Ho perso la testa per i vini di Cécile Tremblay

Ho perso la testa per i vini di Cécile Tremblay

di Simone Di Vito

Ho lasciato decantare le sensazioni di questa serata per qualche giorno perché raramente mi fisso e rimango in balia degli assaggi durante una degustazione. Ancor più raro poi è il continuare a rifletterci dopo, fin oltre il ritorno a casa (successe anche dopo una visita da Giuseppe Rinaldi).

Tutta colpa di un incontro a tema Borgogna dedicato ai vini di Cécile Tremblay; una degustazione per certi versi goduriosa ma per me anche particolarmente riflessiva, svoltasi al ristorante Taverna Cestia (RM), organizzata e condotta da Giancarlo Marino (che di Tremblay è anche il distributore in Italia) e impreziosita dalle incursioni di Fabio Rizzari.

Vini che nel prezzo appartengono a un’altra galassia, dove la grandezza però ricorda più un qualcosa di semplice e puro come un bel paesaggio illuminato dal tramonto. Niente effetti speciali o acuti da Maria Callas, nessun ventaglio olfattivo da mille e una notte ma sei assaggi messi a fuoco da una tridimensionalità fatta di concentrazione del frutto e tattilità aerea, sensazione che non ricordo di aver mai percepito in altre bevute.

Cécile Tremblay in vigna

Discendente della famiglia Jayer (il prozio era il famoso Henri), Cécile Tremblay ha ereditato nei primi anni 2000 una serie di parcelle nei migliori villaggi della Côte-de-Nuits, molte delle quali per anni esclusivamente affittate ad altri vigneron. Con la scadenza dei contratti di affitto, le parcelle sono gradualmente rientrate in possesso della famiglia, portando nel giro di qualche anno la produzione dagli iniziali 3 ettari fino agli attuali 7. Tra l’altro grazie a una delle ultime riacquisizioni, nel 2023 è stato prodotto anche un po’ di Clos de Vougeot.

Pur partendo da parcelle di spessore, Cécile ha iniziato a produrre vino quand’era poco più che una ventenne, con poca esperienza e con in tasca la sola laurea in enologia. Seguendola fin dai suoi esordi, Marino ce la descrive come una donna totalmente immersa nel suo vino, meticolosa e attenta ai minimi dettagli dalla vigna all’imbottigliamento.

La maggior parte delle sue parcelle sono a cordone speronato, con età delle viti tra 40 e 80 anni, condotte in biologico sin dagli inizi e introducendo gradualmente anche alcune pratiche biodinamiche. In cantina, previa cernita alla raccolta e post macerazione pre-fermentativa, le uve fermentano spontaneamente, con percentuali variabili di grappolo intero e/o diraspamento. Un uso omeopatico di anidride solforosa (a volte non addizionata se la fermentazione ne ha prodotta a sufficienza), mentre gli élevage, in pièce borgognone con tostature per lo più neutre, vanno dai 12 fino a un massimo di 18 mesi a seconda del vino.

cecilebicchieri

Gli assaggi

Bourgogne Côte d’Or 2017
Ricavato da un mix di uve provenienti da Vosne-Romanee e Chambolle-Musigny. È il primo vino della serata a scrollarsi di dosso la riduzione iniziale ed è tranquillamente a suo agio tra i grandi presenti. Freschezza di viole e frutti di bosco che aprono le danze, l’ossigeno gli regala poi sfumature di oliva nera e liquirizia da masticare, un bel frutto pieno e dolce sul centro della lingua da cui evapora un tannino leggero che quasi levita in bocca solleticandola come una piuma. Neanche il caldo della sala ne scalfisce la bella scia di acidità che svia su un retrogusto sapido e dal frutto interminabile. Tanta voglia di berlo, forse troppa per una serata da 6 vini per 13 persone. Se questo è il Bourgogne iniziano a suonarmi in testa varie campanelline e sarei già soddisfatto.

Morey-Saint-Denis Très Girard 2017
Cru situato a 100 metri dalla cantina. Il più diesel della serata, dall’impronta di spezie dolci e frutta scura al terroso e lievemente erbaceo, si presenta meno espressivo degli altri, ma quando ormai pensavo di averlo messo a fuoco ci ritorno sopra e – PUFF! – il colpo di coda: la profondità di frutto si estende, l’acidità di fondo, ora più tangibile, regala maggior bevibilità e succulenza, e in chiusura ti stampa sulla lingua una patina più sapida che di tannino, con una voglia di riassaggiarlo a più riprese che mi spinge a chiederne un altro assaggio. Richiesta esaudita, me lo godo lentamente, e più sta, più cresce e mi affascina.

Vosne-Romanée 1er Cru Les Rouges du Dessus 2013
Meno di 700 bottiglie l’anno per un cru in cima al pendio di Flagey-Echézeaux. Una lieve ma presente nota ossidativa ne sottolinea la maggior maturità rispetto alla batteria, ed è forse l’unico a provenire da una diraspatura completa ma il frutto inchiodato al centro della lingua è più o meno il medesimo degli altri, sviluppando un attrito tannico più compiuto in un sorso disteso e a dir poco plastico. Ordine e manifattura impeccabili, eppure non fa breccia.


Da qui in poi è più alta nonché evidente la percentuale di grappolo intero, che Cécile ha sempre utilizzato nel suo Chapelle-Chambertin ma che dal 2019 utilizza su quasi tutti i suoi vini (tranne che per l’Echezeaux).

Chambolle-Musigny Les Cabottes 2019
Nome di fantasia per un village che proviene dai lieu-dits Aux Echanges, Les Fremièrese e Les Maladières. Il più solare, il più luminoso, ti invade la bocca con uno splendido riverbero di fiori e frutti rossi, scanditi da un tannino più incisivo rispetto al resto della ciurma, una trama snella ma succosa che anche qui, come nel Bourgogne (e nello Chapelle), ondeggia in bocca facendone squillare tutti i recettori. Livelli altissimi di definizione e grande generosità (grazie anche alla bella annata), a mio avviso il più espressivo e altisonante della batteria. Uno spettacolo vero.

Vosne-Romanée Vieilles Vignes 2019
Una miscela delle parcelle les Jacquines (0,23 ha) e Aux Communes (0,3 ha). Sfumature ferrose, ematiche e di sottobosco per una stazza più concentrata e di presenza rispetto agli altri, avvolgente come un bell’abbraccio fatto di tannino e morbide curve, che fa emergere in piena lingua un frutto talmente impregnante che ti sembra di aver morsicato un grappolo, di quelle persistenze ricorrenti e che non mollano mai. Ce l’ho tatuato sulla lingua, mi alzo e mi faccio un giro ma è sempre li, un chiodo fisso, profondo e intramontabile. Il mio preferito.

Chapelle-Chambertin Grand Cru 2017
Proviene da soli 0,36 ettari nel lieu-dit Les Gémeaux (accanto alla parcella di Claude Dugat), da viti di 80 anni piantate in terre rosse impregnate di ferro su un pendio di 15° appena a sud di Gevrey-Chambertin. Punge come un’ape ma vola come una farfalla, volatilizzandoti in bocca la sua “struttura senza peso” (cit. Giancarlo Marino), con carrozzeria fiammante e finiture che vantano solo i grandissimi, frutto e tannino anche qui a dir poco aerei. Purtroppo non ho l’esperienza di chi in sala l’ha avvicinato più a un Grand Cru di Vosne-Romanée che di Gevrey-Chambertin, ma mi fido; detto questo però pur ammirandone la fattura preferisco un più “normale” e generoso al suo essere splendido ma − per me − freddo e distaccato, insomma se dovessi scegliere, sulla mia isola deserta porterei più i due village precedenti.

Non so se, come dicono in molti, Cécile Tremblay sia la nuova madame Lalou (Leroy è una leggenda della Borgogna, ecco due letture preziose: Io e Madame: il mio giorno al Domaine Leroy di Daniel Barbagallo e Sono stato da Leroy di Vincenzo Donatiello, ndr), ma su una cosa invece sono sicurissimo: i suoi vini arrivano a vette talmente elevate da poter guardare dall’alto verso il basso molti dei pinot noir prodotti in Borgogna.

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Simone Di Vito

Cresciuto a pane e corse automobilistiche (per via del papà pilota), sceglie la sostenibilità di bacchette, tamburi e corde grosse, tra batteria e basso elettrico. Si approccia al vino grazie a una breve carriera da scaffalista al supermercato, decidendo dopo anni di iscriversi ad un corso AIS. Enostrippato a tempo pieno, operaio a tempo perso. Entra in Intravino dalla porta di servizio ma si ritrova quasi per sbaglio nella stanza dei bottoni. Coltiva il sogno di parcellizzare tutto quel che lo circonda, quartieri di Roma compresi.

22 Commenti

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franco

circa 5 mesi fa - Link

bellissima... quanto vi siete divisi di quota per curiosità? Come prezzi questi sono sicuramente borgogna di alta gamma, inaccessibili a operai e impiegati... per cui, mai sentito un suo vino ad oggi

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Simone Di Vito

circa 5 mesi fa - Link

Ciao Franco, la quota era 290 € compresa la cena al ristorante, ma ne è valsa la pena

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Fiorenzo Signorelli

circa 5 mesi fa - Link

Alla faccia! Che se la beva Cécile. E che se la magni lo chef sta roba. Ma non vi morde la coscienza ?

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arnaldo

circa 5 mesi fa - Link

cifra onestissima per bere dei vini altrimenti incomprabili . Tolto il dente tolto il dolore.

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Alessandro

circa 5 mesi fa - Link

La bottiglia che costa meno batte online a 180€...beveteveli voi,in Italia per meno di un quarto di quella cifra si trovano vini meravigliosi. I soliti fighetti francesi

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Simone Di Vito

circa 5 mesi fa - Link

Perché in Italia i vini di questo livello te li regalano invece vero? Citofonare a Soldera, Conterno, Masseto, ecc ecc. Il solito italocentrico col paraocchi...

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Vinogodi

circa 5 mesi fa - Link

...bravo Alessandro: cantagliele a questi enofighetti che non si possono permettere i grandi Pinot Noir e devono accontentarsi delle seconde linee della Cote De Nuits...

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Simone Di Vito

circa 5 mesi fa - Link

Marco se le seconde linee sono queste a me sta bene eh 😅😅

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Vinogodi

circa 5 mesi fa - Link

...Cecile e' bravina, niente da dire...

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marcow

circa 5 mesi fa - Link

Non ho ancora trovato, in fatto di vini, qualcuno che sia più furbo, più scaltro di un francese. Dopo aver portato al successo mondiale la mitica "invenzione" del Terroir (che apparirà in tutta la sua chiarezza con l'avanzare della Crisi Climatica) ... per "promuovere" i loro vini di Borgogna ... fanno pagare 290 € a chi li recensirà su uno dei più prestigiosi Wine Blog Italiani. Sinceramente, senza la domanda di Franco, ho sempre pensato che le cene in famosi ristoranti con al centro dei vini prestigiosi da degustare ... erano su invito da parte del produttore o del rappresentante, in questo caso. Poiché di cene di questo tipo sono pieni i blog italiani e, poiché lo scopo mi sembra chiaro, ho pensato ... fino alla domanda di Franco ... che chi fosse "invitato" non dovesse pagare, in questo caso 290 €. Ora ho il dubbio che tutte le altre cene con recensione di vini come questa si siano svolte con la stessa modalità, cioè che si paga per "partecipare", cioè che l'invito non è gratuito. Lo fanno anche i produttori italiani che organizzano cene in ristoranti famosi con degustazione dei loro vini?

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Simone Di Vito

circa 5 mesi fa - Link

Guarda marcow ti stoppo subito perché oltre ad aver frainteso completamente la mia risposta a franco, sei partito per la tangente continuando a scrivere castronerie, ingenuità che da uno che legge da anni e partecipa in modo a dir poco assiduo alle discussioni sulle pagine del nostro blog proprio non mi aspetto. Questa era una come tante serate organizzate da esperti del settore, degustazioni a tema che si fanno in ogni dove (ristoranti, delegazioni, associazioni, ecc), aperte ad appassionati e/o a chiunque voglia parteciparvi. Si paga una quota ed è compreso vino e cena. Quindi nessun invito da parte di nessuno, basta prenotarsi, pagare e andare. Questa era stata organizzata da Giancarlo Marino, che oltre ad essere un grande esperto di Borgogna è anche il distributore della produttrice in questione. Come in molte altre a cui ho partecipato e poi scritturato (le 4 serate sul Rodano, le 4 su Bordeaux, la verticale de gli Eremi de la Distesa, e tante altre), anche in questo caso ho ritenuto di condividere l'esperienza attraverso un articolo, che ovviamente nessuno mi obbliga a scrivere e che anzi, come spesso capita, mi sono quindi finanziato da solo (come se avessi comprato una bottiglia). Lo faccio di mia iniziativa e solo quando ritengo ci sia qualcosa di interessante per me e per chi ha il piacere di leggermi su questo blog. Non confondere queste con degustazioni organizzate dalle aziende e dalle relative agenzie di PR, normalissimi eventi aperti solo ad addetti ai lavori e stampa, pagati dal proponente (consorzio o azienda) e quindi gratuite per chi vi accede, alle quali tra l'altro ogni tanto ho partecipato e partecipo anch'io ma, anche in questo caso, ho sempre deciso io se scriverne o no, nessuno ci obbliga a farlo. Proprio perché partecipi spesso alle discussioni ti invito ad una maggior attenzione nella lettura. Saluti

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marcow

circa 5 mesi fa - Link

Penso che il mio commento non sia stato inutile perché hai spiegato in modo chiaro come si svolgono alcune cene con degustazione. Sinceramente ero convinto di quello che ho scritto, anche se sono un assiduo lettore. Ma anche ad un assiduo lettore può sfuggire qualcosa. E confermo che su altre cene con degustazione di vino che si trovano nel web(dove partecipano altri esperti) non viene detto chiaramente che si svolgono secondo la modalità da te descritta e ho pensato e penso che gli esperti vengano invitati gratuitamente. La stessa cosa penso delle verticali. Per cui questo chiarimento è utile perché non è improbabile che ci sia qualcuno che abbia le mie stesse opinioni.

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Vinologismo

circa 5 mesi fa - Link

@Marcow ma cosa importa se a queste degustazioni e/o verticali "l'esperto" e/o "critico" viene invitato o paga ......e sappiamo che le marchette si fanno da anni in tutti i settori quindi prendiamo tutto il meglio che Simone voleva trasmettere senza fare dei pipponi inutili su chi paga e quanto paga e le marchette tanto questi vini rimangono irraggiungibili dalla maggior parte delle persone che "beve per dimenticare"......cin cin

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Tommaso

circa 5 mesi fa - Link

Ma ad uno che va ad una cena con degustazione, pagando di tasca propria, è che poi dedica pure tempo a scriverne per mettere gratuitamente a disposizione di chiunque ... MA LO VORRETE ALMENO RINGRAZIARE?????? Io boh ... non ho parole. Guarda, lo faccio io, grazie Simo. Articolo ottimo e ottime anche le risposte ai commenti. Chapeau.

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Flavio

circa 5 mesi fa - Link

Che ci sia chi questi vini a questi prezzi se li si possa permettere e chi no, il fatto che l'esperienza sia stata pagata di propria tasca e non gratis, non possa che andare a beneficio della libertà delle opinioni sui vini, condivisibili o meno che siano. Di sicuro ritengo che così si possano ritenere sincere e non una "marchetta" dovuta nei confronti di chi ti ha regalato l'evento. Aggiungo che per trasparenza sarebbe bello che in calce ad ogni articolo dei vari blog che leggiamo vi fosse indicato se e quanto pagato o se omaggio...

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marcow

circa 5 mesi fa - Link

Condivido i commenti di Tommaso e Flavio. ___ Flavio scrive: "Aggiungo che per trasparenza sarebbe bello che in calce ad ogni articolo dei vari blog che leggiamo vi fosse indicato se e quanto pagato o se omaggio" Condivido

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Vinogodi

circa 5 mesi fa - Link

...Giancarlo ( Marino) mi ha candidamente confessato di aver pagato migliaia di Euro a Simone per esserci: tutta questa commedia un poco fanciullesca della critica che paga di tasca sua per essere a certe manifestazioni , serve solo a buttare un poco di fumo negli occhi ai poveri lettori. Faccio candidamente outing: sono benestante grazie alle collaborazioni prima con il Gambero Rosso, poi con Doctor Wine. E non me ne vergogno , in quanto posso permettermi DRC e Leroy a pranzo e cena...avete mai pensato come campano i critici o presunti tali? Come vivremo, agiatamente, senza un sano sistema marchettaro?

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Alessandro Morichetti

circa 5 mesi fa - Link

Quanta ingenuità in alcuni commenti. L'informazione in questo settore è strutturalmente inquinata dalla commistione di genere, chi lo nega o è in malafede o ben poco informato. Questo non significa che non ci sia chi prova a fare qualcosa di diverso e migliore, riuscendoci o meno è altro discorso. Simone non ha nemmeno specificato di aver pagato per partecipare, decidendo poi di scrivere cosa pensa di grandi vini poco accessibili, che tali sono e rimarranno. Spendere o non spendere per bere (o andare al ristorante) fa tutta la differenza del mondo, specie poi quando la spesa "incide". Chi lo nega, again, o è in malafede o solo poco informato. Bravo Simo!

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Simone Di Vito

circa 5 mesi fa - Link

❤️

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Paolo

circa 5 mesi fa - Link

Ma la deriva mi sembra davvero sorprendente: davvero, persulserio, qualcuno chiede che una recensione enogastronomica sia accompagnata dalla ricevuta di pagamento? e allora perché non la tracciabilità della carta di credito a garanzia che non sia intestata a qualcun altro diverso dallo scrivente? o il certificato patrimoniale che attesti l'assoluta indipendenza dell'autore del pezzo? Che poi si ricade nella teoria dei sei gradi di separazione, e quindi non ne usciamo mai... Credo che non si debba perdere la misura, unitamente ad un onesto realismo: non veniamo da Marte, i pezzi non li scrive un venusiano . Grazie a Simone per questo pezzo di conoscenza che altrimenti non avremmo avuto modo di imparare, grazie a tutti quelli che aggiungono dal proprio punto di vista un frammento di luce nel settore.

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Simone Di Vito

circa 5 mesi fa - Link

Grazie Paolo 🙏

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Vinogodi

circa 5 mesi fa - Link

...Simo, tranquillo. Continua a contagiarci con il tuo entusiasmo e passione...

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