Come un vignaiolo prima della vendemmia in questo 2023

Come un vignaiolo prima della vendemmia in questo 2023

di Tommaso Ciuffoletti

Sacerdote: “È orribile. Se gli uomini non si fidano l’uno dell’altro, questa terra potrebbe anche essere un inferno.”
Uomo comune: “È vero. Il mondo è una specie di inferno.”
Sacerdote: “No! Io credo negli uomini. Non voglio che questo posto sia un inferno.”
(Dialogo da Rashomon)

Parresia

“L’obbligo della verità”. Si chiama così il post del 27 giugno scorso con cui Corrado Dottori ha affidato ai social di Meta il racconto di come una diffusa infezione di peronospora abbia colpito fra il 70 e l’80% della produzione dei vigneti “vocati”.

La situazione dei vigneti qui a La Distesa è piuttosto drammatica. In venticinque anni che facciamo questo lavoro non avevamo mai visto nulla di simile. Infezioni di peronospora in grado di distruggere, ad oggi, fra il 70 e l’80% della produzione in vigneti “vocati” sono una roba che non ci saremmo mai aspettati di vedere.
Abbiamo gestito annate molto problematiche da questo punto di vista come la 2010, la 2013, la 2014, la 2018, la 2019 e pensavo di poter affrontare anche questo andamento stagionale estremo… Questo maggio è stato il più piovoso dal 1961 ed ha continuato a piovere anche a giugno… Semplicemente non ce l’ho fatta. È un fallimento piuttosto totale.

L’obbligo della verità è quel che dal greco, per il tramite di Michel Foucault, va sotto il nome di parresia. Una pratica, un metodo, quello proprio dell’impegno ad aderire al vero, ma anche “un atto direttamente politico” [1]. Riferimento che era giusto cogliere per approcciare – credo – nel modo più corretto la questione sollevata dal post di Dottori per “socializzare” questa esperienza. Perché la verità è un concetto pericoloso da maneggiare. Un concetto tipicamente religioso e proprio, in particolare, di quei monoteismi in cui un dio ha rivelato la verità – unica e sola – attraverso la propria parola. Meglio dunque affrontare questa riflessione inquadrando la verità come uno sforzo, un impegno, una pratica.

Nuovo progetto (7)

Vino politico

“Un atto direttamente politico”. Ed anche il far vino de La Distesa è un atto politico. Si tratta di una scelta aperta, manifesta, usata consapevolmente. Dà un preciso carattere all’azienda che ha fondato con Valeria Bochi e non è un caso che di quel post si sia tanto discusso sui social e che io sia ancora qui a scriverne dopo oltre un mese dalla sua pubblicazione. In questo va riconosciuta a La Distesa un’autorevolezza conquistata proprio in forza di quella scelta politica, ma anche della ricerca del rigore con cui darle corpo. E non va trascurata nemmeno una capacità di esercitare in chiave comunicativa ed esattamente politica, il proprio ruolo. In questo senso non è banale considerare come la vicenda peronospora in questa piovosa primavera 2023, fosse rimasta sottotraccia nel discorso pubblico fino al momento in cui La Distesa ha pubblicato il proprio post. Di lì in avanti è venuto fuori di tutto: inchieste, indagini, interviste… ma prima nessuno, per l’antica abitudine a dire che è sempre un’ottima annata, si era azzardato in modo tanto aperto.

Se non fosse chiaro, la visione politica de La Distesa viene esplicitata anche nel post di cui sopra.

il lavoro che stiamo facendo da anni è più ampio e più utopico dell’uva che serve a fare un vino. Che è un lavoro su un ecosistema. Che è un lavoro che va oltre il commercio. Lo andiamo ripetendo da tempo e va tenuto bene a mente, come una stella polare nei momenti di sconforto e di depressione. Perché viene voglia di ridiscutere tutto, anche le scelte di una vita, ma poi va tutto messo in una prospettiva davvero biologica, cioè che ha a che fare con un organismo vivente più grande di noi. E tutta questa vita che ci circonda e ci ingloba non si misura in singole annate agrarie.

Le coordinate sono le stesse di un pezzo che Dottori affidò proprio a Intravino oltre 13 anni fa (titolo: Il vicolo cieco). In quel contributo, Dottori scriveva:

Fare vino seguendo le (presunte) richieste del mercato significa negare l’essenza del movimento “naturale”, che sintetizzo in 3 punti: critica radicale al modo con cui oggi l’umanità si relaziona alla natura, visione totalmente alternativa dell’agricoltura, lotta ai processi socio-economici dominanti. Oggi è impossibile parlare di “vino naturale” senza affrontare i nodi legati al sistema industriale di produzione, accumulazione e commercio ma soprattutto senza un approccio organico – che partendo dal vignaiolo arriva fino al consumatore, inteso come co-produttore. È altrettanto necessario contestualizzare vino, cibo e agricoltura in orizzonti socio-culturali irriducibili ad una certa idea di Mercato.

dottori

La durata è la forma delle cose

Piaccia o no, ma si consideri lo sforzo di coerenza di questa visione. Coerenza nel tempo, dato che quanto sostenuto 13 anni fa, non si discosta da quanto sostenuto oggi. 13 anni non sono pochi e ricordo un gigante che diceva che la durata è la forma delle cose. 

Coerenza praticata oltre la convenienza. Il discorso di Dottori parte dalla vigna, arriva in cantina, ma non si ferma sulla sua soglia al momento di far uscire le bottiglie ad un prezzo che a quel punto è conveniente sia il mercato a decidere. A Dottori va il merito di averlo messo in pratica quel discorso e non averlo usato per guadagnare la celebrità necessaria a fare il suo esatto contrario. Nur, Gli Eremi, ma anche Terre Silvate sono vini per i quali credo sia pacifico considerare che potrebbe essere chiesto 3 volte il prezzo attuale, senza per questo avere difficoltà a venderli. Anzi, forse ne guadagnerebbero anche in reputazione secondo la logica classica per cui alto il prezzo, alta la qualità.

Ci sono vignaioli/imprenditori che hanno fatto loro una scelta simile [a quella di Dottori], ma ci sono altrettanti (forse ultimamente anche di più) che il vino naturale lo intendono contro le logiche dominanti solo fin sulla soglia d’ingresso del mercato, perché se poi la logica dominante è la più conveniente, ben venga il più classico dei “è il mercato bellezza (e io non posso farci proprio niente te, se non incassare)!”. E non è raro trovare vini di cantine che sul naturale ci si son buttate con diversi lustri di ritardo rispetto ad un Dottori (ad esempio), ma che sfruttando l’onda non si peritano a chiedere, già dopo poche vendemmie, prezzi che doppiano quelli dei vini de La Distesa. Buon per loro. Forse. [3]

Parentesi naturalini

Forse è anche in questo senso che proprio sulla pagina Facebook de La Distesa ho trovato ripostato, con commento di entusiastica approvazione, un articolo che parla dei vini “naturalini” di Stefano Bagnacani.

Quelli anziani come me se lo ricordano bene come era bello il vino naturale . […] Ci sentivamo, se non rivoluzionari, almeno carbonari e rivendicavamo la diversità come un arrogante diritto. […] Bevevamo vini che i poliziotti della qualità dicevano puzzare, ma che erano facilitatori di baci, di sogni e di poesia.
Erano gli anni di Obama, le cose mutanti e ibride andavano di moda e sembrava si ci fosse spazio per le cose “differenti”.
[…]
Beh, diciamo che le cose sono andate diversamente e a trionfare è stato il “naturalino“ […].
“Vino naturale” è diventata una categoria merceologica, un capitolo nei cataloghi patinati delle grandi aziende di distribuzione. Si dice che sia diventato di moda, ma in realtà a diventare di moda non è il vino naturale, ma la sua versione “normalizzata”, depotenziata, bellina e filtrata (in tutti i sensi).
[…]
I naturalini piacciono a tutti, sono tecnicamente perfetti, hanno smesso di puzzare: sono diventati così perfetti che ormai non li distingui più da tutti quelli ci sono sempre stati. Nessuno parla più di sostenibilità ambientale, di pratiche agricole virtuose, di fare sistema in un territorio. Si parla solo di ciò che c’è nel bicchiere, di pulizia, di piacevolezza. Sono quasi tutti vini carini ma non c’è più niente di veramente “diverso”.

Ci sono alcuni punti su cui è difficile non concordare, il principale è la constatazione che “vino naturale è diventata una categoria merceologica”. Ma ce ne sono tanti altri che invece… beh fatico a condividere l’entusiasmo di Dottori per frasi tipo “nessuno parla più di sostenibilità ambientale” oppure “sono tutti vini carini, ma non c’è più niente di veramente diverso”.

Fatico anche solo per un esubero di certezze assolute che stanno in un ricorrere di “nessuno”, “tutti”, “niente” ecc… Se sforzo di verità deve essere, che sia. E se verità dev’essere metodo, poco ne trovo in questo argomentare.

Nuovo progetto (8)

Realismo capitalista

Ma forse in quel pezzo pieno di argomenti espressi in modi che non mi convincono, c’è di fondo una notazione – credo – che vuole segnalare un punto di vista: alla fine della rivoluzione del vino naturale, a trionfare è stato il mercato. E questo forse poteva essere insito nel controsenso del combattere il capitalismo creando un’azienda. Eppure io credo che se si guarda ad alcune delle mille direzioni del presente, la pratica di utilizzare uno strumento come quello dell’azienda privata per sperimentare alternative alla logica classica del profitto è una vicenda assai diffusa.

C’è una parte di mondo che sta andando esattamente nella direzione in cui aziende che producono impatti positivi per l’ambiente e le comunità, nel mentre che realizzano profitti e quindi mantengono la propria sopravvivenza e garantiscono i propri lavoratori (che spesso divengono soci), sono esattamente le aziende con migliori prospettive per il futuro. Certo su questo trend salgono anche coloro che ne sfruttano l’opportunità economica, ma questo fa parte di quel realismo capitalista che è semplicemente l’acqua in cui nuotiamo.

E del resto è sempre l’inevitabilità del capitalismo [il primo capitolo del libro di Fisher ha un titolo programmatico: “È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo“[4]] a far sì che anche l’esperienza della Distesa non sia priva di contraddizioni. Basti pensare che la vicenda della peronospora sia stata socializzata attraverso i canali social di Meta, azienda che trae profitto dalla vendita di dati di tutti noi (compresi quelli de La Distesa). E in quello spazio social vige la principale regola che a nulla si crede e di tutto è lecito fare ironia.

Rivendicando, per dirla con Badiou, di averci «liberato dalle “fatali astrazioni” ispirate dalle “ideologie del passato”», il realismo capitalista si presenta come uno scudo in grado di proteggerci dai pericoli di qualsiasi ideale o credenza. L’atteggiamento di ironica distanza così tipico del capitalismo postmoderno, dovrebbe immunizzarci dalle seduzioni di ogni fanatismo. Abbassare le nostre aspettative è il piccolo prezzo da pagare per essere messi al sicuro da terrore e totalitarismi, o almeno così ci dicono. 

Più prosaicamente, questa teoria si applica in concreto al nostro caso, dato che il post de La Distesa è stato memizzato da Italian Wine DrunkPostingEra inevitabile e per certi versi avrebbe potuto pure essere trasformato in uno spunto, se si accetta che le regole del gioco social sono quelle che non necessariamente devono piacere, ma che non sarebbe male conoscere per poterle piegare in chiave positiva e dialettica. Ma su questo vorrei tornare in chiusura.

meme IWDP

Certo si potrebbe obiettare che combattere il capitalismo è un vaste programme e che comunque, nel frattempo, non sarebbe stato male combattere almeno la peronospora. Ma su questo punto lo stesso Dottori è stato chiaro nel post e ancor più chiaro nelle risposte a chi gli chiedeva spiegazioni: “Abbiamo trattato, siamo intervenuti. Come ho scritto nel post certamente c’è stata una sottovalutazione, e dunque qualche errore, su cui stiamo ragionando. Ma… quando piove a bombe d’acqua tutti i santi giorni per settimane il rame arriva fino a un certo punto. E sia chiaro, a scanso di equivoci: essendo certificati BIO non avremmo comunque potuto utilizzare prodotti di sintesi”.

Sulla vicenda biologica della peronospora di quest’anno e sulle sfide da questa portata a tutti coloro che devono crescere uva (nessuno escluso), il dibattito è in corso (qua su Intravino e WineNews due pezzi utili e opportuni, ma per non guardare solo in casa nostra si tenga presente che a Bordeaux le ondate di mildew sono già due, come riportato su Wine Searcher qui e qui). Sicuramente ci sarà modo di tornarci, ma per chiudere, vale forse un rapido ritorno a quel punto della verità e del dialogo.

papa re (1)

Kill your idol

Alla fine questo pezzo non è per parlar di vino e forse non è per parlar di nulla di preciso. O forse sì. Nella misura in cui si sia disposti ad accettare che non esista un solo modo di amare il vino, farlo, raccontarlo o viverlo. Esistono tanti modi quante sono le verità, secondo quel detto per cui non esiste la verità, ma ne esistono almeno 3: la mia, la tua e quella di chiunque altro  (a smontare il rischio di quella verità di fede di cui sopra, che va bene solo per chi accetta che la propria sia l’unica).

Esiste l’amare e fare il vino come atto politico di Dottori, la Distesa e altri, così come esiste l’amare e fare il vino come un atto agricolo che deve obbedire alla legge del portare a casa il raccolto sopra ogni altra cosa e che con la visione di Dottori potrebbe divergere (al netto del rispetto degli obblighi bio). Così come esiste l’amare il vino secondo una convinzione tecnica che non si preclude alcuna soluzione purché funzioni, ponendosi come orizzonte del funzionamento uno spazio ed un tempo che sono più immediati. Esiste un modo industriale che organizza il lavoro in modo complesso e misura ogni fase del processo (nel far questo registra un gran numero di dati estremamente utili laddove fossero condivisi). Esistono altri modi ancora ed ognuno di questi si è misurato con una primavera che ha interrogato su scelte e prospettive, fornendo risposte spesso diverse e sovente anche in modo diametralmente opposto.

Quel che rimane è che – per chi ha voglia di ammetterlo – ognuno di questi approcci si misura coi propri limiti, ma quel che a volte manca è la percezione che questi possano diventare opportunità di confronto con altri. Con altri che siano diversi, che abbiano un approccio diverso dal proprio e dalla cerchia dei propri simili. Perché è bello dire che la diversità è ricchezza, fintanto che non si debba essere noi a confrontarci con chi da noi è diverso.
Per questo ho amato quel post de La Distesa, perché Corrado Dottori ha parlato apertamente e davvero sarebbe stato bello se invece di rimbalzi di opinioni chiuse in circoli già disegnati dall’algoritmo e dall’abito classico del parlar di vino in pubblico, si fosse aperta una possibilità di dibattito.

Per abito classico del parlar di vino in pubblico intendo che:

Nel micromondo di chi scrive, chiacchiera, giudica, pontifica di vino spesso il pubblico è fatto da altri che a loro volta scrivono, chiacchierano, giudicano, pontificano. Un ecosistema piccolo, autoreferenziale e con la tendenza a prendersi sul serio ben oltre il ragionevole. Ottenere riconoscimento in un ambiente del genere impone dunque abilità diplomatiche al limite dell’andreottismo. Dosare attentamente i like sui social, non impelagarsi mai in polemiche che potrebbero far risentire qualcuno, prendersela a volte contro qualche malcostume, ma senza esagerare che non si sa mai. Un micromondo, dunque, noiosissimo. All’apparenza. Perché poi ci si rifà in privato di quel che in pubblico non si dice. Ed è lì che, signora mia, ne volano di tutti i colori. Colui o colei a cui hai appena messo like diventa oggetto di scherno nella chat privata, colei o colui con cui hai appena fatto una degustazione lodandone pubblicamente la splendida compagnia e l’assoluta competenza, nel privato di una confidenza più volte confidata diventa il più incompetente dei Carneadi [5].

Ma insomma, alla fine…

Perché se poi una verità esiste è quella che ci racconta tra le righe il film che più di ogni altro racconta come la verità non esista. E quella verità è che tocca aver fiducia negli uomini, nonostante tutto. E anche nel fatto che forse, nonostante i circoli in cui ci chiude l’algoritmo e l’istinto a stare solo tra simili, se trovassimo il modo di parlare fra diversi di problemi che ci sono comuni, ne guadagneremmo in opportunità.

Non è un granché, ma era il meglio che mi son sentito.


[1] Feltrinelli
[2] A latere si potrebbe notare che nel film “Resistenza Naturale” rimane sfumato l’unico momento dialettico di un film in cui per il resto si indulge un po’ troppo al darsi ragione vicendevolmente. Quel momento è quando Dottori dichiara a che prezzo vende il proprio sfuso e Stefano Bellotti obietta che si tratta di prezzi troppo bassi.
[3] Intravino
[4] … ho inevitabilmente pensato alla frase di volta in volta attribuita a Fredric Jameson o Slavoj Žižek, quella secondo la quale è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo. È uno slogan che racchiude alla perfezione quello che intendo per «realismo capitalista»: la sensazione diffusa che non solo il capitalismo sia l’unico sistema politico ed economico oggi percorribile, ma che sia impossibile anche solo immaginarne un’alternativa coerente. Un tempo, i film e i romanzi distopici erano esercizi di immaginazione in cui i disastri agivano come pretesto narrativo per l’emersione di modi di vivere nuovi e differenti. Con I figli degli uomini questo non avviene: il mondo che prefigura sembra un’estrapolazione o un’esacerbazione del nostro, più che una realtà alternativa vera e propria. – da Realismo Capitalista, di Mark Fisher, pag. 26 e 27
[5] Intravino

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Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

36 Commenti

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vinogodi

circa 8 mesi fa - Link

...articolo molto , molto bello e ricco di spunti su cui fare riflessioni importanti , discutendo "fra diversi" come auspicato, visto che personalmente mi sento "diversissimo" pur anelando senza freni una filosofia conservativa e preservativa del nostro piccolo ed insultato microcosmo naturale ... ma sempre critico verso una comunicazione del "naturale" . PS: ... al fanciullesco : "Bevevamo vini che i poliziotti della qualità dicevano puzzare, ma che erano facilitatori di baci, di sogni e di poesia." ... ho prima sorriso poi con una alzata di spalle ho ricominciato a lavorare ...

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Giovanni

circa 8 mesi fa - Link

Complimenti Tommaso, come sempre centrato. Ho avuto modo di leggere l'articolo di Stefano Bagnacani e l'ho trovato triste, intriso di un elitarismo che si cerca di celare ma che rivela quanto siano più "fighi" i vini "reamente naturali". Partendo dal presupposto che chi beve "naturale" compie un atto di fiducia verso il produttore, dichiarare che ci sono vini veri e altri meno lo trovo sconveniente specie per chi sta dalla stessa parte della barricata. Non mi addentro sulle volatili, sulle puzze e sulla prostata non volendo "immerdarmi" nei vecchi discorsi un po' nostalgici fatti da chi sta dalla mia parte ma non accetta di scendere dal pedistallo. Buona giornata e grazie

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Tommaso Ciuffoletti

circa 8 mesi fa - Link

Grazie Giovanni!

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Pasquale

circa 8 mesi fa - Link

Perdonate se sembro polemico e perdonate soprattutto se apro il confronto qua. Dice bene in apertura chi ha scritto l'articolo: come possiamo sviluppare un discorso credibile e efficace se il discorso lo facciamo su facebook, su un blog, nel digitale. Mi sembra che nel ragionamento di Corrado Dottori e di chi ha scritto l'articolo manchi un passaggio centrale: chi se lo può permettere? Quale vignaiolo si può permettere di saltare un anno di produzione? Chi si può permettere i vini di Dottori? La risposta è scontata: chi ha i soldi. A conferma di questo ragionamento sarebbe anche da chiedersi sul dove. Dove viene venduto il vino della Distesa e delle aziende tipo Distesa? Si parla e ci si interroga sulla sostenibilità ambientale, ma nessuno si interroga su chi paga per primo questa insostenibilità. Sembrerà la solita solfa retorica, ma se la sostenibilità, la salvaguardia del pianeta, l'ecologia la si veicola con vini che poi si trovano nel ristorante stellato, nel locale fighetto a New York, Milano, Tokyo, Berlino, Copenaghen ecc. puzza un po' di Radical Chic. Il realismo capitalista è anche questo. Il capitalismo fa i soldi, trae vantaggio anche dai discorsi apparentemente ambientalisti e ecologici. Come di fatto ha fatto e sta facendo coi vini naturali che oggi sono pure sempre più spesso di bassa qualità.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 8 mesi fa - Link

Beh, qua ci sono argomenti che hanno le loro ragioni (non ti scusare per la polemica, quando ci sono gli argomenti non serve scusarsi). Il fatto che i vini viaggino e nel loro viaggiare inevitabilmente contribuiscano ad aumentare il carico di emissioni di CO2 è una questione di non facile soluzione per chi intenda ridurre il proprio impatto. In un caso del genere credo che un criterio di compensazione sia l'unico possibile. Ma questa è come la vedo io (che pure nel settore ci lavoro), ma accetto anche altri suggerimenti.

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Michele Antonio Fino

circa 8 mesi fa - Link

Nulla da aggiungere, salvo una chiosa. I naturalini vituperati dall'autore citato sono il Barolo di oggi. Non è più liquido tratto da botti centenarie che costituivano ormai collezione di microbi più che serbatoi, e non è più nemmeno spremuta di doghe d'allier bruciate con inveterata insistenza. Qualcuno che era rivoluzionario e si sentiva carbonaro ha perso? Qualcuno che si sentiva resistente non trova più il merdino di un tempo? Pazienza. E non perché sia il mercato. Ma perché è il modo in cui progredisce la cultura umana: comprendendo gli errori, aguzzando l'ingegno, ma soprattutto copiando, meticciando, mescolando. Perché la purezza non è della natura, e dunque nemmeno dell'uomo.

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Giovanni

circa 8 mesi fa - Link

Quoto al 100%!

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Tommaso Ciuffoletti

circa 8 mesi fa - Link

Mi sembrano considerazioni opportune e condivisibili. Grazie prof.

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Francesco Fabbretti

circa 8 mesi fa - Link

Beh, che dire? Assolti i dovuti complimenti alla penna del Ciuffoletti credo che gli spunti sollevati siano talmente tanti da non poter essere contenuti in un unico commento. Però una cosa che mi ha colpito è la nostalgia dei "bei tempi passati" quando il vino naturale puzzava e la puzza era un atto politico. Per cortesia, la puzza era figlia di imperfezioni dovute molto spesso a impreparazione dei vignaioli (molti dei quali avevano cominciato a fare vino da 2-3 anni quando si svolgevano le prime manifestazioni di vino naturale a Cerea, Villa Favorita e Vignaioli Naturali a Roma della Tiziana Gallo). Caro Tommaso, nelle parole che hai riportato (non in quelle di Dottori) colgo l'impreparazione condita da una spolveratina di Marxismo, ma giusto quel tanto che basta per assumere una posizione carismatica e di sintomatico mistero (come avrebbe cantato Battiato sbeffeggiando questi personaggetti). I vini naturali (che io rifiuto di chiamare naturali sostituendo il termine con "ecologici" perchè fare vino naturale non è fare politica, portare avanti una lotta fieramente ecologica dell'ecosistema in cui, talvolta, è inserita anche una vigna, quello si che è un atto politico), i vini naturali, dicevo, oggi hanno lasciato dietro di se i difetti di impreparazione o di sciatteria nelle lavorazioni, e sono diventati delle vere delizie. Ovviamente l'offerta è eterogenea, ma a una qualsiasi fiera dei vini ecologici si avvertono due cose: i vini sono mediamente da buoni a molto buoni finanche eccezionali, questo non toglie che la differenza con i vini prodotti, sia pur nel migliore dei modi, pensando prima di tutto al mercato, i cosiddetti vini consumistici, è evidente anche a un astemio. Per questi motivi dissento da chi si sente orfano dei difetti: un vino può essere un porcocaxxo di vino mantenendo una identità sia ideologica che gustativa distante anni luce dal mercato, non c'è bisogno di essere sporchi per ottenere questi risultati. Chi si ostina a mantenere queste posizioni retrograde lo vedo, paradossalmente, molto più radical chic di chi sviluppa un vero pensiero di Sinistra, di ispirazione Marxista p.s. teniamocelo stretto Marx e il suo Das Kapital che in questo momento di temperie economiche, non solo italiche, ci tornerebbe utile come il pane

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Alvaro pavan

circa 8 mesi fa - Link

Dettori ha perso davvero tanto, e non mi meraviglia visto l'andamento di questa stagione. Comunque, anche dove hanno trattato a manetta con prodotti di sintesi, la perdita si aggira tra il 20-30%. Nel complesso le curve di maturazione se non sono impazzite poco ci manca. Il dato di fatto è che siamo di fronte a cambiamenti epocali e continuiamo a negarlo. Nel frattempo squillano già le campane di una grande vendemmia a fronte di una situazione davvero complicata.

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Vinogodi

circa 8 mesi fa - Link

...ho voglia di banalita' ...quindi dico : l'imprenditoria agricola si intraprende per sogno o ...per fare impresa. Nel primo caso, e' destinata a fallire in tempi relativamente brevi, perche' il sogno deve fare i conti con la realta', molto legata al conto economico e poco all'aspetto onirico. Nel secondo caso, metti sul piano la coscienza personale e l' attitudine al compromesso, condita con una conoscenza economica/commerciale/tecnica necessaria per sopravvivere tu e il tuo output produttivo. L' attitudine al compromesso diventa indispensabile, altrimenti si cade nel primo caso . Cosi' come la coerenza, inversa all'ipocrisia tipica del paladino e salvatore del pianeta solo quando deve sventolare verginita' ideologica ...comunicativamente. Il " naturale" e' ormai una categoria consolidata e palesata? Rimane per me un'aberrazione comunicativa se non ben sviluppata tematicamente oltre che legislativamente ( ricordiamo che e' dizione vietata ) . Rimane il fatto che la maggior parte dei produttori "naturali" che conosco sono delle gran brave persone umanamente deliziose...

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simone

circa 8 mesi fa - Link

Grazie Tommaso, un altro strepitoso pezzo eno-antropologico di cui potremo discutere tra i filari durante la vendemmia! Super come sempre! Io mi schiero con Dottori e a chi pensa che dovremmo abbandonare i metodi di difesa bio perchè meno efficaci nel fronteggiare gli eventi atmosferici causati dal cambiamento climatico direi, al bar e non su meta, che sta confondendo l'alfa con l'omega.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 8 mesi fa - Link

Grazie mille Simone! E condivido la tua nota sul non abbandonare - ora più che mai - il bio e ogni altra pratica utile a ridurre l'impatto ambientale della produzione di vino.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 mesi fa - Link

Anche quest’anno è stato possibile fare agricoltura bio ottenendo uve sane, e tra i miei vicini ce ne sono tantissimi che ci sono riusciti. Certo, c’è voluto un lavoro ossessivo senza fermarsi il sabato, la domenica e alla fine delle canoniche otto ore, e tanti, tanti trattori, ma è stato possibile. Certo, non ovunque, ma per definizione il bio non si può fare ovunque. Poi ognuno può fare ogni discorso politico filosofico che preferisce, ma la fattibilità di una viticoltura bio in un anno come questo non la stabilisce la politica o la filosofia, ma bensì il buon lavoro che decine di migliaia di agricoltori bio hanno fatto in tutta Italia. Basta infangarsi le scarpe e andare in vigna, di uva bio non mangiata dalla peronospora se ne trovane centinaia di migliaia di ettari. La realtà è questa, poi nel comodo di casa vostra parlate pure di vino e politica.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 8 mesi fa - Link

"La realtà è questa". È la chiosa migliore per un commento del genere ad un pezzo che invita alla condivisione e a cogliere le ragioni diverse dalle proprie. Complimenti per l'acume e la sensibilità.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 mesi fa - Link

Credo sia opportuno capire di cosa si parla. Se si parla di viticoltura, esiste la realtà delle centinaia di migliaia di ettari di vigna bio che hanno subito poco o nessun danno da peronospora. Ergo, anche quest’anno è possibile produrre uva bio sana e abbondante (questa è una verità oggettiva, facile da controllare) per cui le affermazioni di Dottori sulla difficoltà dell’annata e le conseguenze che ne trae sul bio sono soggettive e non generalizzabili. Per quanto poi attiene a tutte le altre considerazioni sul futuro del vino, sulla parressia e sul vino come concetto, è evidente che ogni opinione ha una sua dignità. Però faccio sommessamente notare che è singolare far partire un ragionamento generale da un caso anomalo, non generalizzabile.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 8 mesi fa - Link

Dottor Colombini, la sua premessa sul capire di cosa si parla è molto importante. Lei sostiene che a Montalcino abbondi uva (bio o non bio mi interessa il giusto) a tonnellate e tonnellate. Opinione interessante la sua. Confrontiamola con i numeri. Quanto si stima che costerà un quintale di uva per fare Brunello quest'anno?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 mesi fa - Link

Montalcino è bio per un po’ più del 50%, dato degli istituti di controllo. Estesi danni da peronospora non ne ho visti, però un poco di danno da gelata e grandine c’è per cui i prezzi dell’uva si prevedono normali. Ovvero alti. La CCIAA di Siena registra le transazioni ogni anno.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 8 mesi fa - Link

Forse la domanda non è stata compresa. Provo a riformularla. Lei ha espresso un'opinione in cui sostiene che vi sia grandissima abbondanza di uva a Montalcino (compresa quella bio). Bene. Mi piaceva vagliare la fondatezza della sua opinione rispetto ad alcuni numeri che già circolano e che sono i numeri relativi al prezzo dell'uva a quintale, quest'anno, in quel di Montalcino. Lei conosce a che prezzi si stima che sarà venduto quest'anno 1 quintale di uva per fare Brunello?

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Littlewood

circa 8 mesi fa - Link

Mi sa tommaso che 2 son le cose: o il sig cinelli va poco in vigna o ha qualche problema di vista...cosi' a spanne eh ...

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 mesi fa - Link

Gentile sig. Littlewood, se desidera uscire dallo pseudonimo e palesarsi qui ai Barbi, sarò lietissimo di passare una mattina o un pomeriggio con lei a farle vedere i vigneti di Montalcino. Sono una persona impegnata, ma quando mi si taccia di malafede o ignoranza sono più che disposto ad impegnare il mio tempo per dimostrare che quanto scrivo è coerente con quanto ho visto. Avendo da poco fatto l'operazione alle cataratte di entrambi gli occhi, ora ho lenti correttive interne e ci vedo benissimo.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 mesi fa - Link

No, io ho scritto "Anche quest’anno è stato possibile fare agricoltura bio ottenendo uve sane, e tra i miei vicini ce ne sono tantissimi che ci sono riusciti". Ottenere uve sane non vuol dire ottenere una grandissima abbondanza, o sbaglio? Se lei il 26 agosto ha già dei prezzi per l'uva del Brunello le faccio i miei più sentiti complimenti, perché ho sentito molti produttori e nessuno ancora si sbilancia. Gentilmente me li può dare?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 mesi fa - Link

Ah, forse si riferiva alla mia seconda risposta! Ovvero "Se si parla di viticoltura, esiste la realtà delle centinaia di migliaia di ettari di vigna bio che hanno subito poco o nessun danno da peronospora. Ergo, anche quest’anno è possibile produrre uva bio sana e abbondante". Scusi, ma a Montalcino ci sono solo circa cinquemila ettari di vigneto (il dato è del 2021), per cui quando scrivo di centinaia di migliaia di ettari di vigna bio ovviamente mi riferisco all'Italia. Mi pareva troppo ovvio per specificarlo, mi scuso, avrei dovuto scrivere anche l'ovvio.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 8 mesi fa - Link

Ahhhhh! Ma senti! Quindi lei mi stava dicendo che c'era uva sana, sì, ma pochina! Eh beh certo, quindi lei - col suo intervento così ultimativo e col tono bello tronfio di chi dice "la realtà è questa" - voleva semplicemente intendere che un pochina di uva sana è venuta anche a Montalcino. Grazie dunque per il prezioso contributo. Quanto ai prezzi mi fa il timidone e anche un po' il furbetto. Io le ho chiesto se ha idea di quelli che si stima saranno i prezzi quest'anno. Evidentemente a lei non giungono le tante voce che pure già girano, ma va benissimo così. Trovo utile allora segnalarle che si parla di prezzi esorbitanti, fuori dalla norma anche per i livelli mediamente alti dell'uva a Montalcino. Se poi lei ci tiene ad avere i prezzi ufficiali, basta aspettare un pochino e la faremo contento. Nel frattempo non manchi di continuare ad esibire le sue granitiche certezze, che poi si trasformano in blande banalità al misurarle con qualche semplice domanda. Cordialità, come sempre vivissime.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 mesi fa - Link

Capisco che le sto antipatico, e questo è nel suo pieno diritto. Figuriamoci. Ma da qui a attribuirmi con continuità cose che non ho scritto ce ne corre, non ci fa neppure una gran figura. Non ho mai scritto che a Montalcino l’uva è sana ma pochina. E, quanto si prezzi, lei è padrone di non credermi ma a agosto i prezzi dell’uva di Brunello non ci sono mai stati. Chiacchiere da bar quanto ne vuole, ma i prezzi sono tutta un’altra cosa. Anche perché ci sono ancora quindici o venti giorni all’inizio e nessuno sa se grandinerà, se inizierà a piovere e non si fermerà più e mille altre variabili che influenzano il prezzo. Però sono curioso di capire da cosa nasce tutta questa sua ostilità, non mi risulta di conoscerla né di essermi mai espresso in modo negativo verso di lei eppure lei arriva quasi all’insulto e cerca di ritorcere a mio danno ogni cosa che scrivo. Non capisco ma gradirei capire, per favore mi spieghi.

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marcow

circa 8 mesi fa - Link

L'articolo merita i complimenti perché è complesso, non è il solito articoletto che si può leggere ovunque, spinge alla riflessione E non è un articolo facile. ---- Non conosco i vini di Dottori. Lo conosco attraverso i numerosi articoli che parlano di lui, attraverso le interviste, gli articoli da lui pubblicati sul web e gli eventi in cui ha partecipato. È sicuramente un produttore di vino mediatico. Con una grande capacità di comunicazione e una grande capacità di presenza sui media. Ma, come già ho detto, Dottori non mi ha mai convinto. Tutta la sua raffinata retorica non mi ha mai convinto. Nel senso che dietro tutte le bandiere che sventola nei suoi discorsi c'è un imprenditore che vuole e stesse cose che vogliono tutti gli imprenditori.

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Arturo

circa 8 mesi fa - Link

Tommaso, così però diventi gnè gnè. Il dottor Cinelli Colombini ha cercato elegantemente di dirti che il buon Corrado ha cannato completamente la gestione fitosanitaria delle proprie vigne. Lo ha sostenuto lui stesso: ha sottovalutato la cosa. Voi come tanti altri ne state facendo un santo un eroe che anziché deturperare il territorio ha preferito perdere il prodotto. Una scelta politica, una scelta filosofica. E lo fate senza porvi la domanda che ha cercato di porvi il Colombini: quindi gli altri produttori naturali-biodinamici-biologici sono degli inquinatori? Sono dei furbi che hanno usato prodotti sistemici e non lo dicono? Oppure sono solo più bravi, più competenti, più preparati e più attenti del Dottori?

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Tommaso Ciuffoletti

circa 8 mesi fa - Link

Tralascio lo gne gne. Tralascio la questione degli eroi (che in vita mia ne ho avuti due: Jimi Hendrix e Massimo Bordin e sono entrambi morti). Tralascio tutto - "elegantemente" - e vado alla domanda che tu poni "gli altri sono inquinatori?". Siamo tutti inquinatori, chi più, chi meno. Poi c'è chi si pone la questione di come ridurre il proprio impatto e chi no. Questa è la principale differenza. Poi ci sono mille sfumature tra chi mette in atto alcune misure e chi altre. E lì si trovano mille scelte possibili. Ma rimane inevasa, ancora, la mia semplice domanda rivolta a chi sostiene che a Montalcino abbondi l'uva. Quanto si prevede che costerà un quintale di uva per fare Brunello?

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Vinogodi

circa 8 mesi fa - Link

...meno di quanto costi il Nebbiolo in Vigna Rionda...

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Pierluca Proietti

circa 8 mesi fa - Link

Bellissimo e profondo articolo. Mi dispiace moltissimo che si sviluppi livore nei commenti che non porta però ad una dialettica. Lo sforzo dell'autore è stato encomiabile nel raccogliere e sintetizzare una complessità che oggi si fa ancora più sfidante. Parlo di complessità nella propria etica aziendale e personale. Nell'essere anche consumatori. Non mi sembra sia l'avvocato di Dottori, visto che sottolinea, come fece Nossiter in Resistenza Naturale alcune fallacie nel ragionamento di Dottori. Fallacie che oltretutto condivide anche con altri che hanno fatto la storia di questo movimento. Consigliata vivamente la rilettura più e più volte. Mi dispiace molto per tutti i produttori che stanno vivendo una brutta annata, tra contrazione spaventosa delle vendite e meteo che ha portato disastri.

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marcow

circa 8 mesi fa - Link

1 Non è vero che, in particolari annate climaticamente sfavorevoli, si può SEMPRE produrre buona qualità (in questo caso uva da vinificare) sapendo bene cosa fare e come fare: è soltanto questione di manico. Questo assioma non è vero, secondo me. 2 L'altra opinione che non condivido e che utilizzando prodotti chimici siamo sicuri di produrre SEMPRE prodotti di buona qualità. Anche questa affermazione per me non è vera. ____ E allora? ____ Chiarisco meglio il mio pensiero. 1 Io non sono contro il vino naturale. Io sono contro ad alcuni argomenti della propaganda, della retorica dei vini naturali. Tra questi c'è la Demonizzazione dell'uso di prodotti di sintesi. 2 Sono invece favorevole a quel sistema che utilizza i prodotti di sintesi in maniera intelligente e sostenibile. Per essere più chiaro. Una volta i trattamenti antiparassitari TUTTI li facevano a CALENDARIO. Ma quell'agricoltura non esiste più da decenni. Ora siamo arrivati, passando per il sistema Integrato, al sistema Sostenibile che usa i prodotti chimici ma in modo intelligente. _____ Detto questo quando si spara verso l'agricoltura che utilizza la chimica bisogna essere più chiari: spariamo anche su quell'agricoltura che viene chiamata sostenibile?(Cioè che usa prodotti chimici in modo intelligente) ____ Su una questione si potrebbe trovare un accordo. Sia i favorevoli al biologico, al naturale .... e sia i favorevoli al modello sostenibile che utilizza i prodotti di sintesi in modo intelligente .... dovrebbero richiedere CONTROLLI PIÙ SERI E RIGOROSI ... per verificare che NON SI MENTA ... sia nel mondo dei vini biologici e naturali e ... sia nel mondo dei vini convenzionali. ____ Su una questione questi 2 mondi che ... sembrano in guerra ... sono uniti: entrambi NON VOGLIONO UN SISTEMA DI CONTROLLO SERIO... che garantisca .... il consumatore, il bevitore.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 mesi fa - Link

Signor Marcow, per una volta sono d'accordo con lei. Quanto ha scritto nella seconda parte del suo testo è tecnicamente corretto e ben espresso. Sul punto 1. sono parzialmente d'accordo. È vero che il maltempo durante la vendemmia può distruggere la vendemmia e non ci si può fare nulla, è vero che con la gelata è esattamente lo stesso, è vero che una siccità eccessiva o un eccesso di piogge hanno lo stesso effetto, ma non è vero che una situazione come quella della peronospora di quest'anno non si può limitare fortemente o eliminare con una perfetta gestione dei trattamenti. Ergo al punto 2. lei ha ragione. Detto questo, ben gestendo il vigneto e con basse produzioni credo che oggi nelle zone vocate d'Italia sia praticamente sempre possibile fare vino. Di quale qualità, è un'altro discorso.

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marcow

circa 8 mesi fa - Link

La ringrazio. E condivido le sue precisazioni. Cordiali Saluti

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marcow

circa 8 mesi fa - Link

Sull'articolo di Stefano Bagnacani sui NATURALINI. ____ Contiene dei concetti interessanti. Forse il più importante è quello che esprime la FORZA del SISTEMA che è capace di "assorbire" e "asservire" ... TUTTO... anche ciò che ... potenzialmente ... potrebbe danneggiarlo. Lo possiamo constatare da decenni in tutti i settori, in tutti gli aspetti del mondo contemporaneo. ____ Ciò che non mi convince del discorso di Stefano Bagnacani è che, in qualche parte dell'Italia, esiste un ... eroe ... che resiste al Dominio del Sistema.

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Antonio C.

circa 8 mesi fa - Link

Più che condivisibile il punto di vista di Marcow. Da sempre il movimento dei produttori "naturali" sembra più attivo a demonizzare "gli altri" (chi non usa i lieviti autoctoni che peste lo colga!) che a fare una seria autocritica su certi eccessi in negativo dei propri vini.

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Viva Roddolo

circa 4 mesi fa - Link

Ma grande Tommaso! Altro articolo stupendo...letto un po' in ritardo, sigh!

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