Unicorn wine e vin de soif | Serata di assaggi e riflessioni sui massimi sistemi

Unicorn wine e vin de soif | Serata di assaggi e riflessioni sui massimi sistemi

di Simone Di Vito

Dopo i bagordi delle feste natalizie non ero ancora sazio, così ho deciso di partecipare ad una serata sul tema Unicorn wine e vin de soif organizzata da Luigi Russo – in arte charlie_lo_spuntino – presso il locale Avanvera di Roma (piccola enoteca-bistrot by Sarah Cicolini e Mattia Bazzurri, spin-off di Santopalato, dove si mangia veramente benissimo).

Partiamo dalle basi: cosa sono gli unicorn wine e i vin de soif?
Quello di unicorno è un termine sempre più utilizzato per indicare vini introvabili (quasi sempre dal costo non indifferente) ma soprattutto dalla tiratura limitatissima, come appunto la creatura mitologica che li rappresenta. Bottiglie difficilmente reperibili anche online e a prezzi spesso proibitivi. I vin de soif sono invece i cosiddetti “vini da merenda”. Facili, golosi, pensati per la beva immediata e non necessariamente per l’evoluzione in bottiglia.

vini della serata

Prima della serata, pensavo mi sarei focalizzato su assaggi, note di degustazione e caratteristiche pecualiari dei singoli vini ma non è andata così: tornando a casa dopo l’incontro, ho iniziato a rimuginare su alcuni aspetti emersi ma solo il giorno dopo, a mente fredda, ho messo tutto a fuoco.

Maledetta speculazione
Negli ultimi 5 anni è la questione più amata da chi acquista e rivende vino ma di gran lunga la più odiata dall’appassionato di turno. Si dirà “è il mercato, bellezza” e vale per ogni cosa, certo, ma finché l’oggetto di speculazione è un vino come Petrus suona molto più accettabile rispetto al Coteaux Bourguignons di una produttrice che avrà alle spalle al massimo cinque vendemmie e il cui prezzo arriva a cifre assurde: Daniel Barbagallo ha parlato di miti di plastica e il tema rimane caldissimo. Stante la libertà di comprare cosa si vuole a qualsiasi prezzo, non aspettiamoci ogni volta di trovare il Santo Graal perché non potremmo essere più lontani dal vero. Il Mon Poulain di Les Horees è carino, gustoso e ricamato al millimetro ma è quel che è: un vino da denominazione di ricaduta, la base della piramide qualitativa borgognona, e i circa 200 € che paghereste per accaparrarvi la bottiglia non lo faranno nemmeno lontanamente diventare un Grand Cru. Bottiglia che rientra in pieno tra i vin de soif: è facile, goloso, scorrevole, da merenda. Ma quanto me costa sta merenda??

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The Dark Side of Difetti
È incredibile come un difetto come la volatile alta riesca a passare da fattore negativo ad aspetto tutto sommato positivo e caratterizzante nello spazio di una sequenza di tre vini. Il rosso di Vignoble de l’Arbre Blanc, pur lasciandosi bere, aveva un’acidità volatile decisamente spiccata. Eppure è bastato l’assaggio dei due rossi seguenti per farmi rivedere i parametri. Il suddetto Coteaux Bourguignons di Les Horees, unico rosso esente da difetti ma privo di un qualcosa in più della sola golosità, e un Savigny-Lès-Beaune 2020 (prima annata prodotta) dell’azienda Double Zéro: cupo, concentrato ma soprattutto inficiato pesantemente dalla presenza di brett, con un naso tra il brodo e il souris. A quel punto, ho dovuto riconoscere al Petite Orgues de l’Arbre Blanc un surplus di particolarità nonché fluidità al sorso. Il meno peggio insomma.

Un unicorno Cenerentola
Il Coteaux Champenois di Aurelien Lurquin era forse il vino più raro e costoso della serata. Azienda famosa per i suoi Coteaux prima che per gli Champagne, questa etichetta ha una tiratura di sole 299 bottiglie (una barrique) e un’orda di appassionati al seguito, pronti a tutto pur di accaparrarsi le pochissime bottiglie. Un rosato di pinot noir delicato e che aggrada il giusto ma che solo dopo la deglutizione ha spalancato le sue ali, stupendo con una profondità lunga ma pacata, delicata e finissima, che sa di petali di rosa, di gesso, con rimandi di rum single batch giamaicano. Tutto molto bello fino a che, allo scoccare della temperatura ambiente, non è precipitato di netto nella confusione, è spuntata un’alcolicità più spiccata di quella immaginata leggendo l’etichetta (12,5% vol) e del profumo di spezie da distillato sono rimaneste solo le doghe di dove era conservato.

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Lasciamo invecchiare i bianchi
Me lo riprometto sempre ma, salvo alcuni Fiano e Verdicchio, difficilmente riesco a concedere a un vino bianco più di un paio d’anni di cantina. La questione riaffiora in me ogni qual volta incontro determinati vini e in questa serata uno in particolare mi ha fatto tornare la scimmia: il Sous Poids 2019 di Allante Boulanger, anch’esso soggetto a una forte speculazione (forse perché allievo di Labet, uno dei must producer in Jura). Questo, con un solo anno in più sulle spalle rispetto all’annata precedente bevuta a settembre, aveva la piacevolezza di quella 2020 ma anche una variabilità al calice che mutava minuto per minuto, dimostrando non solo una maggior complessità, ma anche la grandezza che in Jura solo nei bianchi puoi trovare; chissà con qualche anno in più cosa diavolo potrebbe tirar fuori dal cilindro, invece di “bruciarlo” così giovane forse sarebbe il caso di murarlo in cantina, ma prima bisognerebbe comprarlo, e ahimé, anche qui i costi…

Considerazioni conclusive. Serate come questa, oltre alla possibilità di provare vini irreperibili, permettono di esplorare una delle tante sfumature del piccolo ma variegato mondo del vino. In questo caso, un lato di nicchia, spesso esasperato da mode, hype e guru dell’ultima ora ma in cui trovi anche tanta eccitazione, quel fermento genuino che qualche vecchio babbione oggi critica aspramente ma che un tempo ha provato anche lui con altre declinazioni, senza le quali la passione finirebbe per degradare in una monotonia ben poco entusiasmante.



I vini della serata:

-Aurelien Lurquin – Coteaux Champenois Pinot Noir Les Forcieres 2020

-Domaine Lajibe – Serres Seques 2020

-Double Zero – Savigny-les-Beaune 2020

-Vignoble de Arbre Blanc – Le Petite Orgues 2018

-Les Granges Paquennes – Les Fees 2018

-Les Horees – Coteaux Bourguignons 2021

-Allante Boulanger – Sous Poids chardonnay 2019

-Daniel Sage – Aubreve ses Sillons 2017 (TCA)

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Simone Di Vito

Cresciuto a pane e corse automobilistiche (per via del papà pilota), sceglie la sostenibilità di bacchette, tamburi e corde grosse, tra batteria e basso elettrico. Si approccia al vino grazie a una breve carriera da scaffalista al supermercato, decidendo dopo anni di iscriversi ad un corso AIS. Enostrippato a tempo pieno, operaio a tempo perso. Entra in Intravino dalla porta di servizio ma si ritrova quasi per sbaglio nella stanza dei bottoni. Coltiva il sogno di parcellizzare tutto quel che lo circonda, quartieri di Roma compresi.

8 Commenti

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Stefano Cinelli Colombini

circa 3 mesi fa - Link

Andrei molto, molto piano a parlare di fermento genuino. E anche di babbioni che al loro tempo anche loro provavano emozioni vere, perché un conto è essere tra i primi a scoprire Schiopetto in un colle sconosciuto vicino alla frontiera e un conto è avere a che fare con questi. Intendiamoci, è pienamente legittimo creare bolle sul web, bravo chi lo fa e guadagnare è assolutamente lecito, ma qui di genuino non c'é nulla. C'é un abilissimo uso di strumenti di marketing forniti dalla più moderna tecnologia, uniti ad una ottima capacità di comunicazione; tutta roba molto sofisticata, che richiede specializzazione e molto, molto uso di mondo che non ha nulla di naïf. In contesti simili il vino è un epifenomeno e nulla più, siamo davanti a un lecito e morale lavoro da influencer. Poi naturalmente è interessante osservare ogni novità, ma per favore lasciamo perdere la retorica del genuino e dei giovani vs babbioni.

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marcow

circa 3 mesi fa - Link

Nella sua interessante rubrica internazionale di qualche settimana fa, Massimiliano Ferrari aveva riportato un articolo di Zachary Sussmann sui vini unicorno. Sul web trovai un altro articolo di Zachary Sussmann sempre sullo stesso tema. Lo ripropongo nel dibattito perché mi sembra notevole per le considerazioni che Zachary Sussmann sviluppa su questo argomento. https://worldoffinewine.com/news-features/unicorn-wines-5886866 ___ E molto interessante mi sembra il commento di Stefano Cinelli Colombini. ___ A parte qualche sbavatura sottolineata da Stefano Cinelli Colombini, l'articolo contiene comunque alcune considerazioni che gettano un po' di luce sul fenomeno dei CD. Vini Unicorno. Tra l'altro nell'articolo vengono stroncati alcuni vini e questo non è un fatto che avviene spesso nei wine blog italiani: quasi mai. C'è l'abitudine, da parte della critica eno-gastronomica italiana, di segnalare soltanto i vini che piaccionone di tacere sui vini che non piacciono. Un modo comodo di svolgere un'attività di grande importanza, quella della CRITICA.

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Cosimo

circa 3 mesi fa - Link

Non trovo nulla di negativo nello stroncare alcuni vini

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Andrea

circa 3 mesi fa - Link

Credo sia un bene che molti di questi vini rimangano unicorni. Così i produttori ( molti, non tutti, perché gli unicorni di DRC li berrei volentieri) non si sputtanano troppo ed il consumatore che vive nell' arazzo può continuare a vivere la sua fiaba.

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franco

circa 3 mesi fa - Link

Mi fa piacere tu abbia parlato apertamente con nomi, cognomi e difetti di vini il cui costo è insensato... che desolazione comunque bere una delle uniche 300 bottglie prodotte e non poterne parlare praticamente con nessuno! É per questo che poi faccio fatica a credere ai paragoni con vini altisonanti o a descrizioni entusiastiche... mi vieneanche da dire: pazienza, tanto per una o l'altra ragione non riuscirò a berlo (e non è la storia di Esopo)... Vini unicorno ma suona bene anche "vini fantasma".

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Vinogodi

circa 3 mesi fa - Link

... per la stragrande maggioranza dei casi, 'sti vini unicorno, se contestualizzati con i veri "grandi vini" , fanno la figura di mer*a. Esperienza personale sostenuta da una matta , se non ossessiva , propensione alla ricerca dei vini unicorno, per enoperversione ormai conclamata, dopo avere avuto la fortuna di avere bevuto tutto . Se bighelloniamo per la campagna parmense, 20 oppure 30 agricoltori che producono vini unicorno li raccattate. Ok , un pochetto discutibili, ma vi assicuro che sono poche centinaia di bottiglie da bilancio di massa certificato. Non per questo e' necessario sfracassare i maroni alla stregua del Vermentino da 1200 Euro o altri vinelli posizionati male solo per bravura di un marketing d'accatto ed una flotta sempre maggiore di enoimbecilli che pascolano indisturbati , anche negli ecosistemi meno sospetti... , anche fra i blog cosiddetti di appassionati. Scusate la franchezza...

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mariazzo

circa 3 mesi fa - Link

se questi vini unicorno costano 200€ la boccia e sanno di brett o hanno volatile alta. felice che rimangano unicorno. :D ahahahah

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Vinogodi

circa 3 mesi fa - Link

...stimolati dall'argomento, il 25 Febbraio facciamo una bella panoramica di unicorn wines ...seri...

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