Numeri (quelli del vino e altri un po’ a casaccio)

Numeri (quelli del vino e altri un po’ a casaccio)

di Alessandro Morichetti

Premessa: quello che tratta seriamente i numeri del vino in Italia si chiama Marco Baccaglio e gestisce una pagina – I numeri del vino, appunto – davvero utilissima.

Bene, qui sotto non troverete niente di tutto questo. Non metterò nemmeno $ o € perché sarà irrilevante. Mischierò anche i fatturati di anni diversi perché non è il dettaglio che conta ma la cornice, la macrostruttura.

Partiamo dalla domanda cardine: quanto fattura il vino italiano? Tutto il vino italiano, dal più piccolo degli artigiani al più monumentale dei gruppi. Bene, probabilmente non ne avete idea (e non è grave) ma soprattutto fareste fatica a giustapporre quel numero con altri che magari non c’azzeccano nulla ma che possono risultare significativi.

Mettetevi seduti, ve lo dico in anticipo.

Dunque, il vino italiano ha un giro d’affari di 14,2 miliardi. Tanti? Pochi? Lo capiremo.

Il vino francese, ad esempio, fattura 20,7 miliardi. E già qui si capisce chi comanda, di brutto.

Ma non finisce qui. Il vino in UK muove 15,8 miliardi. E considerando che producono una sega, non serve illustrare oltre chi abbia praticamente inventato il commercio del vino nel mondo.

(A beneficio di tutti, ricopio da Dissapore un breve passaggio che merita di essere elaborato: “A livello globale, il valore del mercato del vino è calcolabile in 245,6 miliardi di euro, con una prospettiva di crescita ulteriore da qui al 2025, quando le stime sono che arriverà a 305,2 miliardi di euro. Se invece si calcola l’intero mercato mondiale delle bevande alcoliche con i suoi cinque segmenti (vino, superalcolici, birra, sidro, ready to drink), il valore totale ammonta a 1.317 miliardi di euro.”)

Bene, torniamo al dunque perché qui viene il bello. Il “circa” non lo premetto più ma tutti i numeri saranno solo limitatamente rappresentativi del reale fatturato dell’ultimo anno.

La Ferrero nata ad Alba fattura 11,5 miliardi. E già questo fa capire quanto il colosso dolciario e non solo sia stata stampella per il comparto del vino in tempi grami.

Rolex, l’azienda di orologi di lusso più famosa al mondo, fattura 5,5 miliardi. Circa un milione di pezzi prodotti con un prezzo medio di 5.000 euro non sono malaccio come business.

Conad ha chiuso il 2021 con un fatturato complessivo di 16,90 miliardi, quindi una catena di supermercati fattura più di tutto il vino italiano.

La Coca Cola fattura 37,27 miliardi e ci sta, la bevanda più famosa del mondo e i suoi parenti sono qui per restare a lungo.

Ab-Inbev, il colosso della birra industriale, fattura 52,33 miliardi, e vabbè.
Il Cognac, coi suoi 78.000 ettari, fattura 3,6 miliardi e non lo avrei mai detto.

Ma se c’è un numero che davvero mi ha strabiliato, ridefinendo il mio senso delle proporzioni, è questo qua: gli Airpods di Apple fatturano 22 miliardi. Non tutta la Apple eh, non scherziamo proprio, parlo solo di quelle cuffiette di plastica senza filo e con la scatolina in cui caricarle. Quasi il doppio di tutto il vino italiano porcaccia la miseria. Pazzesco, vero?

Bene, questo post non aveva nessun intento particolare al di là della semplice giustapposizione di numeri che tratteggiano la nostra presenza nel mondo ma chiudiamo con una consolazione magra ma non troppo: se parliamo di sole bottiglie il fatturato può sembrare poco ma poi queste generano numeri enormi nel commercio, nella ristorazione, nel turismo, nell’editoria, nella fieristica, etc. A cascata, quello 0,75 % di PIL poi cresce esponenzialmente, molto più di quanta economia possano generare le cuffiette di plastica. Evviva.

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

12 Commenti

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...nessuna sorpresa, soprattutto sul valore dei numeri . In ogni azienda , ogni decisione strategica , dalle iniziative commerciali ai capex (investimenti) si basano ormai sui numeri , tendenziali , e non sulle intuizioni , come nel lontano passato . Anche i ROI sui capex sono frutto di algoritmi tendenziali e , comunque , strettamente numerici . Sono gli elementi di sintesi indispensabili , dopodichè avvengono le decodifiche "espresse in lettere" e non in numeri ...ci sarebbe da divertirsi non solo sui dati (noti) espressi nell'articolo .

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Elle

circa 2 anni fa - Link

Non mi è chiaro se i dati sono relativi al fatturato dei produttori o al valore delle vendite in ciascun mercato. Perché solo in questa seconda ipotesi capisco e inquadro il dato inglese (non credo abbiano produttori che vendano per 15b)

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Invernomuto

circa 2 anni fa - Link

Beh, quando uno lavora dentro al settore (intendo ha o lavora nella produzione vitivinicola) se ne rende conto che, rispetto a molti altri, ha fatturati ridicoli. Soprattutto rispetto alla narrazione assurda fatta negli ultimi 10 anni secondo la quale il settore fosse la "nuova gallina dalle uova d'oro" cosa assolutamente falsa. E' un settore che cresce, a fatica, di valore, ma è calato in maniera inesorabile in volumi. Parlo del consumo interno, quello estero va valutato per paesi o almeno macro aree. Si beve meno ma si beve meglio. Diciamo che fino a 25 anni fa di certo si guadagnava di più, sia i produttori (che erano un quinto di quelli che sono adesso), che a cascata chi rivendeva il prodotto vino.

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...invernomuto , sono parzialmente d'accordo . Conoscendo da vicino la realtà delle grandi aziende vinicole , il fatturato è cresciuto in maniera lineare negli ultimi 20 anni . Così come la catena del valore e i fatturati anche dei piccoli artigiani ( soprattutto di zone vocate) , catena del valore che si sono portati a casa dopo decenni di tristezza da conferitori di uve alle grandi cantine o ai grandi commercianti e vinificatori , un pò per spirito imprenditoriale delle nuove generazioni , un pò perchè i figli si sono acculturati tecnicamente. Langa su tutte . Dove prima si andava in Panda , oggi si gira in SUV ... i più umili ( quando non sono Porsche oppure , come una nota produttrice di Barbaresco , in BMW M1 serie limitata che equivale ad un appartamento viaggiante) ... tutti con cantine da fiaba di recente costruzione ecc , ecc , ecc , ecc .... OK , la Langa è un caso isolato? No ... gira per Toscana , Veneto e FRiuli su tutte , poi ne riparliamo ... ma non solo , ripeto , non solo...

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AG

circa 2 anni fa - Link

Vinogodi, le cantine di cui sopra sono necessità di capitalizzazione forzata e SPESSO inutili monumenti all'ego fatti con debiti ipotecari e anticipi sulle bottiglie di annate prossime venture e 'maledetti' soldi dei contribuenti sotto forma di PSR, PSA. Il tutto senza pagare tasse.... esiste nel mondo un settore più assistito dallo Stato di questo?

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Invernomuto

circa 2 anni fa - Link

Beh Langa, o determinati areali Toscani, sono esempi delle zone "che ce l'hanno fatta" ossia che hanno visto aumentare in parallelo volumi (o comunque richiesta) e prezzo di vendita, grandissimo merito loro, sia chiaro. Io però mi riferisco al resto della popduzione nazionale, che non ha la stessa fortuna, o se la ha non è spesso accompagnata da una stabilità di fatturato (purtroppo l'agroalimentare è diventato di "moda" da un pezzo, e la moda, di qualisiasi tipo, si porta dietro fisiologiche oscillazioni). Per quanto riguarda la tendenza delle nuove generazioni di investire nel vino, spesso mi sembra una mossa dettata dalla pancia più che dalla testa. Ossia in tanti, negli untimi 10/15 anni, si sono messi a produrre vino, ma senza prima informarsi seriamente sui numeri che vi giravano (e non solo il mero numero, ma "come" quel numero esce fuori) o affidandosi a consulenti chiaramente non competenti. Ne incontro tanti, di tutti i tipi, da quelli che ereditano la terra dai parenti, a quelli che hanno fatto un sacco di soldi in un altro settore (spesso non tutti dichiarati) e quindi hanno bisogno di reinvestirli a breve (l'agricoltura è, checchè se ne pensi, ancora uno dei pochi settori dove il black gira), e molti altri esempi. Ripeto, il problema è uno: troppa offerta rispetto alla domanda, la richiesta è aumentata, perchè c'è più conoscenza (spesso superficiale) e perchè parlare di vino fa "figo", ma l'offerta è decuoplicata, e quindi il risultato è che si vende meno tutti, dai grandi ai piccoli.

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Giacomo

circa 2 anni fa - Link

Bell'articolo, Moricchia. Sarebbe complementare ora un piccolo approfondimento sul regime fiscale di chi produce vino. Non devi fare nemmeno troppa strada.

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Paolo Emilio

circa 2 anni fa - Link

In effetti penso sia un RF decisamente meno vantaggioso di chi “produce” gli airpods…

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valentino

circa 2 anni fa - Link

sicuro che non stai confondendo i ricavi col mercato nazionale? Inoltre, più che il fatturato, quanto è L’EBITDA ? penso che per il vino sia più interessante dei ricavi.

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AG

circa 2 anni fa - Link

Questo in realtà no perché grava l'enorme peso degli ammortamenti

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Stefano Cinelli Colombini

circa 2 anni fa - Link

Seguo da decenni i dati del vino, e ho sempre avuto la massima stima per Baccaglio e "i numeri del vino". Anche per questo ho organizzato per il nostro Consorzio del Brunello un aggiornamento dati, che arriva a tutti i soci varie volte l'anno. I numeri sono questi, ma vanno capiti. Cani e cavoli sono entrambi alimentari, ma non li si può paragonare e così non si può paragonare Coca Cola con il totale del vino italiano. E quando si paragona il fatturato vino italiano con il francese va premesso che mezzo secolo fa quel dato ci vedeva soccombenti 8 a 1, e con una crescita continua gli siamo arrivati vicini. E che sui principali mercati del mondo (escluso UK, Russia e Cina) ormai li superiamo sia in valore che in volume. I francesi sono bravi, molto bravi, ma cominciano a sentire il fiato sul collo e non so quanto questo li faccia sentire rilassati. I numeri di UK sono una cosa diversa, per Francia e Italia i valori indicano quanto fatturato il vino ha creato per i produttori, quello di UK è un dato di fatturato prodotto in un altro livello della filiera. Non so se al consumo o agli importatori. Quanto ai numeri assoluti certo, l'agricoltura è la Cenerentola del mondo moderno. Per secoli ha prodotto la larga maggioranza del PIL, oggi nei Paesi avanzati sta sotto il dieci per cento. Per un motivo di chiara matrice politica, il pane non si deve negare a nessuno per cui deve costare poco, e per contagio tutto ciò che è alimentare. Giusto, sbagliato? Non so dire, ma è così. Invece tutto ciò che è superfluo o nuovo non soggiace a questi vincoli, e lì si crea il valore aggiunto e il nuovo PIL del mondo.

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Giuseppe

circa 2 anni fa - Link

Letto con interesse e non senza qualche sorpresa. Corretto "ridimensionare il fenomeno vino" senza pero` dimenticare che, secondo me, rimane comunque uno dei pochissimi settori che ha visto e vede una crescita continua e inarrestabile come gia` evidenziato da Stefano. Oltre ad aver creato dal niente nuove fonti di reddito come il turismo del vino. Proviamo solo a pensare a cosa fattura in Italia il settore automotive oggi e quanto fatturava 30 anni fa? Idem per chimica, farmaceutica e TLC, non c'e` storia. Un ringraziamento all'autore: tre articoli in fila dopo parecchio silenzio e, sempre secondo me, andando a crescere di interesse se il buongiorno si vede dal mattino il 2022 per Intravino promette bene Saluti Giuseppe

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