Il miglior vino giapponese, <i>maybe</i>: Nana-Tsu-Mori 2015, Domaine Takahiko Soga

Il miglior vino giapponese, maybe: Nana-Tsu-Mori 2015, Domaine Takahiko Soga

di Vincenzo Le Voci

Takahiko Soga, dopo aver conseguito la laurea in enologia e microbiologia presso l’Università dell’Agricoltura di Tokyo, inizia la sua avventura nel mondo del vino come direttore aziendale della Coco Farm and Winery, lavorandoci per circa 10 anni.

Nel frattempo, visita produttori di tutto il mondo, trovando particolare ispirazione nello Jura. Un incontro in particolare cambiò il corso della sua vita, quello con Pierre Overnoy. Impressionato e toccato dalla purezza dei suoi vini, torna in Giappone con l’intento di cercare il clima migliore per la coltivazione della vite e per fondare la propria azienda.

Trova la sua terra eletta a Yoichi, sulla costa settentrionale di Hokkaido. Hokkaido, la più settentrionale delle isole principali del Giappone, è generalmente caratterizzata da estati umide e calde, con inverni gelidi e abbondanti nevicate. Il Domaine Takahiko Soga è costituito da un unico vigneto di pinot nero da 4,6 ettari,chiamato Nana-Tsu-Mori e situato a circa 60 metri sul livello del mare su una collina sopra il fiume Yoichi.

Nana Tsu Mori

Oggi vengono piantati pinot nero da 13 diversi cloni provenienti da Francia, Germania e Svizzera. Takahiko lavora con fermentazioni a grappolo intero: “i raspi e le bucce sono il principale ambiente microbico per i lieviti della vite: la loro inclusione nel processo fermentativo favorisce una vivace coltura di lieviti e una fermentazione attiva che si completa con successo senza additivi”.

Le fermentazioni vengono svolte in grandi vasche di vetroresina, mentre i vini vengono invecchiati in botti di rovere, nuove per circa il 15%. Nana-Tsu-Mori 2015 del Domaine Takahiko Soga è stata la prima annata senza solfiti aggiunti. Trovato in Giappone in enoteca a 30 euro, gira a dieci volte tanto (e più) nelle varie parti del mondo.

Aromi delicati di melograno, scorza d’arancia, fiori rossi e tè nero. I profumi sono nitidi, la bocca soave e scattante, tutta giocata in finezza, mi ricorda il Ja Nai 2016 di Kenjiro Kagami (100% poulsard del Domaine de Miroirs): vitigni diversi ma lavorati probabilmente alla stessa maniera, con stessa filosofia e stessa meticolosità. Sono così lontani – più di 10.000 km di distanza – eppure così vicini.

È un vino raro e la speculazione, come spesso accade, compromette l’essenza e la bellezza di questo mondo.
Non rimpiango di non poter più bere i vini di Takahiko Soga, come non rimpiangerò di non poter più bere i vini del Domaine de Miroirs, una volta terminate le poche bottiglie che ho in cantina: ci sono tanti vini di pari livello che appagano allo stesso modo ad una frazione del prezzo di mercato dei vini su citati, ma l’amaro in bocca rimane. Produttori come Kagami, Takahiko Soga, Houillon-Overnoy e Domaine des Murmures vendono queste perle a prezzi popolari ma il meccanismo domanda/offerta li rende inaccessibili ed è un peccato. Non stiamo parlando di vini da invecchiare 50 anni e consegnare ai pronipoti, stile Bordeaux, ma di vini conviviali, di carattere, a volte fin troppo sinceri, che cercano una tavola allegra per far divertire ed emozionare chi li beve, vini che volta allontanati dal luogo di origine meriterebbero un destino diverso.

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Vincenzo Le Voci

Farmacista con un passato da bevietichette spinto in via di redenzione, beve tanto e di tutto dal naturismo estremo alle bombe certificate passando per il vinoverismo che non dissangua e convince. Non è tipo che si perde in chiacchiere e va dritto al punto

2 Commenti

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Andrea

circa 7 mesi fa - Link

Bell'articolo Vincenzo, complimenti anche per il viaggio .

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vincenzo

circa 7 mesi fa - Link

Grazie Andrea.

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