Saracco 1999-2023 | Il Moscato d’Asti come non si beve praticamente mai (ed è un male)

Saracco 1999-2023 | Il Moscato d’Asti come non si beve praticamente mai (ed è un male)

di Marco Colabraro

Metti una serata nella cantina del ristorante Cracco in Galleria. Mettici appassionati, distributori in maglioncino e camicia, sommelier di hotel e ristoranti, Paolo Saracco, sua moglie Mery e una verticale con vecchie annate del loro Moscato d’Asti, e infine mettici anche Carlo Cracco che pensa a un menu speciale per esaltare gli abbinamenti, che fa avanti indietro dalla cucina e si concede assaggi e confronti…

Un vino dolce per accompagnare il pasto intero? Vediamo.

cantina

L’esperimento è azzardato e, devo dirlo, ardito. Mai e poi mai nella vita mi sognerei di accompagnare a un menù soltanto vini dolci e per questo mi ci butto con curiosità.

Due premesse prima di tuffarci negli assaggi.
Paolo Saracco è figlio d’arte, terza generazione di una famiglia dedita da sempre alla produzione di moscato bianco di Canelli. Prima sfuso per un base vermouth, poi venduto per la produzione di Asti Spumante, e infine, dopo gli studi enologici di Paolo, l’etichetta Saracco si è imposta per qualità tra i più noti produttori di Moscato d’Asti. In velocità: circa ottanta ettari vitati nel cuneese tra Santo Stefano Belbo, Calosso, Castagnola Lanze e Castiglione Tinella, là dove si trova la cantina. Terreni ricchi di sabbia, limo e calcare che esaltano il profilo aromatico e l’acidità, questo vuole il moscato.

saraccopaolo

«Alzi la mano chi di voi sa come si fa il moscato»: esordisce così Carlo Cracco per aprire la serata.
Se qualcuno l’avesse dimenticato, ecco un breve riepilogo, semplice e divulgativo: dopo la pressatura soffice, la particolarità è che il mosto fiore di uva moscato viene refrigerato e mantenuto in celle frigorifere prima dell’avvio della fermentazione tramite riscaldamento del mosto; questa viene poi bloccata tramite nuova refrigerazione quando raggiunge circa i 5 gradi di alcool svolto, dunque rapida presa di spuma ed elevata presenza di zuccheri per un vino dai profumi intensi e caratteristici tra fiori d’arancio, pesca, tiglio e timo. “Il moscato è un vino che deve essere assolutamente protetto dall’ossidazione e si gioca tutto sull’equilibrio tra dolcezza e acidità“, ci tiene a sottolineare Saracco.

Ma ora facciamo parlare i vini:

Moscato d’Asti Docg 2023
Nel calice il moscato è così come lo conosci e te lo aspetti. Classiche note varietali, buon equilibrio, bella salivazione. Finale con ritorni di frutta e sale. Nel millesimo ha grandinato il 16 agosto in un mese con medie intorno ai 40 gradi. Prima della vendemmia, l’uva è rimasta un poco più a lungo in vigna rispetto ad altre annate ma questo ha fatto sì che i grappoli, anche quelli rotti, sebbene si siano asciugati in pianta abbiano concentrato gli zuccheri senza perdere acidità. Mi piace l’interpretazione della grandine (in questa sola annata) di Paolo che dice: “L’ho vissuta come un ulteriore diradamento“.
Quanto all’abbinamento: facile, ma gustoso, l’incontro con un morbido allo zafferano, caviale di senape e foglia d’oro dove a stupire è un velo di crema pasticcera che ammicca al vino.

Moscato d’Asti Docg 2008
Qui siamo di fronte a un altro vino, mi permetto di dire, a un altro mondo dal colore dorato. Dopo 15 anni il moscato mantiene il suo carattere abboccato anche se lo zucchero è meno percepibile, al suo posto un tripudio di erbe medicinali dove a turno si danno il cambio la camomilla e l’artemisia; costante è la presenza della menta per una balsamicità sorprendente. Il calice ha perso un poco di acidità ma la nota sapida è rimasta integra. Servito alla temperatura del 2023 non dà il meglio di sé, occorre attenderlo un po’ nel calice e tira fuori un piacevolissimo sbuffo plastico che ci porta fuori l’Italia e fa pensare a un Muscat de Beaumes de Venise trovato in cantina da nonno ma più leggero e dinamico. Grandissimo assaggio che denota potenzialità di invecchiamento sorprendente, io lo berrei sempre così. Abbinamento wow perché non mi fa desiderare un altro vino: friariello farcito, pomodoro verde e peperone.
Un riferimento all’annata: Paolo la descrive molto umida, con pioggia sia a maggio che a giugno, grappoli perlopiù spargoli dunque vini più concentrati rispetto ad altre annate.

piatto1

Moscato d’Asti Docg 2007
Il calice si presenta di un giallo più intenso rispetto al precedente e così la materia è più presente, il sorso è pieno. Rispetto al 2008 il primo naso rivela un vino meno evoluto, più fine, ma a mio avviso meno intrigante. L’acidità sorprende su una balsamicità palpitante. L’artemisia presto prende il sopravvento e quando il vino si scalda leggermente il naso acquista una complessità tutta giocata sulle erbe. Siamo di fronte a una bella tisana tonificante: tarassaco, finocchio selvatico, ruta e verbena.
L’abbinamento con le penne ai ricci di mare e caffè è forse il meno centrato della serata, più per l’espressività dell’annata che per il genere di vino invecchiato in sé. Annata definita classica, senza grandi problemi in vigna, di certo più calda rispetto al quella sopra descritta.

Moscato d’Asti Docg 2006
È il regno dei terziari. Caratteristica è l’arancia amara che si mischia alla china, arriva la noce moscata, ricorda, a primo impatto, per certi versi, un Crodino© ben più strutturato e coinvolgente. Anche qui balsamicità e menta e l’ormai caratteristica artemisia. Rispetto al 2008 c’è più materia, manca la nota plastica e nel tempo si rivela  sempre più complesso e profondo. A fine sorso la bocca rimane pulita, sale e acidità sono smorzati ma ben presenti. Esaltante con il controfiletto di manzo, rafano e puntarelle!

saracco2006

Moscato d’Autunno Doc 1999
Altra veste ancora per l’annata ’99, che prende il nome di Moscato d’Autunno perché proviene da una selezione di mosti. Il colore è intenso, meno brillante degli assaggi precedenti. Al naso rivela rughe d’invecchiamento, è presente infatti una leggera ossidazione che però non disturba. Riassume i sentori dei vini già bevuti dunque erbe in infusione dove però vibra un accenno piccante, l’arancia è qui disidratata, ricordi di peperone crusco, e in sottofondo, suadente, balsamicità mentolata. Più fresco rispetto al 2007, la bolla è praticamente scomparsa ma che importa, qui il godimento è assicurato. L’abbinamento con gorgonzola dolce, valeriana e senape è semplice ma immediato, vino e cibo si esaltano a vicenda. Forse si poteva osare un po’ di più, ma è un gran fine pasto.

Contenti e gaudenti, lo spirito rallegra i rapporti tra i convitati, si apre il dibattito dove Carlo Cracco, in veste di cuoco e mattatore, si fa voce di parte dei presenti (tra cui il sottoscritto) e, con toni accesi e coinvolgenti, chiede: «Ma se questi sono i risultati dell’invecchiamento, Paolo, perché non fai uscire una bottiglia con qualche anno sulle spalle?».
Ognuno dice la sua, il signor Saracco, pur contento dei risultati stupefacenti degli assaggi, ascolta, non è convinto al cento per cento, anzi, proprio persuaso non è perché il moscato da sempre è noto per la sua aromaticità e la sua immediatezza, anche il colore dei vecchi millesimi non lo conquista. Le tesi sono diverse, si parla di prezzi, gusto contemporaneo, abbinamenti e marketing in Europa e nel mondo.

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Dico la mia: se uscisse il Moscato Saracco invecchiato io lo vorrei sempre in cantina, non a tutto pasto, certo, ma di occasioni buone ne troverei parecchie. Il suo giallo intenso, il sapore non banale, le sfaccettature che acquista, il grado alcolico così basso… mi ha conquistato.

Se fosse un incontro di calcio sarebbe Vecchie glorie vs Nuovi talenti: vittoria netta per le vecchie glorie che sfoderano visione di gioco e classe rara.

Se qualcuno si chiede quel che ha deciso Paolo a proposito dell’uscita di una bottiglia di un moscato invecchiato, non lo so, ma sono convinto che dopo questa serata non possa che pensarci seriamente.

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Marco Colabraro

Nato a Milano, sangue misto polenta e peperoncino. Di ritorno da un viaggio in Eritrea si iscrive all’Accademia d’Arte Drammatica e fa l’attore per un po’, poi fugge nella Parigi dei bistrot, a Roma corregge romanzi in qualche casa editrice e cambia lavoro ogni tre mesi circa. Torna a Milano, beve per amore dell'ebrezza e della conoscenza, il suo piatto preferito è la pastasciutta al pomodoro.

15 Commenti

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Gabriele

circa 5 mesi fa - Link

Muscat de Beaumes de Venise però è tutto diverso, è un passito, no?

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Andrea

circa 5 mesi fa - Link

È diverso ma non è un passito. È un VDN, quindi subisce mutage. Come tutti i vini rinforzati ha una gradazione alcoolica molto importante, è questo per me il suo limite

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Marco Gallardi

circa 5 mesi fa - Link

Credo proprio sia stata una bellissima esperienza, una cosa voglio chiedere a Marco, che sono curioso, mi definisci meglio le tue sensazioni nell'abbinamento tra il 2006 e il controfiletto di manzo, rafano e puntarelle , che hai definito Esaltante ?

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Marco Colabraro

circa 5 mesi fa - Link

Ciao Marco, volutamente ho dato meno rilievo all'abbinamento cibo-vino per concentrarmi sul calice. Qui quello che ha funzionato bene è stato il moscato descritto che per concordanze ha abbracciato la tendenza dolce della carne, qualcuno ha scartato il grasso ma devo dire che in quei bocconi si realizzava la magia perché si attivava l'incontro con tutte le erbe del vino. E poi la leggera piccantezza e il lieve sulfureo del rafano che in bocca faceva un bel gioco. Nel calice c'era sostanza che teneva bene, inutile dire che se ci fosse stata più acidità sarebbe stato ancora meglio ma... tutto non si può avere.

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Nic Marsél

circa 5 mesi fa - Link

Sono un grande fan del Moscato d'Asti "vecchio" ma capisco le perplessità del produttore. Qui non si tratta di preparare una linea dedicata ma semplicemente di stoccare le bottiglie per anni in cantina prima della commercializzazione con aumento di magazzino e innesco di variabili difficilmente ponderabili come la tenuta del tappo. Il Moscato d'Asti costa relativamente poco: ne compri un cartone, bevi qualche bottiglia giovane e il resto lo conservi.

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Marco Colabraro

circa 5 mesi fa - Link

Ciao Nic Marsél incontrato alla Terra Trema, voce che ha accompagnato un viaggio Milano-Bologna direzione Fivi! Hai ragione anche tu, ma io non sempre sono capace di dimenticarmi i vini in cantina e, quando possibile, li vorrei pronti e disponibili subito. Con il moscato è un bel dilemma… perché, davvero, pur essendo esplosivo appena uscito (e per questo non si può dire che non è pronto), ha poi capacità d'invecchiamento che mi hanno sorpreso e si prestano ad altri momenti e abbinamenti. A presto!

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Nic Marsél

circa 5 mesi fa - Link

Marco, che sorpresa e che bello incontrarti!!! La prossima volta però ci si organizza e si degusta assieme ;-)

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Mattia Grazioli

circa 5 mesi fa - Link

W gli stress test!

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Vinogodi

circa 5 mesi fa - Link

...Ca'D'Gal e' da anni , con Vite Vecchia che adotta lunghi invecchiamenti, con risultati clamorosi...

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Nic Marsél

circa 5 mesi fa - Link

Volevo scriverlo io e comunque anche il Sant'Ilario con qualche anno di affinamento sulle spalle è un gran spettacolo.

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Andrea

circa 5 mesi fa - Link

A me da sempre piace il Moscato di Saracco, fra gli altri, e mi piace con almeno 5 anni sulle spalle. Sono arrivato a bottiglie di 12 anni, non oltre. Ho un dubbio sui tappi, che son tutti conglomerati ormai. Terranno?

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Marco Colabraro

circa 5 mesi fa - Link

Ciao Andrea, mica male! Quanto ai tappi qui hanno tenuto tutti. Come scrivo, una lieve ossidazione, che pur non disturbava, sulla 1999... ma sono ben 24 anni.

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enogastronauta

circa 5 mesi fa - Link

"vecchio" di 4 anni lo avevo bevuto, ma così mai. Bella degustazione e note, grazie

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marcow

circa 5 mesi fa - Link

ABBINAMENTO Vino-Cibo In un famoso wine blog americano si spiegano le regole generali, di base per gli abbinamenti tra vino e cibo. Sono regole che si trovano in mille o diecimila articoli diffusi nel mitico web e che si possono leggere anche ... nel vecchio strumento che si chiama libro ... con le pagine scritte da sfogliare. ___ TECNOLOGIA e Pensiero(Parola) Nell'articolo sull'artificiale/naturale di oggi si parla di come la tecnologia (in quel caso le prime macchine da scrivere) influenzasse il "pensiero" di Friedrich Nietzsche e di un suo amico musicista. Quando "apprendiamo", quando dobbiamo "comprendere un testo fatto di "parole" ... è irrilevante o no che l'assimilazione di nuove conoscenze, di nuovi concetti avvenga su uno schermo di un pc, di uno smartphone ... o attraverso un libro? Dopo anni di utilizzo di pc e smartphone ho sviluppato delle opinioni personali su questo argomento ma non è il momento di parlarne. ____ IL GUSTO PERSONALE Dopo questa parentesi sulla tecnologia(e la tecnica) che cambia il mondo(e ora lo sta facendo a una veocità incredibile) ........ riprendo il discorso sull'abbinamento vino-cibo. Ebbene in quel blog si legge che le regole generali, di base sull'abbinamento sono state codificate e si possono apprendere ... ma subito dopo si dice ... che possono essere TRASGREDITE. E, udite udite, che ognuno può tragredirle ... a modo suo ... seguendo le personali inclinazioni del ... GUSTO PERSONALE. ____ DOMANDA? L'uomo "contemporaneo" deve aspettare che ci sia sempre "qualcuno" (un "esperto", un "influencer", il "personaggio mediatico" ecc...) che ... gli dica ... cosa mangiare, cosa bere, come abbinare vino-e-cibo e ... soprattutto ... QUANDO TRASGREDIRE e COME TRASGREDIRE? ____ PS Il passo che ci si affidi "sempre" a "qualcuno" anche per ... PENSARE ... ragionare ... avere delle "opinioni" su quello che accade nel mondo ecc ... è breve. Anzi è già avvenuto e il mitico web, questa incredibile tecnologia che il grande Nietzsche non ha conosciuto, ci ha resi più INFORMATI ma anche più influenzabili. Uomini più omologati e meno indipendenti. L'Italia è piena.

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LucaB

circa 5 mesi fa - Link

La temperatura di sevizio è sempre stata quella del frigo immagino? O c'è stata qualche differenziazione?

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