Non si può far di tutte le bollicine un Prosecco…

Non si può far di tutte le bollicine un Prosecco…

di Simone Di Vito

Dopo lo sfogo sul prosecchino al bar, c’è poi il must dei luoghi comuni, quello più generico e superficiale, dove il Prosecco viene spesso tirato in ballo a sproposito.

Quando di vino tutto sommato ne mastichi pensi che aneddoti come questo capitino solo al tavolo a fianco, e invece…

Sei al ristorante per una cena in compagnia di amici, e come da prassi aspetti che arrivi il cameriere con menù e carta dei vini. Gli amici sanno che sul vino sei tu il rompipalle, quindi lasciano volentieri a te l’incombenza, così se va bene il merito è di chi fa il vino, se va male è colpa tua.

Ma può capitare che prima di sederti devi correre in bagno e che il cameriere arriva proprio quando non ci sei, lasciando incustodita la carta dei vini sul tavolo. Ed è lì che scatta l’ora del protagonista: quell’amico che in tua assenza prende la palla al balzo e decide in base ai suoi gusti. Non ci sarebbe nulla di male se non fosse che il genio in questione ha certi gusti… 

Lui, il fenomeno, guarda la carta dei vini (solo le figure eh), la “valuta”, la scruta superficialmente con tanto di ghigno malefico, me lo immagino tipo “oh no, oh no, ho no no no no…“. Nel mentre torno al tavolo e trovo il cameriere che è passato a prendere gli ordini, ma faccio solo in tempo a rendermi conto della dinamica che… clap! Lui chiude la carta dei vini e la spara: “Non ho trovato quello che cercavo, ma non avete un bel proseccaccio?” Sbarro gli occhi e penso –santoDio! ma è quando il cameriere inizia a spiegare che si supera: “Guarda noi preferiamo puntare sui vini della nostra regione, quindi abbiamo solo vini del Lazio, se vuoi…” lo interrompe “Lo so, lo so, lo vedo, ma infatti cercavo un Prosecco del Lazio“. Booom!
Momenti topici in cui rabbrividisco, il cameriere, a cui immagino la dinamica capiti spesso, mi guarda e rabbrividiamo in due, attimi in cui vorrei sotterrarmi, scomparire –puff! Situazioni in cui chi fa servizio ha bisogno di self control, ma sa che ha solamente due opzioni per cavarsela:

1 spiegare in parole povere che il Prosecco è il nome della denominazione, che può essere prodotto solo in determinate aree di Veneto e Friuli, e che quindi al di fuori di queste ogni cosa con le bollicine si chiama spumante o vino frizzante.
2 “coglionare” l’avventore, portandogli al tavolo uno spumante qualsiasi, possibilmente buono e economico, spacciandolo per “il Prosecco del Lazio”, tanto lui non saprebbe distinguere nemmeno una bolla da una tetta.

Come andò a finire? Per fortuna entrai a gamba tesa interrompendo la maldestra trattativa, e ce la cavammo con un metodo classico locale che tutto sommato è piaciuto a tutti. A fine serata però uscendo dal ristorante lui mi confessò “buono eh, ma preferivo un Prosecco“. Sigh!

In passato la stessa cosa succedeva allo Champagne (ricordate lo champagnino italiano?), ma è qualche anno ormai che il Prosecco è sulla bolla di tutti; e pensare che in tutto questo c’è chi avrebbe tutto il diritto di rivendicare la Doc, ma stufo del metro di conformità adottato dal consorzio ha scelto di affidarsi al più libero e generico vino bianco frizzante.

Né fa esempio Carolina Gatti e il suo Bolle Bandite (proprio dal Prosecco): prodotto a Ponte di Piave (Treviso) da vigne a sistema Bellussi su suolo tendente all’argilloso.

Ricco di bollicine che brillano come stelle sparse in un cielo fosco e un po’ annebbiato dal fondo agricolo, accarezzi e fa le fusa con aromi da birra pilsner, di lieviti e fieno, poi roccia, uva spina e note di miele, sfiora delicatamente il palato con cremosità e freschezza, cedendo solo sul finale a quel po’ di dolcezza tipica che spesso non amo, ma che in questo caso appaga e non guasta. Per chi detesta le sviolinate… Semplicemente Buonissimo!

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Viviamo in tempi in cui l’apparire è ormai diventato più importante dell’essere, in cui l’esteriore vince sull’interiore, il comodo è più veritiero del reale… Ma in questo mare che è la vita, quel che c’è dietro, nel profondo, spesso nasconde ricchezza, autenticità, bellezza… che a volte non vedi, ma che se vai senti, assapori, percepisci, mentre con l’alta marea, in superficie, emerge solo l’artefatto, il subdolo, spazzatura. Sono andato fuori tema? Forse, ma il vino buono ispira e spesso mi porta un po’ dove vuole lui.


P.S. Per i più pigri, il vino l’ho preso online al costo di tredici euro più due caramelle, non conosco il prezzo franco cantina, ma mi informerò presto per un ordine…

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Simone Di Vito

Cresciuto a pane e corse automobilistiche (per via del papà pilota), sceglie la sostenibilità di bacchette, tamburi e corde grosse, tra batteria e basso elettrico. Si approccia al vino grazie a una breve carriera da scaffalista al supermercato, decidendo dopo anni di iscriversi ad un corso AIS. Enostrippato a tempo pieno, operaio a tempo perso. Entra in Intravino dalla porta di servizio ma si ritrova quasi per sbaglio nella stanza dei bottoni. Coltiva il sogno di parcellizzare tutto quel che lo circonda, quartieri di Roma compresi.

19 Commenti

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marcow

circa 2 anni fa - Link

"Per chi detesta le sviolinate… Semplicemente Buonissimo!" __ L'articolo mi è piaciuto. E non soltanto per quella frase che ho riportato. Chiarisco meglio. Si tratta semplicemente di "asciugare" un po' la "narrazione apologetica" che spesso si legge sui wine (e food) blog italiani e non di eliminare del tutto le lodi a un vino. __ Dicevo che è interessante perché contiene degli spunti su discutere e dividersi: i dibattiti omologati, conformi, privi di opinioni deverse sono come quei vini "costruiti" privi di anima. __ Una prima considerazione e provocazione. È necessario andare al ristorante con un ESPERTO... per poter SCEGLIERE... un vino... dalla carta dei vini?

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Nicola Micheletti

circa 2 anni fa - Link

Non credo che sia necessario un esperto per scegliere un vino, però credo che aiuti molto… perlomeno aiuta ad avere una cena più interessante e originale. Molti ristoranti hanno delle carte piene di bottiglie facilmente reperibili in GDO o comunque riferibili ai grandi nomi di ogni denominazione. In alcuni casi i grandi nomi sono comunque molto rappresentativi di una denominazione (esempio Soave: su Gini e Pieropan cascherai benissimo), in altri casi magari sono le grandi cantine che escono con dei prodotti base a prezzo medio-basso e scarsa riconoscibilità (che non vuol dire che siano cattivi comunque). Si può sempre chiedere un consiglio al ristorante ma spesso (non sempre) i consigli sono abbastanza generici o magari influenzati da legittime necessità di vendita. L’amico esperto invece è quello che trova il prodotto interessante e perlomeno diverso dal solito che ti fa scoprire un sapore nuovo.

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stephane schneider

circa 2 anni fa - Link

Sono contento che ti sia piaciuto. Fa sempre piacere trovare riscontro del proprio lavoro. Solo una precisazione. CIT "cedendo solo sul finale a quel po’ di dolcezza tipica che spesso non amo". Essendo rifermentato in bottiglia , in teoria , a zuccheri dovrebbe essere a zero !

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Federico

circa 2 anni fa - Link

Giustissimo, non è sicuramente questo il caso (vino che conosco e mi piace molto e trovo assolutamente secco), ma non sarebbe il primo rifermentato a cui viene bloccata la rifermentazione volontariamente alzando la temperatura. fino a inattivare i lieviti. Questo solo per dire che il fatto che sia un rifermantatato non vuol dire automaticamente che è a zuccheri zero. E' anche vero che il 99% delle volte è così. Un esempio su tutti mi pare sia lo Zero Infinito della nota coppia trentina. Sottolineo "mi pare". Altro vino che adoro.

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Simone Di Vito

circa 2 anni fa - Link

Guarda mi capita anche con molti metodo classico etichettati come nature... Penso sia più una sensazione di dolcezza data dalla cremosità del vino, o forse dai sentori che emana in bocca... In genere nei Prosecco la sento più accentuata, nel tuo/vostro invece lievemente, quel lievemente che come ho scritto appaga,ci sta bene. Saluti

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SALVATORE AGUSTA

circa 2 anni fa - Link

Esatto, non è propriamente una presenza di zuccheri ma una sorta di declino di salinità che incede sulle note fruttate e porta a delle sensazioni lievemente dolciastre.

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carolaincats

circa 2 anni fa - Link

Vi vedo sul pezzo, bravi! :)

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Gaetano

circa 2 anni fa - Link

Sensazione comune a molti vini cosiddetti "naturali". Io ho finito per considerarla come dolcezza del "frutto" probabilmente più libera di esprimersi. So che la cosa detta così è alquanto strampalata, ma vi assicuro che non ho altra spiegazione per vini che palesemente davano l'impressione di avere un certo, importante, residuo zuccherino ma analiticamente no!

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Gurit

circa 2 anni fa - Link

Penso che il prosecco venda 500 dei 600 milioni di bottiglie anche per quel residuo zuccherino extra dry. Banalmente il glicerolo è dolce, è quello che a volte dona la sensazione di dolcezza.

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Gurit non so se ho interpretato correttamente il tuo commento ma in questo brano c'è un riferimento al glicerolo. _____ Dal web: "Altre sostanze dolcificanti. Ma l’effetto dolcificante non è solo proprio degli zuccheri. Esistono infatti altre sostanze, presenti nel vino, che potrebbero produrre in bocca, in maniera più attenuata, una sensazione di dolcezza. Tutte queste sostanze possono apportare, in maniera maggiore o minore, la sensazione dolce, ma a differenza degli zuccheri non provengono dall’uva, ma si originano durante la fermentazione  del vino, e sono tutte di natura alcolica. Tra queste sostanze spicca l’alcol etilico, che è poi quella presente in maggiori concentrazioni nel vino, o altri alcol più complessi (alcoli superiori) come il butilenglicole, il GLICEROLO ( o glicerina), l’inositolo, ecc… Gli alcoli a contatto con la bocca provocano una sensazione vellutata e morbida, molto simile a quella provocata dal gusto dolce. Quindi è questa percezione tattile, più che quella saporifera, a indurre il degustatore a percepire note dolci. Per chi è allenato, riesce a definire queste percezioni come pseudo-dolcezza" (Dal web) __ PS Nicola Micheletti penso che il PREZZO sia uno degli elementi del successo mondiale del prosecco insieme ad altri elementi, tra cui la senzazione a cui accennavano Gurit e lo stesso Nicola Micheletti.

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Gurit

circa 2 anni fa - Link

Circa il glicerolo rispondevo a Gaetano, mentre il prosecco non penso ne contenga molto, già solo per il fatto che è proporzionato al contenuto di alcol sviluppato in fermentazione. Aggiungo, ma è una mia idea, che siccome il glicerolo è prodotto da lieviti sotto stress (osmotico in primis), è probabile che nei vini naturali ne venga prodotto maggiormente, proprio per le condizioni spesso difficili dei mosti (poco chiarificati, senza inoculo di lieviti esogeni, con molti microorganismi competitori ecc).

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Gaetano

circa 2 anni fa - Link

Grazie Gurit, interessante considerazione. Per quanto riguarda il residuo zuccherino del prosecco faccio notare che da noi, nell'alto Trevigiano, è notevolmente preferito il brut, esistono alcune versioni extra brut, probabilmente per un consumo locale, ma si predilige di gran lunga il rifermentato in bottiglia. Evoluzione del gusto??

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Nicola Micheletti

circa 2 anni fa - Link

Parere personale magari eccessivo ma la mia sensazione è che il prosecco “mainstream” , quello da GDO che vende centinaia di milioni di bottiglie, facile e zuccherino, venda uno sproposito proprio perché si è proposto come vino per le persone a cui essenzialmente non piace il vino o non lo capiscono ( che sono molte di più dei bevitori o degli appassionati ). Non a caso i prodotti di qualità nella denominazione spesso risultano dei prodotti di nicchia.

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Domenico

circa 2 anni fa - Link

Io mi sono fatto l'idea che l'obiettivo di questi articoli sul Prosecco sia quello di risollevare la denominazione agli occhi degli appassionati di vino, facendo conoscere delle bottiglie di una nicchia di produttori di qualità. Anche i commenti sul residuo zuccherino zero "per uso locale" fa sottintendere che non è colpa dei produttori di qualità se al mondo si vendono milioni di bottiglie di "Proseccaccio" dolciastro. Non so se è questa l'idea ma mi piace.

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Simone Di Vito

circa 2 anni fa - Link

🤣🤣🤣🤭 Non puoi capire le risate che mi sono fatto con questo commento, dopodiché spero tu stia scherzando... cioè denominazioni mostre come quelle del Prosecco che si affidano al Simone Di Vito di turno per risollevare la denominazione agli occhi degli appassionati?? Se così fosse sarebbero proprio alla frutta... secca.. Ti dò una notizia: con le miliardi di bottiglie e volumi che smuovono penso proprio che non gliene freghi (giustamente) niente di risollevare ecc ecc... Saluti

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

... Simone , (bravissimo , tra l'altro...) ... tanti granelli di sabbia fanno un deserto...

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Domenico

circa 2 anni fa - Link

Simone, fammi essere un pò romantico. Sono un bevitore di vino, sommelier per passione, amo il vino e le sue storie e me ne sono fatta una. Ho immaginato dei piccoli produttori di un Prosecco ancestrale, una bollicina fine e cremosa che fanno qualche migliaio di bottiglie, pochi numeri e tanta qualità. Questi piccoli produttori, nuotano in un mare troppo grande di prosecco "dolce" e scarso e si sentono denigrati quando chiedono il giusto compenso al loro lavoro, arrivi tu e li fai conoscere a dei fissati del vino come noi..... Un effetto lo hanno prodotto: io ho comprato 2 bottiglie di Ca' del Zago, magari compro anche questo. ciao

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carolaincats

circa 2 anni fa - Link

Giusto perché lo faccio io, il bolle bandite non è dolce, ha residuo zero. Che poi in bocca si possa sentire morbido, forse, e dico forse, sarà dovuto al fatto che vendemmio l'uva matura, di solito dopo che tutti hanno vendemmiato il loro glera. E si fa dai 9 ai 10-11 mesi in vasca di cemento e un anno in bottiglia prima di essere venduto. Quindi non propriamente un prosecco classico.

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Fibos

circa 2 anni fa - Link

I surlie,o rifermentati o come si dice qui "col fondo", sono la storia del Prosecco di collina e... sono difficili da fare. Vi assicuro (essendo della zona e appassionato "duro" di questa tipologia) che la maggioranza sono una melma indistinta, anche perchè prodotti con le vasche meno performanti e prodotti a caso, un po' di zucchero, lieviti indigeni e via. Risultato? Profumi spesso appensantiti da note fecciose, chiusi, al palato grevi, con la bolla che non ha persistenza. Serve cultura per farli buoni, i Prosecchi col fondo, anche partendo dalla vigna, dove i bravi produttori fanno delle scelte ben precise, ad esempio spesso i migliori hanno altre uve, come il verdiso, la bianchetta o (ormai rarissima) la perera. In cantina neanche ne parliamo, spesso c'è (crio o meno) una macerazione sulle buccie; una attentissima, udite udite, gestione dei lieviti e così via. Tutto questo porta a dei risultati a volte altissimi ed inaspettati, per dirvi ho bevuto dei magnum di 10 e più anni ancora splendidi. Non a caso i più grandi appassionati spesso sono dei bevitori colti di Champagne. Si trovano con il lanternino, qualche volta sono frustanti per la variabilità di bevuta durante l'anno, ma quando ti hanno preso... semplicemente cominciano a far parte della tua vita enoica, con quel brivido di incertezza ogni volta che ne stappi una bottiglia che, per me, è impagabile.

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