Il nuovo Blanc de Noirs di Bruno Paillard e gli abbinamenti creativi da Cracco in Galleria

Il nuovo Blanc de Noirs di Bruno Paillard e gli abbinamenti creativi da Cracco in Galleria

di Andrea Gori

La scusa ufficiale dell’invito era la presentazione della nuova cuvée Blanc de Noirs di Bruno Paillard – fortemente voluta dalla figlia di Bruno, Alice – e quindi andavano fatte le cose in grande con un pranzo al Ristorante Cracco in Galleria a Milano. La realtà era voler capire quali siano le aspettative nei confronti dei blanc de noirs in Champagne e divertirsi ad andare controcorrente presentando un prodotto molto meno gourmand, pieno e ricco di altri analoghi.

Attovagliarsi con dei piatti al di sopra della complessità ordinaria serviva allo scopo di dimostrare che, quando si alza la posta in gioco nei piatti, un blanc de noirs più algido e meno corposo della media funziona meglio.

Paillard

Per quanto riguarda questo Blanc de Noirs, più che controcorrente potremmo dire che Alice Paillard abbia deciso di seguire pedissequamente lo stile “settentrionale” della maison di famiglia e, come giustamente ha tenuto a ribadire, dato che non c’è bisogno sul mercato di nuove cuvée, se si esce con una novità bisogna proprio avere qualcosa da dire.

Togliamoci il pensiero delle note tecniche, che però qui sono importanti: il Blanc de Noirs è composto dalla prima pigiatura di uve pinot noir provenienti da quattro Grand Cru – Verzenay, Mailly, Verzy e Bouzy – e di questi, tre hanno una esposizione maggiore a nord e un sottosuolo prevalentemente gessoso con anche calcare (con Bouzy l’unico cru caldo e a sud).

La vinificazione è in acciaio con solo un piccolo passaggio in legno per la fermentazione (dal 15 al 20% secondo le annate) in barrique non nuove. Affinamento per 3 anni sui lieviti e poi 6 mesi di riposo in cantina, dosaggio come tutti i vini della maison a  3 g/l. L’esemplare da noi assaggiato aveva sboccatura novembre 2022 con uve in prevalenza 2018.

Il pranzo si svolge in due momenti distini, uno dedicato al bianco e l’altro al nero.
Apre lo Champagne Blanc de Blancs, che si presenta dopo 4 anni sui lieviti con agrumi pompelmo, senape, cumino menta e mirto, zafferano, cedro e talco, sapidità dal sottosuolo che viene esaltata dalla prima spremitura. In evidenza le note del village di Vertus con intensità e potenza dello chardonnay, finezza estrema, gesso affiorante al naso e sferzante al sorso. La sboccatura di 15 mesi fa (giugno 2022) gli regala tanta nocciola e mandorle delineatissime. 93

paillard bdb bottiglie

Uno Champagne che fa il suo dovere su Morbido di zafferano, crema pasticcera, caviale e oro, dove sfodera compostezza, nervi saldi per gestire la crema molto invadente, e innescando un duetto di zafferano che pare quasi avvertibile in due consistenze, liquida e area pur restando sotto traccia senza prevalere. O meglio all’inizio prevale il piatto (pensate ad una sorta di bao farcito come un pasticcino) ma la freschezza e gessosità del vino ne respingono la persistenza e prevalgono alla distanza. Da imparare che vini taglienti e affilati con rimandi canditi necessitano forse di maggiore acidità nel piatto ma in termini di pulizia del palato funzionano alla grande.

green egg cracco

Sul Green Egg di Carlo Cracco si va a esplorare il lato vegetale del BdB, che si risveglia quasi dal suo torpore tra mandarino e gessosità, ed ecco in seconda battuta lo zenzero, la salvia, il ginepro, il ribes bianco, la ruta, il rafano, un lato nervoso e scontroso che ravviva il palato compreso finale amarognolo e balsamico che ti invoglia a far scarpetta e cercare conforto nel tuorlo perfettamente tenuto cremoso. Qui l’abbinamento funziona millimetricamente e danza sul filo del rasoio pericoloso del vegetale senza mai scomporsi.

Blanc de Blancs

Con l’uovo ancora in tavola cominciamo ad occuparci del Blanc de Noirs e qui, come anticipato, l’idea di Paillard è portare un angolo di luce su pinot nero meno frequente ma una interpretazione tutta personale per la quale occorre lasciare a casa i cliché di corposità e ricchezza.

L’assaggio dello Champagne Blanc de Noirs Bruno Paillard svela come domini nell’assemblaggio l’annata di partenza ovvero la 2018, con il suo tono algido, effettivamente “settentrionale”, rigido quasi. Tante le note floreali di rosa e agrumi giallo prima della frutta rossa (ciliegia soprattutto), di mela, mirabelle, pepe agrumato (timut). Al sorso prosegue il lato floreale nervoso e scattante, con la spina dorsale di Mailly a donare una base su cui si innesta cum grano salis l’eleganza e freschezza agrumata di Verzy. L’ingresso in bocca è cremoso con acidità sferzante, su cui si pennellano tocchi di verbena, alloro, ligustro, caramella di orzo, melograno. Fragole e mirtillo ci mettono tanto ad emergere a dare finalmente giustizia nel finale ai pinot nero di provenienza Bouzy, caldo e speziato e Verzenay, autorevole e sontuoso. 95

Un vino che risulta ovviamente eccessivo sull’uovo ma perfettamente centrato sul Riso al Mascarpone aringa e cacao dove si anima e si ravviva. Su questo piatto, che pare costruito ad hoc, il vino duetta tanto sull’amarognolo di cacao spingendo su sensazioni terrose e danza su un equilibrio pericoloso e sottile con l’aringa in agguato. Il risultato è un bel mix di dolcezza e ariosità, con lo Champagne ad alleggerire un piatto che altrimenti avrebbe qualche eccesso di struttura, un caso insomma dove un blanc de noirs più strutturato avrebbe rovinato l’equilibrio del piatto e finito per prevalere su tutto.

salmerino cracco

Pochissimi dubbi infine sul piatto conclusivo ovvero sul Salmerino in crosta di sfoglia, dove lo Champagne fa il suo dovere tra rimandi iodati, salini, dolci e amari, tanto cacao emergente, tostature: soprattutto gestisce alla grande la dolcezza sottesa del pesce di lago rivelandosi come abbinamento più riuscito del giorno e lo fa non assecondando la dolcezza tramite dosaggio (che non c’è) ma con le sue note fruttate più intense.

In prospettiva, quindi, ne esce un quadro di vino particolare e adatto ad abbinamenti più sottili dei classici pensati per la tipologia, ovvero carni bianche e rosse anche salsate, sui quali questo Blanc de Noirs potrebbe trovarsi in difficoltà.

[Le foto belle sono di Gaia Menchicchi, quella dell’uovo è di Aldo Fiordelli]

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

3 Commenti

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Lanegano

circa 7 mesi fa - Link

Da appassionato di Champagne, a me i prodotti di Paillard non hanno mai scaldato il cuore.....

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Andrea Gori

circa 7 mesi fa - Link

Ti posso capire, sono molto particolari e spesso sottilissimi. Direi è una ricerca precisa di stile e di smarcamento dalle altre maison, il che polarizza molto il mercato tra chi li adora e a chi proprio non piacciono. A me hanno folgorato all'inizio del mio percorso di conoscenza dello Champagne e continuano a fornirmi tanti spunti di riflessione

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_sabrage

circa 7 mesi fa - Link

... interessante articolo, anch'io nel mio piccolo al ristorante ho sperimentato il pinot noir de Le Cognaux di Rupert Leroy su tortelli di porchetta e burro salato alla erbe. Vero che ci troviamo in tutt'altra zona e terreni profondamente diversi, ma il principio di vino algido e nervoso su piatto "azzardato", regge bene!!

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