Nebbiolo Prima 2012: le pagelle

di Alessandro Morichetti

Svegliarsi alle 7, tirare già dal letto il compare, partire alle 8, colazione, parcheggiare, sedersi alle 8:45, assaggiare in batteria tra i 66 e gli 80 vini entro le ore 13. Poi mangiare a buffet, partire, riprendere il compare in altra sede, visitare una cantina alle 14:30, una seconda alle 16:30, passare da casa se possibile e poi andare diretti a cena per le 20. Mangiare, bere, discutere. E farlo per 5 giorni di fila. Nebbiolo Prima è stato un tour de force ma per Barolo e Barbaresco si fa tutto. Annoiare con programmi fitti, degustazioni tedianti e note di degustazione scritte alla velocità della luce con margini di rischio altissimi non è il mio obiettivo del giorno. A fine performance collettiva, niente di meglio che sane pagelle.

Autovalutazione: 7. Non ricordo l’origine della citazione, e me ne scuso, ma ho un debito di riconoscenza verso chi scrisse qualcosa che suona così: “Prima di raccontarvi quello che ho visto, debbo raccontarvi gli occhi con cui l’ho visto”. Lavoro nel vino piemontese e assaggio vini della zona ogni giorno. Assaggi spesso scoperti e bevute in compagnia, a tavola. Per la prima volta mi sono confrontato con 5 giorni di batterie estenuanti su tipologie che conosco e confido in buona percentuale nelle prime impressioni avute. Direi al 70%, non di più. Assaggiare nebbiolo giovani con questi ritmi necessita un beneficio del dubbio che ogni degustatore dovrebbe concedersi. Tanto sul singolo vino quanto sull’annata in generale. Non tutti lo fanno: io sono obbligato perché giovane e under 100.000 assaggi. Negli anni, ho visto vini-rospo diventare principi nello spazio di 24 ore nel bicchiere, vini-fighetta diventare monoliti esotici nello spazio di 2 minuti e annate controverse diventare significative o decadenti nello spazio di decenni. Diffido quindi di qualsiasi giudizio perentorio, il mio in primis. Il nebbiolo è un vitigno difficile da inquadrare in gioventù, stanca il palato più di montepulciano e pinot nero e appena imbottigliato si concede a fatica. Adesso però vediamo come è andata sul campo.

Organizzazione: 8,5. Tutto ha funzionato. Albeisa e Consorzio di Tutela hanno fatto bene ad affidarsi a Gheusis (Silvia Baratta e la sua orchestra di pierre, a sinistra nella foto) e Artevino (Camillo Favaro, Elisabetta Bottala & friends, a destra nella foto). Perfettibile la selezione per gli accrediti ma poco da dire su tutto il resto. Sale di degustazione da manuale: vini a temperatura e comunque ben freschi, pareti bianche, sommelier solerti e sorridenti, nessun intralcio possibile. Postazioni così comode che dopo l’ultimo vino del venerdì Daniel Thomases (Veronelli Editore) si è sparato un pisolino da cinema. Stampa al Centro Congressi e buyer all’Ampelion di Alba: i primi assaggiavano meglio e mangiavano peggio.
Davvero interessante ed ampio l’elenco delle opzioni possibili per le visite del pomeriggio. Io ho addirittura fatto il giro in elicottero sopra i cru di Barbaresco. Esattamente come questo qui.

Sono sceso pallido, sudato freddo e con lo stomaco sottosopra. Bello ma preferisco i piedi per terra. Ah, questi sotto sono gli Asili di Barbaresco: io vivo qui e quelle che vedete in piccolo sono le mie mutande appese. Tranquilli, scherzo: io non porto mutande.

Roero 2009: 6/7. Il nebbiolo su sabbia oltre Tanaro va tenuto d’occhio, è pronto prima e i Roero potrebbero essere un’ottima introduzione a Barbaresco e Barolo. Al momento manca forse un leader cui ispirarsi ma qualche versione interessante, sia tra i 2009 che tra i 2008 Riserva c’è. Su 30 vini, imprecisioni olfattive, estrazioni tanniche poco calibrate e affinamenti da rivedere non mancano ma questa prima orizzontale di Roero non dispiace. Più della provenienza, la migliore garanzia al momento rimangono alcuni produttori di riferimento della zona. Di sicuro, trovare un posizionamento di mercato consono tra Nebbiolo d’Alba/Langhe Nebbiolo e Ba&Ba non è facile. Sul tema, bella riflessione di Carlo Macchi, con cui mi trovo d’accordo: “Alfa Roero o Langhe Romeo?“.

Barbaresco 2009: 7+. Vini di polpa, sulla carta caldi ma meno avanti nello sviluppo di quanto non fossero i 2007. Specialmente tra i Barbaresco di Barbaresco ho trovato bella roba, già piacevole e magari da aspettare per una risoluzione tannica ottimale. Tra i miei preferiti: Cà du Rabajà, Tenute Cisa Asinari Marchesi di Gresy (molto buono il Martinenga, naso delicato e bocca polposa ma scorrevole), Produttori del Barbaresco (il base, un 2009 dal tocco ancora boisé perché affinato in legni grandi ma nuovi, è un acquisto sicuro, sempre), Castello di Verduno (tra Pelaverga e Rabajà esecuzioni eccezionali, grande cantina), Olek Bondonio e Villadoria.
Discorso diverso sui versanti Treiso e soprattutto Neive: sono rimasto più tiepido per il livello medio dei vini assaggiati. Meno di dieci vini interessanti (brutalizzando, tra 85 e 90/100) su quasi 40 non mi sembra un’analisi confortante e ok la soggettività del gusto ma ossidazioni precoci, bruciacchiature da legno, qualche naso modernista di ACE (il succo di frutta) e impuntature varie non depongono a favore della godibilità. Stesso discorso in bocca. Nel Barbaresco i modelli di riferimento non mancano, c’è solo da assaggiare, capire e addrizzare il tiro.

Barolo 2008: 8+. Annata classica, ancora introversa e ruvida ma con ottime prospettive di longevità e definizione. Il modernismo ha i giorni contati, sempre meno i vini sfacciati e l’inversione di rotta – nelle menti prima che in bottiglia – è chiara e limpida. Non definitiva ma significativa. Qualche legnone caffettoso non manca, i fruttoni tengono botta, la media gioca su affinamenti non invasivi, in via di centratura quando non perfettamente modellati. Lo stile produttivo segna ancora molti campioni ma qualcosa è cambiato e girano sempre meno caricature dell’idea di vino che rende speciali le Langhe.
Ernesto Gentili (L’Espresso) ha trovato molto interessanti i vini di Monforte e più compatti del passato quelli di La Morra, Carlo Macchi si è sperticato in lodi per i vini di Castiglione Falletto, Monica Larner parla di annata difficile con tannini fortissimi e poca polpa a supporto, insomma difficile da proporre in mercati emergenti come la Cina. Ognuno dice la sua come è giusto che sia e generalizzare è sempre un rischio. Rimanderei la menzione di singole bottiglie ad assaggi più approfonditi: trovate qui alcune note di Jonathan Gebser (Slow Food) con cui mi sono confrontato per tre giorni.

Alzando un attimo lo sguardo dalla penisola, dice bene Walter Speller, braccio armato in Italia per sua Maestà Jancis Robinson. Qualche mal di pancia ai franciosi sta prendendo eccome:

Barolo Riserva 2006: voto 6-. A chi giovano? Qualche campione è più duro dei vini duri e non si capisce esattamente per quale millennio di consumo sia pensato: rileggendole trovo note di assaggio non troppo confortanti, qualcosa di veramente buono dalla Vigna Rionda ma poche altre menzioni degne di nota (e stiamo parlando di annata eccellente, tra l’altro). Quella che dovrebbe essere la regina delle espressioni è solo una tipologia ulteriore incapace di staccarsi qualitativamente dai vini d’annata. Monfortino è forse l’eccezione che conferma la regola di una discutibile utilità espressiva e commerciale.


Gli assenti: 3. Bruno Giacosa, Gaja, Elio Altare, Domenico Clerico, Aldo Conterno, Giacomo Conterno, Roberto Voerzio, Bruno Rocca, La Spinetta, Sottimano, Luciano Sandrone, Elio Grasso, Mauro Mascarello… La lista di chi non c’era fa impressione. Un vero Dream Team che sceglie di rimanere in panchina: qualcuno coscienziosamente defilato, qualcun altro invece scalpitando in cerca di visibilità. Rimane memorabile la cena del mercoledì organizzata in cantina da Domenico Clerico per 50 o più tra buyer e giornalisti. Il commento più bello l’ho intercettato tra i banchi: “la mancanza di classe nei vini la ritrovi nelle azioni”. L’assaggio alla cieca è impietoso e fa paura, il resto sono ciance. Per dire, io alla cieca ho stroncato Rinaldi e Mascarello, per un mese non posso salire a Barolo ma fa parte del gioco. Tanto poi me li compro lo stesso perché li adoro e me li scolo, però c’erano, partecipano, mettono un tassello e lasciano un ricordo.

Nebbiolo Open: 8. Bella l’idea di aprire al pubblico. Le cantine dell’Hotel Calissano erano affollate di un pubblico eterogeneo. La prima edizione è sempre sperimentale ma un’occasione di assaggio nel fine settimana ci sta. Ben promozionata crescerà.

Degustazioni alla cieca: 8+. Vissute a ritmo-Indianapolis vanno prese con beneficio del dubbio e, dati due degustatori, quando ci si appella troppo alla diversità tra bottiglie è segno che l’assenza di punti di riferimento gioca brutti scherzi. Ci sono vini pronti prima ed altri più lenti, vini da batteria ed altri da tavola. La differenza è sostanziale e il talento del degustatore può molto ma non tutto. Tante comunque le curiosità: ho apprezzato i due campioni vicini di Bruna Grimaldi (139 – Camilla – granato evidente trasparente, pulito, magari non fragrante cuoio accennato, meno intenso, + terziario, bocca piacevole, buona articolazione, godibile 87; 141 – Bricco Ambrogio – granato, introverso, floreale, prende ben possesso in bocca con distensione e grazia, bel tannino finale 90) e associato altrettanto curiosamente due Barolo di Poderi Einaudi con queste osservazioni: 154 – Costa Grimaldi – granato carico, ostriche, poi boisé, caldo e ricco, anche in bocca la polpa prende il sopravvento, debito di articolazione ma un vino che paga e premia 88-; 170 – Nei Cannubi – mare netto, acqua di cozze, infine intrigante e curioso, bocca di buona scioltezza, strettino alla fine, non si espande 8x). Per evitare rogne, aggiungo che acqua di cozze NON è assimilabile ad acqua di anguria, io vengo dal mare e lo cerco anche nel Barolo, sono povero e non potrei mai pagare 15.000 euri.

Questo è quasi tutto e mi raccomando: l’anno prossimo non fatemi patire con gli accrediti anzi regalatemene un paio già adesso ché porto due amiche. A dire che sei dentro si broccola un casino, sputare vini è bello ma c’è di meglio nella vita.

[Video: Francesca Ciancio per Albeisa. Foto: Maurizio Gjivovich]

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

2 Commenti

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francesca ciancio

circa 12 anni fa - Link

Camillo Favaro Uber Alles

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max

circa 12 anni fa - Link

..... Quindi Domenico Clerico non era presente a Nebbiolo Prima, ma ha organizzato una cena nella propria cantina.... #professionalità

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