Mamoiada, uno straordinario laboratorio per il Cannonau di Sardegna. (Suggestioni da Mamojada Vives 2023)

Mamoiada, uno straordinario laboratorio per il Cannonau di Sardegna. (Suggestioni da Mamojada Vives 2023)

di Alessandra Corda

Incontrare i produttori dell’Associazione Mamojà in occasione dell’evento annuale Mamojada Vives, lo scorso 29 e 30 aprile, passare del tempo con loro, ascoltarli, captare gli entusiasmi, intuire le vulnerabilità è cosa che non si contiene nello schema consueto di un press tour. Oltre alla cronaca sensoriale di una degustazione, vale la pena soffermarsi più a lungo sulle radici di questo progetto per certi versi visionario.

Mamoiada è un piccolo centro della Barbagia (Sardegna centrale, sui fianchi del massiccio del Gennargentu) che sta vivendo qualcosa di unico nel panorama contemporaneo del vino italiano. La parola unico è da intendersi qui nel suo significato letterale, non emozionale. Unico perché non è un modello replicabile altrove: nasce dalle complesse interazioni fra il luogo naturale, geografico e la comunità abitante, con le sue conoscenze e il suo patrimonio materiale e immateriale, cosi come si intende nella più solida e neutra definizione di terroir. Unico perché la storia recente di questa realtà potrebbe essere oggetto di uno studio di economia rurale che misura fenomeni di questo tipo, ma qui delineati in un arco temporale di pochi anni, il tempo di una generazione. Unico perché sta riuscendo a tenere insieme il fragile equilibrio fra l’esito economico e la tutela del territorio: un presidio partecipato, sostenibile e virtuoso del paesaggio vitato. Unico perché la rete produttiva si mette in discussione, in giornate come quelle di Mamoiada Vives, superando gli individualismi (che nessuno degli associati nega), in virtù di un orizzonte enologico comune, in divenire e includente.

In attesa di una denominazione, che riconosca e disciplini la specificità del Cannonau di Mamoiada, Mamojà come associazione culturale con i suoi 55 soci viticoltori, si è autodisciplinata con un protocollo di adesione che implica la conduzione agronomica in biologico e punta a una mappatura del vigneto che individui, secondo i criteri della zonazione, le potenzialità e le specificità di ogni singola parcella (la ghirada che leggiamo in etichetta). Conoscenze e valori condivisi: di questo si è ragionato nel simposio di questa quarta edizione con il tema Comunità territoriale e vino: le interdipendenze virtuose, a cura di Cinzia Scaffidi, con la partecipazione di Giovanni Vagnoni e la sua testimonianza sulla grenache marchigiana.

Comunità territoriale e vino: le interdipendenze virtuose

Per gli osservatori, porsi delle domande è un buon punto di partenza per cominciare a fare i conti con questo laboratorio territoriale dinamico. Può avere delle criticità e può non piacere, ma certo non si può ignorare o minimizzare, anzi potrebbe essere la leva per un cambio di prospettiva che investa altri micro territori rurali della Sardegna a rischio spopolamento. A Mamoiada sono riusciti a strutturare un dialogo inter-generazionale, che oggi gode dell’apporto di giovani competenze locali di alto livello in agraria, enologia ed economia. Siamo oltre l’associazionismo amatoriale. Hanno già raggiunto la cosiddetta massa critica, necessaria alle comunità per innescare cambiamenti socio-culturali importanti.

Intanto, si lavora di buona lena. La degustazione tecnica è stata l’occasione per comprendere lo stato dell’arte sulla produzione delle ultime annate. Le pratiche di vinificazione, il fattore tempo nei Riserva, i limiti e le potenzialità non ancora del tutto esplorate dei rosati.

Mamojada

Nelle vinificazioni in rosso il livello medio è alto e in crescita. Permane la volontà di lavorare su obiettivi comuni: ripensare le maturazioni, le estrazioni e le modalità di affinamento con l’uso calibrato dei legni tradizionali da tenere o abbandonare, come il castagno. La lunga sequenza delle etichette assaggiate ha messo in evidenza lo stile produttivo eterogeneo, ma con nuove tendenze ormai più che abbozzate: contenimento del tenore alcolico, sorso agile e immediatezza.

Per questo stile segnalo Francesco Cadinu con l’etichetta Perdas Longa (2021), Tzappu (2021) Gianfranco Siotto con la prima annata assoluta per questo produttore, ma già notevole il suo Cannonau; Andrea Cosseddu Ghirada Su hastru e su Horvu (2021), Vike Vike con l’etichetta Ghirada Fittiloghe (2021), Melis Don Zua (2020).

Belle conferme per il “Cannonau Mamoiada” più iconico, con il canone che già conosciamo: profondità di beva, tenore alcolico importante e i profili gustativi austeri. Segnalo per questo stile Bakarru (2021) Tramaloni, Duduli (2021) Beccoi; Ghirada Baduorane (2021) Mertzeoro, Ghirada Palagorrai (2020) Mussennore. Fra le riserve, Brulleri (2020) Osvaldo Soddu. Infine due etichette che meritano una menzione, uno è un “classicone” e l’altro un outsider: Giuseppe Sedilesu con un Ballu Tundu (2019), ovvero dell’affinare in bottiglia un Cannonau di queste parti. Il secondo è l’enigmatico Bobotti 2022 della cantina Sannas, per le anime che vogliono perdersi.

Il mosaico straordinario dei vignaioli che ho incontrato con le loro etichette, è molto più ricco delle poche menzioni che ho riportato sopra. Cominciate dal sito www.mamoja.it, trovate tutti contatti e i loro profili. Preparatevi a un viaggio, umano, denso e lungo. Un esperienza che va vissuta sul posto più che narrata, cosi come si dovrebbe fare quando si incontrano territori del vino come questo.

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Alessandra Corda

Folgorata dalla visione di Mondovino, in un pezzo di vita londinese ottiene il primo certificato enofilo (WSET). Laurea in lettere, copywriter, è sommelier AIS responsabile dell’accoglienza per una cantina in Gallura. Collabora con il sito AIS Sardegna dal 2016, intravinica dal 2018. Pensa il vino come esperienza di bellezza totale, narrato con la contaminazione di ogni linguaggio creativo possibile.

2 Commenti

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Lanegano

circa 12 mesi fa - Link

Bellissimo posto, bellissima gente, bellissima realtà.

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Francesca

circa 3 settimane fa - Link

Bellissimo esempio sociale di collaborazione e unione di intenti. Ma quando su tre bottiglie, due hanno chiari odori non piacevoli, col vino non ci siamo, tutto il resto è solo racconto… o favola! Il rito è stato compiuto, ma per ora “i ranocchi non diverranno principi”. Attendiamo ancora.

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