The World’s 50 Best Restaurants 2022. Tutti i pro e i contro della classifica più hot
di Jacopo ManniNell’edificio vittoriano che originariamente era il mercato del pesce di Billingsgate – il più grande mercato di pesce del mondo nel XIX secolo, oggi luogo di eventi e ospitalità nella City di Londra – è andata in scena quella che molti raccontano ormai come la notte degli Oscar della ristorazione. Quest’anno si celebrava il ventennale della classifica più influente al mondo. E l’eco, soprattutto di polemiche e chiacchiericci, è stata una bomba.
«There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about»: questa frase nel Dorian Gray di Oscar Wilde ha fatto svoltare tutti i comunicatori di professione dagli anni ’90 in poi. La The World’s 50 Best Restaurants è ormai diventata un totem e come tale è super talked about, attira venerazione ma anche feroci critiche.
Vediamo gli spunti più interessanti che sono usciti leggendo la lista 2022 che ha incoronato il Geranium di Copenhagen quale miglior ristorante del mondo.
Riporto arbitrariamente alcuni dei contributi letti in giro con un ordine personalissimo che va dai più cronachistici/entusiastici ai più critici, poi seguirà una mia sintesi in formato Twitter.
Ha scritto Albert Sapere, direttore editoriale del gruppo 50 Top, sul suo profilo Facebook: “World’s 50 Best Restaurants riesce a cogliere ancora meglio di tutti le tendenze sulla cucina mondiale. In questo momento l’Italia e la cucina italiana sono senza dubbio le cose che fanno più tendenza nel mondo, nella cucina domestica, nel mangiare al ristorante, ed anche nel fine dining. Con 6 ristoranti tra i primi 50, la Francescana nella Hall of Fame, a tutti i criticoni del cibo all’italiana, si siamo i più bravi.”
Elisabetta Pagani su Repubblica: “Solo altre tre volte nei 20 anni di storia della sempre più influente classifica dei ristoranti (organizzata dalla società inglese William Reed Business Media) l’Italia aveva avuto 6 nomi in classifica, ma mai globalmente in posizioni così alte.”
Licia Granello su Wine & the City sottolinea giustamente “la permanente invisibilità delle donne (due nei primi 50) e quella del continente africano (un locale)” ma anche: “In quanto all’Italia, il ristorante più a sud in classifica si trova in provincia dell’Aquila. Eppure i turisti del mondo intero glorificano la cucina “meridionale” come la più golosa, passionale, magnifica. E invece, proprio come la Michelin, anche i 50 Best faticano assai a inserire nel gotha della ristorazione le insegne da Napoli in giù. Da qualche parte ci deve essere un errore.”
Mi autocito: “Le periferie sono fabbriche di idee, luoghi estremamente vivi dove nascono e si sprigionano energie creative. 50 best sta forse perdendo la spinta avanguardista della prima ora ma la cosa straordinaria è rilevare come il nostro paese non sia affatto urbanocentrico, laddove nel resto del mondo l’avanguardia esiste quasi solo nelle metropoli. Piccole botteghe rinascimentali della cucina sono sparse in luoghi periferici e di provincia come Gardone Riviera, Rubano, Alba, Castel di Sangro, Senigallia. Dove obbligano il mondo ad andare, ad esplorare e a scoprire.”
Luca Ferrua su Il Gusto (la Repubblica): “Il 18 luglio è successo qualcosa di straordinario, ben 6 ristoranti italiani sono entrati tra i primi venti nei 50 best. Possiamo dire che l’Italia si è ripresa il posto che merita. Che la cucina italiana sta conquistando di nuovo una dimensione internazionale con una serie di chef che sanno raccontare il territorio. Una strada tracciata da Massimo Bottura ma che in qualche modo deve essere ancora riconosciuta dalla politica del nostro paese.”
Eugenio Signoroni, co-curatore della guida Osterie d’Italia, sul suo profilo Facebook: “La The World’s 50 Best Restaurants non è mai stata quello che il suo nome vorrebbe far credere, o quanto meno, io non ho mai ritenuto che fosse la classifica dei migliori ristoranti al mondo, piuttosto quella dei più influenti, dei più importanti per capire le tendenze attuali e future. Quindi sebbene non fosse quello che prometteva era interessante da seguire perché da lì si poteva intuire dove andasse la cucina occidentale e occidentalizzata. Poi però, con lo scopo di aumentare la competizione, ma secondo me uccidendola, gli organizzatori hanno deciso di escludere chi già si era trovato in testa alla classifica, mummificando alcuni locali, come se dopo quel primo posto non avessero più nulla da dire e fossero per sempre grandi e uguali a se stessi (cosa che chiunque frequenti qualche locale sa essere totalmente falsa). Questo, oltre a togliere divertimento, ha tolta alla classifica quel poco di utilità che aveva almeno per il piccolo mondo degli appassionati, rendendola di fatto un gioco totalmente a uso e consumo dei ristoranti presenti (che ne guadagnano sicuramente in visibilità, buon per loro) e dei giurati che votano e girano il mondo a provarli invitati dai relativi uffici stampa (buon anche per loro). E qui si arriva al punto, io credo che uno dei motivi della crisi della critica sia anche che ha smesso di preoccuparsi di come essere utile a un pubblico, piccolissimo o moto ampio, di non addetti ai lavori preferendo la pura (e spesso vuota) promozione del sistema stesso..”
Quindi, ricapitolando…
La società inglese William Reed Business Media – con uno sponsor di peso come San Pellegrino/Acqua Panna – ha inventato qualcosa che non c’era e che ha sorpassato a destra la Guida Michelin e cioè una classifica mondiale dei ristoranti top. L’idea è piaciuta, ha incuriosito ed attecchito molto, portando con sé tutte le criticità di ogni classifica, tanto in termini di opinabilità quanto di metodo. La classifica di oggi, senza gli hall of famer (in pratica, chi ha già vinto una volta esce per sempre dalla classifica), capitalizza un prodotto “editoriale” economicamente molto spendibile, premia indiscutibilmente l’Italia (trascurando il Sud e sovvertendo gerarchie interne in maniera assai discussa, con Lido 84 davanti a tutti i bistellati e tristellati italiani) e si espone a tutta una serie di rilievi problematici. Così facendo, sebbene dopo 20 anni meno dirompente e più istituzionalizzata, fa parlare di sé come nessun’altra classifica dei ristoranti ma un problema di fondo rimane: il Noma, che arrivò primo nel 2021, ha chiuso il bilancio annuale proprio 2021 con 230 mila euro di perdita.
Meditiamo un po’.
[Foto cover: Fine Dining Lovers]
11 Commenti
Marcello
circa 2 anni fa - LinkForse forse ci sono tre zeri di troppo nella perdita del Noma :-D
RispondiM/M
circa 2 anni fa - LinkNel 2021, se non ricordo male, c'è stato qualche "problemino" a tenere aperti i ristoranti, in Danimarca come in tutto il resto del mondo...
RispondiAG
circa 2 anni fa - LinkIl peggior esempio di 'guidismo '
RispondiVinologista
circa 2 anni fa - LinkRitrngo che ogni claissifica o guida "penalizzi" in qualche modo qualcuno o qualche area, sia questa sud, nord , est o ovest. Mi domanderei invece se tutte queste classifiche , guide, punteggi sono proprio necessarie. Viva le Trattorie di "una volta".....😉✌ @Marcello : Forse c'è uno zero di troppo nel menu' "Vegetable Season" del Noma , "solo" 5000 KN = € 671 .... 😂🤣
Rispondifranco
circa 2 anni fa - Linklicia granello di parte... andando a toccare la questione meridionale
RispondiMotown
circa 2 anni fa - LinkLicia Granello è di Torino
RispondiStefano Cinelli Colombini
circa 2 anni fa - LinkCurioso che nessuno noti che non c'è nessun francese tra i primi venti. Difficile capire se è una lista affidabile, personalmente ho mangiato in due degli italiani e in un francese e tutti erano buoni, ma non avrei messo nessuno di loro nei migliori cento ristoranti della mia vita.
RispondiAndrea
circa 2 anni fa - LinkPremettendo che il Reale non è propriamente a Nord…come fate ad affermare che questa classifica sorpassa a destra la Michelin (che è una guida). Avete dati alla mano? Statistiche? Ah il populismo…
Rispondi1 come tanti
circa 2 anni fa - LinkEugenio Signoroni ha perfettamente ragione. La commistione tra critica e propaganda genera mostri ed il consumatore finale inizia ad avere le palle piene di queste storture, così non si fida più di nessuno. Oltre a ciò è lecito attendersi dalle autorità preposte un solerte e robusto giro di vite sui cosiddetti "stagisti", un grosso bubbone che tutti, purtroppo, fingiamo di ignorare...
Rispondimarcow
circa 2 anni fa - LinkDall'articolo Eugenio Signoroni: "E qui si arriva al punto, io credo che uno dei motivi della crisi della critica sia anche che ha smesso di preoccuparsi di come essere utile a un pubblico, piccolissimo o molto ampio, di non addetti ai lavori preferendo la pura (e spesso vuota) promozione del sistema stesso..” __ La Critica dovrebbe essere al servizio dei clienti, dei consumatori, ecc... E per svolgere degnamente questa attività dovrebbe ESSERE e APPARIRE INDIPENDENTE. Per apparire indipendente dovrebbe eliminare alcuni comportamenti molto diffusi nella critica italiana ed adottarne altri __ Sulle Classifiche in generale. 1 Imperversano in tutti i campi e anche nel food. Perché richiedono uno Sforzo Mentale Minimo per farsi un'idea e, velocemente, fare anche una scelta(una pizzeria, un ristorante ecc ...) La Guida richiede uno sforzo maggiore. Così si spiega il grande successo delle classifiche. 2 Sulla affidabilità, credibilità delle classifiche la penso come Signoroni. Potrei dimostrare, ad esempio, che le classifiche della pizza(prodotto che conosco bene) contengono personaggi che sono stati ampiamente superati da nuovi pizzaioli veramente bravi. Ma, poiché fanno parte di leggende (metropolitane) e poiché si trovano a Napoli sono intoccabili.
Rispondivinogodi
circa 2 anni fa - Link...concordo appieno con Marcow : il proliferare di classifiche , soprattutto nel food e beverage , è una deriva della "critica" assolutamente autoreferenziale. E non perchè ho orticaria conclamata per queste manifestazioni da rincoglioniti. Si ha la sensazione che senza "gare" , "classifiche" e "premiazioni" venga a cadere un ruolo , nel mondo dell'empirismo e soggettività come è quello dell'analisi sensoriale . Per cui ogni "classifica" è sdoganata e c'è lavoro per tutti . Forti che l'oggettività non esiste nell'analisi sensoriale , la cialtroneria si insinua subdola nel meccanismo , per cui la legittimazione di una classifica rispetto alle altre la danno i followers di chi la redige o la notorietà di chi le stila ( compresi membri di commissioni ad minchiam , basta ci sia la visibilità e mediaticità di qualcuno che conta ...) . Il mio sembra un noioso mantra , ma davvero sono infastidito da tutto ciò : ...e "la classifica dei cuochi ", e quella dei ristoranti , e quella dei sommeliers , e quella dei vini al di sotto dei 10 euro e quella al di sotto dei 20 euro ...ecc ecc , escludendo solo quella dei "vini superiori ai mille euro" perchè tanto nessun critico li beve . Mi aspetto a breve "Miss cucina" , "Mister cavatappi" , " Chef più alto d'italia" e " la cuoca più sexy" , " il critico pù elegante d'Italia" ...poi abbiamo esaurito il tema ... ma la realtà supera la fantasia , nel genere , e senz'altro qualcosa mi sono scordato o già questi concorsi esistono ...
Rispondi