Ho degustato al buio con Luca Boccoli (una cosa bellissima e respingente insieme)

Ho degustato al buio con Luca Boccoli (una cosa bellissima e respingente insieme)

di Jacopo Manni

Sulla rilevanza e la necessità di valutare i vini con degustazioni alla cieca non credo ci possano ancora essere dubbi, controversie e nemmeno dibattito, la storia lo ha ampiamente dimostrato.

Se ancora non siete convinti, guardate in loop (stile Arancia Meccanica) questo video.

Quello che segue, invece, è il racconto di una degustazione non alla cieca ma al buio organizzata da Luca Boccoli, che è un professionista esperto, appassionato di vino, grande degustatore, ed è cieco.

Ha perso la vista in un incidente bruttissimo qualche anno fa, in età adulta, e ha dovuto ricominciare tutto da capo: riabilitazione, shock e traumi che facciamo tutti finta di capire ma che a provarli sulla propria pelle deve proprio essere un inferno.

“Tutti mi dicevano: ora gli altri sensi si svilupperanno di più.
Sciocchezze.
Gli altri sensi rimangono uguali, solo che adesso sei obbligato a farci caso.
Il 91% delle informazioni generalmente derivano dalla vista. Ora devo fare affidamento sul restante 9%”.

Luca nonostante tutto ha continuato a vivere e lavorare, e sta sviluppando un format che lui chiama Degustazioni al buio, a cui mi ha invitato.

degustazione_boccoli_bende

Arrivo davanti al cancello di Riccardo Magno dell’azienda La Torretta a Grottaferrata che ci ospita per questa degustazione.

Non ho idea di chi ci sia oltre me ma ho la sensazione che ci sarà qualcuno di rilievo del giro romano e questo mi mette sempre agitazione; non sono competitivo e in certi contesti un sottile lei-non-sa-chi-sono-io mi mette ansia da prestazione. Speriamo non sia questo il caso e sono fiducioso in tal senso.
Arrivo per primo perché sono poco romano.

Scendo in cantina a salutare e scopro che tutto sarà registrato in video, cosa che mi era stata detta ma che avevo dimenticato. Il mood parte in discesa.
Non conosco Luca Boccoli.
Mi presento e dopo poco mi cacciano perché devono allestire: mentre salgo in casa arrivano Fabio Rizzari e Giampaolo Gravina, e poco dopo Gae Saccoccio (Rimessa Roscioli) e altri. Si vola.

Aspettiamo che arrivino i ritardatari, fa freddo e la comfort zone è sempre più lontana.
È una fredda mattina di febbraio, almeno per noi romani che non appena si scende sotto i 15 gradi è subito polenta e doposci.
Entrando in cantina provo emozioni opposte che oscillano tra eccitazione tipo parco giochi e salita verso il patibolo.
La grotta è stata scavata dai romani nel basalto ed è una emozione fortissima entrarci.
Luca ci fa accomodare in un tavolo allestito da degustazione. Mi siedo accanto a Giampaolo Gravina scegliendolo per affinità elettive, come sempre si fa in queste situazioni.

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Senza giri di parole, Luca si siede e Ilaria Giardini, la sua partner in crime, socia e maestra di cerimonie, ci benda.
Fa freddo e di comfort zone non v’è più traccia.
Ilaria inizia a leggere un’introduzione poetica che in quel momento mi sembra stucchevole; mi vien voglia di strapparmi la benda dagli occhi e urlare cose che ho imparato da mio nonno all’osteria.
Cerco di calmarmi e alla fine invece mi commuovo per quelle parole, in quella atmosfera, con quelle persone.

Ci versano i vini e ci viene spiegato qualcosa che fatico a comprendere perché penso solo a me stesso.
Non sono in connessione con l’esterno, sono in un tumulto di odori, freddo e rumori che non riesco a gestire.
Abbiamo 10-15 minuti per 6 vini dei quali ovviamente non sappiamo nulla.

Ho freddo e mi sento solo; mi ricordo la storiella di ascoltare il rumore del vino e mi aggrappo a quello, ma il rumore del vino versato è uno dei tanti che sento intorno a me e che mi sopraffanno.
Sono in paranoia e inizio a pensare di dover inventarmi qualcosa sui vini per non sparare cazzate a caso.
Cerco di concentrarmi ma bendato non riesco. Penso in successione a yoga, tecniche di rilassamento, meditazione e mi vengono in mente solo parole a caso: Osho, Beatles, Mindfulness, David Lynch, tutte cose che non ho mai praticato e che cerco di sciommiottare per non sbroccare.

Inizio con i vini, cerco di sbirciare, sempre per l’ansia da prestazione, ma improvvisamente mi calmo e mi dico: “Goditela!“.
Mi tiro giù la benda a coprire perbene gli occhi, perché mi fido poco di me stesso, e comincio con la batteria.
Il vino è freddo, avvicino il primo bicchiere al naso ma ci sbatto contro, sono goffo. Devo conquistare e capire lo spazio e mi sforzo di studiarlo con le mani che scorrono sul tavolo alla ricerca dei bicchieri.

Il vino è un liquido freddo e basta. Non sento altro. Nessun profumo e in bocca solo freddo. Sono in difficoltà.
Decido di fare un giro di assaggi di tutti i vini per capire se trovo differenze e il gioco di colpo inizia a piacermi.
Faccio più assaggi e confronti per cercare di resettare il mio approccio sensoriale alla degustazione.
Le mie percezioni sono tutte sballate, squilibrate, ho tutto poco a fuoco.
Cambio approccio allora e inizio a capire che tutto cambia prospettiva: l’analisi della degustazione si ribalta e inizio a farci pace, a giocarci anzi.

È un cambio di paradigma totale, l’oggetto dell’analisi non è più il vino come sempre, sono io stesso.
Non riesco a capire com’è il vino ma inizio a capire come il mio corpo reagisca al vino, come l’olfatto senza altri punti di riferimento sia smarrito, e come non senta descrittori ma sensazioni.
È uno stimolo fisico, una specie di cinestesia (Sensazione provocata dal movimento e spec. dalla contrazione dei muscoli volontari, ndr).
Inizia a non importarmi una sega del colore del vino, che non vedo e non serve.
È molto spiazzante ma molto rigenerante; ci sono infiniti modi di approcciare il vino ed è bellissimo scorpirne di nuovi, diversi, fisici ed emozionanti.
Mi concentro sulle tessiture, le plasticità, la costruzione, le forme e le consistenze, il pattern e la tridimensionalità: sensazioni fisiche e tattili che il contatto col liquido mi suscita. Più indago le mie risposte fisiche e più entro in connessione col vino.
Tutto mi sembra più indirizzato verso una verità maggiore, il mio giudizio è più crudo, più scarno, razionale e austero.
Terminata la degustazione, arriva il tempo della condivisione: sempre bendati, Luca inizia a fare domande.
È diverso, nessuno si parla sopra, nessuno cerca di prevaricare, ci sono garbo e una gentilezza poetica.
La vista evidentemente ci rende aggressivi, o forse il fatto di essere a disagio ci fa essere impacciati, e quindi cauti, gentili e rispettosi. È bellissimo.
degustazione_boccoli_mani

I vini in degustazione

  • Cantina del Malandrino, Etienne, 2020
  • Domaine Chevrot et Fils, Maranges Sur le Chêne, 2020
  • Les Champes de Themis, Bouzeron Les Corcelles 2020
  • Cavallotto, Langhe Freisa DOC, 2020
  • La Distesa, Nur, 2021
  • Carlo Noro, Cesanese del Piglio DOCG Collefurno, 2020

Etienne e Nur sono quelli che più mi hanno emozionato, vini tridimensionali e incisivi con i quali sono riuscito davvero a entrare in connessione. Grande sorpresa anche per il Collefurno che (non solo a me) dava sensazioni materiche e profonde di stampo borgognone.

Esperienza clamorosa che consiglio a tutti quelli che non hanno timore di lasciare per un attimo la propria comfort zone e di partire all’avventura. Ammetto che non so se lo rifarei, quantomeno non subito. Una di quelle esperienze uniche e forti che ricordi con grande commozione ma che per qualche motivo respingi.

Bendati può capitare che il Cesanese di Carlo Noro venga scambiato per un rosso di Borgogna e pensare che questo possa essere effetto del “buio” potrebbe non essere così lontano dal vero. Ma cosa sarà poi, la verità? Scoprire forse che da bendati non ci sono filtri e forse si entra più in connessione col vino nel bicchiere.

Grazie Luca. Grazie Ilaria.

[Le foto sono di Saverio De Luca tranne la foto di copertina che è di Intrecci Alta Formazione]

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Jacopo Manni

Nasce a Roma ma si incastella a Frascati dove cresce a porchetta e vino sfuso. L’educazione adolescenziale scorre via in malo modo, unica nota di merito è aver visto dal vivo gli ultimi concerti romani dei Ramones e dei Nirvana. Viaggiatore seriale e campeggiatore folle, scrive un libro di ricette da campeggio e altri libri di cucina che lo portano all’apice della carriera da Licia Colo’. Laureato in storia medievale nel portafoglio ha il santino di Alessandro Barbero. Diploma Ais e Master Alma-Ais, millantando di conoscere il vino riesce ad entrare ad Intravino dalla porta sul retro.

16 Commenti

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Nelle Nuvole

circa 1 anno fa - Link

Perché non lo rifaresti? Secondo me un'esperienza del genere può creare dipendenza. Bisogna però mettersi fra le mani di professionisti assoluti come Luca Boccoli. Certo serve molto più di costosi trattamenti terapeutici per curare il proprio Ego. A Roma e provincia continuano a muoversi ondate di novità, sia produttiva che propositiva.

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Jacopo Manni

circa 1 anno fa - Link

ma certo che lo rifarei, ma è stato talmente coinvolgente e meraviglioso che forse è da centellinare.

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AG

circa 1 anno fa - Link

In effetti deve essere stata un'esperienza davvero interessante (più 'socialmente ' che tecnicamente)

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Nic Marsél

circa 1 anno fa - Link

L'esperienza non so, ma il post è bellissimo.

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vinogodi

circa 1 anno fa - Link

.... ci provai pure io , una decina d'anni fa , a bendare tutti all'ingresso di casa mia così da non creare nessun condizionamento prima e durante l'assaggio , con mia moglie maestra di cerimonia inconsapevole ... di un precedente che avrebbe condizionato o mandato all'aria , se ripetuto, il "contratto matrimoniale" : dopo 4 soprammobili rotti , una specchiera , un acquario dei pesci ( in realtà un decanter utilizzato alla bisogna), i miagolii disperati di Minou ( la vecchia gatta) calpestata più volte dai presenti in quanto un pò suonata per l'età e desiderosa di coccole , 5 Riedel fracassati , 7 bicchieri versati sulla tovaglia , tappeti e pantaloni dei presenti ... ho rinunciato e , penso , che d'ora in poi andrò solo in esterna , magari con Jacopo a casa di Bocchi ...

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Luca B

circa 1 anno fa - Link

Trovo l'esperienza, letta così, piuttosto interessante, o per lo meno tale per cui mi verrebbe voglia di provare. Non ripeteresti la degustazione alla cieca in genere (anche da solo, comodamente a casa), oppure l'evento organizzato con altri importanti specialisti del settore (per via del senso di "ansia da prestazione" che genera tale contesto)? Leggere del fatto che alla cieca sono mancati completamente i riferimenti, e anche per degli specialisti affermati del settore è diventato improvvisamente difficile elaborare correttamente riconoscimenti basilari (se ho capito bene) sembra sostenere la tesi di chi mi dice sempre che tutte queste importantissime e macroscopiche differenze in realtà siano solo minuscole sfumature alle quali chi è del settore attribuisce una grandezza esagerata, in modo incoerente. In cuor mio ho sempre dato loro torto senza esitazioni, ma in effetti ora qualche esitazione mi viene :)

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Jacopo Manni

circa 1 anno fa - Link

Ciao Luca, la rifarei certo, però volevo sottolineare il fatto che è una emozione veramente forte, e a me piace anche dargli il tempo di decantare nei ricordi delle cose belle fatte. E' una cosa speciale, almeno per me lo è stata. Non da fare tutti giorni appunto proprio perché speciale. Per il resto il vino è una bevanda emozionale per larga parte, e le differenze non sono tanto del liquido quanto della persona che degusta, del momento in cui lo fa.

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Luca B

circa 1 anno fa - Link

Chiarissimo, grazie!

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Veritas

circa 1 anno fa - Link

Mah, al freddo, vini messi mi pare senza logica alcuna e di cui si dice poco o niente, per la serie il vino contava poco … contenti loro…

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Sisto

circa 1 anno fa - Link

Uno dei 3-4 argomenti che mi interessano, quindi intervengo. Interessante (sebbene, e mi duole fare il pedante, in sede codificata cieco semplice non è più cieco da almeno una ventina di anni: vorrei che su questo sito si aggiungesse sempre il termine qualificativo che indica il livello. Ogni tanto leggo qui di mirabolanti esseri sovraumani con capacità sensoriali eccezionali. E la gente ci crede. Vinogodi, da quel che ho capito, è forse l'unico che sa di cosa parlo quando tratto le materie delle scienze sensoriali (quelle insegnate all'università e utilizzate nei laboratori di prova accreditati). Ebbene: consegnate a me questi esseri eccezionali, fatemeli inserire nei test progettati, attuati, verificati e validati in conformità alle norme. Poi, vi fornirò i risultati e vedremo la VERA capacità. So di cosa parlo, fidatevi.

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Vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...Sisto, hai perfettamente ragione e sono il primo ad ammettere che farei figure bamrbine, gia' ampiamente sperimentato, su me e su fenomeni o presunti tali . Ma forse siamo piu' propensi al gioco e al ludismo piu' becero, da queste parti, soprassedendo ai protocolli dove i risultati contano...e, infatti, il nostro assunto e' l'opinione, e come tale, etimologicamente, opinabile...

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Sisto

circa 1 anno fa - Link

Ah beh: quando è "gioco" o "bevuta" allora sta bene anche a me. È che è agghiacciante leggere che ci sia gente che crede ai fenomeni e alle millantate abilità quando fa intendere che non stia parlando di "ludismo". Fa il paio con la biodinamica e il suo ovvio apporto di acidità o la "mineralità" (sic.) del terreno succhiata dalla vite e trasmessa al vino..Ah: le devastazioni del pensiero magico!

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Sisto

circa 1 anno fa - Link

Caro Vinogodi. Saresti in ottima compagnia: io l'estate scorsa sono stato scartato perché, in taratura, non ho raggiunto il minimo accettabile nella discriminazione dei 5 sapori, quasi sufficientie su 6 parametri tattili e appena sufficiente in 16 aromi, discreto sulla vista. Quindi non sono arrivato neppure alla fase di scansione del report con le misure strumentali (matrici: vino, caffè, formaggio). Ecco cosa mi succede, ogni tanto, quando sono dall'altra parte...ma almeno io ne sono consapevole scientificamente. Ecco perché trovo RIDICOLE talune arzigogolate e immaginifiche descrizioni solitarie di assaggio che mi tocca leggere. Pura fuffa. E c'è pure gente che ci crede!

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Davide Bruni

circa 1 anno fa - Link

Chiedo per mia sottintesa ignoranza: se le Guide a punteggi adottassero questo tipo di degustazione, vi sarebbe ancora la costante presenza nei vertici delle classifiche di quelle etichette che vengono unanimemente considerate come il Gotha enologico? Oppure, a seconda dell'annata più o meno buona, di scelte più o meno felici in vinificazione, di affinamenti centrati o no, si riuscirebbe ad avere un ventaglio di nomi eterogeneo ed in continuo aggiornamento?

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Antonio C

circa 1 anno fa - Link

Non ci sarebbe bisogno di arrivare a tanto, basterebbe assaggiassero le bottiglie coperte :-) Ovviamente la maggior parte non lo fa per evitare il rischio di "lesa maestà".

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Alessandro Morichetti

circa 1 anno fa - Link

Sono comunque due cose diverse perché nelle bottiglie coperte si vede il colore, qui no. Con annessi e connessi di non poco conto tipo scambiare bianco e rosso, e non mi sembra poco.

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