The Macallan, il laird dei whisky scozzesi in passerella a Milano

The Macallan, il laird dei whisky scozzesi in passerella a Milano

di Thomas Pennazzi

I whisky di malto scozzesi hanno la loro nobiltà, e Macallan vi appartiene di diritto tra i primi laird. Questa marca infatti è, per antica fondazione (1824) e per diffusione tra le più conosciute e reputate, e non a torto.
Le sue definizioni negli anni si sono sprecate: la “Rolls-Royce dei whisky”, il “Dom Perignon dello scotch”, sebbene il vero paragone potrebbe essere lo “Château Margaux” dei single malt.

Desiderato, venerato, collezionato e falsificato come nessun altro whisky al mondo, è certamente una fulgida gemma dell’industria alcolica scozzese.

La fama della Macallan deriva in massima parte dagli sforzi della famiglia Kemp, in possesso della distilleria dal 1892 al 1996, quando gli eredi cedettero la proprietà alla Suntory ed alla Highland Distillers. Tre anni dopo Edrington Group, una grande società basata a Glasgow, rilevava il celebre marchio.

La qualità delle materie prime e delle botti è sempre stata la preoccupazione della Macallan, che si distingue anche per gli alambicchi tra i più piccoli dell’intera Scozia, che è una parte del segreto del successo dell’azienda di Craigellachie.

Un altro motivo dell’enorme favore che Macallan gode tra gli appassionati è stata la non trascurabile scorta di botti tenute ad invecchiare già dagli anni Cinquanta, un comportamento costoso ed assurdo per gli scozzesi, ma rivelatosi prezioso in seguito. Le botti più vecchie di single malt della Macallan datavano tuttavia a molti anni addietro ancora.

Una decina di anni dopo gli italiani cominciavano ad andare a caccia di botti eccezionali in Scozia: ed ecco che una pattuglia di palati fini tra imbottigliatori indipendenti (Giaccone, Mainardi, Samaroli) ed importatori (Rinaldi, Bonfanti, Ferraretto, ed altri) dava vita alla moda del Single Malt Scotch Whisky, trovandosi tra le mani questi tesori già maturi per essere messi in bottiglia.

Il successo è stato inarrestabile, e tale da travolgere l’antica consuetudine del blended scotch, che era un prodotto da grandi numeri e raramente invecchiato più di qualche anno, sebbene non sempre mediocre: i blended di allora contenevano infatti i whisky di numerose distillerie oggi di culto, tra cui Macallan, che era uno dei malt whisky più richiesti per migliorare il gusto degli assemblaggi.

Il gruppo Edrington ha messo ancora più in luce l’alta reputazione dell’azienda, valorizzandola come uno dei suoi marchi più importanti. Nacquero così nuovi imbottigliamenti, mentre le nuove etichette 50 years old e le rare e già leggendarie release di 60 y.o. andavano all’asta a prezzi da favola. Nel 2003 veniva messa in vendita l’intera serie della The Macallan Fine & Rare Vintage Collection, con le annate a partire dal 1926 fino al 1973. Il mito era ormai consolidato e fruttava assai bene.

In anteprima al Milano Whisky Festival 2021 si è svolta nella sede Velier di Milano la presentazione della nuova serie di Macallan, con la partecipazione della sua brand ambassador Nicola Riske, una delle comunicatrici più apprezzate e preparate della galassia del whisky.

Avendo potuto fare due chiacchiere con lei prima della serata ufficiale, è emersa la cura con cui l’azienda si fornisce delle sue botti, esattamente come per il cognac, partendo da legni di qualità e ben stagionati. La maestria ed il buon governo del legno, infatti, è alla base di risultati di pregio per ogni distillato invecchiato, e Macallan non fa eccezione.

A paragone con la sempre più scadente qualità dei legni di molte altre distillerie, dovuta alla domanda crescente, ed al crollo del consumo di sherry, un tempo la prima sorgente di approvvigionamento di botti per lo scotch, Macallan rimane un esempio di attaccamento alla tradizione.

Non sempre però il whisky ex-sherry è il favorito dagli appassionati dell’acquavite scozzese: indubbiamente la finezza dei profumi e l’eleganza dei distillati dello Speyside viene sovrastata dalla struttura del legno e dalla vinosità dello sherry, e possiamo capirli. Ma con un po’ di fortuna, questi distillati sono in grado di competere senza timori con i grandi brandy francesi. Questione di gusti, alla fine.

Il filo conduttore della degustazione di Milano è stato il cachet di Macallan. Nel whisky è frequente che le diverse espressioni di una specifica distilleria siano ben riconoscibili al palato, per delle caratteristiche costanti, la cui maggior parte è fornita dall’alambicco. Per Macallan questa firma è indubbiamente una potente nota agrumata accoppiata al vinoso. Ci accompagnerà per tutta la serata.

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Si è cominciato dal Double Cask 12 Years Old, maturato in quercia americana ed europea: dall’aroma dolcissimo, mielato e vinoso, il palato dimostra una vivace alcolicità, con note aranciate e speziate. Nel complesso ancora un ragazzino, il che spiega il suo modesto retrogusto, tuttavia con un naso affascinante. Peccati giovanili.

Ancora, il suo fratello maggiore: Double Cask 15 Years Old. I pochi anni in più donano compiutezza e maggiore equilibrio. Al naso si concede lentamente, aprendosi su note vinose e meno dolci del precedente, ma con buona pienezza. Al palato è discretamente grasso, con note di cioccolato e di arancia, ben bilanciato. Il retrogusto è vinoso ed armonico.

Salendo di invecchiamento, ecco il Double Cask 18 Years Old. Qui si tratta di un’espressione pienamente matura, come denuncia il suo colore ambrato. Il blending avviene come per le versioni più giovani, tra whisky maturati in botti di rovere americana ed europea, che hanno contenuto sherry oloroso, principalmente della Williams & Humbert. La prima impressione aromatica è un profumo vinoso pieno; ritorna costante la nota di arancia, come fosse una firma, ed un poco di speziato, con discreta eleganza. In bocca è dolce, maturo, col legno ben integrato. Finale equilibrato, ma più corto di quello che ci si aspetterebbe da un whisky così ben strutturato.

Il Rare Cask 2020 vuol dimostrare l’eccellenza della produzione di Macallan, con una release annuale, scelta tra i migliori barili in invecchiamento nell’azienda. Bel colore ramato; gli aromi si sviluppano lentamente, con ricchezza di violetta e generosi profumi di sherry. In bocca è armonioso, rotondo e speziato, e dà soddisfacente prova di sé. Un finale setoso di media lunghezza conclude il sorso.

In conclusione di serata ci è stata offerta la release della neonata Harmony Collection – Rich Cacao, 44°. Un blend pensato in collaborazione col maestro pasticcere Jordi Roca del celebre trio di Girona, creato per essere abbinato al cioccolato. Qui si gioca anche sulla sostenibilità della confezione, ricavata dalle fibre delle fave di cacao. Ma a noi interessa il distillato e non il marketing: al naso una dolcezza appena mielata accompagna una ricca speziatura, che può effettivamente evocare gli aromi del cioccolato. Al palato si rivela potente, vivacemente alcolico con arancia candita, vaniglia e sentori di torrefazione. Finisce un po’ corto, indice di esuberanza giovanile. Un Macallan concettuale.

Direte che sono prevenuto, dato che faccio pubblica professione di non amare in special modo il distillato scozzese. Ma confesso di essermi innamorato del Macallan, ed è un amore irraggiungibile, purtroppo. Prima di recarci alla serata sono passato con Claudio Riva, presidente del Whisky Club Italia, in uno dei luoghi iconici del whisky milanese, il Mulligans, il cui publican Beppe Bertoni è un riconosciuto appassionato. Sapendoci diretti alla presentazione di Macallan, Beppe ci ha dato con grande generosità un assaggio dalla sua collezione: un Macallan 1958 80° proof, per comprenderne la nobiltà passata. Che è grande: al netto degli aromi di ossidazione, tipici di ogni distillato scuro rimasto molti anni in bottiglia, qui c’è tutta l’opulenza di un whisky ex-sherry di una volta. Ed è solo un 15yo. Il bicchiere regala aromi a getto continuo, cera d’api, trementina, l’arancia candita: caleidoscopico e complesso come solo un buon cognac sa fare. In bocca è ampio, ricco: uva passa, canditi, datteri, e un che di balsamico. Il finale è sontuoso e fruttato, ma come si è ben compreso dopo, un’altra curiosa costante di Macallan è la parsimonia rispetto alle promesse fatte al naso, un carattere molto scottish. Inconfondibile il signature style, che ritroveremo durante tutta la serata: ma quant’erano belli i vecchi tempi.

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Thomas Pennazzi

Nato tra i granoturchi della Padania, gli scorre un po’ di birra nelle vene; pertanto fatica a ragionare di vino, che divide nelle due elementari categorie di potabile e non. In compenso si è dedicato fin da giovane al suo spirito (il cognac), e per qualche anno ne ha scritto in rete sotto pseudonimo.

4 Commenti

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Giuseppe Costantino

circa 2 anni fa - Link

L'articolo sembra tradotto male dall'inglese. Siamo sicuri sia stato scritto in italiano?

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enogastronauta

circa 2 anni fa - Link

Ho l'immane fortuna di avere un amico strafornito di vecchie bottiglie di distillati, l'ultima aperta, un Macallan 1956 full proof In 10, dopo una serata degustazione di vini, abbiamo "evaporato" la bottiglia in un amen. Incredibile caleidoscopio di essenze e aromi, niente più sarà come queste vecchie bocce. Non è come il vino che stai sicuro prima o poi l'annata eccezionale salterà fuori, nei single malt, con la standardizzazione che c è ora questo non succederà mai più.

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Giacomo

circa 2 anni fa - Link

L'architettura della distilleria mi ricorda un paio di cantine zona Barolo, e tanto mi basta per restarne alla larga.

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Andrea

circa 2 anni fa - Link

Qualche dubbio sullo Sherry finishing come elemento discriminante ai fini qualitativi. Per me i Lagavulin Distiller' s edition di tutte le annate, che sono double finished in Sherry, non sono mai stati in grado di superare il 16 classico. ( Se Macallan sta a Chateau Margaux, allora Lagavulin sta a Domaine de la Romanee Conti 😉).

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