Cadice e meraviglia (tra gatti e bovindi)

Cadice e meraviglia (tra gatti e bovindi)

di Emanuele Giannone

Se tu mai mi chiedessi in quale città meno che eterna vorrei vivere, tolto l’ultimo comune libero in Italia nonché eletta Enòpolis personale, quello arresosi più alla pace di Cateau-Cambrésis che alla fame, ti risponderei: in una città ugualmente sveglia, acculturata e crapulona ma, a differenza della mia, piena di bovindi. Tale potrebbe essere una tra Merano, Stoccolma, Zwickau, Helsinki o Cadice ma, con tutto il rispetto per le città del Wine Festival, di Strindberg e della Trabant (nonché di Schumann), il cuore batterebbe decisamente finnico e ancor più andaluso.

“A Cadice – dice José il tassista – scavi un metro sotto terra e trovi anfore romane, utensili fenici e persino un teatro intero”, il che suona assai familiare perché è il più classico dei pretesti coi quali si giustifica, nella Città Eterna, l’eternità dei cantieri. A Cadice, tuttavia, i cantieri sembrano meno invasivi ed eterni di quelli che segnano il tempo e i viali di noi figli di Rea Silvia (e Acca Larentia).

Così, quando un direttore del museo gaditano si pose anni fa alla ricerca dell’alcazaba – l’al-qasbah, cioè la cittadella araba – finì per scoprire il secondo maggior teatro romano (1) in Spagna dopo quello di Cordoba nonché secondo più antico tra quelli della Roma imperiale dopo il Teatro di Pompeo, il quale è universalmente noto per l’inflazione di cartoline, calendari e altri souvenir con immagini di gatti colonizzatori di rovine. Anche Cadice ha almeno una nutrita e pittoresca colonia di gatti: però sono prevalentemente rossi, forse perché inclini all’endogamia; e sicuramente più furbi dei romani in quanto, anziché insediarsi tra orde di turisti in attesa del 64 e degli Hop-on Hop-off e tra mezze colonne, mezzi plinti e altre dadolate di marmi e travertini, hanno colonizzato il Campo del Sur, l’arioso lungomare che sembra una versione ridotta del Malecón all’Avana e fa il paio per popolarità con l’altro gaditano, quello di spiagge, verande e chiringuitos, ovvero il Paseo Maritimo che corre lungo l’istmo.

 

Campo del sur

 

Già qui possiamo lasciare per un attimo da parte bovindi e gatti e guardarci intorno. Campo del Sur: davanti, la prospettiva sulla strada, le facciate variopinte, le cattedrali vecchia e nuova, il teatro; di qua l’Atlantico, di là il barrio dal nome assai propiziatorio di la Viña. Addentrandosi appena nella Viña si giunge presto al Faro de Cádiz, locale doppio – barra de tapeo e ristorante – cui si aggiunge, a due passi di distanza, un salón de celebraciones, con sede nel Baluarte de los Mártires, un fortino del secolo XII affacciato sulla spiaggia della Caleta e sul Castello di San Sebastiano col suo faro (2). Al Faro non è il caso di allarmarsi, come sarebbe opportuno a Trastevere o Piazza Risorgimento, alla lettura dell’avviso, qui composto in piastrelle, sulla parete accanto alla porta d’entrata: restaurante tipico.

 

Restaurante tipico

 

L’insegna non è un facile espediente acchiappaturisti: la fama del Faro è consolidata tanto tra i locali, a cominciare da José il tassista, quanto tra i pellegrini alloctoni. Il menù è da supplizio di Tantalo (3), la carta dei vini di piena soddisfazione. La brigata di sala, nutrita e organizzata, lavora sotto lo sguardo severo di un señor dalla canizie elegante e imbrillantinata; ispira una fiducia che erompe, al cospetto della cameriera e al momento del vino, nel meglio del mio spagnolo di sopravvivenza: «Empezaríamos con un espumoso nacional. Dejo que lo elija usted».

Lei sorride alla pronuncia sghemba e consiglia il Cava Mestres Clos Nostre Senyor Gran Reserva 2009 Brut Nature (macabeu, xarel-lo, parellada), 5.000 bottiglie da vigneto ultracinquantenario, naso di cioccolato bianco, brioche, passolina e mandorla tostata, bocca fine e cremosa con attacco in crosta di pane, nocciola e croissant, quindi caffè, mirabella e cedro candito, dritto e di lunghissima persistenza al sorso ma, soprattutto, buonissimo: accorda su sorrisi e schiocchi di lingua e slurp e wow un australiano d’origine italiana, un olandese di cittadinanza e lungo corso statunitensi, una statunitense doc, un partenopeo e un capitolino, il che la dice molto più lunga delle lenzuolate di riconoscimenti.

Il Cava accompagna (in lingua originale, senza sottotitoli): tortillitas de camarones, dados de atún rojo salvaje marinados ligeramente picantes con sésamo, ensalada de langostinos (servita con vinaigrette al Pedro Ximenez), ensalada de pulpo a la mostaza antigua, carabineros (gamberi) al Brandy de Jerez, daditos de pescado en tempura con mayonesa cítrica, ostriche di Cadice (fuori menù).

Non esistono foto perché trattavasi ufficialmente di cena di lavoro tra gente molto importante, ovviamente escluso il sottoscritto; quindi, vigeva l’obbligo di attenersi alle convenienze professionali piuttosto che alla malacreanza da gastronauta. Spazzolato il primo giro, con gli ordini del plato principal viene suggerito il Priorat Nelin 2018 Clos Mogador (garnacha blanca e macabeo, minimo saldo di viognier e pinot nero), 8000 bottiglie da vigneto a 350 mslm su ardesie. Una piccola, idiosincratica gemma bianca, sfaccettata e ben strutturata, dal naso di frutta bianca, mela golden, cedro, camomilla, cera d’api e finocchio selvatico, imperlata di più lievi e linde note ossidative e marine. Al sorso è energico e pieno tanto di materia, quanto di freschezza e slancio, connotato da grande presa, personalità e rispondenza aromatica. Finale di grande persistenza su sale, miele, crema di limone e una deliziosa punta d’amaro. Nel mio caso il Nelin ha innaffiato una generosa porzione di arroz caldoso (riso brodettato) de pescado y marisco al estilo de Cádiz. Sipario con Oloroso per me e – tenetevi forte – una grappa friulana per la gente molto importante. ¿Puede llamarme un taxi? Buonanotte con ampi sorrisi.

Il giorno seguente, partendo nuovamente dalla Viña, tra lo struscio sul Campo del Sur e il taglio per l’interno preferisco la prima soluzione: veduta e brezza sono carezze che allettano. Ma tu viandante, se giungi a Cadice, scegli pure la seconda, se preferisci. In ambo i casi bastano pochi minuti per intercettare la lunga Calle Sagasta dove i gatti sono pochi, i bovindi molti, le luci soffuse a una certa maniera praghese, l’atmosfera si presta a vagheggiamenti e fantasticherie di amori stregoni, cappelli a tre punte, versi di marineros en tierra e memorie di arboledas perdidas, frammenti dal De Re Rustica, fragranze di tapas e fritture e soprattutto una trasognata, agiata, dorata lentezza.

 

Sagasta

 

Tra un bovindo e l’altro, mantenendo lo sguardo verso l’alto si scopre che al civico 19 abitò Manuel de Falla. Poco oltre appare la facciata della chiesa di San Lorenzo Martire, col mirabile azulejo. All’incrocio con la Calle Sacramento la scelta si fa tripla tra l’Oratorio di San Filippo Neri piegando a sinistra, la Torre Tavira a destra oppure, lasciandosi l’incrocio alle spalle, la zona delle piazze San Francisco, il salotto, e de Mina, il sontuoso giardino dove – rieccolo – nacque De Falla, che evidentemente prediligeva i traslochi a corto raggio (salvo a un certo punto trasferirsi definitivamente a Granada).

 

Falla

 

Mancano però almeno due altre piazze storiche: quelle che forniscono il più svergognato dei pretesti per dirigersi verso l’agognata mèta occulta della passeggiata: subito giù, quindi, per Calle Rosario verso la Plaza Candelaría, altro bellissimo giardino, e l’animata Plaza de Las Flores, fissando il desiderio alla meta e gli occhi ai bovindi per resistere alle tentazioni di tabernas, pastelerias, freidurias, restaurantes e bar subdolamente posti sul cammino, alcuni dei quali con nomi veramente irresistibili: La Gorda te da de comer, Los platillos volantes, Sonámbulo oltre all’eterno, golosissimo e insidiosissimo El Cañon – Bar Ultramarinos. Sono indirizzato alla Taberna la Sorpresa, tappa fissa di ogni trasferta gaditana.

A meno quattro dal settantesimo anno di esercizio, La Sorpresa, che in precedenza fu Casa de la Camorra – ma non pensate male, era solo un salone di chiacchiere e letture – conserva gli interni da vecchio ultramarinos (drogheria) e offre conserve e preparazioni di pesce, su tutti il tonno, di straordinaria fattura, accompagnate da un’ampia selezione di vini spagnoli, con lo Sherry in primis: i tonnòfili possono scegliere tra tartar, carpaccio al ceviche tabernero, sashimi hispano japonés, solomillo de atún mechado, hueva en salazón, mojama en salazón. Gli amanti dei vini fortificati, affamati o meno, possono godere di quella che mi pare la miglior mescita di fortificati a Cadice, selezionati dalla casa tra quelli vari produttori di Sanlúcar de Barrameda, Puerto de Santa María, Jerez, Chipiona (il Moscatel) e Chiclana de la Frontera (i Finos, in particolare la chicca del Reguera di Bodegas Vélez), travasati e qui spillati da scenografici caratelli alle spalle del bancone: Manzanilla fina e pasada, Fino, Oloroso, Amontillado, Moscatel e Pedro Ximénez. Con l’aggiunta dell’ampia selezione di bottiglie, alle quali è dato attingere, la scelta ammonta a una giornata piena o anche due di bevuta sopra i 15°. Per chi volesse intercalare con qualcosa di più leggero, è curata anche l’offerta di Rioja, Ribera del Duero, Rueda, Somontano (Huesca, Aragona) e ovviamente della provincia di Cadice, in particolare Albariño.

Confesso d’aver mangiato e bevuto smodatamente, alla Sorpresa. Tra l’altro, trattandosi in questo caso di visita in solitaria e non cena di lavoro, posso documentare.
matrimonio

Matrimonio (filetti di acciuga e sardina con pimenton dulce, olive e crema di formaggio di capra)
matrimonio

 

Mariposa de anchoa de Santoña (Cantábrico) + lomo de orza (filetto di maiale marinato in olio e pesto di aglio, anice, peperoncino, cumino, origano e peperone, quindi affettato e cotto nella marinata, poi conservato sott’olio. Qui guarnito con jamon serrano).
hueva
Hueva de maruca + mojama de atún

ventresca

Sashimi de ventresca de atún + sashimi de atún (serviti con olio, salsa di soia o garum, un potentissimo wasabi)
atun mechado
Atún mechado (tonno macerato in acqua fredda e aceto, quindi scottato in un soffritto di olio, cipolla, aglio, alloro, cumino, peperoncino e vino bianco).
boqueron
Boquerón en vinagre (acciuga) + patatera (insaccato extremeño a base di carne e grasso di maiale, patata, peperoncino e peperone).
Per accompagnamento i vini della casa: il Fino freschissimo, citrino, floreale e croccante di sale; la Manzanilla fina, sapida e nettante, dal bouquet di fiori secchi, agrumi e frutta da guscio; la pasada, rotonda e profonda, con note nette di camomilla, fico e mandorla; l’Amontillado, squisito, iper-classico nei profumi di erbe officinali, noce, tabacco, frutta candita e spezie, pregevole per persistenza e freschezza dopo il calore iniziale; l’Oloroso, dal ventaglio aromatico se possibile ancor più ampio, con cuoio, cortecce, alga, cumino e tartufo a ornare la frutta secca e candita. Tempi e gioia supplementari, in questo caso da una bottiglia e non dalle botas domestiche, con il Palo Cortado Península Seco Emilio Lustau (palomino, 12 anni di crianza tra biologica e ossidativa): splendida veste ambra, al naso bouquet complesso, intenso e soprattutto invitante con note salmastre e di noce, mandorla, caramello, cedro candito, salagioni, zafferano e cuoio. Bocca di grande concentrazione, grassa e calorosa nella prima sensazione (19°), poi subito fresca e sapidissima, tesa, equilibrata per la naturale fusione di dolcezze e durezze. Il sorso evolve lento, ricco di dettagli, con note agrumate, rancio, fondi di caffè, pepe verde e alga ad arricchire il profilo già ampio goduto all’olfatto. Finale lungo, elegante, sale e mandorla con scorze d’agrume candite e affumicato. La controetichetta ne decanta l’eleganza da Amontillado unita alla potenza dell’Oloroso. Concordo.

Lustau

Cadice è una città bellissima, stratificata, compresa della sua lunghissima storia ma non prona a vanti e nostalgie. È pulsante di vita, dinamica e gaudente sotto la sua atmosfera trasognata. È accogliente e ha un clima benedetto. A me è da lunghi anni particolarmente cara, nonostante mi regali quasi sempre finali di serata in cui una certa rassegnazione si infiltra nella bellezza e nella gioia delle sue coste solatie, delle sue piazze, delle sue brezze all’occaso e di una certa stazione radio capace di salutare il giorno nuovo trasmettendo El cant dels ocells nella versione di Bernat Vivancos alle cinque di mattina (4).

Vorrei vedervi, al posto mio, se foste destinati ogni sera a far ritorno, después del paseo por el Casco Viejo, non a un hotel, un hostal o una pension, bensì a questa cosa qui sotto, che non è casa.

nave

(1) Il Teatro di Balbo
(2) A chi si trova a Cadice e va per bastioni, raccomando anche il passaggio al Baluarte de la Candelaria e per i due giardini in cui è incastonato: il Parque Genovés e i giardini dell’Alameda Apodaca. Se vi piacciono i ficus, vi pianterete le tende.
(3) Date un’occhiata qui: https://www.elfarodecadiz.com/nuestra-carta.php
(4) https://www.youtube.com/watch?v=bBzaYmJO81M

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

10 Commenti

avatar

Stefano Cinelli Colombini

circa 2 anni fa - Link

Non sapevo che De Falla fosse nato lì, punto importante a favore. Altrimenti avrei preferito Cartagena, il fascino della capitale dei Barcidi....

Rispondi
avatar

Emanuele

circa 2 anni fa - Link

Eh già. E giacché sei comparso proprio tu, saluti all'eletta Enopolis personale.

Rispondi
avatar

marcow

circa 2 anni fa - Link

Leggo sempre con piacere le belle descrizioni delle...CITTÀ di MARE... che, per il lavoro interessante che svolgi, raggiungi e vivi per qualche settimana. Le conservo insieme alle altre città di mare che ho visitato o che vorrei visitare. Ho memorizzato anche il suggerimento ottimo di Stefano Cinelli Colombini. Sei nell' Arsenal de la Carraca? Saluti

Rispondi
avatar

Emanuele

circa 2 anni fa - Link

Per fortuna no: dalla stazione navale della Carraca, che è a San Fernando, fino a Cadice ci vuole una mezz'ora in auto. Già va meglio quando tocca in sorte il cantiere di Puerto Real, che dista molto meno dalla città. Va benissimo quando la nave è in bacino nel cantiere cittadino: 10 minuti a piedi per uscire, altri 10 fino al Barrio Pópulo.

Rispondi
avatar

davide fallani

circa 2 anni fa - Link

Salve ho rivisto lo stesso gatto rosso di fine ottobre 2021. Complimenti.

Rispondi
avatar

Giuseppe

circa 2 anni fa - Link

Cadice mi e` davvero piaciuta molto, citta` ricchissima di storia e ho davvero apprezzato la calma e la dolcezza che si assaporano camminando tra le sue calle e sui pasei marittimi. Non avevo notato i bovindi (che erano una fissa dei miei genitori che lo volevano fare al balcone della nostra casa di un tempo e che da bambino mi resto` impresso causa strano nome). Ho indugiato invece a lungo nella piazzetta all'ombra dei ficus portentosi seduto sulle panchine di azulejos, grazie per il bel ricordo che mi fai tornare in mente. Ho conosciuto e apprezzato l'intera area che va da Tarifa a Sanlucar e relativo entroterra che e` anche il piu` significativo per gli appassionati di vino, mentre mi manca del tutto l'ultimo pezzo fino al confine portoghese con Huelva e dintorni, immagino meno interessante ma forse mi sbaglio, c'e` qualcuno che lo conosce e puo` raccontarci qualcosa? Buona domenica a tutti PS - non dev'essere cosi` male dormire in una nave - sebbene in costruzione/manutenzione

Rispondi
avatar

Giacomo

circa 2 anni fa - Link

Genova è più vicina e costa meno, volendo mare, buon cibo e vino mediocre.

Rispondi
avatar

hakluyt

circa 2 anni fa - Link

Ma a Genova bovindi ce ne stanno ???

Rispondi
avatar

Paolo A.

circa 2 anni fa - Link

Che Genova sia meno cara di Cadice ho dei forti dubbi. O che in generale l'Italia sia meno cara della Spagna. Purtroppo è esattamente il contrario.

Rispondi
avatar

marcow

circa 2 anni fa - Link

@ Hakluyt (Dal Link) Curiosando in via XX Settembre... GENOVA "Via XX Settembre, nel centro della città, è la via dei negozi e delle catene di abbigliamento, luogo di passeggio dei Genovesi; ma oltre ai negozi c’è di più e percorrendola si incontrano tante cose interessanti e curiose" [...] "Se proseguite in salita fino a piazza de Ferrari scoprirete un mondo di trifore neogotiche e di cornici in stile liberty, di....BOVINDI... e di cupolette". https://www.stupiscitiagenova.it/curiosando-in-via-xx-settembre/ @ Giacomo Amo Genova e la conosco molto bene. Insieme a Venezia tra le più belle Città (di Mare) d'Europa e del Mondo. Forse non tutti sanno, anche in Italia, quanto sia bella Genova mentre è indiscussa quella di Venezia(che è, senza alcun ombra di dubbio, bellissima). Forse Paolo A. dice una triste verità. Una verità amara(di quanto sia cara la vita nelle città italiane) che forse non si percepisce molto guardandola dal punto di vista del vino... dove si leggono un giorno si e un giorno no... prezzi medio alti, alti, altissimi e...stratosferici(v quelli da oligarchi).

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.