Più il vino invecchia, più è di qualità. Ma è sempre vero?

Più il vino invecchia, più è di qualità. Ma è sempre vero?

di Gianluca Rossetti

Alcuni giorni fa leggevo nell’Internet una riflessione sul tempo e il valore che avrebbe la capacità di un vino di farvi fronte. L’argomento erano i rosati e il pezzo esordiva con una considerazione che riporto integralmente “Purtroppo sono quasi sempre destinati a un consumo immediato, soprattutto estivo, e difficilmente mantengono nel tempo colori e profumi, che inevitabilmente peggiorano nettamente con il passare dei mesi”. Pur trovando ragionevole la posizione dell’autore anche nella disamina successiva delle possibili cause (scelta dei vitigni in primis), devo ammettere che, con un rinculo, il pezzo mi ha catapultato praticamente subito altrove: penso sia dipeso da quel “Purtroppo” iniziale. Ho preso infatti a chiedermi perché la tenuta nel tempo di un vino debba essere considerata un valore. Non parlo delle bottiglie che richiedono alcuni anni di sosta per riuscire ad articolare verbo: si tratta di navigli, quelli, che per natura avanzano lento moto e un minimo di attesa lo pretendono. È una sosta tecnica resa necessaria dallo spessore e dalla grana di quel vino, non è un giudizio attorno al quale si costruisce un valore. Ecco perché l’equazione “più resiste, più è di qualità”, messa giù come norma generale ed astratta, non mi persuade ancora. Ne discutevo con gli altri editor e una delle cose sentite più nelle mie corde è quella di chi ha detto: “La durata è uno dei valori e nemmeno il più importante, che rimane l’avere un carattere”.

Ma questi sono sproloqui tra editor. Sarebbe bello capire cosa ne pensa lì fuori l’enomondo.

Nell’attesa vado a stappare un rosato da negroamaro che fra un anno non varrà forse più di una gazzosa, ma che ora è esattamente quello di cui ho bisogno.

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Gianluca Rossetti

Nato in Germania da papà leccese e mamma nissena. Vissuto tra Nord Reno westfalia, Galatina (Le) e Siena dove ho fatto finta di studiare legge per un lustro buono, ostinandomi senza motivo a passare esami con profitto. Intorno ai venti ho deciso di smettere. Sai com'è, alla fine si cresce. Sommelier Ais dal 2012, scrivo abbastanza regolarmente sul sito di Ais Sardegna. Sardegna dove vivo e lavoro da diciotto anni. Sono impiegato nella PA. Tralascerei i dettagli. Poi la musica. Più che suonare maltratto le mie numerose chitarre. E amo senza riserve rock prog blues jazz pur non venendo ricambiato. Dimenticavo, ho un sacco di amici importanti ma non mi si filano di pezza.

11 Commenti

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Lanegano

circa 5 anni fa - Link

Mah, se bevo un rifermentato metodo ancestrale da uve glera non pretendo di farlo invecchiare come un barbaresco, però non mi è mai capitato un vino dell'annata precedente che non migliorasse dopo un anno di cantina.....Dipende dai vini, ovvio, però nella mia esperienza se una bottiglia non tiene qualche anno la vado a categorizzare come 'vinello'. Niente contro i vinelli, spesso sono gradevolissimi, ma se parliamo di qualità intendendo anche complessità, beh....pare ovvia la considerazione.

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Lanegano

circa 5 anni fa - Link

Se invece il criterio è la beva immediata associata alla piacevolezza (ed è un criterio validissimo) il discorso cambia. Senonchè talvolta i vini di qualche anno associano beva, piacevolezza e complessità.....

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mariazzo

circa 5 anni fa - Link

Sembra che ultimamente ci sia questa voglia di voler dimostrare che determinati vini/vitigni siano in grado di reggere (a tutti i costi) il passare del tempo. Ci può anche stare, nessuno lo vieta, ma io la vedo come una forzatura. Il bello di alcuni vini sta proprio nella loro schietta e sincera semplicità della beva.

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Nelle Nuvole

circa 5 anni fa - Link

La frase virgolettata "Più resiste, più di è di qualità" non va bene. Non si tratta di "resistere" ma di evolversi, di migliorare, di trasformarsi. Se un vino "resiste" e basta, cioè mantiene la freschezza, l'immediatezza, i profumi e la tensione in bocca iniziali, tanto vale berlo subito, o al massimo dopo due o tre anni di bottiglia (ben conservata). Si tratta comunque di un vino "di qualità" a prescindere dal tempo passato in bottiglia. La qualità dipende dall'equilibrio, anche in un vino apparentemente semplice. Poi ci sono i vini, chiamati dall'autore del post "navigli" che sono inizialmente chiusi e ostici e solo dopo qualche anno si rilassano, si aprono e si concedono al godimento di chi li beve. Anche questi sono vini di "qualità", di solito più costosi perché per i vini "di attesa" il prezzo è più alto e solo questo argomento varrebbe un altro post. Infine ci sono i vini che "prima, durante e poi" sono sempre piacevolissimi, cangianti, bevibili. Accattivanti e non respingenti da subito, si trasformano negli anni (passati in bottiglie ben conservate) in liquidi complessi, profondi, che restano in bocca anche dopo la deglutizione. Vini vivi e mutevoli nel meglio, persino quando iniziano a declinare lo fanno con grazia e fascino. Non necessariamente hanno prezzi altissimi. Questi sono i vini di "qualità assoluta". Non si tratta quindi di "resistenza", bensì di "resilienza".

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Stefano Cinelli Colombini

circa 5 anni fa - Link

Molto a spanne, ma proprio molto, si può dire che quasi sempre i vini più strutturati necessitano di affinamenti lunghi, e che in genere quei vini hanno un valore mercantile maggiore. Ma non tutti i vini di questo tipo costano cari, e non sempre i vini di pronta beva sono economici. Il vino ha troppe variabili per essere definibile con regole e automatismi.

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Alessandro

circa 5 anni fa - Link

Condivido pienamente quanto scritto da un autorevole autore: " L'assunto che il vino migliora con il tempo ha frenato lo sviluppo qualitativo del prodotto. Assunto rilanciato, acriticamente fatto proprio dalla "critica" specializzata, che ha di fatto permesso a tanti e tanti produttori di proporre sul mercato vini dalla consistenza, dall'equilibrio e soprattutto dall'integrità non ottimali all'esordio. Ciò che è grave, questi vini sono stati definiti da produttori ed "esperti" come vini che saranno buonissimi con l'invecchiamento. L'esatto contrario del vero quindi, dal momento che con il tempo i difetti non spariscono ma aumentano di intensità, mentre i pregi vengono invece progressivamente meno. Per quanto appena osservato, chi ama davvero il vino su questo punto deve essere intransigente: il vino deve essere da subito, dal momento dell'imbottigliamento, quanto più consistente, equilibrato ed integro possibile, prevedendo il trascorrere del tempo la sostanziale tenuta e la graduale diminuzione di intensità dei tre parametri determinanti la sua qualità. Come è naturale, il trascorrere del tempo nel 100% dei casi osservati dava origine ad un progressivo, lento decremento delle caratteristiche organolettiche di tutti i vini in osservazione, ferma restando la loro congenita consistenza ed il loro originario l'equilibrio gusto-aromatico."

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marco

circa 5 anni fa - Link

tanto autorevole l'autore non è, basta vedere la considerazione di cui è oggetto nel mondo enofilo

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Stefano Cinelli Colombini

circa 5 anni fa - Link

Non so chi sia l'autore né se sia autorevole, ma quello che scrive è tecnicamente errato. Non discutibile, errato. Ci sono vini che sono pronti da subito, e altri che hanno bisogno di anni per arrivare alla perfezione. Non è una scelta, è semplicemente un fatto naturale.

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Salvo

circa 5 anni fa - Link

Io penso che in questo articolo l'autore voglia definire un importante assunto: il vino invecchiato non è per definizione migliore di quello più giovane. Tale assunto vale: 1. sia quando si considerano certi vini e la loro prospettiva nel tempo, quindi per farla un po' tecnica, dato il vino X , A e B due intervalli di tempo in progressione, non è matematicamente certo che XB sia migliore di XA. 2. sia quando, dati due vini diversi X e Y, dove X è un vino appena uscito dalla cellar e Y è un vino invecchiato per N anni in corrette condizioni di storage, non è matematicamente certo che Y sia migliore di X, persino quando si tratti delle stesse uve provenienti da terroir affini che possono rappresentare un comune punto di partenza (ceteris paribus). Poi, che vi siano determinati vini, quindi andiamo nello specifico di determinati vitigni e determinati procedimenti di vinificazione, che rendano necessariamente meglio nel lungo periodo, è un altro dato di fatto che, a parer di chi commenta, non inficia la riflessione di base presente nell'articolo. Non a caso, nell'articolo si menziona il rosé, che è per antonomasia un vino da bere giovane non per sua intrinseca incapacità di invecchiare, bensì per certi processi di vinificazione che nella stragrande maggioranza dei casi ne fanno un vino dal consumo immediato.

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Alessandro

circa 5 anni fa - Link

Personalmente amo i profumi del vino, all'apice dell'integrità ossidativa. Prima il fiore, poi il frutto nelle sue molteplici declinazioni. L'ossidazione fa il suo lavoro con il tempo, facendo perdere fragranza e profumi, Ecco quindi che arrivano al naso sentori e sostanze a gusto evoluto, sicuramente meno piacevoli e suadenti per molti bevitori occasionali, ma pregevoli per i pochi enofili.

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Franca

circa 5 anni fa - Link

Mi pare che il senso dell'articolo non sia quello di mettere in discussione l'ovvio, ossia che ci sono vini destinati all'invecchiamento ed altri no (il Barolo prima di quattro anni dalla vendemmia non può neanche essere immesso in consumo). L'autore evidenzia una tendenza, cioè il fatto che diversi produttori elogiano il proprio vino perché "può andare avanti anche 15 anni" oppure dicono "voglio sfatare il luogo comune che un bianco non è destinato all'invecchiamento" (a me è capitato con un produttore di Muller Thurgau, il vino cmq era ottimo), come se il valore aggiunto derivi principalmente dalla tenuta del vino nel tempo. Probabilmente il venditore pensa che l'acquirente sia disposto a pagare meno per un vino di pronta beva e più per un vino che può scegliere se bere subito o anche dopo qualche anno..

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