La biodinamica non esiste. Intervista ad Adriano Zago
di Tommaso CiuffolettiSolo adesso che riascolto la nostra chiacchierata, mi rendo conto che ho intervistato per un’ora e mezzo una delle voci più importanti della biodinamica in Italia e non è mai venuta fuori la parola “cornoletame”, non è stata menzionata alcuna “dinamizzazione dell’acqua” e quando gli ho chiesto quale dote è la più indicata per qualcuno che vuole dedicarsi alla biodinamica mi son sentito rispondere “la tenacia”, che è la regina delle virtù contadine.
Adriano Zago, 43 anni, da Conegliano in provincia di Treviso. Un accento timidamente veneto ed un parlare posato sono l’eredità più evidente della sua terra d’origine (“son stato educato secondo l’antico dettame del “prima di parlare pensa tre volte .. e poi taci”), lui che pure adesso vive in Toscana ed ha imparato a considerare il proprio ego con il dovuto riguardo. Ma se dovessi dar retta ai luoghi comuni, direi che di veneto c’è anche il suo modo attento di parlar di aziende e della loro sostenibilità, intesa come sostenibilità ambientale, sì, ma anche quella dei bilanci.
Adriano si racconta come un provinciale che girava per Montpellier con il naso all’insù, ma quel provinciale ha preso assai presto a girare per il mondo e conoscere luoghi, persone, esperienze dalla Nuova Zelanda all’Oregon, da Pierre Masson allo yoga, dalla nuova proprietà di Avignonesi che voleva fare una scelta biodinamica fino ai corsi di formazione che tornerà a tenere a Castello del Trebbio (FI) e in chissà quanti altri luoghi, Covid permettendo (e altrimenti online) [1].
A coloro che non intendono leggersi tutta l’intervista, perdendosi con la scusa del “non ho tempo”, quanto di meglio il tempo avrebbe da offrire, consegno – per quel che vale – ciò che mi pare d’aver capito del lavoro di Adriano Zago al termine di questa chiacchierata. Quel che ho capito è che lui usa la biodinamica per fare qualcosa di veramente magico e che ha poco a che fare con la scienza.
Adriano Zago è niente meno che uno stregone.
No, non mi sto riferendo a preparati, corni di vacca, code di rospo o altra roba da fratelli Grimm, quello che intendo è che Adriano usa la biodinamica come uno strumento per ridare un’anima ad aziende che altrimenti faticherebbero a trovarla, conoscerla, mostrarla. E credo che questo sia davvero magico.
Il vino di oggi è un’industria creata dal marketing (chi dice il contrario lo fa per convenienza o per ignoranza) e vive di un valore aggiunto che non sta dentro la bottiglia, ma intorno. Tanto è il peso di questo valore aggiunto che fare vino è sempre meno legato all’agricoltura in termini aziendali, di business, ma anche simbolici e valoriali. L’agricoltura in questo paese vive — o meglio sopravvive — per lo più di sussidi, PAC e richieste danni per calamità naturali (ed evito di menzionare che in molta parte della penisola, vive anche di sfruttamento di lavoratori usati come schiavi). Chi fa vino vive in un’altra dimensione e gioca il suo campionato con regole diverse. Non che non vi siano difficoltà e complessità anche in quello, ma stiamo parlando di mondi diversi. Tanto diversi che alla fine un’azienda vinicola può dimenticarsi di essere un’azienda agricola.
Ecco che lo stregone Zago – per come l’ho capita io, quindi fateci la tara – arriva con la sua biodinamica a raccontarti che sì, il vino va bene, ma un organismo agricolo non vive di solo vino. Servono orti aziendali, gli alberi da frutto e magari un po’ di grano, servono le galline e magari anche le pecore.
A cosa servono? A ritrovare un’anima.
Se vi par poco …
“A me la cosa che piace di Steiner è non solo la sua fantastica visionarietà, ma il suo aver messo alcuni punti, invitando a non considerarli paletti, ma anzi invitando ad andare oltre. E l’altra cosa profetica è stata il suo considerare come il limite per lo sviluppo della biodinamica e dell’antroposofia non sarebbero state le scienze, ma gli uomini, che avrebbero spinto per cristallizzare in regole le sue intuizioni. E mi duole dire che è andata esattamente come aveva previsto”.
Tutto cominciò … ad Hogwarths
“La Scuola di enologia di Conegliano è luogo meraviglioso. Un edificio da sogno, corridoi di legno … è un po’ come andare a scuola alla Specola”.
Beh sì, oppure a Hogwarths.
“Lì di fatto inizi a degustare a 14 anni e magari qualche volta di capita pure di sbronzarti insieme a qualche professore. La scuola enologica è davvero un bellissimo mondo a sé. Ed è stata una scuola molto formativa. Entravi la mattina e uscivi la sera: tutti i giorni. Io abitavo proprio lì vicino e ci andavo in bici”.
Provo ad immaginarmi Albus Silente ubriaco …
“Poi ho fatto agraria a Padova. Avevo tentato di farla a Bologna, ma i miei mi hanno detto “Padova è più vicina e quindi fai quella”.
Gente seria i tuoi.
“I miei erano infermieri. Mentre i miei nonni erano contadini. Animali, piante, erano quelle le cose che costruivano il mio mondo magico da bambino. Perché non ero un bambino semplicissimo e quel mondo agricolo era per me un rifugio.”
E mentre annoto che questa cosa della magia ricorre, da Padova si vola in Francia
“L’ultimo anno di università l’ho fatto a Montepellier e devo essere sincero, quella è stata la svolta. Lì ho capito che esisteva un mondo più vasto di quella provincia che fino ad allora era stata tutto il mio mondo.
Inoltre fino ad allora ero formato per essere un agronomo in senso supermegaclassico. Ed anche l’avvio del mio lavoro in realtà ricalcò quello che era stato il mio percorso fino a prima di Montpellier. Perché tornato in Italia sono andato a fare un anno da enologo junior da Zonin e a loro devo tanto, perché ho imparato molto in termini operativi … e forse è nata lì la convinzione che la grande azienda ha le sue specificità, ma non è detto che non possa applicare cambiamenti anche profondi”.
L’arrivo in Toscana e la perdita dell’innocenza
“Finisco da Zonin e nel 2000 vengo in Toscana dove non conoscevo nessuno e lì ho iniziato a lavorare a La Massa a Panzano dove Giampaolo Motta mi ha dato una fiducia incredibile”.
Provo a immaginare la versione più giovane e timida di Adriano Zago, con quel suo modo posato da bravo ragazzo veneto e la accosto per un attimo alla personalità esplosiva di Giampaolo Motta [2] (e ripenso a qualche serata rocambolesca passata con amici comuni) e per un attimo mi appare un film di Bertolucci sulla perdita dell’innocenza.
Poi vado con la mente ai vini e… aspetta però, sono gli anni in cui c’è ancora l’onda lunga dei vinoni-oni-oni.
“Sì certo! Barrique, Cabernet. Ma Giampaolo Motta era ed è così. Con le sue apparenti uscite sui generis, in realtà è uno estremamente rigoroso e coerente. Lui è ammiratore di quel modello francese e lo è anche quando lo attaccano per questo.
Per me può piacerti o meno, ma si tratta di qualcuno che ha fatto qualcosa che esiste da 30 anni e lo fa con uno stile che è il suo”.
Buongiorno maestri
“Sempre in quel periodo ho conosciuto quello che è diventato il mio riferimento, oserei dire maestro: Pierre Masson. Lui guru della biodinamica in Borgogna e io che sono finito, per dei casi rocamboleschi, a fare il suo traduttore per una serie di conferenze che stava facendo in Italia. E poi son finito anche a tradurre i suoi libri”.[3]
Se quindi Montpellier era stata il primo affacciarsi oltre il laborioso veneto, gli anni che seguono allargano ancora gli orizzonti.
“A La Massa rimango 3 anni e poi per un anno viaggio tra Nuova Zelanda, India e Australia. Viaggio per capire questa storia della biodinamica, ma senza che qualcuno mi dicesse “Hey questa è la biodinamica” quanto per capire e vedere se e come potesse diventare qualcosa di realizzabile. Mi spiace dirlo, ma come questo vento ha iniziato a soffiare qua da noi, la cosa si è subito balcanizzata fra scuole e scuolette, guru presunti, sedicenti e associazioni inutili. Compresa l’antroposofia… io non ho mai fatto la scuola antroposofica (l’antroposofia, quando funziona, arriva nelle azioni concrete degli agricoltori). Ho preferito viaggiare. E viaggiando ho conosciuto … anche Peter Croptor! E poi … sono tornato in Italia”. [4]
Castello dei Rampolla
Non mi sorprenderebbe se parecchi dei nostri 4 lettori non conoscessero, bene quanto merita, un’azienda che ha un ruolo decisivo nella vicenda che stiamo narrando: Castello dei Rampolla [5]. Eppure si tratta di un’azienda che rappresenta il meglio del Chianti Classico, sia in termini di tradizione, che di innovazione e rinnovazione. Un’azienda che però ha tracciato il solco della propria vicenda con una discrezione tale da rendere ancora più notevole la propria bellezza. Per dirla con Sir Francis Bacon “discrezione di parola, conta più dell’eloquenza”.
“Dopo una piccola, ma significativa esperienza che avevo fatto con loro, mi richiamano a Rampolla dove stavano riorganizzando l’azienda e quello, per me, è stato il vero gancio dal cielo. Perché quella cantina che era già stata per me la molla della curiosità, l’inizio di una discontinuità culturale e anche di più, mi chiama per coordinare le cose in campagna. Figurati… io mi sono fiondato. Anche se l’avevo appena conosciuto, quello era per me un luogo dove si facevano cose fuori dai canoni, la gente si divertiva e i vini erano buonissimi. E spesso è volentieri si passavano intere giornate senza dover per forza parlare di vino”.
Castello dei Rampolla è la prima azienda in Italia che fa biodinamica e viticoltura su 30 ettari dal 1994. Azzardo a chiedere ad Adriano quante bottiglie producano annualmente e le stimo sulle 200-230 mila bottiglie, ma Adriano mi segnala che sono molte di meno.
“Fai conto che Rampolla, che ha segnato anche un percorso unico con un progetto di alberello assolutamente rivoluzionario iniziato dal papà del principe Alceo… si fanno pochi etti di uva per pianta.
Lì per me è stato come volare su un altro pianeta! Luca (Di Napoli Rampolla) è stato un altro dei miei grandi maestri. Un sognatore, un creatore vero col quale mi sono inteso, mi sono divertito e ho imparato tantissimo. Ho anche visto come c’era chi veniva a provocare e cercare di stuzzicare sul “voglio proprio vedere queste diavolerie” e chi invece veniva e si lascia a prendere dal luogo, finendo col venirne trasformato a propria volta.
Ho fatto in tempo anche a conoscere Tachis, anche se era molto anziano”.
La discrezione
“Devi capire che là c’è quel modo che potrà pure essere un po’ figlio di un agio aristocratico (hanno pure due papi in famiglia!), ma che ti permette di vivere con la serenità che se fai le cose bene, poi le cose buone accadono.
La loro scelta della biodinamica era antica, ma poco reclamizzata, anzi, vissuta con grande understatement. Io ho lavorato sulla definizione dell’organismo agricolo e costruire qualcosa che andasse al di là del vino. E poi tanta sperimentazione … per dirti, Luca è stato uno dei primissimi a provare le anfore, proprio qui dell’Impruneta. Insomma lui è un vulcano di curiosità ed io non potevo davvero chiedere di meglio. Sono stati quasi 4 anni per me fantastici”.
Le consulenze
“Mentre lavoravo lì sono iniziate in modo spontaneo le consulenze con altre aziende, a partire da Terre a Mano, Monte dei Ragni e poi Stefano Amerighi.
Inizio a fare quello strano lavoro del consulente. Dico strano perché non c’era e non c’è una vera scuola che ti avvia a farlo, lo impari da solo. Le aziende con cui ho iniziato stavano iniziando a loro volta, quindi c’era un’attitudine a darsi mano reciprocamente in modo molto generoso”.
Poi poco dopo ci fu la chiamata da parte della uova proprietà di Avignonesi. Una famiglia di armatori belgi da generazioni ed in particolare una donna senza dubbio notevole, Virginie Saverys, che all’acquisto di quella grande scatola che era Avignonesi, ci trova dentro tante cose che intende adoperarsi a cambiare fin da subito.
“Si tratta di una persona che ha questa incredibile capacità di saper stare con chiunque. Con me, con te e subito dopo con una regina. Mi ricordo ancora la sua chiamata mentre ero a Panzano, con la pioggia che veniva fitta, io un pezzo di pane sottobraccio, mi infilo in macchina per ripararmi, prendo questo vecchio Nokia e mi sento dire “guardi ho appena comprato questa azienda in Toscana e personalmente vorrei che fosse convertita ad una gestione biodinamica. Io da quando sono bambina vengo curata con l’omeopatia e credo che si possa fare”
“Certo” le dico io, “con grande piacere! Di che azienda si tratta?” “Avignonesi”. Minchia!
Tieni conto che solo per fare il giro dell’azienda ci abbiamo messo due giorni!
Al termine dei quali lei, giustamente, mi chiede se la cosa si fa oppure no. Io le dissi molto onestamente “se le va bene un proviamoci io ci sono, se vuole un: sì ce la faremo… io non lo so”.
Se avessi detto di sì avrei mentito, non esisteva un’azienda di quelle dimensioni (conta che oggi Avignonesi è 180 ettari) in Italia e forse nel mondo, da riformare completamente.
Lei ha iniziato allora a costruire la squadra che oggi lavora ad Avignonesi. Ragazzi che hanno 6-7 anni meno di me, che ora sono il motore di quell’azienda. E quello è il corso di un lavoro che è durato quasi 10 anni, insomma, è stato un grande investimento.
E lo è stato anche per me, perché mi ha permesso di fare esperienza di un modo di lavorare che, applicato ad un’azienda di grandi dimensioni, ho potuto portare anche in altre simili.
È stato il caso di Col d’Orcia e di Borgo Luce, in Veneto, mille ettari di un’azienda agricola secolare, a corpo unico in cui ci sono solo 100 ettari di vigneto (ed è un caso piuttosto sui generis per un’azienda della zona del Prosecco).
Hanno 300 bufale e una latteria, 800 vacche allevate allo stato brado, 3 ristoranti interni. Un mega organismo agricolo, in cui hanno inteso stabilire un nuovo metodo di lavoro, superando il biologico e … allora io gli ho detto: ma qua andiamo d’accordissimo!
E così 2 anni fa abbiamo iniziato, ma – al di là della mia presenza – questo è un progetto che ha una portata ventennale. È come girare un transatlantico nel porto di Livorno perché devi intervenire su un’azienda del genere, mantenendo sostenibilità, identità, credibilità.
Col D’Orcia, che venne dopo Avignonesi (ma anche Emidio Pepe, Le Macchiole, Arianna Occhipinti), è un altro grande progetto che conferma che questo metodo agricolo è applicabile a realtà grandi, blasonate e complesse ed è in grado di arricchirle”.
Grande è… come piccolo: bello se funziona
Come avrete capito, se siete giunti son qui, la chiacchierata è stata lunga, ma un punto tra gli altri è stato particolarmente sottolineato da Adriano.
“Vedi, se prima qualcuno poteva usare l’argomento che la biodinamica funzionava per aziende da 3 ettari e basta, mi pare che oggi quell’argomento non stia in piedi. E non sta in piedi perché abbiamo applicato questo metodo agricolo in modo virtuoso, rispettoso anche dei bilanci, ad aziende che lavorano su ben più di 3 ettari! Aziende come quelle che ti ho citato non possono permettersi scelte che non tengano conto anche dei bilanci!
Ti dicono “eh, ma loro hanno i capitali”, beh il vero capitale è quello della terra. Perché davvero esistono imprenditori così sciocchi da pensare che si possano fare soldi con una terra malata?
Il vero imprenditore sa che una terra sana è anche nel suo più diretto interesse. In questo concetto di sano mettici tutto quello che ci va, non solo in termini di pratiche agricole, ma anche in termini di cultura del lavoro, organizzazione, sostenibilità in senso lato… altrimenti non stiamo parlando di imprenditori, ma di speculatori”.
L’agricoltura non è solo vino
Se la rivendicazione di un metodo che può applicarsi anche ad aziende di grandi dimensioni, può essere legata ad un punto d’orgoglio, pure comprensibile, a me convince e convince molto l’analisi di come il vino debba essere riportato ad un’agricoltura dalla quale spesso tende a scostarsi. Lo stesso feticismo di cui è oggetto la bottiglia di vino è qualcosa che sempre più m’infastidisce e mi piace quando Adriano rammenta che …
“La mia grande fortuna è quella di essere un agronomo. Vedi… a volte lo stress è tutto sul vino. Ma per fare il vino buono io credo sia importante sapere dimensionare la misura di un fosso attorno a un vigneto. Per fare il vino buono credo sia importante sapere coltivare il campo di grano accanto alla vigna. Per fare il vino buono credo sia importante saper leggere un bilancio. Il vino buono è importante, ma non è farne l’unica ossessione possibile che ti aiuterà a farlo!
Io ormai mi occupo molto più di consulenze strategiche, di identità delle aziende. Forse mi occupo più di risorse umane che di vino!
Anche con Stella di Lemmen, alle Cinque Terre, stiamo facendo un progetto funambolico con dei terrazzamenti strappati al bosco, mettendo degli alberi da frutto, le galline e… e poi venderemo vino, ok, ma sarà tanto migliore, quanta più agricoltura avrà intorno.
E questa è una lezione che ho sempre più imparato da persone che mi hanno fatto crescere come Elisabetta Foradori o Giovanna Morganti.
Poi per carità, i numeri dicono che i bilanci li si fanno col vino, ma la credibilità che ti danno i gesti, le cure e le attenzioni che dedichi alle altre colture beh… il vino da solo non te la può dare. Che il vino debba essere buono, debba avere la sua eleganza, non avere difetti… cavoli sì, lo sappiamo, ma voglio sperare si sia oltre questo e che ci si possa permettere di guardare più in là”.
Dalla consulenza alla formazione
No, nemmeno adesso mi viene voglia di chiedergli della dinamizzazione dell’acqua, voglio piuttosto conoscere come funzionano questi corsi che tiene, compreso un master in biodinamica che credo sia un unicum a livello italiano, forse europeo e non vorrei azzardare troppo, ma probabilmente mondiale.
“In realtà inizio a tenere dei corsi quasi per gioco (grazie a Stefano Bellotti che mi ha spronato), salvo poi scoprire che in realtà mi piace e che la cosa può funzionare. Così 3-4 anni fa capisco che non solo posso divertirmi, ma posso far crescere questa attività allargandola davvero a tante persone, perché poi è questo che è bello.
Inizio così a lavorarci per definire quello che ora è diventato un master, cercando di farne qualcosa di più di quel che avevo visto nella mia esperienza di studente.
Di fatto faccio anche in questi campo quello che faccio con le consulenze: metto insieme esperienze diverse. Per me se vieni a fare un corso di biodinamica è giusto che torni a casa avendo seguito anche delle lezioni di marketing, di organizzazione aziendale e così via.
E lo fai insieme ad un gruppo di persone con cui ti misuri nella crescita personale.
Oh, io di robe di crescita personale ne ho fatte tante. Dallo yoga a Osho, pianti, tantra, settimane di crescita e… e mi son sempre divertito! Tanto che ho voluto metterci dentro anche questo. Un po’ di meditazione… niente di trascendentale, pretenzioso o chissà cosa, ma ti permettono di stare meglio in quella stanza, in quel luogo, in quel contesto.
Poi c’è sempre chi fa spallucce, chi ride o chi fa mostra di fregarsene, ok. Ma ci sono sempre anche tanti che invece provano e… ma sai che non è male?!
È una settimana in cui ci si avventura… ecco!”.
E questo, sia detto senza passar da fricchettone, è qualcosa che chiunque può provare a fare, la meditazione intendo, perché se funziona anche con me, credo possa funzionare con chiunque.
E a questo punto voglio sapere se “il master lo fai sempre lì da Stefano Casadei a Castello del Trebbio? Perché devo dire che per quel niente che c’ho parlato mi è sembrata una persona interessantissima”.
“Sì, Stefano è un imprenditore vero. Entusiasta, col bilancio sott’occhio, ma con una curiosità e una vitalità che hanno in pochi. Con lui ci divertiamo tantissimo. È una persona davvero libera di pensare, immaginare, creare.
E poi lì la situazione è fantastica, perché il posto è magico, hai un’azienda biodinamica intorno, in più il fascino del luogo dove venne ordita la congiura dei Pazzi. Ma dico io, cosa vuoi di più?! Poi a luglio partirà il Master in Borgogna e per l’anno prossimo ne ho in programma uno anche in Oregon”.
Vedete voi. Io vado a meditare un po’, che a dinamizzare l’acqua non mi ci vedo ancora, ma … ma forse è vero che a volte, di certi steccati, è bello scoprire che si può fare a meno. O forse no, ma senza per questo farne barricate.
[1] https://www.cambiumformazione.com/
[2] http://blog.millesima.it/2015/07/29/fattoria-la-massa-il-sogno-di-una-vita/
[3] https://static.terranuova.it/News/Agricoltura/Adriano-Zago-e-la-memoria-del-suolo
[4] https://www.biodynamics.com/blog/memory-Peter-proctor
[5] https://www.castellodeirampolla.it/
Altre interviste qui:
. Paolo Marchionni e il difficile mestiere di non essere guru
. Antonio Camillo e il territorio dei vini
. Giacomo Baraldo dal giro del mondo alla Valle Senza Nome
. Volevo intervistare Sean O’Callaghan detto Sean il Guercio
76 Commenti
Lorenzo
circa 3 anni fa - LinkDunque la biodinamica è marketing? Dunque tutto il "senza qualcosa" è marketing? Dunque il cornoletame è marketing? Dunque le galline fra le vigne è marketing? Finalmente qualcuno se ne sta accorgendo. Poi giustamente chi deve vendere mica può dire che è tutta identità differenziante, deve far finta di crederci profondamente altrimenti l'escamotage non funziona. Il movente ambientale è morto con le certificazioni biologiche/biodinamiche e la loro fervente esibizione in etichetta. Già parlare di "raccontare" o "spiegare" un vino serve a chi lo deve vendere per creare un pregiudizio nel cliente, dunque è marketing.
RispondiTommaso
circa 3 anni fa - LinkBeh ... il marketing ed una comunicazione accorta, sono senza dubbio strumenti più immediati per connotare l'identità di un'azienda: sei quello che racconti. Ma l'idea di riconnettere il vino all'agricoltura laddove questo legame può essersi fatto labile ... beh ... io credo qui si possa vedere una differenza. Poi non sono io l'esegeta di Adriano, ma questo è come l'ho intesa io! ;)
RispondiTommaso
circa 3 anni fa - LinkScusate, aggiungo qui un pezzo che forse mi ero perso nel riportare l'articolo. Nella parte introduttiva, nel segnare la differenza tra agricoltura e vitivinicoltura, c'era questa considerazione che secondo me è importante. Il vino di oggi è un’industria creata dal marketing (chi dice il contrario lo fa per convenienza o per ignoranza) e vive di un valore aggiunto che non sta dentro la bottiglia, ma intorno. Tanto è il peso di questo valore aggiunto che fare vino è sempre meno legato all’agricoltura in termini aziendali, di business, ma anche simbolici e valoriali. L’agricoltura in questo paese vive - o meglio sopravvive - per lo più di sussidi, PAC e richieste danni per calamità naturali (ed evito di menzionare che in molta parte della penisola, vive anche di sfruttamento di lavoratori usati come schiavi). Chi fa vino vive in un’altra dimensione e gioca il suo campionato con regole diverse. Non che non vi siano difficoltà e complessità anche in quello, ma stiamo parlando di mondi diversi. Tanto diversi che alla fine un’azienda vinicola può dimenticarsi di essere un’azienda agricola. ... Ed è lì che arriva Adriano...
Rispondimarcow
circa 3 anni fa - LinkE proprio quel passaggio che inizia così: "ll vino di oggi è un’industria creata dal marketing (chi dice il contrario lo fa per convenienza o per ignoranza) e vive di un valore aggiunto che non sta dentro la bottiglia..." mi aveva colpito e che ora viene ulteriormente spiegato. __ Non vedo, invece, una contraddizione tra queste parole e il commento di Lorenzo che sono, forse, soltanto più forti. ____ Non ho ancora fatto un'analisi approfondita della lunga intervista per vedere, come dice Tommaso I C (...Ed è lì che arriva Adriano…) se Adriano Zago ha....veramente...qualcosa di nuovo da dire... sulla BIODINAMICA. __ In altri dibattiti (v quello interessente sul CORNOLETAME del primo lockdown) ho espresso chiaramente i miei dubbi, le mie perplessità verso la biodinamica. In un libero confronto, anche aspro, con altri commentatori che sostengono questo metodo e credevano nel cornoletame (potete andare a rileggere l'articolo del blog) e che credevano nei controlli e nella certificazione di DEMETER. ____ Quindi non avrei nulla da aggiungere perché, nel frattempo, non ho cambiato le mie opinioni sulla biodinamica già più volte espresse. Ma vado a leggermi con attenzione quello che Zago ha detto.
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkMarcow: mi hai preceduto di 50 minuti!!!
RispondiTommaso
circa 3 anni fa - LinkGrazie Marco! E mi sa che sulla biodinamica ci torneremo con qualche altra intervista... che anche io sono tra lo scettico e il curioso, ma ho già in mente qualcuno a cui chiedere... Però intanto voglio sapere che te ne pare dell'intervista!
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkIo non sono sconvolto, sono solo ulteriormente rafforzato nelle mie idee (più volte predicate su questo sito): 1) la biodinamica steineriana è fuffa (essendo fuffa le sue fondamenta: omeopatia e antroposofia) 2) il vino è marketing (io penso molto, l'intervistato dice completamente) Sarebbe bastato chiedergli anche sulla "mineralità", sul "terroir" decantato nella bottiglia con etichetta ben in vista e l'affidabilità informativa delle "degustazioni" che avremmo fatto tombola. Non conoscevo questo sig.re ma è una persona seria e, soprattutto, anti mainstream che è quello che conta.
RispondiSpetnat
circa 3 anni fa - LinkL'arroganza non ti manca
RispondiSALVATORE AGUSTA
circa 3 anni fa - LinkBoh, onestamente che il vino sia principalmente un fattore di marketing lo ripeteva mio nonno già oltre sessanta anni fa con una sua celebre frase: "il vino è buono solo se lo riesci a vendere". In realtà lo diceva in un siciliano arcaico ma il concetto era quello. Vini di annata, vini invecchiati, vini biologici, biodinamici, naturali, senza solfiti, senza solfiti aggiunti, non filtrati, in anfora, in cemento, in rovere d'Allier, sotto acqua...rispondono tutti ad una domanda di mercato, e se esistono è solo perché si riesce a venderli. Questo è un mio parere personale, ma oggi una cantina, indipendentemente dalla sua dimensione, se produce vini senza sapere quale sarà il suo mercato di riferimento, senza sviluppare le necessarie strategie per sopravvivere ed insistere nello stesso, è destinata a rimanere ai margini, ed è anche giusto che sia così. Il marketing è la forma di dialogo tra una cantina ed il suo mercato di riferimento. Il super uomo/donna "one man/woman show" vignaiolo/a che si occupa da solo/a della vigna, della cantina, della parte commerciale e della parte sociale di una cantina, incluso del marketing, spesso fa tutto male e in modo approssimativo. Ritiene di imporsi con la sua bella presenza, supponendo che lei/lui sia così e lo si deve accettare per quel che è ma poi alla lunga deve fare i conti con la dura legge del mercato. Per altro verso, la grande azienda che tende al naturale anche (ma non solo) per accaparrarsi la fetta di mercato del suddetto "super" rappresenta la citata legge di mercato. Dopo tutto, fare vino è un lavoro, le cantine sono delle aziende seppur agricole e senza soldi non vanno da nessuna parte. Un tempo c'era chi faceva il vino solo per passione e voglia di far ingelosire gli altri. Erano i nobili che se lo potevano permettere. Questo è quanto.
RispondiTommaso
circa 3 anni fa - LinkTuo nonno aveva ragione Salvatore! Le volte che mi è capitato di trattare del tema in qualche lezione ho sempre iniziato con una slide molto semplice: FARE IL VINO È FACILE - VENDERE IL VINO È FACILE - FARE IL VINO, VENDERLO E GUADAGNARCI QUALCHE COSA ... ECCO QUELLO È VERAMENTE DIFFICILE.
RispondiGiuseppe Mantero
circa 3 anni fa - LinkLa biodinamica è aria fritta, Nicolas Joly e i produttori che coraggiosamente hanno seguito la sua strada sono dei fuffaroli, il terroir, (termine che appare in Francia, già nel 1549),ovviamente non esiste La terra è piatta! Forse qualcuno farebbe meglio a bere birra e a lasciar perdere il vino. Visto che non citate spessissimo la mia regione, mi prendo il lusso di fare un pò di pubblicità ai vini della Liguria e mi permetto di consigliare l'acquisto di un libricino. Il titolo è il seguente: Geodiversità dei vigneti liguri. Le relazioni tra paesaggio, suolo, vitigni e vino. A cura di Roberto Vegnuti, esperto di marketing territoriale, e degli stessi autori Gerardo Brancucci e Adriana Ghersi, docenti presso l’Università degli Studi di Genova. Questo libro, nasce come sintesi del progetto di ricerca multidisciplinare nato da un team di ricercatori universitari quaificati avente per oggetto l’importanza delle caratteristiche geografiche nella valorizzazione del vino in Liguria. Secondo il prof. Brancucci, docente di Geomorfologia Applicata, l’analisi approfondita del suolo rappresenta un passo in avanti rispetto all’analisi pedologica tradizionale, in quanto consente di entrare nel merito degli elementi minerali presenti all’interno del terreno e ottenere uno screening completo della composizione dello stesso. L'analisi condotta su diversi campioni di cantine liguri che hanno dato il consenso alla partecipazione al progetto di ricerca, ha fornito un quadro cartografico georeferenziato interessante: lo stesso vitigno, dunque lo stesso genoma, piantato su terreni diversi, a parità di altri condizioni (climatiche, tecniche di coltivazione, tecniche di vinificazione) dà vita a prodotti diversi. La vera discriminante pertanto è il suolo: l’unica cosa irripetibile. Ma è soltanto uno studio universitario! I docenti e i ricercatori universitari che ci hanno messo la faccia che ne sanno! Saluti e Buona birra!
RispondiLanegano
circa 3 anni fa - LinkDetto tutto ciò, io che non sono un contadino ma solo un appassionato consumatore, quando parlo con amici vignaioli e leggo che, per esempio, in Borgogna hanno usato tonnellate di chimica distruggendo la microbiologia del terreno e da quando sono passati ad un'agricoltura 'diversa' le cose sono migliorate, due domande me le faccio. Lo stesso discorso vale per la Champagne. E anche per il Collio, almeno in parte. Della parte 'esoterica' faccio a meno in quanto tendo ad essere un filo più pragmatico nelle mie cose, nonostante credo sia bello vendere anche una parte di 'sogno'. E' marketing ? Oh, yes, ma non mi pare così strano sennò come diceva Salvatore, il vino lo regalerebbero. Mi pare talmente ovvio che coltivare in 'biologico spinto' sia meglio che usare tutto l'arsenale superchimico che non so neanche perchè ci siano un giorno si e uno anche discussioni sul tema... Preferite una torta buona fatta in casa con uova non liofilizzate e cacao di alta qualità oppure un Tegolino..?!? L'importante è che la torta sia buona e non sappia di coda di cane. Evito la lista dei produttori bravi grandi, medi e piccoli che lavorano con poca chimica perchè il confronto sarebbe impietoso. Leggo che il 60% dei pesticidi usati in Europa vengono irrorati nella viticoltura, a fronte del 3% delle terre ad uso agricolo. In ultimo mi vien da dire: mai sentito parlare di sostenibilità...?!? Detto ciò, ognuno beva ciò che gli pare senza fare crociate anti-qualcosa. E in Italia è pratica troppo diffusa in qualunque ambito.
RispondiLanegano
circa 3 anni fa - Link'CHE in Italia è pratica troppo diffusa in qualunque ambito'. Ce la faremo mai ad uscire dalla mentalità Guelfi/Ghibellini...?!?
RispondiLanegano
circa 3 anni fa - Link60% dei pesticidi usati in Europa a fronte del 3% di terre coltivate a vite sul totale.
RispondiCapex
circa 3 anni fa - LinkD'accordo su tutto come raramente mi capita.
RispondiNicola Micheletti
circa 3 anni fa - LinkMonte dei Ragni, Amerighi, Castello dei Rampolla. Cantine eccezionali. La biodinamica piaccia o no è un metodo agricolo e produttivo, né più né meno. Se usata bene e su terreni adeguati i risultati sono questi qui. Ovviamente nessun metodo produttivo da garanzie di risultati indipendentemente dalla materia prima a cui lo si applica , soprattutto se usato male o applicato in maniera errata.
RispondiAdriano Di Pinto
circa 3 anni fa - LinkScusate, ma una superficialità del genere sulla biodinamica, da voi non me la sarei mai aspettata. I fenomeni che liquidano come fuffa dei principi in base ai quali vengono prodotti alcuni dei più grandi vini del mondo, forse farebbero bene a bere dell'altro. Non voglio citare Domaine Leroy, Domaine Leflaive, Nicolas Joly, Coche Dury, Clos Rougeard, o dei Richebourg Grand Cru, che qualche leone da tastiera non conosce neanche per sentito nominare. Soffermiamoci un secondo su vignaioli nostrani del calibro di Alois Lageder, Stefano Amerighi, Alessandro Dettori, Gravner, Radikon, Elisabetta Foradori, Giovanna Morganti, Arianna Occhipinti o Federico Staderini. Adesso siate coerenti ed abbiate il coraggio di andare fino in fondo alla vostra presa di posizione: abbiate il coraggio di dire che secondo il vostro illustre parere , dietro i vini di questi produttori c'è marketing e fuffa. Spiegatevi. Rimaniamo in attesa. P.S. Ogni tanto mi capita di leggere nei post su tematiche simili, qualcuno che asserisce che il gesso non ha odore. Ecco. La memoria mi riporta ai giorni della scuola. L'odore della scatoletta con i gessetti nuovi. Il gesso con cui si scriveva alla lavagna durante le interrogazioni. Quell'odore, almeno al sottoscritto, è chiuso in un cassetto della memoria, che puntualmente viene riaperto quando nel bicchiere mi trovo determinati vini bianchi.
RispondiAntonio
circa 3 anni fa - LinkQuei vini sarebbero buoni, tali e quali, anche senza omeopatia e astrologia.
Rispondimarcow
circa 3 anni fa - LinkAntonio mi ha stimolato. __ Se dovessimo esprimere un'opinione su un METODO DI COLTIVAZIONE E DI VINIFICAZIONE... soltanto in base al RISULTATO finale, cioè alla qualità del vino prodotto... dovremmo allora rivedere TUTTO il discorso intorno... a tutti i metodi di produzione 1- vino convenzionale 2- vino biologico 3- cd. naturale 4- biodinamico 5- sostenibile Se il metodo convenzionale produce degli ottimi vini è allora assolto da ogni critica. Il metodo funziona e, qundi, non può essere messo in discussione. __ Si dimentica, e molti lo fanno, che il naturale e il biodinamo sono nati e si nutrono della polemica contro il convenzionale. Negare questo è pura ipocrisia. E ne circola parecchio anche sul blog. __ Il discorso, per me, va inquadrato secondo un altro punto di vista (e non quello del RISULTATO FINALE). 1 Analizzare criticamente i PUNTI che vengono sbandierati dalla biodinamica. Rendersi veramente conto in cosaconsistono: alcuni secondo me non hanno le idee chiare in merito: guardano semplicemente... al RISULTATO FINALE. 2 Ma c'è un grande PROBLEMA sulla CREDIBILITÀ di questi vini biodinamici: un maciigno che nessuno ancora è riuscito a smuovere: il SISTEMA di CONTROLLI e Certificazione. __ Signori, mentre il Convenzionale e il Biologico hanno un sistema(sia pur con dei limiti e migliorabile) di controlli, Biodinamico e Naturale non hanno un sistema di controllo... CREDIBILE. ... A meno che... vi basta assaggiare il risultato finale... e se è buono... se è di vostro gradimento... è buono anche... il metodo e il suo sistema di controllo () che quel vino ha prodotto. __ La FUFFA, signori, riguarda 2 lati del tema che stiamo trattando 1 Fuffa sulle tecniche di coltivazione: es cornoletame, astrologia, esoterismo ecc... 2 Fuffa sul sistema di controlli e certificazione.
RispondiNicola Micheletti
circa 3 anni fa - LinkInvece secondo me il risultato finale è tutto. Il vino buono deve avere degli standard organolettici precisi e deve anche rispondere a quello che ci si aspetta sia il corretto profilo olfattivo e gustativo della sua denominazione. Un vino ottimo, per come la vedo io, ha un valore aggiunto a essere biodinamico, perché mi aspetto sarà prodotto con maggior rispetto dell’ambiente e delle uve (sia in vigna che in cantina) rispetto a uno “convenzionale”. Del vino biodinamico cattivo invece non so cosa farmene, in quel caso il metodo ha prodotto un fiasco, che sia insipienza del produttore o scarsa materia prima (o entrambi) non mi interessa.
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkIl gesso è CaSO4·2H2O, volgarmente solfato di calcio (biidrato). Questo composto, sui testi di chimica, è classificato inodore. Non volendo citare cose troppo complicate, ecco qua scheda tecnica di produttore di gesso che riporta, ovviamente, che il prodotto è inodore. http://www.dorarte.com/pdf/pdf_cat_124.pdf Se si sente qualcosa odorando gesso è perché c'è sopra materiale organico (ovvero sporcizia), specie se con il concorso di umidità. Quindi quelli che parlando di vino dicono "gesso" o mentono o sono ignoranti o recitano a memoria la cantilena del gesso oppure, banalmente, dovrebbero comunicare con maggior efficacia informativa. Ad esempio: "terra umida", "pavè umido", "lavagna sporca della scuola", etc. etc. etc. Invece, "ciliegia" assaggiando croatina va bene perché guarda caso la molecola dell'aroma di ciliegia sta dentro un vino di croatina.
RispondiAdriano Di Pinto
circa 3 anni fa - LinkCertamente. Basti andare su Wikipedia e leggere che il gesso è atossico e inodore. Se lei ci sta, le proporrei un piccolo esperimento. Vada in cartoleria, e acquisti una scatolina di gessetti. È sigillata. Tolga la plastica, apra l'involucro di cartone e avvicinando il naso ai gessi inspiri. Sentirá un odore, non intenso o inebriante, ma tenue. Potrà facilmente constatare che quella nota che centinaia di degustatori definiscono "gessosa" associandola a ricordi immagazzinati nella propria esperienza sensoriale, l'avrà certamente avvertita in alcuni vini bianchi che le sarà capitato di bere. Magari in uno chablis troppo giovane. Tutto qua. Non vi è nulla di complicato e non vi è nessuna equazione di secondo grado da risolvere. Non vi è un complotto delle aziende per ammantare di qualità che non ha, quello che secondo lei immagino sia soltanto un banale succo d'uva fermentato. La faccenda è più complessa. Da come scrive, si vede che non ama il vino e detesta produttori. Mi spiace.
RispondiPaolo
circa 3 anni fa - LinkRispettosamente: confondere il gesso commercializzato, il gessetto, con il gesso-molecola di cui parla Sisto (inodore, appuno) è come confondere l'acqua potabile con l'acqua H2O con cui facevamo gli esperimenti nel laboratorio di chimica alle superiori. Suvvia. L'odore che anche io ricordo benissimo (ricordo pure quello dei calamai, ma non lo definirei "odore di inchiostro") dei gessetti è l'odore dei gessetti di scuola, non del gesso.
RispondiAdriano Di Pinto
circa 3 anni fa - LinkIl gessetto è un bastoncino di solfato di calcio. Polvere di gesso pressata. Quindi parliamo dello stesso materiale naturale.
RispondiMaurizio
circa 3 anni fa - LinkVi rendete conto che il problema è solamente semantico? Gesso a livello olfattivo nel vino significa una sensazione che tutti i degustatori hanno ben chiara. Chi se ne frega dell'odore del gesso. Gesso è un descrittore comunemente usato, diffuso e compreso nell'ambito della degustazione. E odore di gesso significa proprio quello. Mai sentito parlare di sinestesia? Poi se gesso è un marchio registrato da qualche organizzazione mondiale di chimici e non si può usare senza consenso, d'ora in poi scriveremo jesso per riferirci a quella sensazione nel vino, almeno nessuno se la prenderà a male.
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkAdriano Di Pinto. No, l'esperimento che lei propone non passerebbe neppure l'abstract al vaglio della peer review per il semplice motivo che ha dentro un bias grande come una casa. È lo stesso bias per cui tutti i preparati omeopatici non passano al vaglio della procedura di validazione come farmaci: l'anti effetto placebo e la conduzione in triplo cieco. Nei farmaci bisogna annullare l'effetto placebo, con i sensi occorre annullare l'autosuggestione (nel caso del vino autosuggestione da conoscenza di etichetta/produttore/annata/zona cioè l'effetto pernicioso del marketing, come peraltro autorevolmente ricordato anche dall'intervistato). Invece, le propongo questo di esperimento che forse ha più probabilità di essere ammesso al primo vaglio (assenza di bias distorcenti nel piano sperimentale). 30 giudici scelti in modo da modelizzare l'intera popolazione con normale capacità sensoriale di discriminazione. 3 campioni per ciascun giudice: acqua minerale naturale la più neutra in commercio, il suo vino (quello che "sa di gesso" o "ricorda il gesso": mi va bene financo la sinestesia) e il mio vino (croatina). Tutto in cieco ovviamente: anzi ogni giudice bendato. Una schedina con 3 caselline che un notaio compila quando il giudice ha finito e declama la sua scelta (può assaggiare nell'ordine che gli pare, anche più di una volta, 3 minuti di tempo in tutto ): a) nulla b) gesso c) ciliegia. Poi, vediamo i risultati.
RispondiMisantropo
circa 3 anni fa - LinkChi dice che la biodinamica è fuffa, la fuffa ce l'ha nella testa
RispondiLanegano
circa 3 anni fa - LinkL'utilizzo delle fasi lunari nei processi di vinificazione è utilizzato in viticoltura DA SEMPRE senza basi ideologiche ma come popolare saggezza contadina. Non la chiamerei proprio fuffa, dato che la Luna influenza anche le maree e il ciclo mestruale.... Se poi mi si chiede : credi nell'utilità del cornoletame? Tendenzialmente rispondo no, però credo nelle uve trattate il meno possibile e che quindi permettono di utilizzare i propri lieviti, credo nelle pratiche di cantina limitate al massimo, credo nei vini (fatti bene) più 'autentici' possibile. Che leggano il territorio e l'annata e non siano sempre uguali a se stessi e perfettini. Ovviamente è il mio gusto personale. I controlli sono fallaci ? Ci sarà chi ha l'onestà intellettuale per non sgarrare e ci saranno i furbacchioni che aggirano i protocolli senza fatica. Pazienza....accade per qualunque cosa, accade ovviamente anche nel vino.
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkMi cita cortesemente un testo di carattere scolastico o universitario, o un articolo scientifico in materia o di astronomia o di enologia che sostenga che c'è un legame fisico/chimico provato tra le fasi lunari e le vicende del vino o parimenti su un testo di agraria un legame tra fasi lunari e le vicende dei vegetali? Le fasi lunari causano le maree per una nota ragione fisica (la massa della luna sul volume del mare, cioè la gravità): di altro non ho contezza. "Da sempre" certa gente crede all'astrologia, alla magia e all'occulto: non significa un bel niente o, meglio, significa che il pensiero scientifico è umiliato da quello pseudo scientifico (la "popolarità" di omeopatia, antroposofia e biodinamica steineriana, influenza della luna sul vino o sul taglio del bosco e tutte le altre fuffe lo dimostrano). Si deve andare dall'astronomo o dall'agronomo per avere spiegazioni dell'influenza della luna, non dal contadino o dal cantiniere o dal boscaiolo.
RispondiDamiano
circa 3 anni fa - LinkSembrerebbe che le fasi lunari influenzino le maree, cioè una massa di liquido che viene influenzata dalla condizione della luna. Sembrerebbe che, a parte la pietra, in tutto il resto c'è liquido. Sembrerebbe che la comunità scientifica è concorde.
RispondiAntonio
circa 3 anni fa - LinkQuesto è un argomento risibile. L'influenza gravitazionale è proporzionale alla massa dei corpi: per questo è così visibile sugli oceani, molto meno nel Mediterraneo, quasi risibile in un qualsiasi lago, del tutto trascurabile in una bottiglia di vino (il famoso imbottigliamento con luna calante o crescente...) e del tutto inesistente sull'acqua contenuta nelle piante. Sono cose che si studiano in prima media, ma è incredibile come una bufala simile venga ancora spacciata come verità assoluta sui media mainstream. Ma in un mondo dove si curano i tumori con le tisane prese quando la luna è in scorpione o ariete e rimedi omeopatici (ossia, l'equivalente della biodinamica applicato in medicina), la totale mancanza di cultura scientifica purtroppo non sorprende.
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkAntonio, mi consenta: prima media 30 anni fa, ora 3a elementare visto come navigano sul web... Oltrettutto, la luna attrae anche il sassolino sulla strada e, anzi, anche il sassolino sulla strada e la coca cola nella lattina attraggono la luna (hanno o non hanno una massa?). Quindi la luna condizionerà le proprietà della coca cola? La coca cola condizionerà la luna? Ad ogni modo avrà anche notato che la citazione del testo di enologia che attesti il legame tra le fasi della produzione vinicola e la luna non è saltato fuori. Sa perché?: perché non esiste essendo, come ripetuto da lei, una scemenza (antica, quindi ancora più scemenza)
RispondiGianni
circa 3 anni fa - LinkSe studiassi seriamente le evidenze e gli studi scientifici che se vuoi puoi trovare, invece di essere arrogante..ma forse ci sarà della malafede
RispondiLanegano
circa 3 anni fa - LinkQuoto il commento sottostante di Capex. Manca solo parlare di vaccini e siamo a posto. ' Ricordatevi che con il grano si campa, con il vino ci si diverte', cit. Stefano Bellotti. Un pò meno seriosi, no? Cordialità.
RispondiDario
circa 3 anni fa - LinkLe fasi lunari influenzano l'evoluzione dei vini durante travasi e filtrazioni in cantina. Come qualcuno ha già sopra correttamente scritto, era già pratica ampiamente corrente nella tradizione enotecnica, ben prima dell'avvento della biodinamica, operare in funzione dei quarti di Luna.
RispondiCapex
circa 3 anni fa - LinkQuesto continuo stigmatizzare la biodinamica è diventato di una noia mortale...e ancor più noioso è che a farlo sono sempre i soliti, con i soliti interventi. Ve la suonate e ve la cantate. Cheers
RispondiSpontaneo
circa 3 anni fa - LinkQuindi tutto quello di cui parla porthos (37 in particolar modo) sarebbe fuffa per alcuni scientisti senza se e senza ma
RispondiMario
circa 3 anni fa - Link1. La Biodinamica utilizza l’astronomia e non segue la luna. 2. Porthos sa di Biodinamica quanto Salvini di vaccini. 3. Nessuna cosa scritta qui a favore o contro ha a che fare con la Biodinamica. 4. Alcuni produttori citati non fanno Biodinamica.
RispondiSpontaneo
circa 3 anni fa - LinkSono almeno 20 anni, credo, che porthos si occupa di biodinamica con Nicolas Joly. Quindi non diciamo cazzate
RispondiGianni
circa 3 anni fa - LinkAffermazione n.2 un tantino offensiva
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkLei sopra ha usato un comodo trucco: l'inversione dell'onere della prova. Se lei li possiede e le interessa (a me no perché non sono io il sostenitore del legame in oggetto) può gentilmente citare questi studi? Grazie. Di seguito fonte autorevole (CICAP) che, ovviamente, sentenzia la triste (per i poeti) verità: a parte le maree, la luna non influenza null'altro. Neppure il vino in cantina. https://www.cicap.org/n/articolo.php?id=100020
RispondiSpetnat
circa 3 anni fa - LinkFonte autorevole il cicap..🤦♂️
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkSi, convengo, ognuno avrà la sua opinione a riguardo: però, da altri parti, le fonti continuano a non essere citate/linkate.
Rispondihakluyt
circa 3 anni fa - LinkBeh, se credi al cornoletame (e magari anche a Uri Geller che piega i cucchiaini col pensiero) posso capire che tu ritenga non autorevole il Cicap...
RispondiAdriano Di Pinto
circa 3 anni fa - LinkChe la luna influenzi soltanto le maree è quanto attualmente sappiamo e quanto la scienza ci conferma. "Altre influenze" possono essere presunte ma non sono dimostrate scientificamente. Il punto però non è questo. Converrai sul fatto che i vini che seguono i dettami di un' agricoltura biodinamica hanno qualcosa in più. A meno che non siano fatti da un dilettante alle prime armi, si discostano dagli omologhi convenzionali per visceralitá, espressività e naturalezza. Sanno emozionare. Il vino biodinamico se ben fatto, avrà sempre qualcosa in più rispetto all'omologo convenzionale. Questo è il punto centrale.
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkEcco, così finalmente ci capiamo: "mi piace/non mi piace", "conforme/non conforme", "sa di questo e di quello", "non piace a me ma al mercato sì" (o viceversa), "convieni che?", "io ritengo che...", "questo tale vino è così: cosa ne pensate?". Nel 2020 scrissi una banalità: Demeter non è un ente di certificazione accreditato: apriti o cielo. Io non ci posso fare niente se invece altrove continuano a dire "questo vino è certificato Demeter" e altri 1000 esempi del genere, Io non riesco a comprendere perché non si possa rimanere tranquillamente a ragionare su questo piano senza tirare fuori presunti legami causa-effetto, motivazioni della tradizione, vulgate del popolo, sentenze del guru, dicerie, filastrocche, ritornelli pseudo scientifici salvo poi adombrarsi se qualcuno chiede umilmente prova dimostrata o espone, argomentando sempre, la sua opinione avversa o diversa.
RispondiMario
circa 3 anni fa - Link@Spontaneo confermo quanto ho scritto. Aver intervistato dei vignaioli non significa conoscerla ed averne la conoscenza per parlarne e scriverne. La Biodinamica in Porthos 37 è antroposofia fiabesca e nostalgica che non ha niente a che vedere con la Biodinamica pratica. Leggete bene le risposte di Zago, che le cose le sa, neanche lui entra nel merito perché sono cose da agricoltori e non per finti intellettuali. Leggere di Biodinamica su Porthos o tra i commenti di questo articolo è come leggere di economia su Topolino. Con affetto. E intravino che ci tiene svegli da questo incubo pandemico.
Rispondimarcow
circa 3 anni fa - LinkAggiungo. 1- Se uno ti sta sulle p...e c'è sempre stato, nella storia del web, un semplice metodo: lo salti, lo eviti. 2- Il blog offre, poi, diversi tipi di articoli per TUTTI i GUSTI. Non c'è l'obbligo di frequentare un dibattito... dove c'è qualcuno che non sopporti (o... se ci vai...lo eviti) 3- Comunque, penso che siano fisiologiche le antipatie. Esistono nella vita reale ed esistono nel WEB: lo sanno pure i bambini. Devo, e sono sincero, dire che ho avuto simpatia verso chi mi ha attaccato e l'ho anche espresso in alcuni dibattiti. 4- Penso che sulle critiche, specialmente, quando vengono da persone che stimi, c'è sempre da imparare qualcosa. Correggere, migliorare la comunicazione delle proprie opinioni. 5- Certamente sarebbe bello esprimere sempre con ironia le opinioni anche quando contengono cose serie. Non è facile. Sono pochi quelli in grado di farlo. 5- La BIODINAMICA, signori, è da sempre un TEMA che DIVIDE, che provoca calde discussioni. Anche tra gli ESPERTI. Potrei portare qui opinioni di ESPERTI che non la pensano come porthos. È assurdo pretendere che TUTTI siano d'accordo o che si limitino a... cazzeggiare... a spazzolar le bambole...a essere leggeri. 6- È altresì - - - inevitabile- - - che si RIPETANO gli stessi concetti... sugli STESSI TEMI. È facile dimostrare che non sfuggono a questa regola anche esperti della comunicazione. La scelta è quella di... TACERE. 5- Quando si critica sarebbe auspiicabile che si motivino le critiche. Si, uno ti sta sulle p... e può essere un buon motivo. Ma sarebbe più proficuo, per tutti, per un dibattito interessante, che la critica si concetrasse sui contenuti, sulle argomentazioni che non si condividono. Dimostrare che si stanno dicendo delle fregnacce sul tema in discussione. __ Rimane comunque sempre la possibilità di utilizzare il metodo del punto 1 Facile... efficace. __ PS Ringrazio pubblicamente la direzione del blog per permettere di esprimere liberamente il proprio pensiero. E anche pensieri scomodi e non graditi. PS L'ultimo commento di Adriano Di Pinto dimostra che si può stare dalla parte della biodinamica e immettere nella discussione un elemento nuovo interessante che stimola l'approfondimento.
RispondiDamiano
circa 3 anni fa - LinkLa cosa che mi rallegra è che anche grandi (sotto molti punti di vista) aziende tentano l'applicazione della biodinamica ed ottengono prodotti dal grande fascino, di personalità e riscontrano favore di mercato. Questo non si trova nei testi di agraria e nemmeno online ma è un dato di fatto incontrovertibile... Ed è ciò che fa rodere il culo agli ottusi che non vedono altro che il pragmatismo cattedratico della scienza di prima (in senso temporale), dei testi scritti dall'osservazione di ciò che è già passato e che, metodicamente, verrà in futuro smentita dall'osservazione dell'oggi, arricchendo di validità il poco, empiricamente compreso, nell'antichità.
RispondiSisto
circa 3 anni fa - Link"Dato di fatto incontrovertibile": a parte che non è così pacificamente incontrovertibile (occorrerebbe avere una statistica) ma diciamo pure che sia una sua opinione confermata da molti (i sociologi la definirebbero "moda"). Orbene: io dico che spesso è marketing, sempre è marketing quando lo dicono quelli che sostengono questa credenza e sanno che il vino è prodotto da un produttore che sostiene questa credenza. In psicofisica si chiama "autosuggestione da conoscenza"
Rispondimarcow
circa 3 anni fa - LinkBiologico, biodinamico, naturale, sostenibile. A questi temi Maurizio Gily dedica una "guida per orientarsi nella nebba". È del gennaio 2017 e non sappiamo se sono state riviste le opinioni espresse da Maurizio Gily. Non è "modesta", come lui scrive, ma ottima questa guida per chiarezza e completezza. E sintesi. http://www.gily.it/index.php/pubblicazioni/item/393-biologico-biodinamico-sostenibile-naturale-modesta-guida-per-orientarsi-nella-nebbia Senza polemiche, ma con uno stile sobrio, Maurizio Gily parla della biodinamica in questa guida. E fa capire chiaramente quali sono le differenze con il Biologico. Buona lettura.
RispondiSancho P
circa 3 anni fa - LinkInterventi interessanti. Tutti. Intravino, si conferma la punta avanzata di ogni discussione controversa che riguarda il vino. Per quello che vale, concordo con Maurizio e Adriano di Pinto quando parlano delle note di gesso rintracciabili in alcuni bianchi(aggiungerei in qualche Barolo di Serralunga), però stavolta concordo con Sisto e Marcow. La scienza è una cosa, le credenze religiose, esoteriche o animiste, per quanto importanti nella mente di chi le professa, difficilmente troveranno un riscontro nella pratica. Su Demeter e biodinamica, mi limito a citare un articolo di Donatello Sandroni apparso su scienzainrete. Non sono capace a linkare dal telefono, ma si trova facilmente.
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkConvengo con Sancho P su Intravino (su alcune faccende è nettamente migliorato nel tempo, ivi compreso le note descrittive che mi paiono meno "arzigogolate" e più concrete di tempo fa). Sul "terroir" (siccome immagino si stia parlando anche del sottoscritto) desiderei aggiungere una mia umile richiesta al decalogo metodologico di Marcow che sottoscrivo: potete commentare le mie precise opinioni (sottolineo la parola "precise" cioè specifiche) senza poi ricorrere a generalizzazione e all'argomento fantoccio? Mi interessano parecchio le opinioni diverse/avverse alle mie, basta che però lo siano esattamente sull'oggetto specifico, non su quello che mi si mette in bocca ma che non ho detto. Io nell'ultimo mese avrò scritto almeno 10 volte che la zona influenza il vino ma poi la gente mi risponde come se io avessi detto il contrario. Io, invece, dico 3 cose molto precise e solo queste: 1) generalmente parlando vitigno e processo produttivo influenzano più della zona 2) l'influenza della zona sul prodotto (intendo le caratteristiche) deve essere descritta in termini di profilo sensoriale del prodotto risultante 3) il profilo sensoriale peculiare fornito dalla zona lo si deve scoprire alla cieca e non perché me lo dice quello che sa cosa mi sta facendo bere
RispondiSancho P
circa 3 anni fa - LinkPoco tempo fa, il Consorzio del Soave, ha pubblicato il volume “Soave Terroir”, risultato di un lavoro di ricerca durato diversi anni. Lo studio ha messo sotto la lente di ingrandimento gli aspetti identificativi di quel territorio. Il capitolo “Unità Geografiche e profilo metabolomico”, illustra l'analisi di alcuni vini prodotti in 6 diverse unità geografiche, distinte per suolo calcareo (Broia, Monte di Colognola e Paradiso) e vulcanico (Duello, Foscarino e Carbonare). Attraverso un cromatografo che consente in modo scientifico di ottenere dati su polifenoli, precursori aromatici e aromi liberi, l’analisi metabolomica è in grado di individuare nei vini molecole note e non note, presenti anche in quantità infinitesimali. Tutti i risultati sono stati documentati ampiamente. Lo studio è corredato di tabelle descrittive dei valori. Questo per citare un altro esempio, oltre lo studio segnaIato da Giuseppe Mantero sulla Geodiversità dei vigeti liguri e sul rapporto di causalità con i vini. A parer mio, più che di relazione di causalità fra i diversi fattori considerati nella nozione di terroir, bisognerebbe parlare di interazione dialettica tra fattori naturali, biologici e umani dove ogni elemento influenza gli altri e riceve influenze dagli altri(Dialettica della Natura F.Engels). Pascal Ribéreau-Gayon nel "Trattato di Enologia" sostiene che le caratteristiche geologiche e pedologiche dei diversi vigneti possono avere un’influenza decisiva sul colore, l’aroma e il gusto del vino. Cita come esempio i suoli ciottolosi dei vigneti del Medoc nei quali la proporzione di argilla aumenta da sud verso nord, con dei vini più interessanti per la loro grande finezza come a Margaux e di altri, come a Saint-Estèphe, più completi perché possiedono un corredo tannico più nobile. Differenze della stessa natura esistono in Borgogna. Esistono ad esempio delle variazioni aromatiche fra il Montrachet e il Chevalier-Montrachet dovute a suoli diversi : i secondi, con lo stesso vitigno, danno dei vini molto delicati anche se relativamente leggeri. Si potrebbe continuare all'infinito. La questione indiscutibile è che la gerarchia delle zone e la vocazione di determinati territori alla produzione di grande uva da vino rappresentano una realtà consolidata. Per quanto riguarda la capacità soggettiva del degustatore di riconoscere e cogliere elementi oggettivi, entrano in gioco talmente tanti fattori che la cosa sinceramente lascia il tempo che trova. Carlo Ferrini sarà in grado di riconoscere la provenienza di grandi Borgogna alla cieca: un appassionato di vini delle Langhe, non avrà molta difficoltà a distinguere un Vigna Rionda da un Rocche di Castiglione oppure un Montestefano da un Albesani di Neive. Chiudo su questo. Buona Domenica
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkSolo una precisazione. Quello del Soave lo leggerò, altri lavori invece li ho letti e ovviamente mi sono andati più che bene (perché l'abstract era conforme alle regole internazionali di presentazione delle pubblicazioni scientifiche che devono permettere la peer review). 2 mesi fa mi sono letto circa 130 pagine di una sperimentazione sull'influenza della zona sul malbec in Argentina, durato 4 anni, lavoro pubblicato e mi ha persuaso. Ma, come lei sa, uno studio di zonazione si conclude (quando fa parte dello scopo) anche con la validazione mediante i metodi scientifici di analisi sensoriale (panel, taratura, norme ISO, indici di efficacia, etc.). Non si impiegano (perché non sarebbero significativi per l'altro estremo del campionamento) 1 o 2 pareri monocratici di super esperti specializzati di quella zona (= giudici che non rappresentano la distribuzione normale di assaggiatori qualificati di vino). Come lei sa, in sede scientifica, si può fare solo così.
RispondiSancho P
circa 3 anni fa - LinkIntanto gli altri Consorzi farebbero bene a seguire l'esempio di quello del Soave. Da questo punto di vista, l'Italia è nettamente in ritardo
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkCome vede, ora ci intendiamo: bastava entrare (molto) nel merito. Saluti.
RispondiVinologista
circa 3 anni fa - LinkMannaggia state "scazzando" per un gessetto, una lavagna e un corno pieno di m.....ma bevetevi un bel vino ossidato e una fetta di torta di fango e fatevi due risate che e' primavera......
RispondiLittlewood
circa 3 anni fa - LinkIo vorrei porre una domanda a tutti voi che sembrate dei fenomeni del settore....ma esiste almeno uno fra voi che la biodinamica in vigna l' abbia praticata seriamente e veramente? Se no scusate ma come cavolo fate ad essere cosi" sicuri che sia fuffa? Avete visto il comportamento vegetativo prima e dopo della distribuzione dei preparati? O vi siete fatti un giretto in campagna bevendo calici di vino col mignolo alzato e la erre moscia e poi siete tornati a casa convinti di aver capito tutto?? Passatevi anni in mezzo alle vigne guardate il comportamento delle piante su appezzamenti antigui magari con trattamenti diversi FINITELA UNA VOLTA X TUTTE di pensare che i vini bio DEVONO puzzare e poi magari potete esprimere qualche certezza in piu'!
RispondiEb2323
circa 3 anni fa - LinkComplimenti, ma è un discorso al vento. Qui sono convinti che Roederer, Col d'orcia e Cerretto lavorino in biodinamica solo perché lo dichiarano. Dubito che chi ne ha scritto abbia mai fatto vendemmie in quelle vigne ne tantomeno seguito la vinificazione in cantina.
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkSi ci vado e mi va bene tutto anzi adoro il vigneto biodinamico, fino a quando (l'ho scritto anche nel post del marzo 2020 più volte citato) il suo collega mi dice che il preparato di Stirner lo impiega così...(ovvero omeopatia cioè il nulla ammantato di marketing) e che le corna della vacca hanno intercettato le onde cosmiche primordiali). Giunto a questo punto, pago il vino comprato, e me ne torno a casa pensando ai poveri Galileo e Pasteur. Infatti, 13 mesi dopo Intravino fa sapere quello che avevo scritto allora: si può fare biodinamica non stirneriana ovvero senza 2 fuffe (omeopatia e antroposofia) "cosmiche".
RispondiSancho P
circa 3 anni fa - LinkCol d'Orcia al momento ha la certificazione biologica. Se tra qualche anno l'azienda vorrà fregiarsi della certificazione biodinamica, il Conte Marone Cinzano, persona seria ed estremamente precisa, si rivolgerà a quell'ente privato(non pubblico) che la emette, e non avrà difficoltà ad ottenerla. Personalmente, mi auguro che non vadano a cambiare lo stile dei loro vini. Ceretto produce tra i migliori vini al mondo. Il Bricco Rocche su tutti. Se capiti in zona, visita un loro vigneto.Qualche anno fa, passeggiando per le Brunate, ricordo l'ammirazione di Marco Carpineti chino sulle piante. Per quanto riguarda gli" impulsi spirituali per il progresso dell’agricoltura", quando cominciamo a parlare di Atlantide, di topi spellati , di ruolo della luce lunare, corna, viscere ed influenze astrali , ci manca solo il pentolone del sabba e ci troviamo dentro un film. Altra cosa è l’assenza di pesticidi o concimi “non naturali” o la rotazione delle colture, Quanto ai famosi preparati biodinamici, la scienza ha mai dimostrato una reale efficacia oppure una incidenza significativa? Cè uno studio serio che lo attesti? Chiedo senza polemica.
RispondiLittlewood
circa 3 anni fa - LinkGuarda io nn sono uno scienziato son solo un vignaiolo..ho lavorato in tutti i sistemi..uso sfrenato di tutto l' arsenale chimico dai sistemici al diserbo. Poi in bio. Poi in biodinamica..nn ti so dare una spiegazione scientifica...so che le vigne trattate con cornoletame il 501 la silice le alghe e le tisane erano NETTAMENTE piu' brillanti luminose vitali degli appezzamenti vicini in convenzionale o bio...e mi son convinto di una cosa.meno intervieni piu' esce il territorio piu' intervieni puoi pure fare vini buonissimi ma il territorio lo appiattisci. Certo devi essere presente sempre in vigna nn puoi delegare a squadre o terzisti perche' e' come camminare sul filo senza sicurezze. Ma se lo sai fare i risultati sono fantastici! Citofonare Soldera Pian Dell' Orino Salicutti o Gravner....
RispondiPanzer
circa 3 anni fa - LinkNon sono assolutamente contrario alla biodinamica, ma Gravner e Soldera (solo perché tra quelli da te citati conosco meglio) facevano dei grandissimi vini già negli anni '80, quando ancora lavoravano in maniera più o meno "convenzionale". Il mestiere devi avercelo, perché il cornoletame, le alghe e le tisane non fanno miracoli se non a livello di marketing. My2cents
RispondiLittlewood
circa 3 anni fa - LinkQuesto e' indiscutibile e se leggi bene l' ho pure scritto...ma se simili personaggi che certo nn avevan bisogno di marketing hanno fatto questa scelta ( Josko l' ha definita la scoperta della fonte d' acqua pura...) Non vi viene forse il dubbio che nn sia solo fuffa???
RispondiSancho P
circa 3 anni fa - LinkRagazzi, Ci ha lasciato anche Lionel Cousin di Cupano. Persona meravigliosa. È stato un privilegio averlo conosciuto e aver trascorso dei momenti con con lui.
RispondiAle
circa 3 anni fa - LinkLa biodinamica non esiste ma è divisiva. 🤷♂️
RispondiFrancesco Romanazzi
circa 3 anni fa - LinkSì infatti. Pensa se esistesse cosa riuscirebbe a fare :)
RispondiSisto
circa 3 anni fa - Link@Dario. Un'affermazione e poi una richiesta (la solita, sinora inevasa): 1) ad aprile 2021 non esiste alcuna influenza dimostrata della luna sui processi agronomici, ivi compresa la produzione del vino 2) può indicare il riferimento del manuale di enotecnica ove è presente il capitolo in cui si descrive che "Le fasi lunari influenzano l'evoluzione dei vini durante travasi e filtrazioni in cantina"? Grazie.
RispondiDario
circa 3 anni fa - LinkCiao Sisto, mi baso sull'esperienza personale in quanto come enologo ho lavorato in contesti vitivinicoli vari negli ultimi vent'anni. Sui testi accademici su cui ho studiato non c'era traccia di questa teoria. Ho però avuto nel corso degli anni occasione di lavorare con fattori e cantinieri che operavano per tradizione e usanza a questa maniera e, come di mia consuetudine, ho voluto assecondare e non stravolgere le pratiche del luogo, senza preconcetti: ho quindi empiricamente riscontrato un'indubbia maggiore armonia nei vini travasati e filtrati con Luna favorevole (assieme ad altre variabili, ovvio), in particolare sui vini rossi. Non ho sopra scritto di "Trattati Enotecnici" (ne conosco di interessantissimi, se ti interessa) bensì di "Tradizione". Ergo non sono in grado di suggerirti oltre il Caio Sesto Baccelli, volume enciclopedicamente mastodontico all'interno del quale non escludo si possa trovare qualche riferimento al tema del post. Saluti, Dario
Rispondihakluyt
circa 3 anni fa - LinkIl famosissimo (e scientificamente provato) "fetteo placebo"...
Rispondihakluyt
circa 3 anni fa - Link"effetto placebo" ovviamente... :(
RispondiDario
circa 3 anni fa - LinkA dire il vero ho fatto molte prove comparate. E secondo il mio modesto parere l'effetto potrebbe essere dato dall'attrazione gravitazionale Terra-Luna sulle componenti del vino, CO2 e non solo. Poi non mi oppongo al suo parere che, per essere così solido e sicuro, ipotizzo anch'esso essere supportato da una lunga serie di sperimentazioni e prove di cantina sulle varie fasi di vinificazione e affinamento, imbottigliamento compreso.
RispondiSisto
circa 3 anni fa - Link@ Dario. La ringrazio per (l'inusuale, rispetto ad altri) pacatezza nella risposta. Intanto, e parlo a titolo generale per l'intero thread di commenti, anche questa volta la fonte qualificata non è stata prodotta. E, come dicevo ad altri, non è prodotta perché banalmente non esiste (almeno in base alle conoscenze attuali). Tradizione o, peggio, "esperienza" del singolo/i non significano nulla, occorre il metodo scientifico. Ci vuole la sperimentazione che possa essere poi verificato e pubblicata. Io discuto la forma, il contenuto (la luna che influenza l'agricoltura) si commenta da solo: se uno dicesse "io credo nell'influenza della luna sul vino" io neppure ci farei caso. Invece, contrasto l'affermazione "è indiscutibile, perché si è sempre fatto così, che la luna influenzi il vino" o simili perché, ad oggi, è una scemenza ed equivale a dire che esiste il cavallo alato (invece, uno può legittimamente pensare che esista il cavallo alato).
RispondiDario
circa 3 anni fa - LinkCapisco benissimo la sua posizione, Sisto. Anzi, sono io il primo a basarmi su dati analitici in cantina come fossero Vangelo, più che complementari a quello che mi dice l'analisi sensoriale. Al tempo stesso deve però tenere conto del come e perchè la gran parte delle sperimentazioni, quantomeno nel mio settore, vengono messe in piedi: motivazioni economiche. Purtroppo l'argomento su cui ci stiamo focalizzando non ha ripercussioni economiche dirette, ergo fino a ora il gioco non è probabilmente valso la candela e non vi è stata alcuna sperimentazione di confronto fra travasi e filtrazioni di stessi vini durante fasi lunari diverse, cosa che ho avuto occasione di fare in alcune cantine. Non sono un enologo biodinamico e, anzi, nutro molte perplessità su questo metodo pur rispettando chi lavora seguendo i dettami di Steiner, soprattutto in vigna. Lavoro con aziende sia biologiche che convenzionali stando sempre attento a mantenere una tradizione (quantomeno in Toscana) legata all'operato e all'anima del territorio. Di qui l'iniziale curiosità verso prassi come quella in discussione che, al contrario di molte altre del passato dannose e inutili in vigna e cantina, hanno dimostrato di essere positive per una valorizzazione dei vini. Ma questo, come ho già scritto, lo posso confermare sul piano empirico e non scientifico. Buon fine settimana.
RispondiSisto
circa 3 anni fa - LinkRitorno qui, dopo 2 settimane dall'ampio dibattito, perché nel frattempo ho trovato l'articolo del quale inserisco l'indirizzo sotto. Trattasi del commento ad un articolo redatto da una di quelle associazioni che, per statuto, si dovrebbero dedicare alla mescita e alla presentazione del vino al commensale (cioè la pur utile sommellerie), nel contempo formando (ad esempio) tornitori, maestre d'asilo e architetti a tale compito. A me sembra un notevole compendio su quanto si sia osservato nel dibattito in oggetto e a quello del marzo 2020. Soprattutto 2 cose mi hanno colpito in quanto sostanzialmente identiche a certe posizioni già dichiarate da molti di noi: 1) si tende a sviare (io il perché lo so: l'ho già scritto su Intravino) sulla componente essenziale della biodinamica steineriana ovvero quella esoterica (antroposofia). Alias la fuffa. Giustamente, l'autore osserva che se si toglie questa componente allora la credenza diventa agricoltura biologica, né più né meno. e quindi una persona raziocinanante (che usa il metodo scientifico come modello di pensiero) capisce che la biodinamica steineriana è fuffa (aggiungiamo pure l'altra componente fuffesca: l'omeopatia) 2) il grande effetto (nefando e nefasto) del marketing operato dalle scelte di (pochissimi) produttori di taluni vini conosciuti e bevuti solo dalla casta degli elevati (o-per me-colpiti da "autosuggestione da etichetta dal prezzo carissimo"). Segue il solito-pietoso-impiego del banale trucco del "ricorso all'autorità" (presunta) che, ovviamente, fa distogliere lo sguardo (chiaramente da chi non ha i mezzi intellettuali per svarsi sviare) dalla assoluta mancanza di prove scientifiche della detta componente esoterica (tra le altre: si usa il corno del genere femminile-ma solo se ha partorito-di una determinata specie bovina "al fine di inviare dentro di sé le forze formative eterico-astrali" (una delle tante perle del "fenomeno" fondatore). https://vinosa.it/ais-e-la-biodinamica/
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