Noi iniziamo a riusare le bottiglie (e provate pure a scoraggiarci)

Noi iniziamo a riusare le bottiglie (e provate pure a scoraggiarci)

di Tommaso Ciuffoletti

Non sapevamo che fosse impossibile e così l’abbiamo fatto.

È questa la premessa ad una piccola, piccolissima, microscopica scelta che abbiamo trasformato in realtà: il riuso delle bottiglie dei nostri vini. Piccola, piccolissima, microscopica, ma rivoluzionaria. A partire dalle prossime annate che metteremo in commercio, le bottiglie vendute nel ristorante prossimo alla cantina (e nostro miglior cliente con circa 500 bottiglie ogni anno) verrano recuperate per il riuso e l’intenzione è di estendere questa pratica a tutti i clienti sul territorio del comune di Sorano (dove si trova la cantina) e coinvolgere altre cantine della zona per aumentare l’impatto positivo di questa pratica.

Perché farlo?

Riuso delle bottiglie. "Non tutto è da buttare"

Riuso delle bottiglie. “Non tutto è da buttare”

Viviamo in un mondo in cui, da un punto di vista economico, conviene distruggere una bottiglia per ricrearne una identica, invece che riusare quanto già esiste.

Tutto ciò è perfettamente coerente con l’epoca in cui viviamo, il wasteocene o l’era degli scarti. Credo che anche solo per questo sia necessario pensare ad un modello radicalmente diverso ed il semplice riciclo, per quanto sia già qualcosa, non è tuttavia quel cambio di prospettiva da auspicare. Perché una bottiglia è già lì, non serve distruggerla per ricrearne una identica, sprecando energia, trasporto, producendo emissioni… la si può pulire, sigillare, riusare [1].

Sono anni che ho questo pallino e sono anni che ogni volta che propongo questa idea vengo sommerso da opinioni negative di improvvisati esperti di LCA ed emissioni di CO2. Un vacuo profluvio di se, ma, però, e fondamentalmente di “non so che caxxo sto dicendo, ma nel dubbio dico qualcosa per scoraggiare”. Confesso che questo pessimismo privo di costrutto mi ha spronato ad andare avanti.

Ho preferito quindi chiedere a chi ha competenza, a partire dai tecnici della ASL a cui ho fatto una domanda molto semplice: possiamo riusare le bottiglie?

“Ciao Tommaso, lo potete fare senza dubbio, anzi complimenti per l’iniziativa! L’unico adempimento è quello di aggiornare con cura il manuale di autocontrollo con una procedura che descriva tutte le fasi di lavorazione: raccolta, lavaggio e stoccaggio”.

Io stesso non ero preparato a ricevere una risposta così positiva, ma in effetti, parlando con esperti di sostenibilità, studenti, e altre persone attente all’ambientema sostanzialmente estranee al mondo del vino, ho spesso ricevuto incoraggiamenti e sostegno. Imprenditori, direttori marketing e anche professori e studenti universitari mi hanno scritto da quando ho iniziato a raccontare questo progetto (e ho anche ricevuto una richiesta di intervista per una tesi di laurea su questo). In modo diametralmente opposto al cacadubbismo di cui sopra. Il mondo del vino è quindi scioccamente conservatore? Non lo so, forse sì. Ma è giusto menzionare alcune eccezioni.
Michelle Manelli di Salcheto mi ha non solo spronato a insistere, ma sta valutando di fare altrettanto egli stesso, con Antonio Boco abbiamo scambiato delle battute positive riguardo a questo progetto [2] e anche con Jacopo Cossater e Alessandro Morichetti ci siamo tenuti aggiornati sull’evoluzione di questo progetto.

Non solo, ma nel mentre le cose si muovono a vari livelli e in tutto il mondo. Report, nel maggio dello scorso anno, ha realizzato un servizio molto interessante che mostra, tra le altre cose, il modello lituano di riuso e, solo poche settimane fa, l’Università di Firenze ha premiato il progetto di un gruppo di studenti finalizzato proprio a costruire un sistema di riuso delle bottiglie di vetro. Negli USA, poi, ci sono ben due progetti che mirano al riuso delle bottiglie di vino partendo da modalità di raccolta il più possibile capillari e che hanno richiesto investimenti non trascurabili, ma che vale la pena continuare a seguire nel loro sviluppo.
È il segno che questa pratica sta riscuotendo attenzione e attirando investimenti.

Perché è rivoluzionario?

Se gettato in mare, il vetro è praticamente impossibile da degradare.

Se gettato in mare, il vetro è praticamente impossibile da degradare.

Credo nel riuso delle bottiglie di vino perché permette di produrre lo stesso output, ma con un impatto ambientale inferiore. È una innovazione [3] di processo che permette di risparmiare emissioni di CO2 in un momento in cui questo obiettivo diventa di rilievo primario.
Trovo che questo sia cruciale da un punto di vista logico e pratico. Logico perché ritengo che le attività di compensazione della CO2 vadano bene e ben vengano, ma non possono bastare. La sfida non è fare business as usual e lavarsi la coscienza con qualche attività di CSR, la sfida è migliorare i processi per renderli più sostenibili (nel mentre che pure si continuano a realizzare attività di compensazione e di impatto ambientale e sociale).

Lo scorso luglio, qui su Intravino, ho approfondito il tema delle emissioni di CO2 delle imprese vitivinicole e quanto è emerso in relazione all’impatto delle bottiglie è molto chiaro.

La singola voce che impatta di più in termini di emissioni è dunque la produzione di vetro per bottiglie, che incide da sola per il 24% delle emissioni totali. Questo valore è riferito al caso di Argiano, ma offre un’indicazione chiara di dove si trova un punto cruciale della questione. A ben vedere i dati sono in linea con quelli forniti da Carlo Macchi su Winesurf grazie alla collaborazione con Indaco, azienda spin off dell’Università di Siena che sta sviluppando studi sulla sostenibilità ambientale in campo agricolo. Secondo tali dati per produrre una bordolese da 360 grammi disperdiamo nell’atmosfera 320 grammi di CO2eq, mentre per produrne una da 600 grammi le emissioni arrivano a 540 grammi.

Intervenire per abbattere le emissioni legate a questa voce è dunque agire su un punto nodale del ciclo produttivo ed il riuso non è solo migliorativo rispetto alla distruzione, ma anche rispetto al riciclo. Secondo uno studio di ADEME (Agenzia per la gestione dell’ambiente e dei rifiuti francese) la raccolta, il lavaggio e il riutilizzo dei contenitori in vetro richiede un quarto dell’energia e la metà dell’acqua in meno rispetto al riciclo, una soluzione che consuma molta energia (trasporto, rifusione, fabbricazione). Il riutilizzo abbassa l’impatto sull’ambiente e tende a ridurre i rifiuti [4]. Si tratta di dati generali, ovviamente, che devono essere riportati poi alla realtà di situazioni che vanno analizzate nello specifico, ma tuttavia permettono di dare una lettura generale della sensatezza di questa pratica.

C’è un ulteriore dato che vale la pena considerare quando si tratta di vetro e che non riguarda solo l’energia necessaria per produrlo, ma il tempo necessario al suo smaltimento. Perché il vetro è un prodotto incredibilmente utile, efficace, a suo modo geniale, ma i suoi tempi di degradazione sono potenzialmente nell’ordine delle migliaia di anni.

Se gettato in mare, il vetro è praticamente impossibile da degradare. Sono necessari moltissimi anni, da qualche migliaio fino a un milione di anni perché questo accada (Abdallah, 2009).
Di inquinamento da vetro non si parla molto perché questo materiale è considerato inerte, quindi non particolarmente tossico per animali e piante se disperso nell’ambiente. Nonostante questo, negli ultimi tempi sono sempre più numerosi gli studi che hanno l’obiettivo di indagare le reali minacce di questo materiale, date soprattutto dalla crescente presenza di micro e nanoparticelle di vetro nei mari, negli oceani e anche nei suoli di tutto il mondo che, proprio a causa delle dimensioni ridotte, entrano nella catena alimentare (Kumari et al., 2022). [5]

Attualmente in Italia, la percentuale di vetro riciclato sta oltre la media europea, assestandosi – secondo i dati ufficiali – al 76,6%. Un ottimo risultato, non fosse che rimane da considerare quel 24,4% di vetro che non viene riciclato. Per avere un’idea dei numeri, e non delle percentuali, si tenga presente che l’Italia, con i suoi 39 stabilimenti produttivi di vetro cavo, produce ogni anno circa cinque milioni di tonnellate di vetro, per un totale di dieci miliardi di contenitori, che generano un giro d’affari che si attesta intorno ai due miliardi e mezzo di euro [6].
Forse quest’ultimo numero spiega in parte le resistenze alla ricerca di alternative. Non lo so, ma mi sono convinto leggendo e informandomi il più possibile in questi anni, è che riuso e riciclo non siano in competizione, ma in alleanza per lo stesso obiettivo.

In sintesi: quanto stiamo facendo è rivoluzionario perché migliora – in termini di sostenibilità – un processo e perché interviene su una voce altamente impattante in termini di emissioni associate alla produzione di vino.

Come farlo

Il vino è buono, ma ...

Il vino è buono, ma …

Da un punto di vista pratico e igienico-sanitario, come abbiamo visto, non serve la fantascienza. Il vino è un alimento acido e alcolico e quindi già di per sé tende ad essere ambiente poco favorevole alla proliferazione batterica. Tuttavia servono alcuni accorgimenti.

Il primo e più opportuno sarebbe quello di sciacquare quanto prima le bottiglie in acqua calda e lasciarle asciugare in ambiente areato. Successivamente un lavaggio più accurato può essere  effettuato con una macchina lavabottiglie (e qua i macchinari possono essere da molto semplici e molto complessi in base al tipo di necessità). Nel nostro caso è sufficiente un macchinario il cui costo è parecchio contenuto (non metto link per evitare promo inopportune, ma chiunque può facilmente trovare online diverse opzioni di facile acquisto ed utilizzo). Oltre ad acqua calda è possibile utilizzare appositi prodotti detergenti (anche in questo caso sul mercato ve ne sono di vari tipi) ed anche una soluzione di acqua e metabisolfito può essere efficace.
Fondamentale poi asciugare e sigillare in attesa riutilizzo.

Chiarito l’aspetto forse più semplice, rimane da chiarire la parte di recupero del vetro e qui è bene essere pratici. Uno dei limiti ad una diffusione su larga scala del riuso è che le bottiglie di vino spesso viaggiano per destinazioni assai lontane da quelle in cui vengono confezionate. In tutti quei casi è difficile immaginare (ad oggi) un recupero alla cantina di origine che sia praticabile e se anche lo fosse, questo avrebbe costi ed impatto tali da renderlo poco desiderabile.

Molti, di solito, fermano qui il proprio ragionamento: ok è impossibile. E così facendo si evitano ogni questione.

Ma il vino, oltre a viaggiare, viene anche consumato non lontano da dove viene prodotto, spesso proprio a Km0. E allora partiamo da qui. Questo abbiamo pensato e considerato che il più grande venditore del nostro vino si trova a poche decine di metri dalla nostra cantina, alla sua porta siamo andati a bussare. Tutte le bottiglie del nostro vino che saranno consumate nell’osteria del paese (osteria gestita dalla Cooperativa di Comunità del paese, cosa che dà ulteriore valore al progetto), non saranno destinate alla campana del vetro, ma saranno sciacquate e riconsegnate a noi per il lavaggio, il sigillo e il riuso. È poca cosa? Forse, ma intanto iniziamo: 500 bottiglie che potranno essere riusate per X volte e …

Come farlo meglio

80 metri la distanza fra cantina e ristorante

80 metri la distanza fra cantina e ristorante

Se il ristorante più vicino è a pochi metri dalla cantina, il che ci permetterà di non avere praticamente alcun tipo di emissione associato alla parte di recupero e trasporto, abbiamo già parola con la più importante struttura della zona per attivare lo stesso meccanismo e sono convinto di riuscire a trovare altre adesioni per coprire tutto il territorio del comune. L’obiettivo è che tutte le nostre bottiglie vendute e consumate sul territorio comunale tornino in cantina per essere riusate.

Non solo, ma quel che ho in animo di fare è di non essere l’unica cantina ad attuare questa pratica, ma coinvolgerne altre, a partire dalle giovani cantine stanno nascendo sul territorio anche grazie alla spinta che abbiamo dato con la nostra. Sì, perché siamo partiti senza una lira, ma con idee e voglia e così facendo abbiamo aperto una strada anche per altri che si stanno strutturando per iniziare a fare vino in modo ufficiale e allora l’occasione è di quelle da cogliere, per chiedere loro di unirsi a questo progetto.
Ad oggi, infatti, usiamo lo stesso tipo di bottiglie per tutti i vini della nostra cantina e abbiamo scelto la bottiglia più leggera tra quelle che abbiamo trovato (un accorgimento apparentemente banale, ma che vale la pena segnalare). L’intenzione è chiedere di scegliere la stessa bottiglie anche per i vini che queste nuove cantine produrranno, così da poterle inserire in un circuito più ampio di riuso e di interscambio. E se poi altri ancora si uniranno, ben venga, il nostro potrebbe essere un comune ad impatto fortemente ridotto in materia di vetro per vino, qualificando un intero territorio anche per questo tipo di pratica.

Non solo, ma se ho scritto quanto ho scritto finora è con la speranza che possa essere di spunto per altri. Se anche solo un’altra persona oltre me, si convincerà che questa cosa possa aver senso, per me sarà stata comunque una vittoria.

In conclusione

La cantina che ho fondato e gestisco con due amici si chiama Cantina del Rospo e si trova a San Giovanni delle Contee.
La provincia in cui ci troviamo è quella di Grosseto, che è la seconda provincia meno densamente abitata d’Italia e la prima per tasso di spopolamento.
Il comune in cui ci troviamo è quello di Sorano, che è il terzo comune più povero d’Italia.
L’osteria del paese si chiama Osteria Maccalè ed è gestita dalla cooperativa di comunità del paese.

Questo per chiarire subito che se qualcuno ha intenzione di scoraggiarci dicendo che si tratta di un progetto piccolo, che conta su piccoli numeri, che non funzionerà o che non ha senso… bene, si metta l’animo in pace, che a scoraggiarci non c’è riuscita la sorte, che ci ha fatto nascere in uno di quei luoghi il cui destino sembra già segnato. La convinzione è che questo possa essere solo l’inizio di un progetto da far crescere e quanto ho scritto spero serva ad altri per provare a replicarlo sui propri territori. E magari non oggi, non domani, ma tra un po’ ci ritroveremo per vedere com’è andata. Noi intanto iniziamo a contare le bottiglie che riuseremo (e se vi va, ci vediamo sabato 24 giugno per la Disfida delle Contee, ma questa è un’altra storia e ne riparleremo presto).

____________________

[1] Ne ho parlato la prima volta qui su Intravino, stimolato da Antonio Tomacelli, e poi con un’analisi approfondita su produzione di vino ed emissioni di CO2, sempre qui su Intravino.
[2] Antonio Boco aveva parlato proprio di riuso in un suo articolo che potete leggere qui
[3] In realtà la sana pratica del vuoto a rendere sarebbe tutt’altro che una novità! È il suo scarso o nullo utilizzo nel settore del wine business a permettere di parlare di pratica rivoluzionaria.
[4] Ademe.fr
[5] Geopop
[6] Comuni virtuosi su dati di Report

 

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Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

25 Commenti

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Stefano

circa 1 anno fa - Link

Grandissimi! È un’idea che condivido e anch’io nel mio piccolo sto cercando di realizzarla

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Tommaso

circa 1 anno fa - Link

Grande Stefano! Dai che un pezzettino alla volta ... :)

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Antonio

circa 1 anno fa - Link

Concordo pienamente sul riutilizzo delle bottiglie di vino. Però le etichette...Oramai rimuoverle senza lasciare traccia di colle è diventata impresa ardua.

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Lorenzo

circa 1 anno fa - Link

Bravissimi, ne parlavo poco tempo fa con una cantina della mia zona che lavora tanto con il territorio circostante. Un solo dubbio mi viene, per quanto riguarda le etichette come si fa? Usate delle colle "più leggere" per poterle togliere con più facilità? Perché spesso la colla è difficile da togliere e con il calore fa ancora peggio!

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Quanto cavolo hai ragione! Ci sono delle etichette che ... una volta avevo fatto un video in cui facevo vedere alcune delle peggiori da togliere, quando ancora riusavamo anche bottiglie di altri produttori. Noi, fino ad oggi, abbiamo usato etichette incollate a mano con carta autoadesiva facilissime da togliere. Ora faremo in rullo, ma grazie ad un carissimo amico che lavora in un etichettificio importantissimo (OGA) cercheremo di mantenere etichette che funzionano per essere attaccate ... e staccate!

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Rede picello

circa 1 anno fa - Link

Sono nato con bottiglie,bottiglioni, damigiane, in mano. Quanti contenitori ho lavato e riempito ! Poi, è arrivata la GDO, e....fine del film. L'esempio coca cola è emblematico. Dopo anni di promesse , alle richieste dei supermercati di avere bottiglie in plastica, coca cola, con varie scuse , diceva di si, ma non faceva nulla, e c'era. un perché. Dall'esperienza in Francia, Benelux , ecc aveva vissuto una situazione economicamente dissanguante !! E così fu in Italia, quando il gruppo delle GDO, approfittando dell'arrivo della Pepsi Cola, minacciarono...o entro la tal data ce le fai, o passiamo a Pepsi prontissima, anche perché non aveva ancora un volume importante de vetro a rendere. Esito, coca Cola iniziò a mettere in vendita la plastica in formato famiglia, e come recita la legge aurea , in economia, ...la moneta cattiva scaccia quella buona, così puntualmente . Il consumatore abiurò il vetro ! Coca cola dovette prendere in affitto aree enormi, all'aperto, per stoccare le milioni di casse e centinaia di milioni di bottiglie, che i distributori porta a porta (a domicilio) rendevano, perdendo i clienti a favore della GDO. Coca Cola, che su quelle casse faceva un business non corretto, approfittando della posizione dominante nel rapporto con il piccolo distributore,dovette rimborsare cifre enormi agli stessi, un salasso esagerato. Così avvenne poi con l'acqua in plastica. La qualità e la salubrità del consumatore e dell'ambiente ne risentirono enormemente, così tuttora, ma....la comodità, tallone d achille del consumatore, fu l'alleato certo e ricercato dalla GDO. Con queste premesse, nessuna speranza di collaborazione su questo fronte...non vogliono gestire una fonte di problematiche o di costi, se ne lavano le mani, a meno he macchinari ingoia bottiglie a fronte di spiccioli di riconoscimento, ma non gestiti da loro. Devo fare una precisazione, i piccoli produttori , che consegnano i loro vini direttamente, non hanno mai smesso di ritirare e riutilizzare i contenitori. La Cantina di Quistello è un fulgido esempio..Mi scuso, ma la premessa è stata necessaria, per riallineare i più giovani , su come si sia arrivati alla situazione odierna, e quali potranno essere le forze in campo pro e contro !

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Ti scusi? Altro che scuse, questo racconto secondo me è prendere ad esempio di come si è costruito l'assurdo che diamo per scontato. L'assurdo del produci-consuma-distruggi-produci-consuma-distruggi e via andare. È un contributo preziosissimo di inquadramento storico della vicenda. Grazie!

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Samalliot

circa 1 anno fa - Link

Una decina di anni fa, feci un colloquio per una delle due più grosse cantine di Malta, al termine mi fecero visitare l'azienda, giunti all'area imbottigliamento mi spiegarono che riutilizzavano la quasi totalità delle bottiglie consumate sull'isola, se non ricordo male (da prendere con le pinze perché è passato molto tempo) la motivazione era: previsto per legge il vuoto a rendere e vietava la plastica ( cosa intelligente per una piccola isola con limitatissime materie prime e poco spazio), ciò valeva anche per Coca-Cola e Pepsi che avevano ciascuna un impianto sull'isola proprio per poter riusare il vetro, mi dissero anche che recentemente su pressione dell'UE ( PER GARANTIRE LA LIBERA CONCORRENZA) il bando alla plastica era stato revocato. Chissà se a distanza di un decennio il virtuoso sistema Maltese del vetro ha retto o è crollato sotto la concorrenza della plastica.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Racconto bellissimo ed esemplare. Questa menata che per garantire la libera concorrenza non si possa attuare una pratica virtuosa non mi sorprende. L'Europa da questo punto di vista è davvero troppo porosa rispetto agli interessi di lobby (e i casi recenti, purtroppo, lo hanno raccontato in modo tristissimo). Però quanto riporti è di assoluto interesse e vado a cercare se si trova qualche risorsa online. Oltretutto su un'isola, come dici bene, la cosa acquista un interesse assai peculiare. Mi piace! Grazie per lo spunto!

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Mattia Grazioli

circa 1 anno fa - Link

Lo facciamo anche noi con una parte dei clienti privati ai quali consegnamo direttamente a casa. Facciamo anche un piccolo sconto per la cosa.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Bravo Mattia!

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Davide Bruni

circa 1 anno fa - Link

Complimenti per l'iniziativa, speriamo serva da starter per una sensibilizzazione generale, soprattutto nel comparto Spumanti, dove le bottiglie hanno costi oramai folli e impattano pesantemente sui problemi di produzione, riciclo ecc. Il recupero del vuoto è sacrosanto, giunti a questo punto.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Verissimo. In quel caso l'impatto della singola bottiglia è maggiore sia nella fase di produzione che in tutte quelle successive. In quel caso in particolare il risparmio in termini di emissioni sarebbe ancora più importante.

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Marco

circa 1 anno fa - Link

Come idea è interessante ma sarebbe da fare anche un conto di quanta acqua viene usata prima per sciacquare e poi per lavare accuratamente ogni bottiglia e quanta energia viene consumata. Quali detergenti usare, come smaltirli e quali protocolli haccp seguire...

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Se hai letto il pezzo sono riportati i dati e linkato il documento da cui sono tratti (in realtà si tratta di una serie di studi se guardi), che spiegano come - mediamente - "la raccolta, il lavaggio e il riutilizzo dei contenitori in vetro richiede un quarto dell’energia e la metà dell’acqua in meno rispetto al riciclo". Anche sui sistemi di pulizia ho dato indicazione e sui protocolli non ci sono grandi rigidità, tutto scritto sopra.

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Lanegano

circa 1 anno fa - Link

Credo che se aspettiamo che diventino virtuosi i 'grandi' facciamo in tempo a morire di sete per la siccità o affogati per il discioglimento delle calotte polari....Allora ben venga l'esempio di tanti 'piccoli', sia per quanto riguarda l'impatto effettivo sia per poter discutere, ragionare, confrontare ma soprattutto praticare nel nostro quotidiano una modalità 'altra' da quella del consumismo sfrenato, irresponsabile e privo di lungimiranza verso un futuro che si preannuncia davvero pesante. Lo scatto di pensiero e di agito deve farsi prassi abituale in agricoltura, nelle realtà urbane e nei comportamenti individuali. Se non ora, quando ?!? Bravo Tommaso: approccio molto DIY come i vecchi punk rocker intelligenti. I fu**in' love it !!!! :)

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

A me il DIY anni '70 (ma anche '90 per certi versi) ha sempre gasato e parecchio. E sì caxxo, lo spirito è quello!

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Lanegano

circa 1 anno fa - Link

Eh, caro mio, purtroppo sono vecchi anche i punx anni 90, ormai..... I Fugazi, per dire, hanno 60 anni suonati......

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Stefano Senini

circa 1 anno fa - Link

Se tutto andrà bene - e non ho dubbi - dovrai osare di più: immaginare un consorzio di produttori che riciclano gli uni le bottiglie degli altri, perché se Malta è un'isola, anche in una grande penisola può funzionare una rete; magari legando il riciclo a cantine vendute da un distributore illuminato che faccia dialogare i suoi produttori, magari con una bottiglia progettata e marchiata ad hoc (pure per il marketing), magari con le cantine cooperative, magari... Ma davvero Sorano è così povero? oltre ad essere un paesino splendido di per sé, in 15 minuti di auto arrivi a Sovana, o a Pitigliano, o sul lago di Bolsena; in poco di più alla mondanità di Saturnia o dell'Argentario, ai grandi stellati. Quasi quasi ti chiedo di darmi un occhio ai prezzi degli immobili!

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Grazie di cuore Stefano e farò tesoro di questi spunti e incoraggiamenti. Ah! E secondo me investire oggi a Sorano e San Giovanni delle Contee è una delle cose più sensate da fare. Una casa va via per prezzi che stanno fra15 e le 50.000€.

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Luca

circa 1 anno fa - Link

Bellissima iniziativa. Io avevo chiesto ad un produttore di miele se voleva che gli restituissi i barattoli di vetro da poter riutilizzare, ma mi rispose di no. Sinceramente ci rimasi male. Quindi sono molto contento di sentire che qualcuno riutilizzerà le bottiglie di vino, si Tommaso, per me ha un grandissimo senso. Bravissimo. Saluti.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Grazie Luca!!! <3

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Vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...conoscendo le logiche industriali, il primo passo verso un riciclo completo delle bottiglie passera' per la standardizzazione della forma e peso del contenitore in vetro, mandando a quel paese ogni fantasiosa stortura di personalizzazione marchettara. Poi del materiale accessorio costituente capsule e etichette, compreso il materiale adesivo di queste ultime. Questa e' la base da cui partire, poi si potra' fare ... con un minimo di " volonta' politica"...

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Rolando

circa 1 anno fa - Link

Pensa, del riutilizzo delle bottiglie ne parleranno anche alla London Wine Fair, qui il link https://drinksretailingnews.co.uk/news/fullstory.php/aid/21548/London_Wine_Fair_to_focus_on_sustainability_with_bottle_reuse_scheme_and_education_sessions.html Non è che ci vai proprio tu a parlarne, eh?

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Giacomo

circa 1 anno fa - Link

Ciao povery. Diamo però una chance. Quando l'impegno ecologico si tradurrà in ritorno di immagine, anche il mangiamerdismo in langa (quello da ricarichi del 700% e imponibile fiscale sudanese) potrebbe farci un pensierino. Intanto lavorate per noi.

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