IntravinoCup – Selezione Naturale | 16 in gara e una piccola storia sul prezzo dei vini (contronatura)

IntravinoCup – Selezione Naturale | 16 in gara e una piccola storia sul prezzo dei vini (contronatura)

di Tommaso Ciuffoletti

320 votanti. Di 32 cantine ne rimangono in gioco 16, per un prossimo turno che credo di poter dire ancora interlocutorio, in attesa delle sfide potenzialmente più imprevedibili. Si vanno infatti delineando quelli che sembrano i protagonisti capaci di riscuoter un consistente consenso da parte dei lettori di Intravino.

Arianna Occhipinti, ad esempio, dopo aver superato l’avanguardia social di viticoltura eroica e ballo su TikTok di Barbacan, ha superato un mostro sacro come Lino Maga ed ora se la vedrà con un Patrick Uccelli, che ad oggi è forse la più grande sorpresa di questa IntravinoCup. Oppure Emidio Pepe che dopo aver superato Tenuta Lenzini e Paolo Marchionni, si confronterà adesso con la Cascina degli Ulivi di Stefano Bellotti in quello che forse è l’accoppiamento più tosto di questo turno, insieme al confronto fra Stefano Amerighi e Nino Barraco.

Il tabellone dello scorso turno ha previsto degli incroci crudeli anche nella sfida tra La StoppaGravner, con quest’ultima cantina che passa confermandosi come una di quelle accreditate per arrivare davvero fino in fondo. Ma l’esito per me più doloroso è stato quello del confronto tra Zidarich, che ha passato il turno, e La Distesa di Corrado Dottori. Per una ragione che spiegherò ora, ma che avrei preferito raccontare alla fine di questo gioco (sì, ero convinto che La Distesa meritasse almeno la finale).

Il più compiuto discorso sul vino naturale

Corrado Dottori - da: ladistesa.it

Corrado Dottori – da: ladistesa.it

Quando la bottiglia di vino naturale diventa merce […] la deriva commerciale e mediatica è dietro l’angolo. Sono solo cambiate le parole d’ordine: il vino non deve più essere morbido, opulento e fruttoso bensì “sano”, genericamente “eco-compatibile” e magari “misterioso” o comunque bioqualcosa. […]

Fare vino seguendo le (presunte) richieste del mercato significa negare l’essenza del movimento “naturale”, che sintetizzo in 3 punti: critica radicale al modo con cui oggi l’umanità si relaziona alla natura, visione totalmente alternativa dell’agricoltura, lotta ai processi socio-economici dominanti. Oggi è impossibile parlare di “vino naturale” senza affrontare i nodi legati al sistema industriale di produzione, accumulazione e commercio […] Valutare i “vini naturali” solo in base a caratteristiche sensoriali è limitante e ingeneroso nei confronti di chi da anni lavora ad un’idea integralmente diversa del vino e, oserei dire, della vita stessa.

12 anni fa, fra le righe di un contributo scritto per Intravino, Corrado Dottori esponeva quello che a tutti gli effetti è stato il più compiuto discorso sul vino naturale che io ricordi. Volevo proporlo in chiusura di questo gioco e della riflessione che mi piacerebbe vi si accompagnasse (ma mi par di capire che il gioco attrae di più, ci sta, ma questo non vi salverà dai miei pipponi compreso un sunto finale, per cercare di segnare un punto nella vicenda di questa cosa chiamata “vini naturali”, al plurale), ma va bene così. Per compiuto, intendo un discorso che parte dalla vigna, arriva in cantina, ma non si ferma sulla sua soglia al momento di far uscire le bottiglie ad un prezzo che a quel punto è conveniente sia il mercato a decidere.

A Dottori va il merito di averlo messo in pratica quel discorso e non averlo usato per guadagnare la celebrità necessaria a fare il suo esatto contrario. Nur, Gli Eremi, ma anche Terre Silvate sono vini per i quali credo sia pacifico considerare che potrebbe essere chiesto 3 volte il prezzo attuale, senza per questo avere difficoltà a venderli. Anzi, forse ne guadagnerebbero anche in reputazione secondo la logica classica per cui alto il prezzo, alta la qualità. Una logica che – tra l’altro – ci dà lo spunto per racconta un passaggio interessante della storia del vino e che vale la pena considerare, anche solo per il piacere di intrecciare storie e storia.

Una piccola storia sul prezzo del vino

Fiere

La famosa Esposizione Universale di Parigi del 1855, in occasione della quale venne redatta la più celebre delle classificazioni delle aziende vinicole di Bordeaux, arrivò per volere di Luigi Bonaparte. L’intento, fra gli altri, era quello di replicare la prima Esposizione Universale capace di generare un grande successo in termini mediatici, che fu quella di Londra del 1851 (il cui nome ufficiale fu Great Exhibition of the Works of Industry of all Nations).

Vi erano però delle differenze profonde tra l’approccio francese e quello inglese. L’Esposizione londinese, tanto per cominciare, era espressamente dedicata a dare rassegna degli avanzamenti tecnologici ed industriali dell’epoca e pertanto, un prodotto come il vino (che pure gli inglesi avevano “innovato” nei decenni precedenti in cui si erano dedicati alla produzione dei genericamente detti vini fortificati) non figurava tra le invenzioni da mostrare. I francesi, invece, avevano – eredità delle importanti fiere commerciali che nei secoli avevano fatto la grandezza di terre come la Champagne, la Borgogna (così come delle Fiandre) – un’idea molto meno “tecnologica” e più manifatturiera e “commerciale” di ciò che doveva e poteva essere l’Esposizione (tant’è che l’Esposizione di Parigi ebbe come nome ufficiale quello di Exposition universelle des produits de l’agriculture, de l’industrie et des beaux-arts).

Sulla scorta di questa differente impostazione, fu radicalmente diverso l’approccio rispetto ai prezzi degli oggetti esposti. Gli inglesi erano contrari ad esporre i prezzi perché ritenuti inutili ai fini dell’Expo per come lo immaginavano, i francesi, invece considerarono che i prezzi dovessero essere esposti eccome. Tra le altre cose la Commissione Imperiale francese sosteneva che il prezzo potesse aiutare a valutare la migliore efficienza produttiva: considerando due prodotti paragonabili A e B, se A costa la metà di B, ciò che se ne può dedurre è che il sistema con cui viene prodotto A è più efficiente di quello con cui viene prodotto B [1].

Tuttavia, quando la Commissione Imperiale dovette affrontare la questione della partecipazione dei produttori di vino di Bordeaux all’Esposizione, scoprì che le cose non sarebbero state affatto semplici e che rispetto alla questione dei prezzi la propria convinzione, apparentemente logica, non aveva fondamento in quella terra in cui il vino aveva iniziato ad essere commercializzato in senso moderno circa 2 secoli prima.
Long story short: la Camera di Commercio di Bordeaux intervenne a fare da mediatrice, lavorò ad una nuova classificazione delle aziende della zona (che ricalcò per molte cose equilibri già noti) e per farlo utilizzò i prezzi in maniera diametralmente opposta a quanto immaginato dalla Commissione Imperiale: beni simili, con prezzi diversi, raccontano che il prezzo più alto è quello del bene migliore.

Per chiudere sui prezzibogart

Questa breve storia ci racconta una cosa ben nota: il prezzo è un veicolo d’informazione per il consumatore. Un’informazione espressa in numeri e sempre paragonabile. Nel mondo del vino di qualità, questa informazione ha un’importanza ancora più decisiva che in altri ambiti. Un prezzo maggiore non è solo opportunità di maggiore remunerazione ma anche strumento per comunicare valore.

Per questo la scelta di imporsi una regola sul prezzo che sia diversa dalle regole classiche è una scelta coraggiosa. Non alla regola dell’efficienza, non alla regola del mercato, non alla regola del marketing del prezzo. Ma il rispetto di una regola quasi monastica (viene in mente la regola di Benedetto, oppure certe sure del Corano rispetto al giusto prezzo) di chiedere una remunerazione che si trova giusta per il lavoro svolto e per la custodia della terra, ma rifiutando quel valore aggiunto che pure si potrebbe ottenere per grazia del mercato. È una scelta apparentemente illogica, pazza, contronatura.

Ed è una scelta che per questo molti preferiscono non seguire. Sì, ci sono – e non sono pochi – vignaioli/imprenditori che hanno fatto loro una scelta simile, ma ci sono altrettanti (forse ultimamente anche di più) che il vino naturale lo intendono contro le logiche dominanti solo fin sulla soglia d’ingresso del mercato, perché se poi la logica dominante è la più conveniente, ben venga il più classico dei “è il mercato bellezza (e io non posso farci proprio niente te, se non incassare)!”. E non è raro trovare vini di cantine che sul naturale ci si son buttate con diversi lustri di ritardo rispetto ad un Dottori (ad esempio), ma che sfruttando l’onda non si peritano a chiedere, già dopo poche vendemmie, prezzi che doppiano quelli dei vini de La Distesa. Buon per loro. Forse.

Il nuovo turno

Mi fermo qui, prima di farmi prendere troppo la mano e torno a ciò che realmente ci interessa. Le prossime sfide ve le elenco sotto e in calce trovate anche il link per votare. Vi ricordo che avete tempo fino a venerdì verso l’ora di cena, poi il turno si chiude e ci troviamo lunedì prossimo per i risultati e i quarti di finale.

Arianna Occhipinti – Monte Dall’Ora
Foradori – Dornach (Patrick Uccelli)
Cascina degli Ulivi – Emidio Pepe
Le Boncie – Monte dei Ragni
Stefano Amerighi – Nino Barraco
Gravner – Fattoria San Lorenzo
Zidarich – Dettori
Casa Coste Piane – Radikon

Per votare cliccate qui o l’immagine sotto
2022-11-28-08-31-52-066

[1] Cfr. Dewey Markham Jr, “1855 A history of Bordeaux Classification – John Wisley & sons, Inc, New York, 1998

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Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

11 Commenti

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Viva Roddolo

circa 1 anno fa - Link

Ciao Tommaso, complimenti per l'ennesimo bell'articolo e per la lucida critica dell'esistente che porti avanti. Tornando al passaggio, che condivido, in cui dici: "Per questo la scelta di imporsi una regola sul prezzo che sia diversa dalle regole classiche è una scelta coraggiosa. Non alla regola dell’efficienza, non alla regola del mercato, non alla regola del marketing del prezzo. Ma il rispetto di una regola quasi monastica ... di chiedere una remunerazione che si trova giusta per il lavoro svolto e per la custodia della terra, ma rifiutando quel valore aggiunto che pure si potrebbe ottenere per grazia del mercato..." quello che talvolta mi risulta difficile è capire fin dove arriva la volontà del produttore di mantenere quello che per lui è il giusto prezzo e dove inizia la speculazione dei "rivenditori".

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Questo è un tema che fai benissimo a rimarcare. Del resto il vino è un prodotto che di norma non viene venduto dalla cantina a chi lo berrà, ma a chi a sua volta lo rivenderà. Questo fa sì che non ci sia UN prezzo di UN vino, ma TANTI prezzi di un singolo vino. Inoltre la legge è chiara in merito: non si possono fare contratti in cui io impongo a chi acquista la mia merce per rivenderla, di rivenderla ad un prezzo pre-stabilito.

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_sabrage

circa 1 anno fa - Link

Condivido appieno il pippone (così sarà definito dai più!) di Tommaso e sottolineo che anche Stefano Amerighi si sta facendo portatore di una nuova sensibilità che, spero presto, possa abbracciare il movimento del vino naturale. Il movimento -dice- deve avere la capacità di ragionare sulle strutture produttive e agricole del vino e di connettersi con nuove forme di aggregazione. Con altri produttori e vignaioli sta lavorando per autodistribuirsi e per un approccio differente nella comunità. Una visione che non deve essere più o soltanto, come faccio il vino, bensì come mi rapporto con chi lavora con me, con chi mi sta intorno, con chi fa lo stesso lavoro e come lo commercializzo. Una visione politica alla base di un progetto di autodistribuzione, che è anche piattaforma logistica e condivisione di idee e energia.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Grazie _sabrage! Sì mi parlavano di questa iniziativa proprio ieri a pranzo ... E ... Prometto che la seguirò e ne scriverò.

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Elia

circa 1 anno fa - Link

Bell'articolo, l'ennesimo, e al di là del gioco, interessantissimi gli argomenti portati per illustrare il mondo del vino naturale o meglio, come si deduce dall'esempio di Dottori, il mondo di chi ha un approccio etico a livello agricolo e sociale.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Grazie di cuore Elia.

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marcow

circa 1 anno fa - Link

Il cd. pippone è la parte più interessante dell'articolo. Contiene considerazioni e opinioni sui vini naturali, sul prezzo del vino, sul prezzo dei vini naturali e altre considerazioni. -- 12 ANNI FA L'articolo riporta un articolo di 12 anni fa. In questi 12 anni il mondo è cambiato profondamente e continua a cambiare a una grande velocità(Pensate all'Intelligenza Artificiale che ridimensionerà diverse professioni non manuali) Il Web è profondamente cambiato con lo sviluppo enorme dei Social. E, per fare un esempio, ha fortemente ridimensionato la stampa(giornali, periodici ecc ...). Anche i blog sono stati toccati e ridimensionati dal successo dei Social: Intravino ha saputo resistere. ---- Ritornando al contenuto dell'articolo. Non mi convince Dottori Non mi convincono le considerazioni di Tommaso Ciuffoletti

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Omikelet

circa 1 anno fa - Link

Mi colpisce che nel condivisibile ragionamento di Dettori ci sia un comprensibile punto di vista di chi il vino naturale lo fa, nel senso proprio di ci lavora e si trova a dover produrlo in modo sostenibile per le sue idee ma anche la sua personale economia. Troppo spesso di vino naturale ne parla chi lo beve, e spesso anche per questo (a mio parere) si è creata una cesura a volta insanabile sull’argomento. Da una parte delle sostanziali ragioni agricole e, inoltre, di critica all’attuale modello produttivo. Dall’altra delle ragioni di apprezzamento gustativo, spesso associate a generiche considerazioni sul lavoro in cantina. Apprezzo di più le prime che le seconde. Azzardo: una delle iatture del mondo naturale sono stati i produttori che hanno parlato troppo di cantina e troppo poco di agricoltura?

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Elia

circa 1 anno fa - Link

Anche io condivido la tua impressione. Nel momento in cui il produttore ha come obiettivo la descrizione del suo vino e fa di questa narrazione uno strumento di marketing (tutto legittimo per carità) si perde secondo me il senso della questione. Sapere che una vigna è piantata su vene di mille minerali differenti che influiscono sul gusto e sul profumo in un determinato modo, e che la vigna piantata 50 metri a sinistra ha invece una sfumatura completamente diversa potrà essere vero e interessante. Alla narrazione spesso il produttore aggiunge che in vigna usa solo rame e zolfo e che il terreno è inerbito a filari alterni...naturalmente per preservare la qualità di questo terreno prezioso. E tutto ciò influisce sul vino dandogli finalmente il sapore del suo terroir e dell'annata!!! Ecco, io credo che in questo non ci sia niente di sbagliato, anzi, se tutte le aziende lavorassero così sarebbe un vantaggio per il consumatore e per l'ambiente. Però il fine che a me interessa non è solo cosa viene fatto per migliorare il gusto del vino perchè spesso il vino parla da solo. Fare una scelta naturale è prendere una posizione politica su tutto l'aspetto produttivo e ciò che vi si connette. Politica agricola (si fa solo vino o magari anche altre colture?), politica aziendale (si sfruttano i collaboratori? quanto devo spendere in pubblicità? quanto mi costa produrre il vino? che impatto ambientale ho? quanta energia consumo?). La differenza quindi anche nel mondo di chi dichiara di fare vino naturale è tra chi fa il vino perché deve venderlo (e sicuramente lo fa eccellente) e chi ha una azienda agricola costruita su basi etiche, che in qualche modo penalizzano il lato meramente produttivo e imprenditoriale, ma riesce a fare prodotto eccellente senza essere completamente schiavo del mercato.

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marcow

circa 1 anno fa - Link

Omikelet, Elia. ---- Tra quello che dice, che "NARRA" un produttore di vino CD. naturale e il consumatore, il bevitore... ci dovrebbe essere l'ESPERTO... che dovrebbe svolgere un'importante funzione. Il bevitore(non mi riferisco a voi adesso) spesso non ha le COMPETENZE per "valutare" quello che ..."narra"... il produttore di vino naturale. Allora interviene l'ESPERTO. Ci sono grossolanamente 2 tipi di esperti: 1 I Comunicatori(dovrebbero svolgere prevalenteme una funzione di informazione, di presentazione, ecc... Ma spesso diventano recensori, cioè valutano il vino come i critici. 2 I Critici Eno-Gastronomici(lo scopo prevalente è quello di valutare un vino) Queste 2 categorie possono essere ulteriormente classificate. Secondo me la più importate classificazione è tra 1 Esperti al servizio del produttore 2 Esperti al servizio del bevitore, specialmente di quelli che hanno scarse competenze(la maggioranza).

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Omikelet

circa 1 anno fa - Link

Certamente c’è un problema di “narrazione” da parte di un certo tipo di critica un po’ troppo compiacente. Noto che però , almeno a mio giudizio, gli stessi produttori nella comunicazione dei loro prodotto hanno a volte insistito un po’ troppo sugli aspetti diciamo enologici (i lieviti, la solforosa, ossidazione, ecc) tralasciando gli aspetti più agricoli e, perché no, anche economici che sottendono la scelta “naturale.”

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