottomani e in particolare l’azienda Terreno, che alla Collection di quest’anno presentava un CC2020 molto interessante: siamo a destra della Greve e su terreni sabbiosi. Bel naso, pieno, profumato, ricco. In bocca invece è un vino fine, corpo esile, tannino morbido, finale un po’ scorbutico, ma nel complesso vino di bella fattura ed eleganza. 

San Donato

Con qualche approssimazione, ma ho tracciato il territorio dell’unica UGA che mette insieme parte del territorio di due comuni diversi: Barberino Tavarnelle e Poggibonsi. Per dare una lettura semplificata del territorio l’ho diviso in 3 zone.

San Donato in Poggio

San Donato in Poggio

La prima è la zona a nord della Pesa. Il territorio ha punti molto bassi, come ad esempio i 150 m s.l.m. nella zona della Sambuca, una striscia di zona industriale prossima al raccordo autostradale Firenze-Siena, dove è da qualche lustro la sede del Consorzio del Chianti Classico). Ma, da lì le colline si innalzano prima dolcemente e poi repentinamente sia verso ovest che verso sud e i punti dove si concentrano le vigne, soprattutto quelle di Badia a Passignano, sono su una discreta elevazione media (tra i 350 e i 400 mlsm) . Inoltre non si può trascurare che proprio qua, a Bargino, Antinori ha costruito la propria cantina-sede operativa-showroom che ogni anno attrae migliaia e migliaia di visitatori.
La seconda è la zona centrale, con vigne che si concentrano intorno al paese di San Donato in Poggio, ed anche qui siamo su altitudini che stanno fra i 3 e i 400 m s.l.m.. I terreni sono principalmente quelli di Alberese e forse un altro punto da tenere presente è lo spartiacque segnato dal corso del raccordo Firenze Siena. Il grosso del territorio della UGA si trova infatti a est di questa strada, mentre il ritaglio a ovest, nella zona di Cerbaia, è prossima a quella dove si trovano grandi produttori di sfuso (un capitolo a parte meriterà l’analisi di questo aspetto), ma anche aziende di presente e prospettiva assai interessante come Le Masse (alla Collection ho assaggiato un CC2019 davvero ben fatto).
La terza zona è quella in cui le altezze iniziano a degradare per scendere fino ai 250 m circa s.l.m. nella zona di Monsanto. Riguardo al terreno, per citare ancora Masnaghetti, a parte alcune zone dove si trova ancora Alberese “tutto il resto è appannaggio della Pietraforte e della formazione di Sillano (argilliti e calcari ndr), fatta eccezione per alcune argilliti scistose e per una vasta area di sabbie marine proprio in corrispondenza del borgo di Monsanto”. Nonostante sia una zona più bassa (anche se Olena e Isole stanno fra i 350 e i 400 m s.l.m.) e piuttosto calda, ha un’ottima ventilazione, dato che si affaccia su vallate aperte. Non così ventilata da ricevere le brezze marine [6], ma certo in grado di ricevere un refrigerio maggiore di altre zone della denominazione con altezze comparabili.
Quel che ricorre in tutti i vini di questa UGA è una pienezza di frutto che vale come regola abbastanza generale, qualche tono d’arancia e nelle versioni più felici un corpo che riesce a non essere pesante.

Aziende che fanno parte del Consorzio: 28
Associazione Produttori: Associazione dei Viticoltori di San Donato in Poggio
Membri: 19
Questa è la UGA dove si sono trovano due aziende con un lignaggio che ha pochi pari in tutto il Chianti Classico. Quando abbiamo giocato alla prima IntravinoCup, dedicata al Chianti Classico, a ricordarcelo siete stati proprio voi lettori di Intravino [7]. Queste due aziende sono Castello di Monsanto e Isole e Olena ed entrambe si sono messe a disposizione del lavoro dell’Associazione dei Viticoltori di San Donato in Poggio, nata nel 2018. Il fatto è che – come i lettori di Intravino ben sanno – Isole e Olena è stata recentemente acquistata da una holding francese del lusso e questo non è un particolare da poco. Molto sta a capire se la nuova proprietà di Isole e Olena avrà la saggezza di cogliere quanto sia decisivo il lavoro di squadra per far crescere il nome di un territorio. Il rischio, altrimenti, è quello che San Donato rimanga una zona con due eccellenze assolute e un gruppo di cantine che seguono a distanza più o meno breve. C’è poi il ruolo di Antinori, che appartiene ufficialmente a questa UGA, che potrebbe essere un’altra variabile importante qualora intendesse giocare la partita di San Donato.
Insomma, qua più che mai – questo il mio parere – ci sono una serie di incognite legate ancora una volta al fattore umano.

Vini e aziende da segnalare
Qua rischierei di essere noioso facendo nomi che ho già fatto e che già conoscete, ma insomma Monsanto e Isole e Olena, anche stavolta…

Castelnuovo Berardenga

Il territorio comunale (o almeno parte di quel territorio, dato che appartiene al Chianti Classico solo una parte di Castelnuovo Berardenga) è diviso fra due UGA. Se guardate le cartine qua sotto sappiate che la parte alla vostra sinistra è quella della UGA di Vagliagli, mentre quella a destra è la UGA di Castelnuovo Berardenga. Siamo all’estremo sud della denominazione con alcune peculiarità geologiche interessanti e con vigne in zone tra le più basse del Chianti Classico.

 

 

Mappa geologica di Castelnuovo Berardenga: da http://classicoberardenga.it/

Mappa geologica di Castelnuovo Berardenga: da classicoberardenga.it

 

La linea rancione spessa indica il territorio comunale di C. Berardenga. da cui ho ritagliato in rosso la zona appartenente alla UGA omonima

La linea rancione spessa indica il territorio comunale di C. Berardenga, da cui ho ritagliato in rosso la zona appartenente alla UGA omonima

Le due cartine qua sopra servono a illustrare rapidamente che in questo territorio altezze diverse corrispondono quasi precisamente a terreni diversi. La prima è la cartina geologica delle due UGA. Se volete andare nel dettaglio vi segnalo che:
. in azzurro trovate segnati depositi sabbioso ghiaiosi di origine alluvionale
. il giallo è quello di quel finto tufo di cui dicevamo in apertura
. in grigio sono segnati depositi argillosi
. in arancione rocce prevalentemente arenacee
. il verde è quello di rocce calcaree
. il rosa quello di rocce argillitiche
Se tuttavia dobbiamo farla un po’ più breve e semplice le cose stanno più o meno così: zone alte (450m e oltre)=macigno / zone di media altitudine (450-300m)=Alberese o formazioni di Sillano (argilliti e calcari) / zone basse=argilla e sabbie plioceniche. Anche qua, come per San Donato, San Casciano e la parte bassa di Castellina, sono le temperature medie più alte di altre zone a segnare un profilo comune nei vini di Castelnuovo Berardenga (inteso come comune e non come UGA), il che però non significa necessariamente vini meno eleganti. Certo con le estati degli ultimi anni i problemi di gestire picchi di calore e temperature medie molto alte si pone, ma c’è modo di riuscirci. Se qualcuno avesse dei dubbi in proposito, basterebbe un nome a fugarli tutti: Castell’in Villa (e se non bastasse, c’è pure San Giusto a Rentennano che ricade sotto Gaiole, ma è lì a un tiro di schioppo)

L’Associazione Classico Berardenga, Viticoltori di Castelnuovo Berardenga, che si è spesa con una bella serie di iniziative negli scorsi anni, è un’associazione i cui membri appartengono tanto a quella che oggi è la UGA di Vagliagli, quanto a quella che oggi è la UGA di Castelnuovo. Rimane quindi da capire se l’idea è di caratterizzare le singole UGA oppure tenere per buono il comune di riferimento e spingere per quello. Questo è un caso in cui forse si sarebbe potuto rinunciare ad un po’ di coerenza di territorio, per promuovere quella della cooperazione tra aziende.

Vini e aziende da segnalare
Qua mi sono limitato a pochissimi assaggi. Confesso di aver saltato Castell’in Villa, che per quanto mi riguarda è storicamente IL Chianti Classico di stile intramontabile (so di non dire niente di sconvolgente). Mi permetto solo di segnalare che per colpa di un’amicizia sincera mi capita di bere con buona regolarità i vini della “nuova” Dievole e credo valga la pena tenere d’occhio il corso che questi prenderanno nei prossimi anni.

In conclusione

Il Chianti Classico è stato per me casa per tanti anni (e c’ho finito anche una macchina e un furgone per quelle strade). Oggi è forse la zona più cool del vino italiano. Spero che questa risorsa gratuita possa essere utile a farlo conoscere ancora un po’ di più.

In ultimo un grazie a Nelson Pari, Martin Rance e Matteo Fabbri, senza i loro consigli questo report sarebbe stato molto peggiore di così.

_________________________

[1] I cru di Enogea – Chianti Classico
[2] Consiglio in questo caso di leggere un contributo di una persona che mi è particolarmente cara, in un’intervista fattagli da Andrea Cappelli per la rivista Millevigne.
[3] A tal fine la Congregazione, organismo istituito ad hoc, doveva vigilare affinché i vini “che sono commessi per navigare, siano muniti alla spedizione con la maggior sicurezza per la qualità loro, e tutto per ovviare alle fraudi”.
[4] Per chi volesse approfondire il consiglio è di recuperare questo articolo e soprattutto il video che Andrea Gori ha fatto dell’intervento di Alessandro Masnaghetti in occasione di un incontro organizzato dai viticoltori di San Casciano
[5] “UGA” le mappe di Enogea, di Alessandro Masnaghetti
[6] Guardate una cartina e valutate voi se la cosa è plausibile, ma del resto si dice che pure Montalcino sia rinfrescata da venti marini … e a questo punto vale tutto!
[7] Qui trovate tutti i link di quella sfida: SedicesimiOttaviQuarti SemifinaleFinaleVincitore

avatar

Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

12 Commenti

avatar

Omikelet

circa 1 anno fa - Link

Bellissimo articolo grazie! Me lo sono letto con grande piacere. Confesso a volte di rimanere un po’ perplesso di fronte alla denominazione “Chianti Classico” anche ora che ci sono le UGA, la trovo molto grande nonostante tutto il lavoro fatto da Masnaghetti e collaboratori (davvero encomiabile) per zonarla. 7500 ettari su 11 UGA significa comunque un territorio molto variegato per ogni zona , come tu stesso sottolinei. Mi pongo nei panni di un consumatore che sa poco o nulla nulla di Chianti classico e non conosce che un paio di cantine e mi chiedo “e quindi?”. A sensazione direi che il manico in Chianti Classico sia tutt’ora l’unica variabile rilevante nel valutare l’esito finale del vino. Per cui ti chiedo: una zonazione più ridotta e parcellare era possibile ma “scomoda” oppure oggettivamente sarebbe stato un lavoro enorme e con scarse ricadute concrete?

Rispondi
avatar

Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Domanda molto pertinente e non facile rispondere. Per come la vedo io "il manico" è una discriminante notevole e mi piacerebbe costruire una mappa da sovrapporre a questa: quella dei consulenti. Sì perché Ve ne sono alcuni, importanti, che coprono col proprio lavoro diverse aziende. Ma ora sto divagando. Per me la componente umana del terroir è decisiva e ho voluto sottolinearlo. Il territorio da solo, per una sua coerenza specifica e molto spiccata, può funzionare a Lamole. Forse a Montefioralle? Su una fascia di Castellina, su alcuni versanti di Radda ... ma poco altro. Le UGA hanno senso nel bicchiere se i produttori lavorano per darglielo. Hanno senso sul mercato se il Consorzio e i produttori lavorano di concerto, se sono entrambi disposti a crederci. Per ora le UGA stanno solo sulla Gran Selezione, una categoria su cui si sono registrati tanti (a mio parere giusti e i numeri lo confermano) scetticismi. Ma con qualche aggiustamento e lavoro a supporto anche lì potrebbero esserci novità interessanti ... ok forse ho fatto una supercazzola. O forse no.

Rispondi
avatar

Daniele

circa 1 anno fa - Link

Complimenti bell'articolo!!

Rispondi
avatar

Raffaele

circa 1 anno fa - Link

Complimenti a Tommaso, un lavoro e un articolo veramente ben fatto!! Un precursore se vogliamo alla lettura dell Apogea d iMasnaghetti per potersi districare un pochino meglio nel mondo delle UGA del Chianti Classico!!

Rispondi
avatar

MG

circa 1 anno fa - Link

Bellissimo articolo, complimenti per il lavoro Tommaso! Bene le UGA ma davvero all'interno di ognuna va fatto un lavoro perche' quasi tutte sono troppo eterogenee. Speriamo non si fermino qui.

Rispondi
avatar

Vocativo

circa 1 anno fa - Link

Bel lavoro di divulgazione, panoramico e sintetico, che nelle "risorse gratuite" mancava.

Rispondi
avatar

Nicolò Extravino

circa 1 anno fa - Link

Intanto, grazie: un grazie cordiale per l'accurata sinossi (Masna way deep inside the thing). E soprattuto, per le segnalazioni di cantine. Domanda secca. Malvasia del Chianti nel fu Chianti Classico. Prima che il divin Marchese dettasse con sprezzatura (e lungimiranza commerciale) la linea, col suo ormai outsider Tignanello - pietra miliare. Punto di vista: meramente organolettico. E con un'occhio alla attitudine all'invecchiamento del vino. Come vedi la cosa, Tommaso? Passatismo, oppure...vi scatta la verticalina Tignanello pre-bacca-rossa only? O la verticalissiima coi Chianti Cl. che il divin deve avere sempre vinificato da uve ricavate in quel sito, da tempo immemore. Saluto, buon pomeriggio e buone cionkate.

Rispondi
avatar

Nicolò Extravino

circa 1 anno fa - Link

manca una 't': mi scuso. Ciao.

Rispondi
avatar

Nicolò Extravino

circa 1 anno fa - Link

Un occhio: scusate, ma il tema Classico m'ingrifa. C'ho giusto il Profumo del Chianti qui accanto alla tastiera.

Rispondi
avatar

Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Beh lì più che la Malvasia, fu il Trebbiano a fare le spese di quel cambio di direzione. Certo, anche la Malvasia, ma in termini di quantità il Trebbiano era incomparabilmente di più e ... ne ho scritto qua! Secondo me in questo articolo trovi una breve storia del Trebbiano che potrà interessare. https://www.intravino.com/primo-piano/il-tasting-di-settignano-e-la-riscossa-del-trebbianaccio/

Rispondi
avatar

Nicoló Giovanni

circa 1 anno fa - Link

Eh sì. Dici fatti. Ma tu, un aromatico nel Classico, oggi: come lo vedi? Non ti voglio portare in tempesta. Vorrei venissi anche tu a beccar un sole fantastico - veracemente enoico -, su certi lidi. Ciao Tommaso, grazie, buona jurnata.

Rispondi
avatar

Nicoló Giovanni

circa 1 anno fa - Link

Dato una letta ai passaggi salienti del pezzaccio. Bello. Meno disascalico di questo sul Classico. Meno, scontato? Uno sente che ti piace stare in interrogazione, su cose mai, o appena scoperte. Grazie.

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.