La Mappa delle Contrade dell’Etna è un lavoro straordinario. Tutti i dettagli

La Mappa delle Contrade dell’Etna è un lavoro straordinario. Tutti i dettagli

di Jacopo Manni

Quando nasce la mappa di un territorio interessante nel mondo del vino, il nerd senza speranze inizia a sbavare come davanti alla Venere del Botticelli. Non stiamo qui a dire che il Consorzio Tutela Vini Etna DOC sia oggi la novella famiglia Medici che commissiona a un Botticelli tal capolavoro, ma per il mondo del vino è davvero un bel giorno.

L’Etna è un’isola nell’Isola. È una visione possente che ti fa pensare ad un gigante saggio, con i 3.300 m di altitudine e i 45 km di diametro del suo cono. Un gigante vivo. Perché anche se il legame/vincolo con la cultura siciliana è millenario, il caro vecchio Mungibeddu, o ‘a Muntagna, è ancora portatore di grande energia vitale. E di cambiamento. L’attività di emissione di ceneri e di eruzione lavica del vulcano è inarrestabile e in continuo movimento, e questo determina cambiamenti catastali determinanti poi nella definizione di quelle menzioni geografiche che qui vengono chiamate Contrade. L’idea della mappatura è nata proprio con l’intento di fotografare il territorio etneo attraverso lo sfaccettato mosaico delle contrade che cingono l’area vitivinicola presente ai piedi del vulcano da Nord a Sud.

L’identificazione delle contrade sino ad oggi si basava sull’interpretazione di vecchie carte catastali, con curve di livello mai aggiornate e limiti territoriali che oggi non esistono più proprio a causa della continua attività eruttiva dell’Etna. La nuova mappa è stata realizzata a partire da recenti rilievi topografici che sono stati poi sovrapposti a layer cartografici costruiti attraverso più rilevamenti con strumentazioni GIS (Geographic Information System).

 

I NUMERI 

L’Etna è un territorio straordinario dal punto di vista enologico e non da oggi. Stiamo parlando di una delle Doc più antiche d’Italia. L’Etna Doc nasce infatti nel 1968 e negli ultimi venti anni vede costantemente in aumento il numero di produttori e di ettolitri prodotti, segno inequivocabile di successo.

Nel 2021 sono stati imbottigliati all’interno della denominazione circa 33.921 ettolitri di vino, pari a poco più di 4 milioni e mezzo di bottiglie. Con 18.203 ettolitri la tipologia Etna Rosso è la più importante in termini quantitativi all’interno della denominazione, cui si aggiungono 199 ettolitri di Etna Rosso Riserva. A seguire, le tipologie Etna Bianco (11.216 ettolitri), Etna Rosato (2.666 ettolitri), Etna Spumante Bianco (748 ettolitri), Etna Bianco Superiore (446 ettolitri) e Etna Spumante Rosato (440 ettolitri). Il numero di viticoltori presenti all’interno della denominazione è di 383, mentre la superficie rivendicata è di 1.184 ettari (dati 2021).

L’area di produzione si estende a Nord, Est e Sud del vulcano ed è localizzata nei territori di 20 comuni della provincia di Catania: Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Ragalna, Belpasso, Nicolosi, Pedara, Trecastagni, Viagrande, Aci S. Antonio, Acireale, Santa Venerina, Giarre, Mascali, Zafferana, Milo, Sant’ Alfio, Piedimonte, Linguaglossa, Castiglione e Randazzo. L’unica eccezione è l’Etna Bianco Superiore, la cui produzione è consentita nel solo comune di Milo.

Attualmente, il Disciplinare di Produzione riconosce all’interno di tutta l’area 133 Contrade, legalmente equiparate a menzioni geografiche aggiuntive.

 

LA MAPPA

Mappa Etna DOC fronte

La nuova mappa nasce dall’esigenza di una nuova e rigorosa ricognizione del territorio che era oramai necessaria soprattutto per l’aggiornamento dei confini in un territorio vivo e in continuo cambiamento morfologico. Ma anche dal futuro desiderio di creare una ancora più approfondita opera di zonazione. Che la mappa fosse necessaria lo dimostra lo studio propedeutico alla mappatura che ha portato all’individuazione di 9 nuove contrade, che sono state inserite nella nuova mappa e che saranno ufficialmente inserite nel prossimo aggiornamento del disciplinare di produzione.

La nuova Mappa delle Contrade cataloga e raffigura quindi oggi 142 Contrade, suddivise nel territorio di 11 comuni (le contrade non sono localizzate in tutti i comuni che rientrano nel territorio della denominazione): 25 a Randazzo, 41 a Castiglione di Sicilia, 10 a Linguaglossa, 13 a Piedimonte Etneo, 8 a Milo, 4 a Santa Venerina, 20 a Zafferana Etnea, 9 a Trecastagni, 6 a Viagrande, 1 a Santa Maria di Licodia, 5 a Biancavilla.

 

I VERSANTI

Mappa Versanti Etna DOC

Oltre alla mappatura delle Contrade il Consorzio Etna Doc ha redatto una mappatura più dettagliata anche dei Versanti, ciascuno con le proprie contrade, la propria diversità e unicità per i vini targati Etna DOC.

L’area della DOC, un semicerchio che avvolge il vulcano da nord a sudovest in senso orario, è caratterizzata da una grande variabilità in termini di esposizione (e dunque di intensità e durata della luce solare), altitudine, piovosità, ventilazione, escursione termica e tipologia di suolo vulcanico. Ecco perché, da versante a versante, le peculiarità dei vini possono variare notevolmente.

Versante Nord

È il territorio che ospita il maggior numero di produttori della DOC, grazie alla sua vasta area vitabile o già vitata, alla sua conformazione con pendenze più docili e alla sua spiccata vocazione. Caratterizzato da un clima relativamente più rigido, mitigato in parte dalla protezione assicurata dalle catene montuose dei Peloritani e dei Nebrodi, è il versante con il limite massimo di altitudine più basso con 800 m s.l.m. È notevole l’escursione termica. Vi si coltiva prevalentemente il nerello mascalese ma nell’ultimo decennio si è molto diffuso anche il carricante, entrambi allevati sia ad alberello che a spalliera.

Versante Est

È un versante estremamente ripido, digradante verso il mar Ionio. La presenza ravvicinata del mare è l’elemento che identifica quest’area nel panorama della DOC etnea, e che ne condiziona paesaggio e clima, portando abbondante piovosità e ventilazione. Sono quasi assenti le grandi estensioni e prevalgono quindi piccoli e medi terrazzamenti, con vigneti allevati ad alberello che arrivano a toccare i 900 m di altitudine. È l’unico versante in cui la presenza del carricante è notevolmente superiore a quella del nerello mascalese. Eleganza, freschezza, sapidità, finezza e longevità sono i tratti fondamentali dei vini prodotti qui.

Versante Sud-Est

Questo versante è caratterizzato dalla presenza di numerosissimi coni eruttivi ormai spenti, che ospitano i vigneti più ad alta quota. Climaticamente, beneficia sia dell’influenza del mare che di un’eccellente luminosità. Per via della sua conformazione, è molto diffuso il sistema di allevamento ad alberello. Sia il nerello mascalese che il carricante trovano condizioni ideali, raggiungendo una maturazione ideale con grande regolarità. I vini sono caratterizzati da grande equilibrio e sapidità.

Versante Sud-Ovest

Versante con notevolissima escursione termica, vista la distanza dal mare, specialmente alle quote più alte, che qui possono superare i 1.000 m. Meno piovoso di altri territori dell’Etna DOC e battuto da venti più caldi, questo territorio gode di grande intensità di luce e di lunghissima esposizione ai raggi solari. Le condizioni pedoclimatiche sono eccellenti per la coltivazione del nerello cappuccio e del carricante. Il nerello mascalese qui dà origine a vini con colori meno scarichi, profumi pungenti e spiccati e un profilo più rustico, con tannini ben presenti.

 

Questo lavoro straordinario è solo l’inizio. Una prima mappa su scala ridotta che nel tempo sarà ulteriormente aggiornata per valorizzare le differenziazioni territoriali in maniera ancora più precisa. Un primo passo per il futuro lavoro di zonazione che il Consorzio sta predisponendo insieme all’Università di Catania e all’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Un nuovo progetto che ha come obiettivo dichiarato il conoscere sempre meglio le caratterizzazioni di ogni singola Contrada. Con l’idea di andare ancora più in profondità nel rilevare le differenze presenti all’interno della denominazione, per interpretare al meglio tutte le variabili presenti all’interno delle singole Contrade in modo dettagliato, sulla base delle differenze che ci sono tra suoli, altitudini, microclimi.

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Jacopo Manni

Nasce a Roma ma si incastella a Frascati dove cresce a porchetta e vino sfuso. L’educazione adolescenziale scorre via in malo modo, unica nota di merito è aver visto dal vivo gli ultimi concerti romani dei Ramones e dei Nirvana. Viaggiatore seriale e campeggiatore folle, scrive un libro di ricette da campeggio e altri libri di cucina che lo portano all’apice della carriera da Licia Colo’. Laureato in storia medievale nel portafoglio ha il santino di Alessandro Barbero. Diploma Ais e Master Alma-Ais, millantando di conoscere il vino riesce ad entrare ad Intravino dalla porta sul retro.

8 Commenti

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Stefano Cinelli Colombini

circa 1 anno fa - Link

Come ci ricorda il fondatore della semantica (mica l'ultimo fesso) Alfred Korzybsky, la mappa non è il territorio. Eppure, quanto piacciono quelle belle tavole colorate! La passione umana per la semplificazione è travolgente, una netta separazione con colori accattivanti e ben definiti illude il lettore di poter dividere tutto (e nettamente) in buono e cattivo, e che la realtà si possa piegare a stabili graduatorie in cui in un certo luogo si produrrà infallibilmente quello quello, con caratteristiche certe, e in quello accanto qualcosa di sempre diverso! La mappina rassicura, da illusori punti di riferimento certi in una realtà che non ne ha e che, per questo, spaventa. Beata fanciullaggine! A parte il fatto che i terreni non sono mai divisi così nettamente, erosione, sommovimenti tettonici e svariati altri fattori rimescolano tutto spesso peggio della zuppa inglese, ma il suolo è solo uno dei fattori; quella mappa andrebbe sovrapposta e valutata insieme a quella della piovosità, quella delle temperature, quella della attività biologica dei terreni (che però cambia continuamente, in funzione delle altre e dell'attività antropica) e poi c'è il fattore umano. Solo l'iterazione, molto complessa e variabile, di questi fattori permette una valutazione delle singole parcelle. In altre parole, la singola mappa non serve a una beata ceppa e per capirci qualcosa occorre una lunghissima esperienza di quei terreni e di come reagiscono a quel clima, e a volte manco basta. Ma tutto questo poi in realtà è fuffa pura, perché siamo in tempi di Climate Change che sta introducendo un fattore di complessità in più. E non esattamente piccolo. La realtà è che fare il vino è sempre stato un mestiere complesso, e in tempi di climi impazziti come questo lo è ancora di più: scordatevi le mappine colorate, occorre tanto duro lavoro sul campo, tanto intuito e, last but not least, tanta fortuna. Bevete, e giudicate da soli sulla base di ciò che trovate nel bicchiere; quella è l'unica bussola.

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Giuseppe Costantino

circa 1 anno fa - Link

Totalmente d'accordo. Per me queste considerazioni valgono anche per altri territori, Barolo e dintorni, ampiamente catalogati e vivisezionati.

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Jacopo Manni

circa 1 anno fa - Link

Ciao Stefano ti stuzzico:
1. L'opera di Korzybski culminò nella fondazione di una nuova disciplina che chiamò General Semantics (GS, "Semantica generale"), da non confondersi con la semantica. fonte wikipedia

2.Nel suo lavoro più importante, Science and Sanity (1933), Korzybski afferma che il progresso umano è dovuto in gran parte a un sistema nervoso più flessibile, che è capace di formare e usare rappresentazioni simboliche o mappe. Il linguaggio, per esempio, è un tipo di mappa o modello del mondo che ci consente di riassumere o generalizzare le nostre esperienze e di trasmetterle ad altri, evitando che ripetano gli stessi errori o che inventino nuovamente qualcosa che è già stato scoperto.
Korzybski sosteneva che questo tipo di abilità linguistica di generalizzare, caratteristica degli esseri umani, giustifica il nostro formidabile progresso rispetto agli animali, ma il fraintendimento e l’uso scorretto di questo meccanismo simbolico è anche responsabile di molti dei nostri problemi. Egli riteneva che gli esseri umani avessero bisogno di essere opportunamente istruiti nell’uso del linguaggio, per prevenire la confusione e gli inutili conflitti che sorgono quando si scambia la mappa per il territorio.
fonte Robert Dilts
Condivido in parte alcune cose che hai scritto e sono d'accordo che la mappa non è il territorio certo ma è una necessità per l'essere umano atavica e che ha portato sempre civiltà e conoscenza.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 1 anno fa - Link

Ho letto qualcosina di Korzybsky, e anche di Chomsky che ne ha portato avanti alcuni temi, ed è molto chiaro sul rischio dell’uso improprio delle “mappe”. Intese nel senso più vasto. Questo che tu hai fatto ricade pienamente nella casistica. Una bella rappresentazione, ma solo di una parte, scambiata per strumento per capire una realtà complessa. È come fare una diagnosi di una malattia da soli, basandosi sui soli raggi X. Eh, no, non si può. Non si deve. Le realtà complesse richiedono strumenti di analisi che la valutano da molteplici punti di vista, lette da chi è competente e ha esperienza e studio della materia. Tipo un medico specialistico per un set completo di analisi. Altrimenti si va sulla “diagnosi di internet”, che troppi morti fa ogni giorno. Queste semplificazioni “fai da te” non vanno incoraggiate.

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Invernomuto

circa 1 anno fa - Link

Vista in anteprima un po' di tempo fa, gran lavoro, chapeau

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Pezzo utile, preciso, ben fatto. Grazie Jacopo!

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leonardo

circa 1 anno fa - Link

Premesso che Cinelli Colombini qualche ragione la ha, a mio modesto parere, ritengo che sia sempre più utile avere una mappa del genere piuttosto che non averla, sulla scorta del Barolo, Barbaresco e adesso anche del Chianti. Quantomeno il bevitore conosce almeno la geografia del vino (e tante altre cose ancora ovviamente). Io invece vorrei proporre una domanda che potrebbe essere off-topic ma che mi faccio spesso. Perché gli Etna non passano dalla Doc alla Docg con norme più restringenti, sulla base della storia dei territori, un pó come avviene in Borgogna anche se in maniera diversa, a cui aggiungere obbligatoriamente l’indicazione della sottozona nelle etichette (per i Docg), lasciando invece i territori un pó meno vocati, mi si passi il termine, alla Doc?

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Rolando

circa 1 anno fa - Link

Avere una mappatura completa di un territorio è sempre un passo avanti nella conoscenza. Forse non è così necessario per il vignaiolo che cammina fra i suoi filari e ci spacca la schiena, ma avere una panoramica dall'alto, una meta-panoramica insomma, può essere un passo utile. Certo, una mappa statica diventa obsoleta in breve tempo, e più che una fotografia sarebbe necessario un film. Ma da qui può nascere la costruzione di un sistema dinamico, a cui sovrapporre proprio quei dati di cui parlava Stefano nel suo primo commento; da satellite è possibile avere anche mappe multi-spettrali da analizzare, ad esempio, o lo storico dei movimenti tellurici o altro ancora che non so. Servirebbe? Credo che avere a disposizione un maggior numero di strumenti sia sempre una buona cosa.

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