Les Vins de Gala: il mio viaggio nel mondo del vino di Salvador Dalí

Les Vins de Gala: il mio viaggio nel mondo del vino di Salvador Dalí

di Simone Di Vito

Mi chiedo spesso cosa pensi di noi appassionati chi ci osserva dall’esterno. Il vino per tanti è solo una bevanda alcolica, per noi invece è materia di studio, espressione diretta, tradizione, e quando una bottiglia epica ci smuove qualcosa arriviamo a dipingerla addirittura come un’opera d’arte. D’altronde, come non paragonare alla difficile e metodica tecnica del puntinismo la tradizionale e al quanto ponderosa realizzazione del Vin Santo?

Noi che viviamo da dentro questo mondo pecchiamo spesso di egocentrismo, troppe volte convinti che tutto giri intorno a quella bottiglia, quella pratica agricola, quel luogo vocato… È vero, ma vigne, bottiglie e vignaioli per l’appassionato cronico spesso diventano magicamente colori, quadri e pittori. Un vino che ti fa battere il cuore non lo bevi, non ne usi il contenuto, ma lo pensi, lo osservi, lo assapori e ne rimani incantato: non è forse arte questa?

Lo era sicuramente per Salvador Dalí, genio surrealista che ha vissuto un’era in cui la bevanda di Bacco da sostentamento è via via diventata un vero e proprio oggetto di culto. Un artista a tutto tondo, che grazie alla fantasia e qualche aiutino non sempre convenzionale trasformava in arte qualsiasi cosa lo circondasse; lo dimostrano le sue eclettiche opere, dove con la forza dell’immaginazione il volo di un’ape intorno ad un melograno poteva scaturirne un pesce  che sputa fuori due tigri e un fucile (“Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio”).

DALÍ, Salvador_Sueño causado por el vuelo de una abeja alrededor de una granada un segundo antes del despertar, 1944_510 (1974.46)

 

È un artista che ammiro, per il suo modo unico e a volte strambo di esprimere le proprie turbe psichiche, e il libro in cui col proprio entourage toccava l’argomento vino mi incuriosiva parecchio. Ne immaginavo una lettura estetica ed essenziale, da osservare più che da leggere, e non così profonda e tecnica come invece è stata, una piacevole quanto impegnativa scoperta.

Di articoli e presentazioni sul suo “Vins de Gala”* in rete ne troverete a bizzeffe, quella che segue non è pertanto una recensione, ma attraverso i racconti di Louis Orizet* che cura la parte del libro dedicata ai Vins de Gala, e sfruttando le fantasiose illustrazioni dedicate alle categorie da Dalí, ho voluto ripercorrere capitolo per capitolo questo autentico viaggio nel vino dalíniano attraverso dieci bottiglie prese per l’occasione, basandomi in gran parte sulle proposte e le tante citazioni dell’autore, ma concedendomi anche qualche licenza poetica e vinicola, frutto di esperienze personali, ispirazione e disponibilità.

* Sposa nonché musa ispiratrice di Salvador Dalí.
**Viticoltore nel Beaujolais e amico di Dalí.


Vini Gioiosi Domaine Rottiers – Beaujolais Nouveau  

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Capitolo di apertura per quei vini – che portano con sé un’armonia carica di esultanza, composta attorno a una linea melodica essenziale, pura fino a divenire immateriale, ardente e gioiosa come un raggio di sole. Vanno gustati giovani, espressioni dirette dei soli aromi legati alle componenti aromatiche dell’uva, e quale miglior vino è adatto a rappresentare la freschezza di un vino gioioso se non un novello di Beaujolais? In questo gioiello poetico c’è tutto: l’essenza dell’estetica, i fondamenti dell’arte, le corrispondenze armoniche universali, la ricerca dell’uomo-senso, l’irradiarsi dell’uomo-spirito.

 

Vini Purpurei Michel Gros – Vosne-Romanée Premier Cru “Clos des Reas” Monopole 2012
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Riescono a suscitare emozioni viscerali, grazie alle quali tutti i livelli dei nostri stati affettivi ricevono una risposta alle proprie aspettative estetiche… Convinti della propria inadeguatezza, troppi amatori provano, davanti a una grande bottiglia, un senso di prostrazione. A che pro, pensano, imporci questa introspezione quando è cosi facile sentir dialogare dentro di sé i mormorii spontanei degli incantesimi affettivi provocati nel nostro io più intimo dai profumi e dagli aromi di cui è capace una grande bottiglia? Citando i grandi rossi di Borgogna l’autore suggerisce il suo modello di vini purpurei – meditativo nel suo bicchiere panciuto, concepito come specchio della truculenza borgognona, un Côte de Nuits cattura lo sguardo con la fiamma sfavillante. Un festival di forme e luce riempie di gioia il nostro spirito. La mia scelta ricade su un Vosne-Romanée, comune che per noi mortali ostenta una certa inaccessibilità anche con vini più “normali”, ma il profilo del bicchiere annuncia già le promesse di una carezza a venire: inizia timido, restio, ed io lo sfioro delicatamente come se avessi paura di appassirlo, ma poi apre il suo arcobaleno granato, fatto di sensualità e magnetismo, mi inebrio ad occhi chiusi fino a quel sorso finale, che sa un po’ di addio, un chissà se mai ti rivedrò…

 

Vini Estetici Chateau Samion – Lalande-de-Pomerol 2010

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Alcuni vini richiedono una certa cultura, conoscenza e una predisposizione all’estetismo. In tal senso – soltanto gli iniziati, sono in grado di decifrare il messaggio segreto nascosto in un grande Bordeaux. In tutto il mondo esistono grandi imitazioni dei famosi bordolesi – dei Bordeaux posseggono struttura, il canovaccio, ma mai il riverbero tipico degli arazzi a telaio verticale, che costituisce ad esempio il bouquet di un Saint-Estèphe o di un Margaux. Capitolo quindi dedicato alla maestosità dei vini di Bordeaux, l’autore ne regala analogie con l’architettura: l’ordine corinzio rispecchia sfarzo e ricchezza del Médoc; l’ordine dorico è l’immagine della forza nei Saint-Emilion; mentre il Pomerol rappresenta la grazia nell’ordine ionico, – chi oserebbe sostenere il contrario, dopo aver bevuto uno Chateau Petrus di un’eccellente annata? In vita mia difficilmente riuscirò a farlo, ma nel mio piccolo provo ad avvicinarmi all’insormontabile chateau attraverso una bottiglia di Jean‐Claude Berrouet, che dopo quarant’anni di supervisione presso lo Chateau Petrus, nel 2007 ha lasciato il ruolo di enologo al figlio Olivier, continuando però a dedicarsi alla sua piccola creatura a pochi passi dal grande Petrus: immediato ma allo stesso tempo profondo, un inchiostro che macchia la bocca con la sua trama di frutta scura e dolcezza, esprime materia, purezza ed essenzialità, è grazia allo stato liquido.

 

Vini Aurorali Guy Simon et fils – Bourgogne Rosé 2018

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Riconducibili ai vini rosati, tra quelli citati su tutti troviamo Côtes de Provence, Tavel e Touraine, ma anche Borgogna e Bordeaux – l’aurora è il momento lieto in cui l’uomo si libera dai propri fantasmi, le tenebre si dissolvono nella luce, le case si stiracchiano con tutta la loro ombra e ogni filo d’erba sfoggia con fierezza una goccia di sole, scintillante come un grido di speranza. Colore e sensazioni dei rosati però evocano in me anche lo spirito del tramonto, quel preludio alla sera tanto caro ai nostri aperitivi, che delizia gli occhi e calma la sete, senza però spegnerla. Ci approccio con un Bourgogne rosé, annata 2018 in cui d’estate ero proprio in Côte de Nuits, il sole al tramonto illuminava i vigneti ad ovest della deserta départementale 122, che da Marsannay rendeva ancor più topico il ritorno al nostro alloggio verso Gevrey-Chambertin. Un vino dal delicato brio, capace di richiamare quei giorni, per me, sospesi tra mito e folgorazione.

 

Vini Voluttuosi  Clos Haut-Peyraguey – Sauternes 2003

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La voluttà, dice il Larousse, è un piacere dei sensi che provoca un vivo godimento. Sauternes, Cérons, il Monbazillac, lo Jurançon, i Coteaux-du-Layon, scelte dell’autore facilmente riconducibili al termine voluttuoso. Si sofferma sul Sauternes – gioia dell’anima! Vivo piacere dei sensi! La parola dolcezza traduce in materia il carattere zuccherino ma è anche la sensazione tenera e rassicurante che l’uomo trae dal contatto con la pelle o dall’ascolto di suoni piacevoli. Dolcezza è anche benevolenza, precauzione, carezze, sensazioni in grado di rallegrare cuore e spirito, ed è proprio in tutte le sue accezioni che questa parola rappresenta appieno i vini voluttuosi. La mia scelta non può che ricadere sul Sauternes, un vino nato dalla rassegnazione – un vignaiolo in ritardo con la raccolta, aveva lasciato, con la morte nel cuore, la propria vigna in balia del marciume, quand’ecco il miracolo! Si aspetta un vinaccio, il fortunato, e invece raccoglie un nettare, un glorioso appassire, un’agonia sublime sono le tappe di questa apoteosi. L’età lo porta ad imbrunire, ma senza minimamente scalfire quei tratti nobili ed esoterici ben espressi nel capitolo. La giusta dolcezza, armonia ed equilibrio, infinito come sensazioni e stati d’animo che riemergono solo una volta infranta la nostra censura onirica.

 

Vini Luminosi Cantina del Barone – Fiano “Particella 928” 2018

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Vini di piacere più che da sete – sono ricercati, maliziosi e sinceri – e ancora – si pavoneggiano, topazi liquidi, irradiando fiamme rubate all’estate. Il capitolo spinge verso grandi bianchi francesi come Montrachet, grandi Chablis e Sauvignon della Loira. Nella lista figurano poi vini austriaci, tedeschi, californiani e italiani. Tra questi ho scelto un Fiano, che non sarà certo rinomato come un Montrachet, ma ha tutte le carte in regola per farsi rispettare con i restanti, incarnando alla perfezione il concetto di vino luminoso, per la luce che traspare dal bicchiere, da farlo sembrare una lampadina da diecimila lumen, la stessa luce che trovai in una passeggiata all’alba tra i vigneti di Luigi, e una schietta quanto vigorosa classe che ritrovi nel bicchiere, una palla di cannone ancora incline alla giovane esuberanza, in cui c’è tutto: spezie, alcol, territorio e polvere di stelle, e quando esploderà lascerà una lunga scia.

 

Vini Generosi Marabino – Moscato della Torre 2018

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Vini liberali, coraggiosi, fertili, nati dalla mente del vignaiolo. Porto, Vin Doux Naturel, Madeira, Tarragona, Malaga, e i vari moscati, senza dimenticare Sherry e Marsala. Hanno un’origine comune, il Mediterraneo, una stessa ispirazione, la civiltà greco-latina, oltreché nati da un soleggiamento massimo, capace di portare alle estreme conseguenze la maturazione dell’uva destinata alla loro elaborazione – Il vino prodotto sotto simili auspici non può non trattenere nella propria sostanza la maestà dei paesaggi, il calore delle estati torride e la grandezza della servitù del vignaiolo. Per questo ho scelto un moscato della valle di Noto, non è un vino fortificato come la quasi totalità dei sopra elencati, ma un delicato passito, in cui senti il sole più che l’alcol, che scalda il cuore più che la bocca – alcuni pittori trasformano il sole in una macchia gialla, altri trasformano una macchia gialla nel sole. (Picasso)

 

Vini Frivoli Liana Peruzzi, Spumante Rosé dosage zero 2017

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Capitolo dedicato alle bollicine, dirette espressioni di una frivolezza intesa come rallegrante e non certo superficiale – sono un po’ le majorette della nostra sfilata, come loro, allegri e leggeri, compiono numeri di abilità con le bolle, scandiscono la marcia con il rumore dei loro tappi. Il giusto capofila è lo Champagne, scoperta che donò rilevanza e successo ad una zona che all’epoca era solo una concorrente povera della Borgogna, facendone poi attraverso il metodo champenoise la più imitata al mondo – Che cosa fa un bambino felice? Salta, corre, grida, fa le capriole… e che cosa fa lo Champagne? Esplode, deborda, gioca, canta. In controtendenza con l’autore ho scelto però uno spumante italiano, e la mia scelta è volutamente agli antipodi del pinot noir spumantizzato: un metodo classico da montepulciano e sangiovese, dalla veste oro-perlata più che rosé, gentile e inebriante, dritto ma caleidoscopico, fa vibrare ogni dannato recettore della mia bocca, sapevo che non mi avrebbe deluso.

 

Vini Velati Williams & Humbert – Sherry Fino ”Pando”

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In una visione dalíniana delle cose, i vini velati meritano un posto privilegiato. Ma forse il lettore ignora che alcuni dei nostri vini di gala preparano la propria conturbante alchimia dietro un velo misterioso, forse per meglio serbare il proprio segreto. Chi sono, direte voi? Due principi del lignaggio dei grandi vini: lo Sherry e lo Château-Chalon, vini forse nati dal caso, imprevedibili, da vitigni così diversi ma che nascono da un procedimento comune: la trasformazione dell’alcol in aldeide per mezzo di un lievito, la cui provenienza è ancora quasi un mistero per gli studiosi. Botti scolme, Bodegas, Flor ed io non posso che scegliere lo Sherry – da Jerez de la Fronterada cui trae la propria linfa, è la culla della seguidilla e del fandango. Nutrito al sole dell’Andalusia, doveva necessariamente essere dotato di rigore e prestanza. Vino che richiede una certa esperienza, per berlo, per comprenderlo, per tradurlo al proprio palato. Più lo analizzi e più lo censuri, più ti sforzi di capirlo e più lo allontani; forse non sono ancora del tutto pronto, ma sfuggo al mio solito controllo e mi lascio andare, e lui va…

 

Vini Impossibili Malamatina – Retsina
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Il termine impossibile rende già l’idea del tipo di vini stravaganti a cui l’autore fa riferimento. Vengono citati il Vin de Paille, vini cotti, e infine la retsina greca, vini concepiti per evolvere in un contesto alimentare regionale. La retsina, attraverso il caratteristico sapore resinato – ci restituisce i sapori gustati dagli abitanti dell’Ellade di circa tremila anni or sono. Avevo avuto già esperienze con questo tipo di vino, tutte abbastanza negative, ma calandomi nella parte ho voluto dargli comunque una nuova chance. Resina, salinità e ostinazione dimostrano che l’originalità non gli manca, un’autentica esperienza impossibile. A volte anche il vino che non gradisci affatto ti lascia qualcosa, sensazioni, riflessioni, segni, e questo il suo l’ha fatto… Fatto cosa? Ancora non lo so, probabilmente lo capirò al prossimo sorso…


Sotto ogni cielo, un paesaggio di vitigni è un paesaggio rassicurante. Tutto sembra allineato, calibrato, ragionato. Ovunque guardiamo, solo terrazze curate, curve graziose solcate da migliaia di graffi di aratura o costellate di pali in un’immensa parata.

Un simile ordine dovrebbe escludere il caso. Errore! Il vino è figlio del caso. Ciò è vero al punto che esso non è mai simile a sé stesso. Di volta in volta sontuoso o gracile, divertente o discreto, si diverte a far saltare tutti i nostri pronostici. (Louis Orizet) 

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Simone Di Vito

Cresciuto a pane e corse automobilistiche (per via del papà pilota), sceglie la sostenibilità di bacchette, tamburi e corde grosse, tra batteria e basso elettrico. Si approccia al vino grazie a una breve carriera da scaffalista al supermercato, decidendo dopo anni di iscriversi ad un corso AIS. Enostrippato a tempo pieno, operaio a tempo perso. Entra in Intravino dalla porta di servizio ma si ritrova quasi per sbaglio nella stanza dei bottoni. Coltiva il sogno di parcellizzare tutto quel che lo circonda, quartieri di Roma compresi.

5 Commenti

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Nelle Nuvole

circa 2 anni fa - Link

"Un genio dotato di pessimo gusto" così definì Dalì un mio congiunto, finissimo esteta e piuttosto snob. Non ero e non sono d'accordo, si tratta di un genio e basta. Il suo gusto, ottimo seppure imbevuto di francesità estrema, viene confermato da questo post elegante e di buon auspicio per le prossime feste natalizie.

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Simone Di Vito

circa 2 anni fa - Link

Grazie Raffaella, un genio pazzo lui, ma penso che anche chi gli ronzava intorno non scherzava mica. Lo testimonia ogni pagina di quel libro, in cui dai "vini del Divino" nella prima parte (se avessi fatto un pezzo su questi avrei dovuto accendere un mutuo per il tipo di bottiglie che menzionava) a quelli di Gala...

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SALVATORE AGUSTA

circa 2 anni fa - Link

Salvador Dalì usava soggiornare al St. Regis Hotel di NY. Parliamo uno dei più gettonati e storici hotel della città, almeno a quel tempo. Il nonno di mia moglie gestiva il negozio di fiori li presente ( nel padrino parte seconda, durante un agguato filmato nei locali del barbiere del St. Regis, viene inquadrata la targa del flowers shop). Ebbene, Salvador era un ottimo amico di Raffaele, e ogni mattina prendeva un fiore per la sua giacca o dei fiori da regalare in giro. Non ha mai pagato nulla. Di tanto in tanto omaggiava delle stampe firmate, dei disegni fatti a matita e qualche schizzo.

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thomas pennazzi

circa 2 anni fa - Link

Diffidate dagli esteti, sono tutti piantachiodi: soprattutto quelli famosi.

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Lanegano

circa 2 anni fa - Link

Artista affascinante, sicuramente pirotecnico e vulcanico. Come uomo non ha mai detto una parola che sia una contro il regime franchista appoggiandolo silenziosamente, nè durante la dittatura nè dopo. Così, per la cronaca.

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