Terza Disfida delle Contee. Perché il vino è buono ma la rivoluzione è meglio

Terza Disfida delle Contee. Perché il vino è buono ma la rivoluzione è meglio

di Tommaso Ciuffoletti

L’Italia che era

Dal 1964 al 1979 la Televisione Svizzera di lingua italiana  mise in onda una trasmissione settimanale di un’ora, dedicata espressamente agli emigrati italiani in terra elvetica. Nata da un accordo con la RAI, suoi autori furono i mitici Sergio Paolini e Stelio Silvestri (che curarono poi programmi simili per gli italiani in Belgio, Germania e Francia), il primo regista fu Sergio Genni ed il primo conduttore fu Corrado. Il programma si chiamava Un’ora per voi ed era una collezione di videomessaggi che una troupe registrava in varie parti d’Italia, presso famiglie che avevano un congiunto che si trovava in Svizzera per lavoro.
Per rendersi conto del pubblico potenziale di una simile trasmissione, basti pensare che i dati ufficiali dell’Istat ci dicono che solo tra il 1960 e il 1965 gli italiani che emigrarono in Svizzera furono oltre 850mila (nello stesso periodo oltre mezzo milione emigrò in Germania, mentre il boom dell’emigrazione in Belgio fu tra il ’46 e il ’56, anno, quest’ultimo, in cui si consumò la tragedia di Marcinelle in cui morirono 262 persone, oltre la metà delle quali erano lavoratori italiani).

Qualche tempo fa ebbi l’occasione di imbattermi per caso in uno scrigno contenente numerosi episodi in DVD di quella trasmissione conservati da mio padre in una delle tante librerie che ha sparso per case, studi, uffici e garage. Mi sono messo a guardarle in serie, senza un vero motivo, ma mentre le guardavo m’innamoravo di questi documenti eccezionali per conoscere l’Italia di un tempo così lontano e che invece era giusto ieri.
In una percentuale altissima di quei videomessaggi erano presenti il vino, la vigna, l’uva. Spesso il vino veniva menzionato subito dopo la salute dei familiari: “Ciao Francesco, qua stiamo tutti bene. La mamma è in forze e i bambini crescono sani. Il vino quest’anno è venuto buono”, altre volte veniva fatta menzione della stagione: “Abbiamo fatto tante patate e l’uva è bella e anche gli ulivi son carichi, vedrai che olio quest’anno”. Purtroppo online non si trovano che pochi frammenti di quella trasmissione [1] e su Youtube ho trovato solo due video di pochissimi minuti, eppure anche in quei pochi minuti vedrete che il lavoro in vigna viene prontamente menzionato.

Era un’Italia in cui ancora la maggioranza della popolazione risiedeva in zone rurali e montane (mentre già nel 2010 il 68% degli italiani viveva in aree urbane), in cui il vino veniva fatto per l’autoconsumo e per dare un’idea – rifacendoci sempre a dati ufficiali –  nel 1960 8,6 milioni di italiani erano occupati in agricoltura, circa il 60% dei lavoratori attivi [2].

Perché questi dati? Intanto per riconsegnare il vino in Italia ad una dimensione storica e agricola e poi perché San Giovanni delle Contee è uno dei luoghi in cui quella dimensione, mutatis mutandissopravvive in modi più sensibili di quel che si possa trovare in campagne più industrializzate o (peggio) più fortunate col marketing del territorio (e coi tradimenti storici e narrativi che esso opera).

L’Italia che è

Dire che quell’Italia sopravvive è dovuto al mio ereditario ottimismo. San Giovanni delle Contee (è di questo paese che parleremo) si trova infatti in una delle zone meno densamente abitate d’Italia ed in una di quelle che più velocemente si va ulteriormente spopolando. Un articolo di Roberto Volpi (statistico e demografo) pubblicato su La Lettura del Corriere della Sera del 27 maggio scorso racconta bene come le zone meno densamente abitate d’Italia sono anche quelle che si vanno spopolando con maggiore velocità. Su tutte c’è la provincia di Aosta, la quale tuttavia paga il prezzo di un territorio per la quasi totalità montano. Subito dopo, la provincia meno densamente abitata d’Italia è sorprendentemente quella di Grosseto, una parentesi a parte nella ricca Toscana, seguita da Oristano e Sud Sardegna. San Giovanni delle Contee si trova nel comune di Sorano, nell’estremo margine proprio della provincia di Grosseto. Da San Giovanni delle Contee la gente ancora emigra .. o meglio: emigrava, dato che ormai non è rimasto più nessuno che possa farlo [3].

Del resto rimanere non è facile e la colpa non è solo del destino cinico e baro. Certo questa è una terra storicamente povera, ma lo è anche per una marginalità di territorio che la politica e le amministrazioni locali e regionali hanno da sempre assecondato ed il fatto che oggi i 3 pilastri su cui si misura la qualità di uno stato moderno – sanità, educazione e infrastrutture di comunicazione – siano carenti, quando non totalmente disastrate, non è certo imputabile alla malasorte.

Certo c’è il vino per consolarsi. Ma mentre Montalcino, che negli anni Settanta sembrava avviata ad una sorte d’abbandono ancor più decisa, ha avuto la fortuna di essere inondata dai miliardi dei Mariani, noi qua siamo stati meno fortunati.
La Cantina Sociale di Pitigliano, nonostante qualche segno di dignitosa ripresa negli ultimissimi tempi, ha accumulato anni e anni di scelte poco lungimiranti, errori a tratti grotteschi e annate in cui le uve dei soci sono state pagate cifre che forse è meglio non rammentare (se qualcuno volesse diritto di replica, siamo qui). È un peccato, perché la forma associativa della cantina sociale può dare grandi risultati (ed in alcune parti d’Italia lo fa regolarmente da lustri), quel che però chiede in cambio è una ferrea disciplina di tutti gli attori coinvolti.
Sarebbe bello se quella disciplina trovasse fissa dimora anche a Pitigliano.

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2019 – La 1° edizione de La Disfida delle Contee

Ma dalle parti di San Giovanni delle Contee ci sono anche grandi nomi del vino italiano: Antinori e Tommasi su tutti. Amici e paesani lavorano per queste aziende e ben venga l’occupazione, tuttavia per ragioni diverse si tratta di aziende che non hanno ragioni strutturali per investire nella valorizzazione del territorio.

In un caso c’è una ragione strutturale a suggerire l’opportunità che il valore del territorio rimanga basso. È il caso di Antinori, che ha molta terra di proprietà (100 ettari si legge sul sito aziendale) e parecchie altre decine di ettari in affitto in questa area e vi produce molta più uva di quanta sia necessaria per le etichette del vino imbottigliato con i marchi della cantina che ha in loco,Fattoria Aldobrandesca (30.000 bottiglie del Malbec Vie Cave, 13.000 bottiglie del rosato A da Aleatico e poche altre migliaia di un passito sempre a base di Aleatico). Il gruppo, come noto, possiede infatti altre cantine in Toscana con cui poter produrre IGT di più alto valore. È un meccanismo del tutto legittimo e ci mancherebbe, tuttavia è un forte incentivo a far sì che il territorio rimanga sottovalutato.

Anche Tommasi ha investito molto nei terreni della zona (terreni che hanno dei costi molto bassi rispetto alle potenzialità produttive e alla qualità del prodotto) ed anche Tommasi, se non possiede, ha comunque una quota rilevante di un’altra cantina Toscana, La Massa. Tuttavia rimane il fatto che Tommasi è un marchio che richiama inevitabilmente il Veneto e l’Amarone: qua ha puntato sui numeri (nonostante vada riconosciuto l’impegno a spingere un po’ il territorio, anche semplicemente attraverso le etichette).

Anche in questo caso, se qualcuno volesse diritto di replica siamo a disposizione, tuttavia sarebbe bello se oltre al diritto di replica ci fosse la volontà di un impegno maggiore per far crescere il territorio in termini di valore, almeno per quel che riguarda il vino. Anche perché si tratta di due dei gruppi imprenditoriali non solo più forti, ma anche più capaci di unire volumi e valore che ci siano in Italia.

L’Italia che sarà

Semplicemente, l’Italia delle tante San Giovanni delle Contee sparse per la penisola presto non ci sarà più.

O forse no

Insieme a 2 amici abbiamo iniziato a fare vino, con la ferma convinzione che una bottiglia sia un ottimo biglietto da visita di un territorio. Ma questo ora non ci interessa. Perché il vino è buono, ma la rivoluzione è meglio. E la rivoluzione – a meno che non siate dei nostalgici giacobin-leninisti – è meglio farla in tanti.

2020 - La seconda Disfida

2020 – La 2°Disfida delle Contee – Ph. Daniela Giuliani Guastalla

E allora ho coinvolto un po’ d’amici per fare una cosa assolutamente priva di senso, o forse no.

Ho invitato fior di degustatori, importatori, esportatori, venditori, produttori di vino a San Giovanni delle Contee per comporre una serissima giuria pronta a serissimamente degustare e assegnare serissimi voti ai vini contadini, di cantina, autoprodotti per autoconsumo… chiamateli come vi pare, fatti dai sangiovannesi (e da altri contadini di zone vicine). Questa cosa ha preso il nome di Disfida delle Contee ed è iniziata nel 2019 con una prima edizione di cui potete leggere proprio qui su Intravino ed è proseguita nel 2020 con un’edizione che ha visto crescere il numero dei partecipanti e dei giudici (potete leggerne qui su Intravino, sul blog di Leonardo Romanelli e sull’Accademia degli Alterati).

Lo scorso 25 giugno abbiamo dato vita alla terza edizione ed è stata follia.

Un paese di 150 abitanti, contando anche qualche podere intorno, è stato invaso da oltre un centinaio di persone che sono venute nella periferia della periferia del nulla per assaggiare esattamente quei vini di cantina, fatti da persone che – come era la norma in Italia fino a pochi decenni fa – il vino lo fanno per berlo, non per venderlo.
E così sono venute a proprie spese persone che di norma vengono ospitate a pagamento o si muovono per promuovere e vendere i propri vini, perché hanno una professionalità riconosciuta che glielo consente o un interesse imprenditoriale che li muove. In questo caso si tratta di persone che hanno scelto di spendere del proprio (tempo, denaro e non solo, come vedrete) per permettere che questa follia prendesse corpo. E vi assicuro che vedere Leonardo Romanelli, per fare un esempio, bere il vino di Mario detto Pippo e giudicarlo in centesimi è stata una scena meravigliosa. A loro va non già il mio di grazie, ma quello di tutto il paese.

Leonardo Romanelli e Bernardo Conticelli durante la 3° Disfida delle Contee

Leonardo Romanelli e Bernardo Conticelli durante la 3° Disfida delle Contee – Ph. Daniela Giuliani Guastalla

Questa la giuria:

29 vini in gara, 8 bianchi e 21 rossi. Fra i concorrenti non solo vignaioli di San Giovanni delle Contee e dintorni (Sovana, Sorano, Pitigliano), ma anche da Roccatederighi (nella zona delle Colline Metallifere) e addirittura dalla Basilicata (con le bottiglie di Podere Spineto).

3° Disfida delle Contee

3° Disfida delle Contee – Ph. Daniela Giuliani Guastalla

A vincere la Disfida dei bianchi è stato Michelangelo Merli, un ragazzo il cui retaggio è diviso tra l’Italia e Hong Kong, ma che adesso vive in pianta stabile a Sovana e che, oltre a produrre in proprio, ha dato vita insieme a 2 amici ad un progetto che mira ad un percorso verso la produzione ufficiale di vino. Per adesso il nome è Sudato del Diavolo ed è stato un po’ ispirato da quel che abbiamo avviato qualche anno fa con Sciornaia. Nella batteria dei vini rossi il terzo posto è andato a Giuliano, la cui età non si rivela per rispetto, ma che insomma ha le sue primavere e che assisteva alla Disfida dal balcone di casa che affaccia sulla via principale del paese (chiusa per l’occasione).

3° Disfida delle Contee

Secondo posto tra i rossi a un vino speditoci dalla Basilicata, per la precisione da Bernalda, in provincia di Matera, altro luogo che condivide con San Giovanni delle Contee quel retaggio agricolo e marginale. Un ragazzo, Antonio Fiore, seguendo su Instagram quel che stavamo facendo a San Giovanni, ha deciso di dare una mano al signor Bernardo per fare di un pezzo di terra in contrada Spineto, qualcosa che potrebbe diventare una società agricola, ma che intanto ha dato vita ad un vino che pare avere più di una carta in regola.
Il primo posto tra i rossi, infine, se lo è aggiudicato Giorgio Sebastiani, che il vino lo fa con la famiglia per consumo personale, ma che delle 3 edizioni della Disfida se n’è aggiudicate già 2, dimostrando che col vino ha un certo feeling e non solo per il consumo. Giorgio fa il benzinaio alla stazione di una località che si chiama La Botte, dove ci sono due capannoni (uno deserto, uno sede di un Agriemporio) un ristorante-motel (tra Lynch e il Wes Anderson di Bottle Rocket).

3° Disfida delle Contee - Ph. Daniela Giuliani Guastalla

3° Disfida delle Contee – Ph. Daniela Giuliani Guastalla

Se foste interessati a leggere tutto quel che c’è da sapere riguardo a vincitori e premi potete cliccare qui e alla fine della Disfida abbiamo festeggiato con cena per strada (piatti dell’Osteria Maccalè) e un karaoke orchestrato da Giacomo Laser. Il tutto incredibilmente senza una magnifica cornice, una splendida location, uno scenario mozzafiato o un anfiteatro di vigne. Pazzesco.

E intanto

Ma abbiamo avuto anche due premi speciali che devono essere citati. Il primo è il premio speciale intitolato a Intravino. A volerlo e ad ordinarmi di istituirlo, col suo modo spiccio per poter essere affettuoso senza darlo a vedere, è stato Antonio Tomacelli, che dal primo giorno in cui ho iniziato questa cosa completamente assurda, mi ha sempre spinto a crederci esattamente con quel modo che aveva lui: “Sbrigati e l’anno prossimo voglio un premio speciale dedicato a Intravino”. E così abbiamo fatto.

Il premio è andato al vino preferito da Thomas Pennazzi/Cognac, che ha assegnato un bel 91 nella sua personale classifica ad un rosso fatto due giovanissimi ragazzi di Sorano: Francesco Santori e Gabriele Ragnini che una cantina, come tutti dalle nostre parti, ce l’hanno di famiglia, bellissima e scavata nel tufo e che hanno chiamato Cantina della Luce.

Siamo due amici e abbiamo studiato scienze agrarie insieme a Viterbo. Appassionati di agricoltura. Conduciamo direttamente sia i vigneti che la cantina. Per la vendemmia siamo stati in circa 10 persone e l’anno scorso è stata come una festa in cantina perché tra noi e i passanti abbiamo fatto un pranzo con 20- 30 persone.

A sentirli parlare di vino c’è da rimanere affascinati.

La cantina appartiene alla famiglia di Francesco da 4 generazioni, è molto grande ed è stata scavata completamente a mano con il piccone. Gli scavi sono iniziati all’inizio degli anni ’20 e dicono sia stata completata nel giro di un solo anno dal solo bisnonno Umberto (un’impresa incredibile considerando la superficie e la cubatura). Veniva usata sia per fare il vino che per conservare le derrate alimentari che produceva la famiglia e a volte impiegata come luogo di ritrovo.
Il nonno Albano (figlio di Umberto) ha utilizzato la cantina per la maggior parte della sua vita per fare il vino e lo commercializzava anche! Albano lo portava in tutto il comune di Sorano con il somaro in piccole botti (la piccola botte, il nonno la chiamava “terzino”, ancora ne possediamo alcune anche se mal conservate) legate sul fianco dell’animale [tutto questo fino a metà anni 50]. Partiva la mattina presto e tornava la sera con le botti vuote. Poi con l’avvento delle auto il somaro si trasformò in un camion.

Credo che Thomas, alla cieca e senza conoscerli, non potesse scegliere un vino migliore per il premio Intravino.

Ora anche Gabriele e Francesco stanno immaginando un percorso verso la costituzione di una piccola società. Con loro, con i ragazzi di Sudato del Diavolo e anche con gli amici di Bernalda e chi altri ci sarà, l’appuntamento è per dopo la vendemmia, per vedersi, bere e… poi si vedrà.

Ma c’è un altro premio speciale di cui devo raccontare ed il merito di questa idea va ad un altro amico: Martin Rance, oggi sommelier e grande animatore delle attività Fisar di Firenze, con il quale ci conosciamo da quando frequentavamo brutti giri politici. Qualche giorno fa Martin mi chiama e fa: “Tommaso, per il meeting antirazzista che organizziamo a Cecina abbiamo previsto alcune degustazioni di vino, ma quello che rileva non è solo il vino buono, ma il messaggio e per questo avevo pensato che potessi venire a raccontare del vostro progetto e… beh, oltre ai tuoi vini, potresti portare qualche bottiglia dei vini che vinceranno la Disfida delle Contee?”.
“Martin, ma io te ne porto un boccione! Quando è?”.
Martedì 5 luglio, la stessa sera in cui è ospite Mimmo Lucano. Ce la fai?”
”Direi proprio di sì!”.

Perché il vino è buono ma la rivoluzione è meglio, e le storie, se ci sono, vanno raccontate tutte. Questa poi è solo all’inizio.

 

[1] Da quest’anno ho iniziato ad insegnare in una università americana, tenendo un corso sulla cultura del vino in Italia. Il video cardine per spiegare loro di cosa parliamo quando parliamo di cultura del vino in Italia, non è una di quelle robe da spottone con dronata di vigne e tradizione in colori pastello, ma esattamente un collage di video da Un’ora per voi.
[2] Nel 1970 erano 1,4 milioni. Nel 2010 erano 526.000, il 2,6% degli occupati in Italia.
[3] Anche se in piccola parte attira anche un po’ di immigrazione, principalmente dal Marocco.

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Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

36 Commenti

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Francesco Fabbretti

circa 2 anni fa - Link

Caro Tommaso, non credo tut sappia con quanto piac ere legga l'evoluzione del tuo progetto di riqualificazione di San Giovanni delle contee e dintorni, permettimi solo una riflessione: la rivoluzione è meglio farla in tanti ma questo lo pensava anche il fu Vladimir Ul'janov, così come pensava che le masse dovessero averte qualcuno che si assumeva l'onore e l'onere di guidarle e, con tutte le differenze del caso, questo arduo compito è proprio quello che tu stai cercando di ricoprire a mio avviso egregiamente, perola di cattocomunista tanto "catto" (del genere Teologia della Livberazione Sudamericana) quanto "comunista" (del genere Marxista-Leninista)

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Complimenti. Oltre al contenuto mi è piaciuto anche come è stata raccontata la Disfida delle Contee. La passione pura.

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Nelle Nuvole

circa 2 anni fa - Link

Mi è dispiaciuto tanto non esserci a questo giro, spero di poterlo fare la prossima edizione. Mi sono venuti i lucciconi nel leggere l'introduzione relativa al programma "Un'ora per voi", quando c'erano pochi soldi si producevano cose migliori. A proposito di soldi, "Montalcino... ha avuto la fortuna di essere inondata dai miliardi dei Mariani" è un giudizio lapidario e profondamente inesatto, ma certo questo non è il luogo per controbattere la solita vulgata che ormai è diventata storia ufficiale; mi limito a non essere d'accordo. San Giovanni delle Contee rimane un luogo ammaliante, anche per il suo essere discostato da grandi vie di comunicazione, e il lavoro di Tommaso Ino Ciuffoletti è encomiabile, anche il suo porsi come "reporter" è eccellente.

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Samalliot

circa 2 anni fa - Link

Wow, interessante, piacerebbe partecipare un altro anno. Accettate partecipanti anche dalla densamente abitata provincia di Bergamo?

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

Le eccezioni alle regole ci piacciono!!

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Samalliot

circa 2 anni fa - Link

Perfetto allora aspetto i moduli di iscrizione per il 2023, sperando in una buona vendemmia!

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Tommaso

circa 2 anni fa - Link

Daremo comunicazione tempestiva al riguardo.

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franco

circa 2 anni fa - Link

"tuttavia sarebbe bello se oltre al diritto di replica ci fosse la volontà di un impegno maggiore per far crescere il territorio in termini di valore, almeno per quel che riguarda il vino. Anche perché si tratta di due dei gruppi imprenditoriali non solo più forti, ma anche più capaci di unire volumi e valore che ci siano in Italia." ---- a quando la stessa domanda a Riunite sul lambrusco?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 2 anni fa - Link

Pur con la massima stima per la cultura e la grande precisione dell'autore, se pensa che Montalcino è diventato ciò che è perché "ha avuto la fortuna di essere inondata dai miliardi dei Mariani" sbaglia di grosso e offende mortalmente le decine di imprenditori e coltivatori diretti locali che hanno costruito la grandezza del Brunello (e le oltre duecento aziende che da loro derivano) ben prima dell'avvento di Banfi, azienda rispettabile e corretta ma che rappresenta solo il cinque per cento del Brunello. Montalcino si è ripresa dalla crisi drammatica degli anni '60 perché chi è rimasto ha ridato slancio ad un vino antico e storico, l'ha portato nel mondo e ha creato una economia forte, e per questo imprenditori da tutto il mondo (dopo, a successo ottenuto) sono venuti. Io sono nato nel 1956, e quella epopea l'ho vissuta tutta. Post hoc, ergo propter hoc e ricordiamo che nella prima Wine Experience di Wine Spectator tra quelle che erano le cento più prestigiose aziende vinicole del mondo ce n'era gia 2 di Brunello, 2 su 100, e questo quando l'investimento di Banfi era appena iniziato e puntava al Moscadello, non al Brunello.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

La frase è semplice e risponde a verità. Il resto sono considerazioni sue che lei mi attribuisce. Una cosa che lascia il tempo che trova, oltre ad essere sgradevole. Sgradevole come il suo impuntarsi ogni volta a parlare di Montalcino come se fosse sempre il sale della terra. Non lo è. E non è l'oggetto di questo articolo. Viene citato in una frase, una frase molto breve. E quella frase è vera. "Montalcino ha avuto la fortuna di essere inondata dai miliardi dei Mariani".

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...Tommaso , forse perchè Cinelli Colombini ... fammi pensare , Cinelli Colombini ... ma perchè è un nome che non mi suona nuovo e già mio nonno , se ricordo bene , ne parlava ... oppure si , forse ho visto qualche etichetta in cantina , con annate del primo novecento ... ed erano pure buone ... boh , sarà omonimia ...

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...e se fosse la stessa stessa persona che risulta in quelle etichette , secondo me sa di cosa sta parlando e , comunque, è un difensore d'ufficio legittimato ...

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Renato

circa 2 anni fa - Link

È verissima la sua reiterata affermazione. Io abito a Siena e ricordo benissimo lo sconcerto dell’acquisizione di Poggio alle Mura da parte dei Mariani. Tutti parlavano della minaccia Brunello Coca Cola.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

L'argomento è di certo rilievo ed appassionante materia. Ne tratteremo indubbiamente a breve. Ma "no, non ora, non qui" come cantava il poeta. Grazie.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 2 anni fa - Link

Giusto, l'argomento non è questo e non è il caso di trattarlo qui. Se l'argomento dei miliardi dei Mariani e della loro influenza sul successo del Brunello le interessa sarò ben lieto di mettere a sua disposizione l'archivio da cui ho tratto un modesto opuscolo che tratta anche di questo.

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Capex

circa 2 anni fa - Link

Mi intrometto solo per un attimo in questo inizio di discussione per ringraziare l’autore del post. La maremma c’è l’ho nel cuore e nel sangue, mio nonno paterno di Pitigliano, mio padre, fiorentino come me, ci è tornato a vivere da pensionato. Grazie ancora

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

Ma come?! Hai ascendenze pitiglianesi e fiorentine? Ma allora devi venire pure tu scusa!!! Dai! L'anno prossimo!

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Capex

circa 2 anni fa - Link

Volentierissimo! Grazie

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...comunque cronaca divertentissima : dopo la noia delle elezioni dell'AIS finalmente un racconto piacevole e defatigante : mi sarebbe piaciuto esserci...

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marcow

circa 2 anni fa - Link

E se osserviamo le foto c'è un'atmosfera, un'aria, che non si riscontra facilmente nelle centinaia di manifestazioni che ruotano intorno al vino. Tutto potrebbe cambiare con il "successo": come in tutte le cose. Che sinceramente auguriamo a Tommaso e ai suoi amici, gli organizzatori. Ecco perché è preferibile partecipare a queste prime edizioni della Disfida delle Contee e vedo, con piacere, che alcuni commentatori lo hanno già deciso. Voglio dire, con Vinogodi, mi sarebbe piaciuto esserci.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

Ragazzi guardate che io vi prendo in parola e l'anno prossimo vi aspetto. La cosa è tanto assurda che il grandissimo prete di san Giovanni ha messo a disposizione anche dei posti letto in canonica ad offerta libera per chi vuole venire a dormire!

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Lanegano

circa 2 anni fa - Link

Le testimonianze nei video, oltre ad essere un documento antropologico e sociale assolutamente rilevante, mi hanno fatto commuovere. Poi leggo l'articolo come si conviene quando esco dall'ufficio. Avrei accettato il tuo invito al volo se non avessi avuto l'anniversario di matrimonio. C'è sempre l'anno prossimo, però.....

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Tommaso

circa 2 anni fa - Link

Sappi che qua ti aspettiamo e... anche noi si capiterà presto dalle tue parti!

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Lanegano

circa 2 anni fa - Link

24 ore di preavviso e vi apro la cantina. La storia che hai raccontato è bellissima, Ho sempre avuto un debole per le le situazioni autorganizzate e i movimenti che nascono dal basso. Chapeau.

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Stedua

circa 2 anni fa - Link

Tutto molto bello a interessante, adesso però devi uscire i DVD di un'ora per voi di tuo papà!

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josè pellegrini

circa 2 anni fa - Link

una bellissima storia di un 'Italia che amiamo.E quei migranti che hanno fatto l'Europa.Da usare come lezione di storia. Grazie.

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Giuseppe

circa 2 anni fa - Link

Sovana, Sorano, Pitigliano, ricordi di una lontana vacanza itinerante da fidanzati, 30 anni fa con pochi soldi in tasca e tanto entusiasmo per qualunque cosa, vino compreso. Che bevemmo copioso senza porci troppe domande. Mi rimise impresso Pitigliano, rimasi stupito di non averne mai sentito parlare prima. Lungo una strada cittadina ci fermammo anche in una "cantina" scavata nel tufo ed acquistammo un paio di cartoni di bianco, tra i pochi a farlo perche` mi sembro` che andasse tanto lo sfuso. E che fatica trovarlo in seguito in vendita al Nord e col tempo me ne dimenticai del tutto ma lo riberrei volentieri. Ovviamente nella valutazione "pesano" i ricordi di gioventu` ;-) Buona giornata a tutti

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Tommaso

circa 2 anni fa - Link

Bellissimo ricordo Giuseppe!!! Grazie per averlo condiviso qui!!

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Tommaso, è vero che l'Arrabbiata di San Giovanni delle Contee è il piatto da assaggiare per chi vi giunge? Eravate a pranzo all'Osteria di Macallè? Insomma si mangia anche bene a San Giovanni delle Contee.

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Tommaso

circa 2 anni fa - Link

Sono stato rinproverato, giustamente, da Bernardo Cobticelli per non aver menzionato l'acqua cotta dell'Osteria Maccalé. Che è una roba da "tripla capriola". Così come ottimi sono i pici. Le cuoche sono eccezionali e una lode in particolare va alla Tania, la mamma di Olmo! Provare per credere!

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Thomas Pennazzi

circa 2 anni fa - Link

Caro Tommaso, la rivoluzione la si fa a tavola, con un bicchiere di rosso ed il sugo all'aglione. Negli scorsi decenni, in nome di un progresso presunto e di una discutibile modernità, la cucina della Tradizione italiana è scomparsa assieme agli osti dalle tavole, ed i cuochi hanno preso a scimmiottare modelli forestieri ed a fare i teatranti. Sia pure. Ma la cucina italiana è figlia del popolo, e anche quella alta deve tutto alla Tradizione popolare. Perciò il recupero dell'osteria di San Giovanni è una benedizione ed una rivoluzione: il filo rosso che lega la provincia profonda di ieri con la sua cultura contadina all'Italia del futuro, perché sia raccontata alle giovani generazioni. A questo servono le osterie. Viva San Giovanni!

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

Thomas tu ormai conosci la strada. Torna presto. Sei davvero entrato nei cuori dei sangiovannesi!

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Capex

circa 2 anni fa - Link

Quoto. Pici all’aglione e Buglione per la carne. Maremma……

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Viva Roddolo

circa 2 anni fa - Link

Complimenti Tommaso, articolo scritto benissimo, dall'inizio alla fine e iniziativa meravigliosa!! Andate avanti così! A gettare i semi dell'amore non si sbaglia mai.

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Tommaso

circa 2 anni fa - Link

Grazie!!!

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carmine

circa 2 anni fa - Link

mi piace il primitivo del saleeeento 14 gradi piu 3

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