La longevità del Verdicchio: a Matelica la prova in quattro verticali (parte seconda)

La longevità del Verdicchio: a Matelica la prova in quattro verticali (parte seconda)

di Simone Di Vito

Dopo le verticali del Fogliano di Bisci e il Cambrugiano di Cantine Belisario nella prima parte, le altre due verticali e alcune considerazioni finali


Il nostro tour in verticale continua: ad attenderci c’era il Verdicchio di Matelica Riserva Docg “Mirum” dell’azienda Monacesca. Proveniente da un vigneto di circa 3 ettari sito in contrada Monacesca, con vigne di età media 30 anni che poggiano su suoli con argilla in netta prevalenza. Vino prodotto solo nelle migliori annate, con uva raccolta in leggera surmaturazione (circa due settimane dopo, intorno alla terza decade di ottobre), pressatura soffice senza uso di solforosa, lenta fermentazione in acciaio, sostando sulle fecce fini fino alla primavera successiva. Malolattica innescata ad inizio estate, chiudendo poi con affinamento di diciotto mesi in acciaio e sei in bottiglia.

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2019 L’anno più caldo delle Marche dal 1961 ad oggi, ma che nel contempo conferma anche il periodo iniziato nel 2012, in cui la regione è interessata da precipitazioni più abbondanti del normale. Questo apparente contrasto è stato di grande aiuto per ottenere grappoli di buon peso, consistenza zuccherina e buoni livelli di acidità complessiva. Raccolta in leggero anticipo rispetto alle medie di Matelica.

Giallo paglierino brillante, naso fragrante e un po’ burroso con punte di erbe aromatiche e leggere note salmastre, sorso sapido e rotondo, spunta ancora troppo alcol, chiude profondo e sulla sapidità. Ancora sbilanciato e tracotante, da attendere.

2016 Mentre a livello globale è stata un’annata caldissima, nelle Marche c’è stato un andamento decisamente meno impattante, e questo ha consentito uno sviluppo vegetativo regolare, con maturazioni nella norma, livello zuccherino ottimale e un superlativo schema acido (tra il 6 ed il 6,5). Ph intorno al 3,20.

Paglierino acceso con riflessi oro, salino e fragrante, con note di burro fuso, ginestre e albicocca, solido e grasso, quasi salato e dai rimandi di frutta, acidità e potenza, lunga scia di freschezza sul finale.

2013 Annata difficile e molto particolare, con piogge ben sopra alle medie stagionali, ma nel contempo anche una delle più calde…Motivazioni che hanno indotto a pensare che non si potesse fare grande qualità.

Giallo ocra consistente, frutta matura, nocciola e miele, largo e austero, sfumatamente sapido e con tanta acidità sul lungo finale dal retrogusto salato. Pomposo e in piena maturità.

2012 Annata particolare, inquadrata dal punto di vista meteorologico come una delle più piovose, specie nel mese di settembre. Un ottobre quasi estivo ha però permesso al verdicchio di recuperare ampiamente e di esprimere livelli qualitativi eccellenti, pur con quantità di prodotto decisamente ridotte.

Giallo ocra chiaro, nocciola, gessoso e ficcante nelle narici, pesca sciroppata, ricco e opulento, grasso e pastoso, chiusura lunga e salina. Buono e in piena forma.

2011 La grande alluvione di marzo ha senz’altro influito nel ritardo di rigonfiamento delle gemme, ma il caldissimo mese di aprile ha contribuito ad un recupero nella regolarità dello sviluppo vegetativo. Da qui in poi un’alternanza di anomalie: con luglio piovosissimo e il periodo a cavallo tra agosto e settembre caldissimi, che hanno portato ad una raccolta anticipata di una decina di giorni, ma con buona gradazione zuccherina e buoni livelli di acidità.

Giallo paglierino verso l’ocra, uva spina, scorza d’arancia, roccia bagnata, corposo ma tagliente, fine e in equilibrio. Facilità di beva ed eleganza che gli altri vini in batteria si sognano, ci viene descritto come un Mirum un po’ anomalo, ma è senza dubbio il mio preferito.

2009 Annata regolare con leggero anticipo di germogliamento rispetto al 2008. La stagione è stata nel complesso calda, intervallata da provvidenziali piogge che hanno portato ad un regolare accrescimento dei grappoli senza stress idrici o attacchi patogeni. Le bacche sono giunte a maturazione sane, con buccia tenace e polpa croccante. Livello qualitativo dei mosti decisamente buono, con gradazioni nella media ed acidità ben espresse. Ph intono ai 3,25.

Giallo tendente all’oro, frutta candita, burro e leggere note ossidative, sorso di volume, sapidità e potenza, ancora una discreta acidità, spuntano note di frutta disidratata sul profondo finale. Abbastanza maturo e a fine percorso: da bere il prima possibile.

* Ospite d’ eccezione  – Mirum 30 anni , cuvée dal 2010 al 2018, 6.000 bottiglie prodotte.

Giallo ocra, frutta secca e albicocca matura, mentolato, il corpo c’è ma neanche così pronunciato rispetto alle precedenti, un bel mix di sale e acidità che persiste in bocca per diversi minuti. Un perfetto vino da meditazione, magari vicino ad un bel sigaro.


A chiudere il weekend il giorno seguente ci attendeva non una, ma ben due verticali dell’azienda agricola Borgo Paglianetto. Nella prima avevamo otto annate del loro Verdicchio di Matelica Doc “Vertis”. Vino da selezione ricavato dalle più alte e longeve vigne aziendali (circa vent’anni), che poggiano su un suolo argillo-calcareo. Fermentazione e maturazione di otto mesi in acciaio, chiude poi con altri quattro mesi in bottiglia. No malolattica svolta.

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2019 Ad un dicembre e gennaio più freddi rispetto alla media trentennale, è seguita una primavera mite con il solo mese di maggio più freddo e caratterizzato da frequenti piogge. Mesi estivi con temperature sopra la norma, ma con precipitazioni sopra la media che hanno mitigato il caldo, portando però anche umidità. Il maggio piovoso e freddo ha prodotto un ritardo di 7-10 giorni sia sul germogliamento che sulla seguente fioritura, di conseguenza anche su invaiatura e vendemmia. L’inizio settembre è stato caratterizzato da escursioni termiche piuttosto evidenti nell’area di Matelica, e da un periodo di caldo che ha accelerato le maturazioni specie nelle zone più basse.

Paglierino, fresco e varietale, erbe aromatiche, mela smith, sorso energico e dai richiami fruttati, con lunga scia acido-salina a chiudere; giovane e irrequieto.

2018 L’annata è iniziata con un inverno moderatamente freddo ed è stata caratterizzata da alcune gelate a fine stagione. In primavera temperature e piogge nella norma. L’estate relativamente calda ha avuto varie precipitazioni con violenti temporali, ma con escursioni termiche costanti e con picchi di temperatura che raramente hanno superato i 34°C. Condizioni che hanno portato uve dall’eccellente livello di maturazione, sane e senza alcun segno di stress idrico o termico.

Paglierino freddo, varietale, pesca bianca, erbe aromatiche, abbastanza morbido e con indubbia vena acida, pulito e ricamato, sfuma corto ma fine e citrino.

2017 Inverno non eccessivamente freddo ma con importanti nevicate, mentre si è avuta una primavera con temperature superiori alla media e scarse piogge. Estate con importanti ondate di caldo e temperature elevate, ma senza piogge. Per fortuna quelle cadute in inverno avevano garantito riserve idriche fino a primavera, scarsa invece di precipitazioni. Il 21 aprile si è verificata una gelata che ha bruciato diversi germogli a fondo valle. Di conseguenza la produzione aziendale era inferiore del 30% rispetto alle annate precedenti.

Paglierino intenso con tonalità fredda, naso di polpa di frutta e lieve salinità, beva più morbida e spessa delle precedenti, chiusura acidula. In linea con le altre 2017 assaggiate, ma con maggior bevibilità.

2016 L’inverno 2015/2016 è stato mite e con poche precipitazioni. Questo ha portato ad un germogliamento anticipato. Le piogge poi sono arrivate a fine primavera, poi a cadenza settimanale per tutta l’estate, con conseguenti abbassamenti di temperatura, che hanno favorito la maturazione aromatica delle uve bianche.

Paglierino freddo con riflessi oro, note fruttate e fragranti, pesca percoca e salinità, finezza e ordine, delicato ma decisamente bevibile; vino pulito e gastronomico, che dove lo metti starebbe bene. Ora capisco perché Moreno Cedroni ne ha fatto incetta per i suoi ristoranti.

2015 Ad un inverno mite e con un livello medio di piogge è seguita una primavera secca. Piogge durante maggio e giugno in concomitanza con la prima fase vegetativa delle viti. Mesi di luglio e agosto dal tempo ottimo, ma caratterizzati da poche precipitazioni, arrivate solo a metà settembre e continuate fino ad inizio ottobre.

Color oro, pesca gialla, miele e scorza di cedro, camomilla in tazza, caldo e nettamente sapido, chiude lungo su acidità e sale. Più complesso, morbido e meditativo del precedente.

2012 Una primavera normale con una quantità di pioggia medio-bassa. L’estate è stata calda, con temperature elevate iniziate a giugno e proseguite sia a luglio che ad agosto. A settembre, durante la fase finale della maturazione, sono arrivate precipitazioni che hanno portato gran beneficio alle vigne, protette poi da eventuali stress idrici grazie ad una accurata riduzione dei grappoli. Annata molto simile alla 2011, ma con minori escursioni termiche, di conseguenza l’acidità è leggermente inferiore.

Giallo oro leggermente più scarico rispetto alle altre, note evolute di zafferano e frutta sciroppata, gomma bruciata, sorso rinfrescante e finemente sapido anche in chiusura; un bel vino, ordinato e ancora piuttosto vivace.

2011 Il clima è stato ottimale fino a tutto luglio. Agosto è stato molto caldo e ventoso mentre a settembre e durante la vendemmia è stato abbastanza buono. Nonostante non ci siano state frequentissime escursioni termiche giorno/notte le uve erano molto sane grazie al clima asciutto, anche se la produttività è stata molto bassa.

Giallo paglierino intenso, pesca gialla e note marittime a tratti, poi spunta l’affumicato, peperone verde abbrustolito, sorso morbido, ma fine e affilato, che taglia lingua e palato con energia e vibrante acidità, richiama frutta in chiusura e invita al riassaggio; a mio avviso il miglior vino della due giorni. Guarda caso la solita 2011.

2008 Ad un inverno nella media è seguita una primavera piovosa. La germogliazione è stata molto rapida. Abbiamo avuto pioggia per tutto il mese di giugno, che ha portato ad un’intensa gestione dei grappoli. Luglio e agosto sono stati caldi e secchi. Vendemmia con uve sane e senza alcun problema sanitario. Prima annata del Vertis.

Giallo stile cedrata Tassoni®, complesso e ricercato, uva spina, note lievemente ossidate ma ben integrate, pasta frolla e pesca nettarina, suadente e incredibilmente vivace in bocca, in cui dimostra meno anni di quelli effettivi. Buonissimo.

A chiudere il tour le quattro annate del Verdicchio di Matelica Riserva Docg “Jera”, proveniente anch’esso dai migliori vigneti aziendali coltivati in località Pagliano, su terreni di medio impasto ricchi di calcare e argilla. Pressatura soffice e fermentazione in serbatoi d’acciaio, per poi affinare 18 mesi sempre in acciaio e ulteriori 8 in bottiglia.

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Tutte in formato 75 cl

2016 Vedi note precedenti.

Giallo paglierino intenso e vivace, fresco e aromatico, note di pera, timo e burro fuso, l’assaggio è denso e graffiante per via della sapidità pronunciata che si stampa sulla lingua quasi fosse tannino, chiude lunghissimo su frutta e acidità.

2015 Vedi note precedenti.

Paglierino, naso appuntito e ficcante, con coriandolo e note salmastre, acidulo e tagliente in bocca, dove spuntano pesca gialla e sentori di camomilla, largo e con tanta materia, anche qui decisamente salato. Una bella bombetta che in evoluzione potrebbe deflagrare ancor di più.

2010 Annata caratterizzata dall’assenza di alte temperature e di stress idrico delle viti durante l’estate. Mentre le escursioni termiche sono state molto importanti. Ad un inverno nella media sono seguite primavera, estate e autunno piovosi. La resa delle uve è stata superiore a quella dei due anni precedenti.

Giallo paglierino intenso, note mentolate, di frutta matura e gesso, bocca calda, di volume e energia, sapidità e freschezza, lunga e persistente scia sapida in chiusura, elegante e ancora in piena forma.

2009 Un annata con inverno e primavera piovosi. La pioggia è continuata fino alla fine di giugno dopo di che sia luglio che agosto sono stati secchi e molto caldi. Agosto con 20 giorni molto caldi, ma con importanti escursioni termiche che hanno prodotto ottime uve bianche. I grappoli erano tutti perfetti in vendemmia. Prima annata di Jera e unica con passaggio in legno.

Color oro evoluto, note ossidate e di pasticceria, frutta matura e pasta frolla, evoluto ma anche molto complesso, il sorso invece è tagliente come i precedenti e sembra non conoscere la vecchiaia, lungo e saporito il finale.


Oltre alla longevità, questi due giorni in verticale hanno dimostrato che tipologie di verdicchio come queste rendono al meglio con più o meno cinque anni sulle spalle, addirittura dieci in determinati millesimi.

Nota stonata: in alcuni vini si percepiva una copiosa presenza di anidride solforosa, che al di là di produrre il famoso chiodo in testa per quelli più sensibili come il sottoscritto, rischia di immobilizzarli troppo, generando poi quell’effetto “forever young” che non credo sia così ricercato in un vino da invecchiamento. La solforosa è importante per ottenere un prodotto pulito e salubre, ma un uso eccessivo di questa può ostacolare quell’affascinante imprevedibilità che solo il tempo sa regalare ad un vino.

 

foto di copertina da turismodelgusto.com

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Simone Di Vito

Cresciuto a pane e corse automobilistiche (per via del papà pilota), sceglie la sostenibilità di bacchette, tamburi e corde grosse, tra batteria e basso elettrico. Si approccia al vino grazie a una breve carriera da scaffalista al supermercato, decidendo dopo anni di iscriversi ad un corso AIS. Enostrippato a tempo pieno, operaio a tempo perso. Entra in Intravino dalla porta di servizio ma si ritrova quasi per sbaglio nella stanza dei bottoni. Coltiva il sogno di parcellizzare tutto quel che lo circonda, quartieri di Roma compresi.

11 Commenti

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Alvaro pavan

circa 2 anni fa - Link

Alti livelli di solforosa cosa vuol dire?

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Paolo

circa 2 anni fa - Link

mal di testa, dicevano i nostri vecchi?

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Alvaro pavan

circa 2 anni fa - Link

Non ci siamo capiti. Se uno afferma che ci sono alti livelli di solforosa deve specificarne il dato. Quanti mg/L? 50? 100? 200?

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Per specificare si dovrebbe fare un'analisi chimica della solforosa in laboratorio. Poiché sull'etichetta non è obbligatorio inserire la quantità in mg/L ma soltanto la dicitura "contiene solfiti"... se supera i 10 mg/L. Quindi, un vino bianco potrebbe contenere da 10 mg/L a 200 mg/L. E, in annate difficili può essere consentito l'aumento fino a 40 mg/L. ___ Attenzione, neanche il DEGUSTATORE ESPERTO sa... precisamente...quanti milligrammi di solforosa per litro contiene il vino che sta degustando. Il naso dell'esperto non è un laboratorio. Ma, comunque, può avere un'idea della quantità di solforosa contenuta dall'analisi olfattiva e dalla sensibilità personale alla solforosa che si manifesta con mal di testa come dice Paolo. ( __ Non essendo un esperto, è auspicabile che intervenga l'autore dell'articolo, o altri esperti, sul quale sia Paolo che Alvaro P hanno espresso opinioni sensate e sulle quali io possa aver detto delle fesserie. __ Nel web ci sono video che illustrano come viene fatta in laboratorio l'analisi della solforosa. Non è una cosa veloce ammenoché non ci siano dei kit rapidi che non conosco. __ Con lo sviluppo dell'Intelligenza Artificiale applicata all'analisi sensoriale questo problema sollevato da Alvaro P potrebbe essere facilmente risolto. __ Immaginiamo che una macchina intelligente, tra non molti anni, potrebbe rispondere alla domanda di Alvaro P con assoluta competenza e che sarebbe difficilissimo o impossibile per i lettori sapere se dietro alla risposta ci sia un essere umano o una macchina: è un futuro inquietante. Lo hanno definito POST-UMANO.

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valentino

circa 2 anni fa - Link

ma la solforosa non c'entra niente col mal di testa. E' molto più probabile invece che il degustatore "esperto", ma digiuno di chimica, abbia scambiato le sostanze mercaptaniche piuttosto tipiche del verdicchio, soprattutto nei mirum e nel vertis, per solforosa e il mal di testa gli sarà venuto perché ha bevuto troppo vino e poca acqua. E' il 2021, forse smettiamola con queste bufale. I nasi artificiali esistono e immagino possano essere tarati per composti solforati. Detto questo è facilissimo sapere se dietro la risposta c'è una macchino o un umano. Un umano non è capace di misurare la solforosa.

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Valentino, è molto interessante il tuo commento e mi fatto riflettere sul rapporto mal di testa e solfiti del vino. Ebbene, ho trovato un articolo su My Personal Trainer che sembra darti ragione. Io non soffro di questo problema ma, poiché ho amici che lo hanno, e poiché è molto diffusa questa opinione, non mi ero mai soffermato per approfondire. __ Quasto è quello che dice My Personal Trainer: "ma esiste realmente una correlazione tra solfiti contenuti nel vino e mal di testa? O si tratta solo di una reazioni ysoggettivamente determinata nella quale intervengono soprattutto altre variabili? Ricordiamo che l'alcol etilico è un nervino, ed in quanto tale, agisce in maniera diretta sul sistema nervoso. In ogni caso, cerchiamo di inquadrare con maggior accuratezza il sintomo cosiddetto "post sbornia" più diffuso tra la gente dedita all'etilismo. Mal di testa o cefalea, facciamo chiarezza Altri tipi di mal di testa sono collegati a cause evidenti e ripetute, tanto da suscitare l'interesse del settore medico. Il mal di testa viene classificato in 2 tipologie: cefalea a grappolo ed emicrania. Nei casi più importanti, il mal di testa, pur essendo considerata una condizione benigna, risulta un disturbo straordinariamente invalidante. Il mal di testa colpisce almeno una volta nella vita il 98% della popolazione generale e, fortunatamente, la maggior parte delle persone lamenta episodi sporadici per lo più legati ad infiammazione delle mucose nasali o sinusali, oppure a sintomatologia tipica dei disturbi odontoiatrici, ma anche ad un consumo eccessivo di alcol. Nei testi non si fa' cenno al mal di testa indotto dall'assunzione eccessiva di solfiti, per contro, si associa frequentemente la cefalea all'abuso alcolico indiscriminato (birra, superalcolici ecc.); questo significa che il mal di testa indotto dal vino è verosimilmente scatenato da un eccesso di consumo alcolico e forse da un'ipersensibilità individuale, ma (per il momento) non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino il coinvolgimento dei solfiti nell'insorgenza di cefalea od emicrania" (Da My Personal Trainer) PS Sarebbe interessante sentire l'opinione di Simone Di Vito.

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Simone Di Vito

circa 2 anni fa - Link

Ciao, scusate la risposta tardiva... allora: Per quanto riguarda "copiosa presenza di solforosa..." l'ho scritto perché oltre al famoso chiodo in testa, alcuni vini mi risultavano troppo giovani e quasi imbalsamati per gli anni sulle spalle che avevano. L'eccessiva solforosa provoca il mal di testa? Non lo so e non sono così preparato in materia, ma personalmente il problemino l'ho sempre creduto e associato ai solfiti. Cefalee, post-sbornia, consumo eccessivo non c'entrano nulla nel mio caso, anche perché ho cominciato ad avvertire fastidi già dopo 3/4 assaggi della prima verticale effettuata in mattinata, e oltretutto, come sempre capita in queste situazioni, per ogni vino uso la sputacchiera e non bevo tutto il bicchiere. Ma al di là di tutto, i commenti spostano a mio avviso un po' troppo il discorso sul mal di testa, quando in realtà la mia considerazione era più verso l'immobilità dei vini derivata dai solfiti. Per Pavan: 85-100 mg/L è il quantitativo (riportato nel pezzo) che mi ha comunicato l'enologo di Bisci per il loro Fogliano, enologo che poi è lo stesso di Borgo Paglianetto, che nel Vertis usano 80-90 mg/L, mentre per quanto riguarda i dati di Cambrugiano e Mirum non ho conferme da loro ma da schede dei vini reperite su internet pare che anche loro usano un quantitativo intorno ai 100 mg/L. In tutto questo +o- 100 mg/L sono adeguati?Pochi? Troppi? Non lo so, ma per esperienza personale ho bevuto grandi verdicchio egualmente puliti e che invecchiano bene ma con la metà della solforosa. Infine, per quanto io degusti non sono enologo e non lavoro in cantina... e in un Italia in cui siamo tutti virologi, allenatori, ecc io non voglio fare l'enologo da tastiera, pontificando su cosa si dovrebbe o non dovrebbe fare per produrre un vino. Era solo una mia considerazione. Giusta? Sbagliata? Non lo so (l'ennesimo) e non ho i mezzi o dati certi per dirlo, ho detto solamente la mia... Saluti

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Alvaro pavan

circa 2 anni fa - Link

I dati sono accettabili in un contesto enologico convenzionale. Vini francesi dichiaratamente biodinamici hanno livelli superiori. I vini fanno la malolattica? Se no, questa potrebbe in parte spiegare la problematica dell'eterna gioventù. Altresì bisogna vedere se sono state fatte correzioni dell'acido tartarico. In ogni caso, a mio parere, la mancanza di evoluzione è un difetto, ed anche serio, ma non da imputarsi al vino ma alla sua conduzione enologica.

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Simone Di Vito

circa 2 anni fa - Link

Malolattica? Tra le verticali fatte il Fogliano e il Vertis non la fanno (non ricordo Jera ma penso di no), mentre Cambrugiano e Mirum si. Accettabili in un contesto convenzionale? Non proprio, anche se su internet si trovano pdf e schede con limiti consentiti UE discordanti, per i bianchi biologici è di 150 per quelli inferiori a 2 mg di zucchero e 170 mg/L per quelli superiori a 2... Difetto mi pare un esagerazione, un peccato sicuramente.

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Simo

circa 2 anni fa - Link

Ho apprezzato anche la specifica del nominativo dell' enologo che segue più di una cantina; basta con questi misteri da setta massonica e che invece a mio avviso sono informazioni utili e interessanti nella descrizione di un vino. Un saluto

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Simone Di Vito

circa 2 anni fa - Link

Grazie, anche se dai setta massonica è esagerato... Nel caso di Matelica parliamo di una realtà bella ma piccolina, ed è normale affidarsi ad una persona che conosce bene i vini del luogo. Comunque ti aggiungo che anche Belisario e Monacesca hanno condiviso per anni lo stesso enologo, Roberto Potentini, ora segue solo Belisario però.

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