Cosa ci insegnano Isole e Olena e Biondi-Santi in mano ad una holding francese del lusso

Cosa ci insegnano Isole e Olena e Biondi-Santi in mano ad una holding francese del lusso

di Tommaso Ciuffoletti

La holding EPI della famiglia Descours, dopo BiondiSanti, acquista anche Isole e Olena. Questa la notizia resa ufficiale giovedì 2 giugno, dopo che per mesi le voci in Chianti Classico si erano rincorse intorno alla vicenda.

Dalle campagne toscane alle campagne acquisti francesi
Le campagne toscane, si sa, son poco abitate ormai, ma non hanno perso l’antica abitudine alle chiacchiere, dalle nostre parti dette anche “ciane”. Ecco, da mesi in quella parte di Toscana che sta tra Firenze e Siena si rincorrevano due voci: la prima è che LVMH fosse in cerca di qualche azienda da comprare, la seconda è che Paolo De Marchi stesse trattando la vendita di Isole e Olena.

Qualcuno ha pensato di mettere insieme queste due voci e farne una notizia. Sbagliando.

Perché ad acquisire Isole e Olena non è stata LVMH (la quale, insistono le chiacchiere, sta continuando a cercare e dovrebbe annunciare entro settembre una nuova acquisizione), bensì EPI. Riprendendo da wikipedia.fr : “EPI (ex Européenne de Participations Industrielles) è una holding familiare guidata da Christopher Descours. Le sue attività si articolano in investimenti a lungo termine in aziende di beni di lusso e artigianali e in una divisione di partecipazioni finanziarie che comprende investimenti diversificati a breve e medio termine nel settore immobiliare e industriale”.

Una holding globale del lusso… a conduzione familiare
La storia di questa holding familiare parte a metà degli anni ‘70 grazie alla volontà (e al patrimonio) di Jean-Louis Descours, all’epoca azionista di maggioranza e presidente del Gruppo André (oggi Vivarte), e si struttura nel tempo, grazie al lavoro prima del figlio di Jean-Louis, Gérard Descours, e poi del nipote e attuale presidente di EPI, Christopher Descours. Quest’ultimo è nato nel 1973. Si è laureato presso l’Istituto di Studi Politici (IEP) di Parigi (DESS Finances), ha conseguito un Master in Scienze e Management presso l’Università Paris-Dauphine e uno in Econometria presso l’Università Panthéon-Assas. Dopo una breve carriera come analista finanziario, nel 1999 si è unito al gruppo di famiglia, di cui ha preso la guida nel 2005.

Ad affiancarlo nella gestione dei brand di lusso c’è una donna, Valérie Hermann (direttrice della divisione luxury e fashion di EPI) con una lunga esperienza nei grandi brand di moda francesi e americani (YSL, Dior, Reed Krakoff e infine Ralph Lauren, di cui è stata responsabile delle collezioni luxury fino al 2019, quando ha lasciato per unirsi a EPI).

Nel 2011, proprio Christopher Descours ha acquisito la proprietà delle maison di Champagne Piper-Heidsieck e Charles Heidsieck per oltre 400 milioni di euro, da Rémy Cointreau. Sempre sotto la sua guida, il gruppo ha continuato ad acquisire partecipazioni in società di vari settori, con particolare attenzione al settore del lusso e a quello immobiliare e fondiario. In questo senso anche le acquisizioni di cantine e tenute – tenendo fede ad un motto di Eric De Rothschild: “il vino è innanzitutto una questione di terreno” (da leggersi nella duplice accezione di riferimento al terroir, ma anche dell’investimento fondiario) – vanno considerate nel loro doppio valore di aziende del lusso e di grandi proprietà fondiarie di valore.

Biondi-Santi e Isole e Olena
Nel 2016, EPI ha acquisito la cantina che ha di fatto creato il Brunello di Montalcino da un punto di vista enologico: Biondi-Santi. Anche in quel caso, nei giorni precedenti l’annuncio ufficiale si erano rincorse voci di un probabile acquisto da parte di LVMH. Anche in quel caso le voci risultarono sbagliate. Tuttavia il passaggio di mano di Biondi-Santi fece tanto scalpore da dare alimento alle chiacchiere per lungo tempo anche dopo la pubblicazione della notizia. Girando per Montalcino era impossibile evitare l’argomento “Biondi-Santi ai francesi”, a cui s’accompagnavano commenti tra il dispiacere e lo sgomento e analisi dell’accaduto che adducevano le più disparate ragioni (non ultima la menzione della rinomata munificenza di Jacopo Biondi-Santi e le sue passioni coltivate con spese non certo alla portata di tutti).

L’acquisizione di Isole e Olena suonerà forse meno eclatante, tuttavia si tratta di un’azienda la cui rilevanza per la storia moderna del Chianti Classico è indiscutibile (confermata anche dal nostro piccolo gioco sulle cantine del CC preferite dai lettori di Intravino).

Passaggi generazionali…
Quando Biondi-Santi è passata a EPI, nel 2016, Jacopo Biondi-Santi era alla guida della cantina di famiglia, di cui rappresentava la sesta generazione, da appena 3 anni, essendo succeduto al padre Franco solo dopo la scomparsa di quest’ultimo, avvenuta proprio nel 2013 alla veneranda età di 91 anni. A quell’epoca, Jacopo aveva 63 anni. Quando Descours ha preso la guida di EPI ne aveva circa la metà, 32.
Jacopo Biondi-Santi, tuttavia, prima di succedere al padre, aveva dato vita nel 1991 ad una nuova azienda in una terra meno rinomata di Montalcino, ma che pure a quel tempo sembrava essere la promessa del futuro: Scansano. Clima mite, estati calde, raccolti sicuri, un sangiovese pieno e ricco nello stile che si era andato affermando, terra – tanta – pianeggiante e a buon mercato e infine un nome che stava emergendo nel panorama già piuttosto affollato dei vini toscani. Come tutte le promesse troppo belle per essere vere, anche Scansano e il suo Morellino hanno finito col tradire chi ci aveva creduto (anche per il semplice fatto che in troppi ci avevano creduto).
Il Castello di Montepò e la sua etichetta di punta, Sassoalloro, sono la creatura di Jacopo Biondi-Santi. Il fascino del maniero e la sua storia sono fuori discussione, l’investimento per la creazione dell’azienda è stato senza dubbio ambizioso. Il Sassoalloro lo si può acquistare online per una ventina di euro (prezzo tuttavia importante per un vino di Scansano).

… e un filo rosso
Isole e Olena fu creata dal padre di Paolo De Marchi, avvocato che possedeva già alcuni vigneti in quel di Lessona, nel biellese, e che impiegò alcuni anni per mettere insieme quella proprietà chiantigiana che poi fu proprio il figlio Paolo a rendere grande. Paolo aveva studiato agraria e fatto esperienza in California, prese la guida di quella che trasformò in una mitica azienda del Chianti Classico, nel 1976. “Paolo De Marchi – per dirla con le parole di Aldo Santini – aveva la vocazione del vitivinicoltore. E si è insediato a Isole e Olena da professionista, deciso a restarci e affermarsi. La sua è stata una scelta di vita, cominciando letteralmente da zero. Nel senso che ha rinnovato la cantina dopo aver fatto tabula rasa di quel che c’era. E ha ristrutturato secondo le moderne tecniche i vigneti, puntando tutto sulla qualità”.

Il figlio di Paolo, Luca De Marchi, non sarà la terza generazione della propria famiglia a guidare Isole e Olena, curiosamente però, anche lui, come Jacopo Biondi-Santi, è alla guida di un’azienda vinicola. Questa si trova dove inizialmente erano i vigneti di famiglia, a Lessona, e si chiama Proprietà Sperino.

Luca De Marchi, laureato in filologia romanza, quando parla di Lessona lo fa con un trasporto eccezionale e con parole cariche di fascino. Rimane qualche dubbio sulle prospettive commerciali dell’investimento in una denominazione di certa storia ma dal più incerto presente… ma del resto non di solo commercio si vive.

Successioni di successo… e non
Tuttavia le cantine sono (anche) aziende e come tali vivono e attraversano il tempo. E in certi passaggi possono pure essere acquistate da holding globali del lusso. Holding che valutano il valore del brand – in un settore in cui la storicità e la riconoscibilità su mercati internazionali sono punti chiave – e la possibilità di acquisirne uno di successo, che magari si trova in un momento di difficoltà proprio nel passaggio generazionale.
In Francia questo accade tipicamente a causa delle alte tasse di successione, che impongono sforzi finanziari che non sempre gli eredi designati sono in grado di sostenere. Ecco quindi che la finanza si presta ben volentieri a sostenere il momento di passaggio chiedendo sovente per sé una partecipazione nella proprietà dell’azienda.
In Italia le tasse di successione sono molto più basse che nel resto dei paesi europei paragonabili (nel 2018 l’Italia ha incassato da tasse di successione e donazioni 820 milioni di euro, la Francia 14 miliardi e 300 milioni), tuttavia nei due casi che abbiamo visto finora il passaggio generazionale non è avvenuto con successo. In entrambi i casi, poi, gli eredi designati non hanno investito in campi diversi da quello familiare, ma pur rimanendo nel vino hanno preferito avviare altre imprese. Questo forse è solo un caso, mentre se alcune regole generali si possono apprendere da queste vicende si può notare che, affinché possa avvenire con successo, un passaggio generazionale deve essere impostato con largo anticipo, non deve essere troppo rimandato nella sua attuazione ed anzi accompagnato ed affiancato dando responsabilità crescenti.
Sembreranno note banali eppure la sensazione è che casi simili continueranno a verificarsi in varie aziende vinicole italiane.

In mano ad holding straniere
Il che può dare ragioni di disappunto per chi avrebbe piacere che aziende simbolicamente, oltre che economicamente, importanti non passassero di mano per diventare asset di gruppi finanziari stranieri. In questo senso tuttavia sarà opportuno considerare che non esiste una holding globale del lusso di marca italiana. Il fatto che su questo si siano perse delle occasioni importanti pare incontestabile. Per un periodo sembrava che Prada potesse strutturarsi in tal senso, data anche la passione per il vino di Patrizio Bertelli (passione che però, per adesso, si limita ad una grande collezione privata di vini, non di rado acquistati dai fallimenti di ristoranti con carte di vini importanti).
Se però tralasciamo i simboli e guardiamo ai numeri, la gestione “francese” di Biondi-Santi ha fatto bene all’azienda e al brand. I prezzi delle bottiglie sono saliti, la gestione delle annate storiche è senza dubbio più rigorosa di un tempo (ricordo quando proprio Jacopo Biondi-Santi si rallegrava per la vendita al Bottled Investement Fund di Sergio Esposito di 7mila Riserve Biondi-Santi dal 1945 al 1975 per quattro milioni di euro) e anche i ricavi, nonostante le difficoltà della pandemia, sono cresciuti (+7,4% nel 2020 sull’anno precedente). Se la proprietà è francese, inoltre, la guida dell’azienda è italiana: Giampiero Bertolini (ex Procter & Gamble e poi Frescobaldi) è l’AD e Federico Radi – che conosco e apprezzo enormemente da prima che lo diventasse – è il direttore tecnico della Tenuta il Greppo.

In definitiva questa storia, come tutte le storie, non ci insegna niente. Siamo noi, se vogliamo, che possiamo imparare qualcosa dalla sua lettura.

[Foto: Consorzio Brunello di Montalcino]

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Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

53 Commenti

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...grazie ... molto utile per capire e riflettere ...

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Stefano Cinelli Colombini

circa 2 anni fa - Link

La ricostruzione è rigorosa, cosa rara quando si parla di aziende vinicole. Complimenti. Una sola nota, LMVH cercò eccome di acquistare Biondi Santi. La vendita era complessa, c'era un custode nominato dal tribunale che gestiva l'azienda nell'interesse delle due azioniste di maggioranza, la madre e la sorella di Jacopo, per cui le trattative erano sostanzialmente alla luce del sole. C'era in lizza LVMH e anche altri, la spuntò EPI con un'offerta migliore.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

Giustissima precisazione. Grazie Stefano.

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AG

circa 2 anni fa - Link

Cosa ci insegnano Biondi Santi e Isole e Olena in mano a EPI? Che i Biondi Santi potranno vivere dignitosamente per la prossima generazione, e che i De Marchi potranno vivere da nababbi per le prossime 5 generazioni

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Stefano

circa 2 anni fa - Link

Di EPI hai dato ottime informazopioni, ma chi si occupa della divisione vino di LVMH?

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

Caro Stefano, LVMH è già sotto lente di studio, perché, e immagino che tu lo sappia come e meglio di me, dalle voci che girano presto dovremo occuparci anche di loro... ;)

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Stefano

circa 2 anni fa - Link

è che volevo vendergli qualcosina anch'io...

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link
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franco

circa 2 anni fa - Link

ottimi spunti di discussione, complimenti! Bevetevi un caffè al bar, la prossima volta...

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Lanegano

circa 2 anni fa - Link

Probabilmente continueranno a fare ottimi vini e i vecchi proprietari hanno assicurato il futuro degli eredi, però non posso fare a meno di dolermi quando accadono queste cose..... Romanticherie inutili, forse, ma tant'è....

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Vinogodi

circa 2 anni fa - Link

....Francia o Spagna, basta che 'sse magna...

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AG

circa 2 anni fa - Link

Quando ti pagano da 2 a 3 volte il valore di mercato, c'è da magna' in Franza E in Spagna

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Conclusione dell'articolo: "In definitiva questa storia, come tutte le storie, non ci insegna niente. Siamo noi, se vogliamo, che possiamo imparare qualcosa dalla sua lettura" (T.C.) __ Ognuno "interpreta" un testo(una storia, ecc...) a modo suo: cioè secondo le proprie convinzioni, i propri valori, i propri pregiudizi, ecc... E, quindi, per ognuno c'è una "morale della favola"(della storia) "diversa". La favola (la storia) è la stessa ma diverse sono le "morali che se ne possono trarre". ____ E non è da escludere l'ipotesi che non si impari nulla da una storia (da una favola): vedi Ucraina, dove sembra che la 1ª e la 2ª guerra mondiale e le successive guerre (ex Jugoslavia, Iraq, Afghanistan ecc..) non abbiano insegnato nulla all'uomo contemporaneo. _____ Qual è la vostra personale "morale della favola"? Cosa avete imparato? Mi sembra che nei commenti di AG e Vinogodi ci sia, in modo sintetico, riassunta una delle possibili morali che si possono estrarre dalla storia. _____ "Larga la foglia, stretta la via dite la vostra che ho detto la mia” Tommaso C sembra dirci questo nella conclusione del racconto molto completo della vicenda ma non ci ha detto qual è la sua personale "morale della favola"(se c'è perché, come ho accennato, la storia può anche non insegnare nulla) __ La storia stimola diverse opinioni. Alcune è opportuno non esprimerle.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

Il commento mi pare calzante. Al riguardo non voglio azzardare troppi giudizi che riguardano le persone, ma credo una regola generale se ne possa trarre. Una successione di successo è figlia di un'alleanza tra padri e figli. Una che non avviene credo non possa essere assegnata come responsabilità solo agli uni o agli altri. Insomma, nel successo o nel mancato tale, si misurano due generazioni, non una sola. Altra cosa che si può imparare è che noi nella manifattura siamo formidabili, ma quando arriva il concetto di lusso i francesi ci danno le paste, come si dice. Lo sapevamo, ma purtroppo non abbastanza. Poi ci sono considerazionj ulteriori e più specifiche, volendo. Dal considerare come l'idea di successione solo alla morte del padre potesse andar bene qualche secolo fa, ma non in età contemporanea, al considerare che c'è una lunga lista di aziende vinicole che hanno preparato il proprio passaggio di generazione, ma ce n'è una altrettanto lunga che passerà di mano per impossibilità d'altro futuro. C'è poi la questione delle tasse di successione, che andrebbe trattata a parte... insomma, io prevedo che di nuovi acquisti in terre di valore del vino italiano ne vedremo ancora tante. A partire da quella che LVMH dovrebbe annunciare a fine estate.

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endamb

circa 2 anni fa - Link

Cioè di una... grossissima azienda a Montalcino...

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dario tommasi

circa 2 anni fa - Link

Mi piace.

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Lorenzo

circa 2 anni fa - Link

Articolo scritto molto bene, complimenti a Ciuffoletti. Purtroppo, o per fortuna, nel 2022 le aziende non possono essere più gestite come nel 1980 dove bastava "un bischero" per creare un'azienda e trarne un po' di profitto. Chi ci sapeva fare creava delle belle e solide aziende e molto profitto. Un'azienda vinicola come quelle citate hanno molti dipendenti, affari in tutto il mondo, hanno bisogno di investimenti continui e spesso pesanti per mantenere alta la qualità e l'immagine dei propri prodotti e del marchio. E allora è normale che una persona che trova da vendere "bene" non si fa troppi problemi a cedere l'azienda, soprattutto se già in età avanzata. Poi magari si compra il podere e continua a fare il viticoltore in scala ridotta per semplice e pura passione. È un problema che ha il sistema economico italiano poiché basato sulla piccola imprenditoria dove l'imprenditore accentra tutto su di sé. Ma questo è un discorso che meriterebbe uno spazio a sé, che è solo marginalmente connesso col mondo del vino.

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Giuseppe

circa 2 anni fa - Link

Anche io ho trovato interessante l'articolo. E mi sono francamente stupito della differenza di entita` tra "successione Italiana e Francese". Entrando nel merito della cessione di gioielli italiani a gruppi stranieri che dire? Forse non e` il massimo ma quanto meno denota grande interesse verso il nostro paese, sarebbe molto peggio venir completamente snobbati. Tanto piu` che qui non si tratta di operazioni puramente finanziarie ma di interesse duraturo e mantenere alto il livello qualitativo. Buona giornata a tutti

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DePisis

circa 2 anni fa - Link

"Rimane qualche dubbio sulle prospettive commerciali dell’investimento in una denominazione di certa storia ma dal più incerto presente". Si può spiegare meglio?

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franco

circa 2 anni fa - Link

che il vino toscano un se vende...

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Stefano Cinelli Colombini

circa 2 anni fa - Link

Vero, nel campo del lusso i francesi ci danno le paste. Però una morale queste storie ce l'hanno. A Montalcino è passata di mano una azienda molto importante, ma il marchio collettivo Brunello ha continuato a crescere in fama e in volumi. Morale, i marchi collettivi italiani che sono davvero grandi e condivisi possono perdere senza danni un portabandiera, perché ne creano di continuo altri. Quello delle aziende familiari è un discorso complesso, ma in sintesi secondo me è tutto un problema di valori. Ovvero della capacità della famiglia di trasmettere di generazione in generazione i valori (secondo morali e etici) che hanno permesso una gestione di successo. Se c'è il passaggio funziona, se non c'è saltano o vendono.

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Giuseppe

circa 2 anni fa - Link

Stefano, proprio vero quello che scrivi! Leggendo il tuo commento mi e` venuto alla mente un ricordo di quand'ero ragazzino molto piu` appassionato di calcio di quanto lo sia ora. A quell'epoca era convinzione diffusa il miglior calcio lo giocasse il Brasile che incantava anche quando perdeva. Be` ormai non e` piu` cosi` da tempo... Ricordo un intervista al CT in cui veniva incalzato sul fatto che la squadra giocava bene, segnava ma prendeva anche tanti gol e quindi si criticava la sua difesa. Con l'aria sorpresa dalla domanda, ritenuta probabilmente assurda, rispose qualcosa tipo: l'importante per noi e` segnare sempre un gol in piu` dell'avversario di tutto il resto non ci importa niente! Ecco credo sia questo lo spirito giusto. Piuttosto che difendere i campioni nazionali molto meglio predisporre un ambiente idoneo affinche` ci sia sempre ricambio e si possano creare i presupposti affinche` se ne affaccino di nuovi di campioni.

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AG

circa 2 anni fa - Link

Riflettendoci non è difficile capire chi è l'interesse di LVMH

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

... l'ho vissuto in prima persona , il mancato passaggio generazionale di importante "imprenditoria" , non è così semplice e non si limita ad un ipotetico "passaggio di valori" . Il problema e' , soprattutto, legato alla chimica dei rapporti generazionali , la decodifica delle esigenze , del linguaggio a volte troppo criptico o legato ad aspettative eccessive , non congrue rispetto alle capacità personali sovrastimate o sottostimate. La predisposizione alla delega da parte del genitore e di assunzione di responsabilità dei figli è legata ad un percorso lento ma continuo , molte volte interrotto da discontinuità relazionali famigliari , come se "hanno tutto quello che non ho avuto io" fosse sufficiente a creare stimolo o gratitudine oppure spirito imprenditoriale... no , non è facile .

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AG

circa 2 anni fa - Link

Niente affatto facile

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Stefano Cinelli Colombini

circa 2 anni fa - Link

Mah, la "chimica dei rapporti generazionali etc" che indichi sono tutti fattori legati ad una concezione del se e dei rapporti con l'altro. In altre parole, all'etica familiare di cui parlavo. Se esiste un'etica di questo tipo la famiglia viene prima di ogni suo componente, e questo rende accettabile qualunque accordo interno al gruppo. È evidente che famiglie come la mia sono state capaci di mantenere un'etica di questo tipi attraverso molte generazioni, altrimenti non avremmo conservato ciò che abbiamo così a lungo. Poi esiste anche il "familismo amorale" che è il baco che fa marcire la mela, ma se il "familismo" ha una componente oggettivamente etica va a vantaggio anche della comunità dove vive la famiglia. Perché la continuità fa bene a tutti, Roma non fu fatta in un anno e un impegno che attraversa i secoli può costruire tanto. PS una concezione etica della famiglia di questo tipo è inter-classista, un tempo era propria di molte famiglie contadine ed ha fatto la loro fortuna

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...l'interesse di LVMH per nuove acquisizioni? Solo uno spaccato di cronaca , non me ne può fregar di meno ...

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Sei grande. PS Riprendo alcuni punti del dibattito. Non so se ho capito bene, ma nel caso di Biondi Santi e Isole e Olena hanno venduto ma sono rimasti nel settore in due aziende sempre vitivinicole. In questi casi l'unico motivo della vendita è il PREZZO. __ Possiamo concludere che, in un mondo che mette i SOLDI al primo posto, spesso il DENARO...COMPRA...TUTTO. E anche che Tutto...ha...un PREZZO. E Tutto(o quasi) può essere ...comprato.

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AG

circa 2 anni fa - Link

Non direi che nel caso di BS sia stato solo una questione di prezzo. Per Isole sì , suppongo

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AG

circa 2 anni fa - Link

Non conosco la cronaca, conosco i criteri di una multinazionale

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Un altro spunto di discussione che la vicenda stimola è relativo alle strategie di marketing nei beni di lusso. Come si costruisce un brand del lusso? Che ruolo svolge la critica enologica? Che ruolo svolgono i media? Che ruolo svolgono gli ESPERTI che parlano di vino? Strumenti nelle mani del marketing dei brand del lusso?

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

Ahhh qui tocchi un punto decisivo. Per rifarci alla storia, quel gioco del marketing del vino (rimango in ambito enologico) lo hanno inventato i francesi, un francese in particolare, secoli in anticipo sul resto del mondo. Fu un genio assoluto e i suoi insegnamenti sono ancora oggi la base del marketing del vino come lo conosciamo. Secoli di distanza da quel genio, che era di Bordeaux e non a caso Bordeaux è la capitale del vino a livello mondiale, proprio a Bordeaux il mercato del vino è stato reinventato in chiave globale, utilizzando proprio "gli esperti"... ora però marcow non farmi dire troppo, perché sto lavorando ad un libro che tratta proprio di questo!! Non posso anticipare troppo!!

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Vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...vero, come io mi sono trombato una nota attrice che tutti conoscete e che va per la maggiore...ma non fatemi dire altro o di piu' perche' leggerete il resoconto su Novella 2000 del mese prossimo...o del mese dopo...oppure vedremo...

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Caro Tommaso, sono sincero nel dirti che stavo per inserire quel dato di realtà che riguarda la... GRANDEZZA dei Francesi... nel MARKETING...del Vino. Sarebbe molto interessante un libro che approfondisca l'argomento. E spero che tu non stia scherzando e possa portare a termine l'impresa di scrivere un libro. Senza farti condizionare da nessuno.

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Gregory Perrucci

circa 11 mesi fa - Link

Domande significative. Ne aggiungo una: i principi, i valori, le opere dell’uomo o della sua famiglia nel creare un’azienda vitivinicola di successo e appetibile per gli investitori cessano di rappresentare un valore aggiunto dei vini prodotti quando la gestione si trasferisce ai manager della finanza/marketing/comunicazione? La spersonalizzazione dell’azienda vinicola non lede il capitale di autorevolezza e fiducia riconosciutole dalla critica e dal mercato?

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AG

circa 2 anni fa - Link

Il vero lusso non ha bisogno di esperti né di influencer, né di pubblicità né di distribuzione ubiqua, che ne è l'esatto contrario

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Tommaso

circa 2 anni fa - Link

Il commercio del lusso ha delle regole diverse da quelle di altre categorie merceologiche, ma ha bisogno anch’esso di promozione, politica di prezzo, posizionamento ... in una parola marketing. Il fatto che segua regole diverse da quelle di prodotti di altra natura, non significa che il lusso non abbia bisogno di ambasciatori, promozione o esperti. Rolex è lusso. Ed ha in Federer, per citare un caso molto noto, un grande “ambassador”.

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AG

circa 2 anni fa - Link

Perdona la brutalità ma Rolex ERA lusso quando costava un quarto di oggi. Ora è pacchianeria per chi fino a l'altro ieri neanche sapeva cosa è un orologio

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

Obiezione accolta!

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AG

circa 2 anni fa - Link

E aggiungo per divertimento, che al tempo i movimenti Rolex erano molto imprecisi e delicati tanto che nei cronografi (il primo e unico Daytona, il secondo più bell orologio della storia) il movimento era Zenith. Poi crollò il Muro e il mondo cambiò... Sempre per divertimento vorrei far notare che al tempo un Datejust costava poco più di due stipendi medi, oggi quasi otto e vengono prodotti un numero di pezzi 10 volte tanto...

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

Ma allora sei un appassionato come Morichetti?

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Roberto Ottavi

circa 2 anni fa - Link

Preferisco i Panerai... più affidabili.

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Capex

circa 2 anni fa - Link

Parole sante. La maggior parte dei fruitori Rolex di oggi non conoscono minimamente cosa siano un 5513 o un 16700.

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

Rolex è brand , non lusso . Come Dom Perignon e Cristal , dove tutti , con un piccolo sforzo , possono permetterselo , salvo la indigenza più estrema . Lusso è Pateck Philippe Cal.89 , Frank Muller Aeternitas Mega 4 , Vacheron Constantin 57260 come Musigny di Leroy , TBA di Egon Muller , Montrachet di Domaine Leflaive...

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thomas pennazzi

circa 2 anni fa - Link

Un piccolo appunto al tuo ragionato articolo, Tommaso: se è vero che "In Italia le tasse di successione sono molto più basse che nel resto dei paesi europei paragonabili (nel 2018 l’Italia ha incassato da tasse di successione e donazioni 820 milioni di euro, la Francia 14 miliardi e 300 milioni)", dimentichi di citare che nessun Paese europeo ha un'imposta immobiliare gravosa come quella chiamata IMU, e che di fatto è una tassa patrimoniale permanente, e non saltuaria come quelle ereditarie francesi. Dalla quale peraltro sono esentati gli imprenditori agricoli, happy few.

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Tommaso

circa 2 anni fa - Link

Francia e Gran Bretagna hanno una tassazione sul patrimonio immobiliare mediamente più alta della nostra. Quella spagnola è in linea con la nostra, quella tedesca è inferiore. Parlo in media e al netto delle modalità di prelievo. Dati dell’agenzia delle entrate.

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AG

circa 2 anni fa - Link

Hippy few ma non per il prestigioso professor granlupmann Mario Monti nel 2012 al grido di Europa Vult

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Stefano

circa 2 anni fa - Link

Tommaso, inizialmente ho fatto la battuta, ma ripensandoci sarei curioso di sapere come funzionano queste acquisizioni, che spesso hanno alle spalle grandissimi advisor dal punto di vista finanziario per la due diligence. Cioè, non credo che il prestigioso vignaiolo alzi il telefono, chiami LVMH e si faccia passare Bernard Arnault per chiedergli se gli interesserebbe comprare un cantinino da una dozzina di milioni; Né d'altra parte Arnault alza il telefono e chiama una cantina di cui trova i recapiti su una guida e chiede se sono interessati a vendere, sempre per la solita dozzina di milioncini. (se se sei anche interessato a capire quanto sono anziano, nota l'uso dell'espressione "alza il telefono", per i più ormai incomprensibile)

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Tommaso

circa 2 anni fa - Link

... qua sarebbe da fare un’intervista a qualcuno che ne sa più di me. Credo sarebbe assolutamente interessante. Forse un po’ specifica e magari un po’ tecnica, ma visti i tempi credo che troverebbe più di un lettore interessato! ;)

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nicola barbato

circa 2 anni fa - Link

le due storie sono però parecchio diverse. a quanto mi risulta proprietà sperino era una tenuta di famiglia e fu acquisita da paolo de marchi una ventina di anni fa rilevando le quote degli altri eredi. da allora ci lavoro il figlio luca ma insieme a paolo però l'investimento non fu creato dal primo e oggi, secondo i comunicati letti, padre e figlio continueranno a lavorare insieme a lessona. perlomeno questa è la storia che mi raccontarono e che so io.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

Senza dubbio le due storie sono diverse ed è giusto sottolinearlo nel caso si fossero intraviste solo le analogie, che tuttavia vi sono. Ovviamente con le dovute distinzioni e grazie Nicola per averlo puntualizzato.

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Tom Meier

circa 11 mesi fa - Link

Darmagi ! diceva il papà di Angelo Gaja quando lo vide piantare del Cabernet Sauvignon a Barbaresco. E Darmagi! nel vedere Paolo De Marchi essere obbligato a lasciare Isole e Olena. Una vicenda fotocopia di quella di Château d’Yquem dove un manipolo di eredi, probabilmente poco propensi al lavoro, hanno pensato bene di vivere di rendita con i proventi della vendita della proprietà di famiglia. Paolo DE MARCHI con la sua passione e dedizione a creato, a mio parere, una delle prime cinque aziende toscane se si parla di qualità e di autenticità. Non un marchio per label drinkers ma un marchio per veri conoscitori di vino. Ricordo la mia prima visita ad Isole e Olena dove Paolo De Marchi, dopo una cordiale accoglienza, forse percependo il mio interesse e la mia sensibilità, mi ha portato nelle vigne per quello che ancora oggi rimane il più importante corso di viticoltura che abbia mai seguito. Per fortuna il frutto del suo lavoro rimane e preventivamente ho messo in cantina tutto il Cepparello 2016 che sono riuscito a reperire. In attesa di conoscere e la politica qualitativa della nuova proprietà.

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Francesco Fabbretti

circa 11 mesi fa - Link

Su questa nuovas acquisizione solo il tempo saprà dire cosa de sarà del genius loci di Isole e Olena. Una cosa però m,i preoccupa: oggi Biondi-Santi costa di più (bravi loro a riposizionarlo) ma l'idea del Brunello perseguita dalla famiglia Biondi-Santi è andata a farsi benedire. Le annate post acquisizione sonon più buone in senso "generico", sono targetizzate per un pubblico più avituato al gusto internazionale medio. Non mi scandalizzo, sono scelte aziendali e, finchè aumenti la produzione, aumenti i prezzi, e non hai invenduto, hai vinto tu. Però, a me, chi me la ridà l'anima di Biondi-Santi?

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