Cronache Marziane #4 – The Earth Man 

Cronache Marziane #4 – The Earth Man 

di Emanuele Giannone

Scoprire un vino fuori del comune fa un certo effetto. Chissà che effetto farebbe mai a un vino fuori del comune, mutatis mutandis, l’essere scoperto. EpisteNologicamente parlando la questione è plausibile e aperta a pressoché infinite soluzioni: il vino-oggetto di osservazione e gli enoscòpi hanno fatto il loro tempo. “Wines can change in these encounters, and drinkers along with them.”(1)

Per ogni scopritore, ogni vino è fuori dal comune in ragione della sua attitudine a manifestarsi in diversi modi a seconda del diverso contesto di scoperta. Per ogni vino verso lo scopritore, vale il viceversa. Così, scoprendo noi terrestri un vino marziano, per esempio un blend di refosco nostrano, merlot e cabernet sauvignon del Carso, potremmo pensare di assegnargli una collocazione ben definita nel nostro casellario giudiziale in base a caratteristiche organolettiche, zona di produzione, fedeltà al terroir eccetera.

Se, tuttavia, fossimo seriamente interessati a comprenderlo, dovremmo prima chiedergli se e quanto lui, a sua volta, ci trovi marziani; e solo dopo da dove viene, com’è fatto, quant’è tipico e così via. Probabilmente lo vedremmo sussultare alla parola terroir, che nella sua lingua ha un significato sacro e in quella terrestre è sfrontatamente profanata, e restare interdetto udendo “Carso”. “Carso? Che cosa vuol dire?”, chiederebbe, per poi soggiungere:

“This is the planet Tyrr,” she said, “if you want to use the proper name.”

“Tyrr! Una scoperta sensazionale!”, grideremmo noi, esaltati come un Capitano Williams qualsiasi, terroirizzando tutto e tutti all’istante, snocciolando profluvi di riconoscimenti e aspettandocene a profluvi dai nostri amici, zii e follower scopritori – non è forse per questo che, in fin dei conti, teniamo così tanto a scoprire e raccontare? Un urrà, un po’ di congratulazioni…

“We’d like someone to give us the key to the city or something like that, and we’d like somebody to shake our hands and say ‘Hooray’ and say ‘Congratulations, old man!'”

Benvenuti su Tyrr”, direbbe Iii, ponendo il caso che così piaccia chiamarsi al vino marziano anziché Krogle, che è invece il nome che gli diamo noi Williams: come si diceva sopra, è un blend di refosco nostrano, merlot e cabernet sauvignon. Molto pepe, molto cuoio, molta frutta a bacca scura e un pizzico di cacao amaro che torna in coda al sorso. Ha spalle larghe e temperamento ma si muove flessuoso e senza ruvidezze, declina nitidamente un bell’assortimento di frutti e spezie scuri, ha tannini morbidi e gustosi, calore e freschezza moderati e infusi, un’appendice di dosate amarezze (cacao, liquirizia) che non stonano. Vedendoci così contenti, Iii vedrebbe confermata la sua convinzione che tutti noi Williams, marziani a lui marziano, siamo psicotici: qualcuno di noi ha infatti asserito in sedi autorevoli che il refosco nostrano è un’uva onesta o poco più e che dà vini piuttosto disarmonici. A quel punto, se andasse come nel romanzo, Iii ci destinerebbe all’eutanasia. Ma questa è un’altra storia e Krogle, per fortuna, risolve le nostre psicosi enoiche con un altro bicchiere, nonostante il Registro Nazionale delle Varietà di Vite. Rado Kocjančič, Carso DOC Krogle 2017.

  1. (1) Dalla presentazione di Epistenology – Wine as Experience, N. Perullo, sul sito della Columbia University Press: http://cup.columbia.edu/book/epistenology/9780231197519

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

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