L’Oro di Montalcino non è quello che pensate voi

L’Oro di Montalcino non è quello che pensate voi

di Stefano Cinelli Colombini

È arrivata una rivoluzione, e il mondo del vino (ma non solo) non sarà più lo stesso.

L’Oro di Montalcino ha cambiato le regole, ma tutti sembrano aver visto solo l’ennesimo museo del vino perché è talmente eversivo da non poter esser capito subito. Però no, amici miei, è tutta un’altra cosa. È la prima ibridazione tra Cultura Alta e cultura bassa fatta da operatori di livello mondiale, e scusate se è poco.

Una simbiosi tra il più importante museo di pittura della Provincia al di fuori di Siena, un museo del vino che non è un museo del vino ma una immersione iper-tecnologica nel modo di essere di un territorio e nel vino che ne è figlio, una delle più belle chiese affrescate d’Italia, un bookshop che vende libri ma anche prodotti (solo montalcinesi), una enoteca del futuro e una rete di connessioni virtuali e reali (con bici e altro) con il mondo del Brunello.

Il tutto in un convento domenicano del XII° secolo, un edificio di rara bellezza valorizzato al meglio. Questa Cosa (come definirla?) è stata creata da Opera Officine Fiorentine, l’operatore museale che spazia dagli Uffizi ai Musei Vaticani passando per Brera, Ercolano e Pompei e in sintonia con la Diocesi Vescovile di Siena, Colle val d’Elsa e Montalcino che è padrona del luogo e di buona parte delle opere d’arte, con il Comune di Montalcino che ha le restanti, con il Consorzio del Brunello e con chi gli ha saputo aprire a Opera l’essenza di questa terra.

Il risultato è un ibrido, dove opere di Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, Ambrogio Lorenzetti, Bartolo di Fredi, Vincenzo Tamagni, Andrea della Robbia, Giovanni Pisano e tanti altri sono parti di una narrazione dove la protagonista è una comunità, quella che ha generato ciò che si può vedere, godere, bere, mangiare e capire nell’Oro di Montalcino.

Il passato con tutta la sua Cultura è al servizio del presente, e pienamente complice della creazione del futuro. È l’incrocio di tante cose che molti hanno auspicato ma nessuno è mai riuscito a realizzare, almeno a un simile livello di eccellenze. E, a differenza di quasi tutti gli ibridi, non è sterile: è nato per attirare e poi spargere sul territorio, per dare il fascino di una esperienza che poi sarà vissuta fuori dalle sue porte. E un impollinatore, anche questo è un concetto nuovo. 

Questo non è solo il modo di raccontare il vino che useremo domani, è anche il modo di integrare il nostro immenso patrimonio culturale nell’Italia di oggi. In altre parole, di farlo vivere. Ed è il modo di farlo usando la migliore tecnologia, perché puoi aver amato Sant’Antimo per tutta la vita ma non l’avevi mai visto cascandoci dentro da ogni lato ad altissima definizione.

Arte, natura, colori e storia sono spettacolarizzate per affascinare un pubblico estremamente ampio, per sottrarre l’arte ad un vicolo cieco elitario. È solo un esperimento, ma può generare un futuro straordinario. Ed è un esperimento che si poteva fare solo a Montalcino, che è un ossimoro unico di record, tradizioni e novità. Desterà polemiche e non solo in un’Accademia che, in troppi casi, è gretta, autoreferenziale e sembra vedere l’arte più come figlia di un’immutabile thànatos che delle gioiose muse, ma anche tra noi vinicoli.

Che, in un’era in cui sono spariti i giganti, sembriamo prigionieri di una noiosissima spirale di tecnicismo (o anti-tecnicismo) enologico, produttorelli narcisi e spin di basso livello. Tutta roba che non interessa a nessuno. L’Oro di Montalcino è un’opera di rottura, che non lascerà le cose come stanno.

È un capolavoro? Solo il tempo potrà dirlo. Ma di certo è il nuovo, con cui tutti dovranno confrontarsi. 

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Stefano Cinelli Colombini

Nato nel 1956 a Firenze da un'antica famiglia senese, è il titolare della Fattoria dei Barbi a Montalcino. Membro dell’Accademia Nazionale della Vite e del Vino e dell’Accademia dei Georgofili, è un grande appassionato di storia, arte e musica classica.

16 Commenti

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vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...una ragione in più per fare un salto quanto prima , magari occasione per venire a trovarti per conoscerci di persona. PS: sospiro di sollievo leggendo il testo (sempre interessante quando scrivi, lo ammetto...) : dal titolo temevo si trattasse di una nuova proposta enoica alla "Gran Selezione" traslata nell'Ilcinese ... Dio ce ne scampi...

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Stefano Cinelli Colombini

circa 3 anni fa - Link

A disposizione, anche come guida (abusiva) del museo. No, non credo proprio che la Gran Selezione sia pensabile a Montalcino. Casomai avrei un’ideuzza che mi frulla da tempo nella testa sull’allungamento a sette anni della messa in commercio della Riserva, ma questa è tutta un’altra storia

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vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...parliamone , anche se OT . Ricordo che si lottò per ridurre i tempi in botte , ma tu stai parlando , immagino, di affinamento in bottiglia ulteriore . Occhio che qualche tuo collega la può interpretare come una "Tafazzata" dilatando gli oneri finanziari di immobilizzo ( salvo adeguamenti significativi di prezzo di vendita...)

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Stefano Cinelli Colombini

circa 3 anni fa - Link

l’universo modo giornalistico, tecnico e dei colleghi (non Brunellisti) riteneva una tafazzata galattica il mantenimento del Sangiovese 100%, e vedi tu come è finita. Scherzi a parte, è oggettivo che il Brunello è al suo meglio dal sesto/ottavo anno al decimo/ventesimo, sempre che il produttore non abbia optato per volatili esagerate alla Soldera. Ma quasi tutti lo bevono appena messo in commercio. E allora diamo agli amanti del Brunello la possibilità di sentirlo al suo meglio. Quanto al discorso del se lo sforzo vale il risultato dal punto di vista economico, nel mercato non ci sono certezza ma se il Brunello è amato e ben pagato, perché un Brunello venduto al massimo del suo potenziale qualitativo non dovrebbe incontrare una remunerazione interessante?

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Eb2323

circa 3 anni fa - Link

Solo per curiosità. Le volatili esagerate alla " Soldera", da che anno a che anno raggiungerebbero il loro ottimale stato di maturazione?. Annata permettendo ovviamente.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 3 anni fa - Link

Vini con quelle caratteristiche, se ben fatti come quelli di Soldera, sono perfettamente godibili fin da quando vengono messi in commercio,

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Gino barrini

circa 3 anni fa - Link

Ce ne fossero di vini come quelli di Soldera

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Stefano Cinelli Colombini

circa 3 anni fa - Link

Concordo con lei, quei vini sono ottimi. Il punto che ho sollevato infatti non riguarda né la qualità né la tipicità dei Brunelli di Soldera, che sono indiscutibili, ma bensì la loro capacità di durata nel tempo. Che non è di per sé un valore per ogni vino, però è un modo di essere del Brunello. È un fatto tecnico oggettivo che un vino immesso al commercio con un livello di volatile molto basso sarà più chiuso appena stappato rispetto a uno superiore a 80, però è altrettanto oggettivo che quello con la volatile più alta avrà molta più probabilità di avere problemi di durata nel tempo rispetto all’altro. È una scelta che ogni produttore può fare, che ha lati sia positivi che negativi. Però la quadratura del cerchio non è possibile, o hai l’una o hai l’altra.

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vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...confermo , da "vecchio" fruitore di Brunello Vintage , dove quelli di Soldera sono già stanchi quelli di inizio anni '90 , mentre apro regolarmente "maturi" Brunello di Biondi Santi , Fattoria dei Barbi , antichi Chiesa di Santa Restituta (parlo di oltre 50 anni) ancora commoventi...

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Sancho P

circa 3 anni fa - Link

Per quello che vale, concordo pure io. E aggiungerei Col D'Orcia all'elenco. Lo dico quasi con dispiacere, ma i Brunello "base" hanno una tenuta nel tempo superiore a quella dei Barolo "base". L'etichetta blu di Fattoria dei Barbi, il base di Col D'Orcia o de il Poggione, giusto per andare su dei classiconi dal prezzo più che abbordabile, sfidano i decenni con nonchalance. Bottiglie che conviene comprare a casse e dimenticare in cantina.

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Luigi

circa 3 anni fa - Link

Bravo Stefano, appoggiamo l'idea sulla Riserva ! I tempi (di mercato) sono maturi

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josè pellegrini

circa 3 anni fa - Link

Complimenti!i suoi interventi su Intravino sono sempre illuminanti.E non potrebbe essere altrimenti per una persona che ha basi professionali e amore per la sua terra di consolidata maturità.Un nome importante portato senza esibizione , non è da tutti.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 3 anni fa - Link

Grazie, davvero troppo gentile.

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BT

circa 3 anni fa - Link

l'ho appena consigliato ad un amico che farà le vacanze lì. (e viaggia in treno, poi)

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Andrea

circa 3 anni fa - Link

Ma l' oro di Montalcino non era il Moscadello? Anche chi lo fa ancora, e capace di emozionare, lo tiene la', nascosto, e se lo chiedi te lo dan da provare con ritrosia, pudore quasi. Il vino dolce, soprattutto in Italia, non va, lo so. Ma almeno per mantenere viva la memoria meriterebbe proporlo alle grosse ammucchiati di Brunello.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 3 anni fa - Link

L’oro di Montalcino è la sua cultura, il suo modo di essere che ha generato il Moscadello, il Brunello e tante altre cose. Senza quella cultura, nulla sarebbe esistito.

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