La vera storia del Sassicaia clandestino

La vera storia del Sassicaia clandestino

di Tommaso Ciuffoletti

Sassicaia 2015 è il vino dell’anno per Wine Spectator. Pensatene quel che volete, ma questa è una notizia, il vostro eventuale “sticazzi” invece no, non è una notizia.

Dei giudizi di Wine Spectator si parla e si parla ancora molto. Poi ci sono quelle cose che invece quasi nessuno legge: le recensioni che accompagnano i giudizi. Che è un po’ la storia delle sentenze dei tribunali italiani e dei loro dispositivi. Tutti commentano e si arruffano sui dispositivi delle sentenze, quasi nessuno ne legge le motivazioni.
E nella motivazione che accompagna la sentenza che fa di Sassicaia il vino n.1 al mondo (del 2018) per WS, si leggono alcuni nomi che a quel vino sono legati. Uno in particolare ha un rilievo decisivo ed è quello dell’enotecnico che ha fatto grande Sassicaia e che tutti conoscono.

Schermata 2018-11-22 alle 18.13.16

Tachis non c’è
La cosa divertente è che sul sito di Tenuta San Guido, Giacomo Tachis non viene nemmeno menzionato. Ed è una cosa che fa istintivamente pensare che si può essere piccini picciò al netto dei doppi e tripli cognomi. O forse no, perché un giudizio del genere sorge spontaneo, ma a ben vedere, la storia merita di essere raccontata, e il giudizio affidato al lettore.

Perché è talmente ovvio che la storia del Sassicaia sia intrecciata a quella di un allora ragazzo, piemontese anch’egli, ma con un cognome solo, che si fatica a capire il senso dell’ignorarlo proprio sulla pagina aziendale che del Sassicaia racconta la storia.

Tutto iniziò con una dote
Piemontese anch’egli, si diceva, perché Giacomo Tachis lo era proprio come quel Mario Incisa della Rocchetta che, sposatosi con Clarice della Gherardesca, ne aveva tratto in dote la tenuta di Bolgheri dove aveva impiantato, fin dall’inizio degli anni quaranta, vigne di cabernet sauvignon e franc. La volontà era quella di replicare, in Maremma, quei vini bordolesi da secoli tanto famosi, lodati in tutto il mondo e cari. Difficile non vedere in questa volontà, il tratto di un carattere competitivo e ambizioso (del resto era un grande proprietario di purosangue – un nome su tutti: Ribot – che avevano trionfato nelle più grandi competizioni ippiche del mondo). Difficile negare però (e col senno di poi è proprio impossibile), che in quella scelta vi fosse anche della visionarietà, del coraggio e, infine, del genio.

Per dirla con le parole di Tachis “Mario era orgoglioso, era un grande marchese, un marchese d’un tempo, un classico marchese”. Queste brevi note andranno tenute presenti al momento in cui s’abbia a considerare cosa poteva significare, per una personalità così importante e non certo facile, sentirsi dire cosa fare da qualcuno. Oltretutto sentirsi dire cosa fare delle sue uve, provenienti dalle sue terre. E cosa fare del suo vino, nella sua cantina. E come se non fosse ancora abbastanza, sentirselo dire da un ragazzo di Poirino figlio di un meccanico tessile e di una casalinga.

La vita è una questione di incontri
Quel ragazzo era oltretutto un autodidatta. Un autodidatta tenace, brillante e pure fortunato. Tanto che, arrivato un giorno a Bordeaux per incontrare il celebre professor Ribereau-Gayon, invece di lui, incontrò Emile Peynaud, al quale, alcuni anni prima proprio Tachis aveva scritto una lettera per fargli delle domande, ottenendone in risposta delle pubblicazioni introvabili in Italia. L’amicizia che nacque tra i due e gli studi condivisi, fecero sì che anche Tachis, come Incisa della Rocchetta conoscesse il vino di Bordeaux. Solo in un modo diverso. Tachis si costruì la fortuna di conoscere Bordeaux, per il tramite di chi la stava reinventando enologicamente in quegli anni di studi sulla fermentazione malolattica, sul controllo della temperatura e in generale sulla microbiologia del vino.

L’altro marchese
Ora è il 1968. Prendete queste due personalità e pensatele a dover lavorare insieme. E farlo non per scelta, ma per volontà di un altro notevole personaggio di questa storia: Piero Antinori. Impensabile che non vi fossero frizioni. Ma per questo racconto, il filo più significativo da tirare è quello della disputa sulla fermentazione. Per Tachis doveva svolgersi a temperatura controllata. “Per quanto riguarda l’acquisto di tini in legno per la vinificazione”, scrive a Incisa della Rocchetta in una lettera del 1975, ”sono spiacente di esprimervi il mio fermo dissenso. Già qualche tempo addietro vi proposi una fermentazione in tino metallico, in acciaio inox o acciaio e resina epossidica, per la possibilità di contenere le temperature di fermentazione, cosa che non si può ottenere con il legno. Anche i più prestigiosi Châteaux del bordolese e le migliori cantine spagnole fermentano i loro mosti nel metallo proprio perché si ottengono risultati migliori di sapore e profumo”.

Il Sassicaia clandestino
Per Mario Incisa della Rocchetta doveva svolgersi nel legno. E la cosa significativa, divertente e anche affascinante, se ci si pensa bene, è che lui continuò esattamente a farlo anche dopo l’arrivo dei tini d’acciaio. A partire dalla vendemmia del 1977, prese a produrre un “Sassicaia clandestino”, così pare lo chiamasse scherzosamente lui stesso, fermentato in legno, in barba alle raccomandazioni di quel ragazzo. Che pure aveva già fatto innamorare Luigi Veronelli del Sassicaia e che nel 1978 conquisterà anche Hugh Johnson e il mondo intero. Non ci fu nulla da fare: fino alla fine Mario incisa della Rocchetta volle continuare a far fermentare almeno un po’ del suo vino, delle sue uve, delle sue terre, a modo suo. L’enotecnico andava bene per vendere, ma per fare il “suo” Sassicaia, quelle raccomandazioni non esistevano. Lo stesso enotecnico, di fatto, non esisteva.

E allora forse, ha senso che Tachis non esista sul sito di Tenuta San Guido. Come se ciò fosse la più fedele eco di quel rapporto, che pure dovette funzionare, ma che certo non fu facile.

Eppure è difficile raccontare la storia di Sassicaia senza citare Giacomo Tachis. Non foss’altro perché senza di lui, quella storia sarebbe non solo poco veritiera, ma – ed è forse pure peggio – anche poco divertente e affascinante.

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Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

48 Commenti

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

Se il senso dell'articolo era raccontare la storia del vino che il Marchese Mario Incisa della Rocchetta continuò a produrre dopo l'avvento di Tachis penso sia un po' misero in termini di contenuti, se invece era quello di stigmatizzare l'assenza del nome di Tachis dal sito ufficiale mi permetto di far notare che non figurano nemmeno i nomi degli attuali proprietari, né del Marchese Niccolò, né di Sua figlia Priscilla, pertanto non vedo affatto quale sia il problema. La stessa cosa accade ad esempio in maniera analoga, a livello di sezione sul sito ufficiale, per Solaia e Tignanello dove si parla del Marchese Piero Antinori e non di Tachis...

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Non lo so, ma era un po' che non leggevo il verbo "stigmatizzare". Per cui no. Il senso non era stigmatizzare. Che poi come verbo proprio non mi piace. In generale credo che il senso di scrivere una storia sia scrivere una storia.

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

Grazie della risposta Monsieur de La Palice, ma quindi la storia che voleva scrivere era sul vino "clandestino", sull'assenza nominale di Tachis dal sito di Tenuta San Guido o su un improbabile e poco chiaro legame tra questi due temi?

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

A volte si colgono spunti per raccontare una storia. Altre volte si racconta una storia e qualcuno non coglie. O magari a qualcuno non piace. Capita.

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

Vero, infatti difettando del Suo raffinato acume, non colgo. Mi spiega, a me che sono scemo, dove sta la curiosità o l'interesse nel far notare che Tachis non è menzionato sul sito di Sassicaia (così peraltro come su quello di Tignanello, Solaia, San Leonardo, Turriga, ecc.)? A Suo giudizio per questo fatto non gli sarebbe stato tributato un giusto omaggio?

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Per me quella cosa è stato uno spunto sorridente per raccontare una storia. Mi spiace che per lei sia lo spunto per il tentativo di una polemica che ha un difetto: è noiosa. Mi dispiace se il pezzo non le è piaciuto. È tutto ciò che ho da dirle. Cordialità.

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

Non è vero che il pezzo non mi è piaciuto, semplicemente, dato che il primo paragrafo della sua storia si intitola "Tachis non c'è", ci ho ho letto anzitutto una critica che sottointendeva una presupposta irriconoscenza da parte di Tenuta San Guido verso Tachis tramite questa omissione, cosa che appunto a mio giudizio sarebbe stata infondata. Se ho frainteso le Sue intenzioni e Lei non intendeva comunicare questo Le chiedo scusa io, tuttavia la polemica si è fatta noiosa perché ha risposto più volte in maniera frivola, bastava rispondesse così subito e la cosa si sarebbe chiusa senza tediosi strascichi. Buona serata

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Tonmaso

circa 5 anni fa - Link

Va bene così.

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Salvo

circa 5 anni fa - Link

Sassicaia è a parere di molti, specie in campo internazionale, una pura invenzione di Piero Antinori. Dalla sua intuizione deriva il risultato attuale. Intuì che da quelle terre si sarebbe potuto produrre un mosto che vinificato in un certo modo (qui entra in gioco Tachis, imposto come condizione tecnica necessaria) avrebbe portato ad un certo vino. Ne fu talmente convinto che pretese la distribuzione del vino; come si deduce dall'articolo, il marchese Incisa non aveva idea di tutto questo, viceversa non avrebbe concesso la distribuzione ad altri e non si sarebbe ostinato a fare il suo "Sassicaia clandestino". Dopo, con gli anni e soprattutto con gli introiti ottenuti, anche le nuove generazioni degli Incisa si sono arrese all'evidenza, ma oggi non si può semplicemente ricollegare il nome di questo vino ad una famiglia solo perché possiede le terre in cui sono piantati i vigneti. Non è un caso che ancora oggi, in giro per il mondo, le parole Sassicaia, "Supertuscan" e Antinori sono legate in maniera indissolubile nella mente di coloro che conoscono questo vino, anche se sotto un profilo squisitamente formale, la tenuta di Bolgheri è appartenuta, appartiene e apparterrà alla famiglia Incisa della Rocchetta.

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Daniele

circa 5 anni fa - Link

A Ricca’, eccheppalle!

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Armando Castagno

circa 5 anni fa - Link

L'allevatore di Ribot è Federico Tesio, uno dei più grandi geni solitari dell'Italia del XX secolo. Mario Incisa con l'allevamentio dei cavalli di Dormello non c'è mai entrato assolutamente nulla.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Tesio e Incisa della Rocchetta erano soci.

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Armando Castagno

circa 5 anni fa - Link

Ti assicuro che lo so. Erano (diventati) soci, ma l'allevatore di Ribot è Federico Tesio; come lo era stato, senza soci, di Nearco, Apelle, Scopas, Niccolò dell'Arca, Tenerani, Michelangelo, Bellini, Donatello II... Tesio era un allevatore di cavalli. Mario Incisa un socio in affari. Come dici tu.

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Armando Castagno

circa 5 anni fa - Link

Poi per carità, sul ruolo di Tachis nella progettazione del Sassicaia non c'è nulla da aggiungere. Un salutone

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

“Fu tra l’altro socio di Federico Tesio, l’allevatore di Ribot, uno dei più grandi cavalli degli anni Cinquanta; come proprietario della razza equina Dormello Olgiata fu lui a gestire le ultime gare di quell’animale straordinario”. Piero Antinori, parlando di incisa della Rocchetta ne "Il profumo del Chianti".

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Confesso, non sono esperto di storia dell'allevamento di cavalli, ma mi son fidato. Ho ripreso di lì il mio riferimento. ;)

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Armando Castagno

circa 5 anni fa - Link

E infatti c'è scritto "l'allevatore di Ribot" parlando di Tesio. Il quale non poté gestire nemmeno le prime gare di Ribot, il quale debuttò alcuni mesi dopo la morte di Tesio, che non immaginava nemmeno quale mostro avesse allevato, tanto che non lo aveva iscritto ad alcuna classica italiana (i cavalli vi venivano iscritti molto prima di iniziare la carriera di corse).

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Bellissima questa storia! Grazie della tua precisazione, preziosa, Armando! :)

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Stefano

circa 5 anni fa - Link

E il resto dove l'hai preso?

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

È un piccolo pezzo che, indegnamente, deve molto agli scritti di una persona che personalmente non reputo un signore, ma un gran signore. Cesare Pillon.

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Armando Castagno

circa 5 anni fa - Link

Comunque non era certo questa la parte rilevante del tuo pezzo, quindi scusami l'intrusione e torniamo a parlare del messaggio più importante che hai voluto veicolare.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Macchè! Io invece ti ringrazio!

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Armando Castagno

circa 5 anni fa - Link

E' che la memoria di Tesio non ha giustizia. Era un genio. Sottrargli anche (e so che la cosa viene fatta) il merito dell'incrocio Tenerani-Romanella è davvero troppo. Faranno benissimo il vino, per carità, ma gli incroci erano affare di Tesio, cui era molto difficile anche solo dire "a", figurati mettere bocca su un allevamento che nel 1954 aveva se non sbaglio già 56 anni di storia e di selezione. Ci scriverò un libro certissimamente, prima o poi, e ho già un buon titolo. Fu un'avventura straordinaria.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Ma adesso, merito tuo, avrà una persona in più che andrà a studiarsela!

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Armando Castagno

circa 5 anni fa - Link

Cerca su siti inglesi, tedeschi, francesi, americani, australiani. Su quelli italiani stendiamo un velo pietoso. E' meglio. ;)

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Grazie!

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Tom

circa 5 anni fa - Link

Difficile dimenticare l'emozione di aprire Sassicaia 1988, scordata in cantina dal mio povero papà e trovata per caso un anno fa. Antinori, Incisa della Rocchetta, Tachis: secondo me il problema non è attribuire la vera paternità del capolavoro, ma considerarlo tale, spogliandosi di un certo snobismo nostrano... Sono molto curioso del 2015, che vedo già esaurito online un po' ovunque, sempre sui 200 EUR in su ... Mannaggia!

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

... e ringrazia che tuo papà l'aveva scordata! Mio babbo è talmente naif che l'ha regalata (era un 2003) e il bello è che non ricorda nemmeno a chi. "Babbo, ma quella bottiglia di Sassicaia che era lì?". "Ma ... non lo so ... mi sa che l'ho regalata ..." Io sbianco. "A chi l'hai regalata?". La voce trema. Lui tranquillo. "Bah .. a qualcuno .. ora non ricordo, ma insomma, ieri ho preso in offerta all'Esselunga un Nero d'Avola a 3 euro che devi sentire com'è". Lì sono quasi svenuto.

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amedeo

circa 5 anni fa - Link

...ma il racconto è finito qui? ovvero: 'sto clandestino qualcuno l'ha assaggiato? O è stato bevuto clandestinamente solo al desco del /dei Marchesi? sono sopravvissute delle bottiglie? e nel caso dove sono? e se il Marchese Mario IdR oltre ai tini in legno si fosse riservato una parcella di vigneto particolare… -Al "popolo" il vino toccato dal dozzinale acciaio, o, peste lo colga, dalla resina, a moi le Bordeaux de Tuscan le plus noble… mais la revolution de ce Tachìs de Poirin… Scusate fantasticavo a voce alta sulla storia clandestina appena letta. Gran bel racconto. Stimolante. Grazie

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

<3 Hai totalmente ragione Amedeo. La storia sarebbe da riprendere e raccontare ancora!

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

Eh no! Ma che raccontare, qui s'ha da trovare ed assaggiare il clandestino !!!

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Tommaso

circa 5 anni fa - Link

Genio!

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

Bell'articolo. Solo una precisazione OT: i dispositivi delle sentenze NON sono le motivazioni delle sentenze. Quanto vene "disposto" dal Giudice all'esito delle motivazioni stesse, è appunto il dispositivo della sentenza, in pratica tutto ciò che viene scritto dopo la formula "P.Q.M.". Scusa ma per chi è del settore è come leggere che la malolattica si svolge prima della fermentazione alcolica... ;-)

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Elle

circa 5 anni fa - Link

Infatti, le sentenze sono composte da motivazioni+dispositivo

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Tommaso

circa 5 anni fa - Link

Giusto! Mi hanno già ripreso anche su Facebook per questo errore! Chiedo venia anche per questo. Poi mi arrendo e smetto di scrivere articoli su Intravino! ;)

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riccardo zilli

circa 5 anni fa - Link

bellissima storia.

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Mario Leone

circa 5 anni fa - Link

Ma non si chiamava 'vino diverso della Sassicaia'? Ricordo un lungo servizio sulla rivista 'l'Etichetta' diretta da Luigi Veronelli...

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BT

circa 5 anni fa - Link

anche io voglio sposare una proprietaria terriera di nome clarice. però mi va bene anche di nome diverso...!

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Carmine Caterina

circa 4 anni fa - Link

Credo sia doveroso fare alcune precisazioni. La nascita del Sassicaia è unicamente il risultato della genialità del Marchese Mario Incisa della Rocchetta che decise, contro il parere di tutti, di piantare delle barbatelle di Cabernet Sauvignon, che aveva recapitato dalle tenute dei Duchi Salviati a Migliarino nelle vicinanze di Pisa, nei terreni sassosi di Bolgheri. Nessuno aveva mai pensato di fare un vino "bordolese", il preferito da Incisa, in Maremma, zona sconosciuta e senza storia da un punto di vista vinicolo. Siamo intorno agli anni 40. La decisione di piantare questi vitigni nacque nel marchese dalla somiglianza morfologica che , con grande intuizione, aveva notato tra le zone di Graves , a Bordeaux, e quelle di Bolgheri. Il marchese Piero Antinori decise a sua volta di imbottigliare il Cabernet Sauvignon delle proprie vigne insieme al Sangiovese, che sarebbe diventato il Solaia, solo 10 anni dopo nel 1978 e la decisione fu dettata, si pensa, da un eccesso di produzione di C.S. in questo stesso anno. Quindi il solo merito di Piero Antinori nei riguardi del Sassicaia è quello di aver convinto il marchese Incisa ad utilizzare i consigli del proprio enologo, il grande Giacomo Tachis, per rilanciare il Sassicaia su scala mondiale. Cosa che avvenne nel 1968. Tutto questo grazie anche alla grande intelligenza di Gino Veronelli che si accorse subito delle qualità eccelse di questo vino e cominciò a scriverne. Ricordiamo che il marchese Incisa aveva iniziato a produrre il vino nel 44 ad uso esclusivamente famigliare. L' interesse di Antinori era dovuto anche al fatto che lui e il marchese Incisa avevano sposato 2 sorelle. Successivamente la tenuta dell'Ornellaia avvenne ad opera del marchese Ludovico Antinori solo negli anni 80. Quindi diamo a Cesare quel che è di Cesare, il Cabernet Sauvignon e le barriques sono state due grandi intuizioni introdotte per la prima volta in italia dal marchese Mario Incisa della Rocchetta. e poi utilizzate dagli Antinori. Per quanto riguarda Ribot, è vero che fu il prodotto della genialità che Tesio possedeva nel creare gli incroci, ma Ribot era ancora foal quando Tesio morì, e il suo allenamento e il suo successo su scala mondiale furono merito di Penco, Camici ed Incisa. Sarebbe senza dubbio avvenuto lo stesso con Tesio in vita, perche Ribot era un vero crack, superiore a tutti i suoi contemporanei. Va ricordato che Tesio però non aveva molta simpatia per Ribot e nemmeno per i suoi genitori, Tenerani e Romanella, sia per una questione morfologica, li riteneva" brutti", ma anche per motivi caratteriali per quanto riguarda Tenerani e motivi di salute per Romanella. E sappiamo quanto Tesio era restio ad utilizzare in modo completo un cavallo se non gli garbava. Franco Veroli nel suo libro " il mito di Tesio" dice che è sempre stata sua convinzione che Ribot deve la sua fama e la sua carriera al fatto di essere passato sotto la direzione di Mario Iincisa invece che dello stesso Tesio. Questo anche perchè Tesio preferiva far correre i suoi cavalli in casa piuttosto che fuori, si convinse a far partecipare Nearco al Grand Prix de l'Arc de Triomphe solo dopo che lo vide battere nel tratto finale Bistolfi, ritenuto il più grande velocista nelle distanze brevi. E non dimentichiamo che sotto la direzione di Incisa emersero ancora due grandi cavalli come Botticelli e Braque. Quindi concludo dicendo che ,anche se la partecipazione di Incisa nella gestione della Dormello-Olgiata fu solo marginale quando Tesio era in vita, del resto come poteva essere diversamente con la personalità e la genialità di Tesio, e limitata quasi esclusivamente all'aspetto finanziario, tuttavia Mario Incisa della Rocchetta non era un qualsiasi "nessuno". Del resto dopo tanti anni di sodalizio qualcosa avrà pure imparato nonostante la ritrosia di Tesio ad insegnare o solo a trasmettere le sue conoscenze, frutto di tutta una vita..

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Bel commento. Sulla parte dei cavalli non ho competenze per esprimermi, ma su quella vino c'è poco da aggiungere. L'intuizione geniale di questo vino è al 95% di Mario Incisa.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 4 anni fa - Link

No via, quando si arriva a fare le percentuali su robe così è quando davvero: no.

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Critica accolta. Preferisci sostituire la percentuale con "quasi esclusivamente"? Il senso è quello comunque.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 4 anni fa - Link

Per carità Maurizio, è la tua opinione ed è giusto che tu la esprima come ti senti. Dico solo che questa è una storia che è bello raccontare, mentre qua vi siete - dico te, ma anche altri - messi a fare i giudici. Tutto legittimo, ci mancherebbe, ma a me non piace molto. E anche questo è legittimo! :)

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Ciao Tommaso, permettimi ma tu, raccontando una storia, stai facendo il giudice, perché dai una tua interpretazione e chiave di lettura a degli eventi. E alla fine del tuo post giudizi ne dai eccome! Legittimamente certo, però non capisco la sfumatura diversa che ti porta a qualificare i tuoi giudizi come "Storia bella da raccontare" e i giudizi miei e di altri come "Fare i giudici". Non sono forse la stessa cosa?

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josé

circa 4 anni fa - Link

Capito su questa STORIA solo adesso. Ma quante cose ci sono in un vino, quanta bella realtà, quanta verità umana con le sue grandezze e piccolezze . E poi i nomi e l'omaggio indirettamente a Cesare Pillon, che merita questo e altro. La polemica , l'ironia , e le storie servono post lockdawn a tirare su il morale. Grazie !

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Tommaso Ciuffoletti

circa 4 anni fa - Link

Un gran signore Cesare Pillon. Davvero un gran signore.

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josé

circa 4 anni fa - Link

lockdown, naturalmente...

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Carmine Caterina

circa 4 anni fa - Link

ho apprezzato molto una dichiarazione di Cesare Pillon fatta durante un'intervista che diceva "..chiunque faccia un grande vino, a qualunque ceto sociale appartenga, qualunque livello di cultura abbia, non è mai un personaggio banale...per fare un grande vino bisogna avere una personalità di grande spessore". Come dargli torto, basta pensare agli Antinori, Frescobaldi , Incisa, Ricasoli ...

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