Vini lapidei | Vinificazioni in granito e in marmo. Due esperienze pionieristiche in Sardegna
di Alessandra CordaContenere il vino non è mai un atto neutro. Se poi il contenitore è un prototipo, allora ci divertiamo ancor di più a testarne i risultati dal punto di vista sensoriale, l’aspetto che più ci interessa (al netto di tutte le opinioni che genera qualcosa di insolito e azzardato).
Due ere geologiche, due materiali, due areali, e due vasi vinari stanno sollevando non poche perplessità: quello del gallurese Andrea Addis è una conca di granito che custodisce un bianco da uve autoctone che definirei aereo.
Il secondo, quello del baroniese Marco Mossa, è una conca in marmo di Orosei che accoglie un rosso di grande struttura, ma anche qui con una bella rarefazione che giova al carattere forzuto di un cannonau con una piccola quota di muristellu.
Per indagare l’origine di questi progetti ad alto rischio organolettico dobbiamo capire da dove siano partiti i due produttori in questione, in maniera del tutto autonoma, senza conoscersi e senza essersi mai confrontati prima. Si capisce bene che non sono capricci sconnessi dalla loro biografia. Sia la Gallura che l’area di Orosei sono territori ricchi di cave con una storia estrattiva antica e artigiana, di pregio nei mercati mondiali. Cosa hanno in comune questi due progetti? L’idea di rivolgersi a un materiale che è parte del territorio in cui operano, disponibile e lavorabile nella breve distanza. Del resto, in Sardegna i palmenti scavati nella pietra per la vinificazione sono stati utilizzati fino al secondo dopoguerra.
ll durissimo granito è il risultato di lave antichissime solidificate sotto la crosta terrestre, poi affiorate in superficie ed esposte a fenomeni erosivi millenari. Una roccia che costituisce l’identità geomorfologica più importante della Sardegna nord-orientale, nata fra il Permiano e il Carbonifero inferiore, circa 250 milioni di anni fa.
Andrea Addis, 28 anni e solida formazione in viticoltura ed enologia, a Luras ha deciso di partire con una piccola produzione ottenuta da vigneti storici della zona. Da questo contenitore monumentale e austero, realizzato da un artigiano locale, degustiamo un bianco che sembra dematerializzato dal punto di vista molecolare, come se la decantazione statica e in ambiente non completamente riduttivo abbia fatto un lavoro peculiare sulla struttura, un processo di “r-affinamento”. Gli elementi gustativi sono ben amalgamati. Il sorso è fresco, marcatamente iodato, sobrio, pulito e fine.
Per capire di cosa stiamo parlando mi viene proposto un assaggio del medesimo vino maturato esclusivamente in acciaio, con un profilo piuttosto scontato e agganciato a immediate note fruttate. Sono due campioni dello stesso liquido, due viaggi fatti con lo stesso bagaglio, ma che hanno preso a un certo punto due direttrici diverse. Quello “granitico” avventuroso nel percorso è sorprendente negli esiti. Vale il criterio aureo della piacevolezza e su quello ripongo la mia attenzione.
Percorro la strada che da Orosei porta al vicino comune di Irgoli, dove Marco Mossa ha parte della sua tenuta. Mi accompagna Toto Farris, enotecario e attento conoscitore del microcosmo di piccoli produttori della Sardegna. Il vaso vinario che Marco ha fatto realizzare (anche qui da un artigiano locale), è di marmo chiaro originatosi nel Giurassico, circa 180 milioni di anni fa. Bello d’aspetto, dai toni caldi con venature nocciola, ricco di fossili, conchiglie e minerali cristallizzati. Un roccia metamorfica composta soprattutto di carbonato di calcio.
Degusto l’annata 2022 di Marmus (90% cannonau, 10% muristellu) appena spillata. Il produttore mi conferma che occorre attendere la primavera, ma è già goloso. Assaggiamo l’annata 2021 già in bottiglia: struttura, tenore alcolico importante, rimandi olfattivi che ricordano alcuni rossi regionali maturati in cemento. Frutti scuri e garriga, salino e rotondo. Un rosso importante, da tenere da parte e tirar fuori anche fra qualche anno… se riuscite a vincere la curiosità.
Le domande tecniche si moltiplicano e hanno a che fare con la composizione chimica dei due materiali, le acidità del vino, la porosità. I tempi di decantazione sembrano essere più veloci nella conca di granito, dove Addis ipotizza un contributo favorevole dato dai silicati naturalmente presenti nella composizione di questa roccia ricca in feldspati. E ancora l’acidità, che non cede in ambiente basico come quello del marmo di Marco. La microssigenazione presenta parametri molto vicini ad anfore non trattate con resine o vasche di cemento non vetrificato.
In tutto questo, possiamo riassumere la narrazione sensoriale dei due vini lapidei come un equilibrio alchemico: ciò che è ha avuto origine dalla profondità della terra, dal fuoco e dal calore ospita e restituisce il sottile, l’areo e il fresco. Ciò che invece ha come esito calore e struttura origina dove un tempo remotissimo c’erano freschi fondali marini.
Di certo ci troviamo di fronte a qualcosa che potrebbe costituire un precedente da incoraggiare. Partire da una solida sperimentazione e argomentare in maniera puntuale gli esiti di una scelta pionieristica è un dato che voglio riportare come impressione positiva ricevuta dall’incontro di questi due vignaioli. In fin dei conti, nell’enologia sarda degli ultimi anni, sono stati accolti contenitori di ogni tipo, forma, materiale e tradizione alloctona. E se ora si volgesse lo sguardo a qualcosa di più prossimo rispetto alle materie prime utilizzate, magari con il supporto del know-how locale?
I vini
Pedra Lughente 2023 IGT Colli del Limbara, Azienda La Granitica
Campione da vasca, in bottiglia dalla prossima primavera
Uve: varietà autoctona a bacca bianca
Fermentazione spontanea in acciaio
Maturazione in vasca di granito “ghiandone” di Gallura
Grado alcolico: 13% vol.
Bottiglie in produzione: 1.200
Marmus 2021 DOC Sardegna Cannonau, Cantina Mossa
Uve: 90% cannonau, 10% muristellu
Fermentazione in acciaio
Maturazione in vasca in marmo di Orosei
Grado alcolico: 14,5% vol.
Bottiglie prodotte: 1.000
In enoteca € 55,00
[Foto cover e bottiglia: Cantina Mossa. Le altre foto sono dell’autrice]
22 Commenti
AG
circa 3 mesi fa - LinkDue domande tecniche: Capacità delle vasche? Internamente lucidate, spazzolate o grezze?
Rispondimariazzo
circa 3 mesi fa - LinkInteressante vedere questa costante ricerca di nuovi materiali in cui contenere il nostro amato vino. proprio qualche mese fa, mi sono imbattuto in questo vino: Torrette Superiore Miniera - Cave Des Onze Communes. Affinato in vasche di granito (del Monte Bianco) e custodito in profondità nelle vecchie miniere. Al netto dello story telling, supercazzole, marketing acchiappa turisti, devo dire che il risultato è stato molto interessante. sicuramente il tenere un vino in contenitori minerali, mantiene il vino con la sua freschezza e spigolosità. curioso di sapere l'evoluzione che possono avere questi vini.
Rispondimarcow
circa 3 mesi fa - LinkSe a 28 anni s'inventa il vino nel granito non oso immaginare a 48 anni dove lo produrrà.
RispondiAndrea
circa 3 mesi fa - LinkÈ mezz' ora che non riesco a smettere di ridere. Ci saranno puzze nuove per il Il vino, ma saranno sempre Naturali!!!
RispondiGurit
circa 3 mesi fa - LinkL'acidità del vino non corrode le vasche? Io farei una bella analisi di estratto secco e ceneri totali, prima e dopo. L'importante è che siano contenitori atossici.
RispondiAG
circa 3 mesi fa - LinkQuesto è fondamentale
RispondiVinologista
circa 3 mesi fa - LinkPsso capire che la produzione è molto piccola etc etc ma cmq il prezzo a mio modesto parere è eccessivo e scusate ma con tutto il rispetto per la Sardegna e i sardi , a cui voglio un gran bene , l'etichetta del Marmus è veramente inguardabile!! Ben vengano questi "esperimenti" ma con cosi poche bottiglie e prezzi di questo tipo ho l'impressione che raggiungeranno solo alcune "tavole" anche perchè i prezzi negli anni cresceranno ancora e se devo sedermi a tavola e spendere 80/100 euro per un vino di cui non conosco nemmeno il vitigno , susate ma posso bere altrettanta qualità con una spesa molto minore. Questa nuova italiana onda di vini di nicchia , perchè resteranno tali , a prezzi fuori mercato mi sembra eccessiva ed eccessivamente "pompata". Ho avuto modo di assaggiare negli ultimi mesi vini di piccole aziende nate negli utlimi 4/5 anni , tutte "naturali" o come preferite chiamarle, e tutte , alla mia mia perplessità su alcuni prezzi assolutamente eccessivi ( 25 -35 euro in cantina ) per un vino bianco d'annata in acciaio , mi hanno risposto : " sai , ne facciamo poco e costa fare il vino naturale" . Mi auguro che oltre a fare vini "naturali" si occupino anche di altro sennò la vedo dura in futuro....ma tanto va bene lo stesso !!! evviva il vino
Rispondimarcow
circa 3 mesi fa - LinkCondivido totalmente PS Chi produce ti "racconta" le "ragioni" di un prezzo di un prodotto... e cerca di "giustificarlo" ... anche arrampicandosi sullo specchio. Da qui nasce l'importanza dell'ESPERTO che deve aiutare il consumatore a "valutare" correttamente i "racconti" le giustificazioni di un prezzo. E, soprattutto, il Rapporto Q/P. Siamo lontani.
RispondiGurit
circa 3 mesi fa - LinkCome non quotarti. Siamo un po' OT rispetto al tema dei contenitori vinari, ma sicuramente siamo in tanti ad avere la tua stessa impressione e vale la pena spendere qualche parola, sia per capirlo noi stessi, sia per comunicare ai produttori il nostro punto di vista. Se già un territorio o un vitigno è semisconosciuto (per mille ragioni, anche banalmente logistiche), magari 10mila bottiglie le piazzi a 100€, ma quanto questo si ripercuote positivamente su chi il territorio lo vive? Pochissimo. Secondo me vendere certi vini a prezzi elevati mi sembra una roba tipo di riscatto sociale, molto triste. Ci tengo a dire che il mio è un pensiero a livello generale e che i vini dell'articolo non li conosco e non fanno parte del mio ragionamento.
RispondiAlessandra
circa 3 mesi fa - LinkLe cave sono attività con un impatto imponente sui territori, usare la pietra di cava per realizzare non opere d’arte o destinati a rivestimenti o costruzioni (anche se francamente anche di quelli si potrebbe ridurne l’uso) ma beni strumentali come sono delle vasche per la Vinificazione vi sembra sostenibile?
Rispondimarcow
circa 3 mesi fa - LinkGrazie per questa profonda riflessione sulla "SOSTENIBILITÀ". ___ Una parola di "moda" nel senso che viene usata spesso in epoca contemporanea ... e, molto spesso, "strumentalmente": nel senso che viene sventolava, ad esempio, per giustificare dei prezzi alti. ___ In questo caso, e concordo con Alessandra, la sostenibilità è stata dimenticata. È stato detto in un commento qual è il ruolo simbolico del granito nella ... COMUNICAZIONE(o propaganda) aziendale.
RispondiPaolo
circa 3 mesi fa - Linkehm ehm Alessandra. Temo che queste lodevoli osservazioni non tengano conto della situazione di mercato della risorsa: la gran parte dell'estrazione è materia prima per prodotti industriali e di consumo. Le opere d'arte e il settore edile ne assorbono una quota minoritaria.
RispondiVinogodi
circa 3 mesi fa - Link...ritornando a quanto espresso sugli " Unicorn Wine" che vedo argomento molto gettonato...
RispondiGurit
circa 3 mesi fa - LinkTra l'altro unicorno in economia significa azienda dal valore superiore al miliardo. Mai definizione fu più azzeccata.
RispondiMinu
circa 3 mesi fa - LinkSe sino a oggi nessun produttore (con anni alle spalle) ha mai imbottigliato vini vinificati in granito o marmo è perché chi ha provato ha verificato che il vino non solo non "durava" in bottiglia ma assorbiva sostanze tossiche dai rispettivi materiali rendendolo fuori legge. Spero che i graniti e marmi di questi due giovani enologi si comportino in maniera diversa.
RispondiVinologista
circa 3 mesi fa - LinkA dire il vero Benjamin Zidarich produce da diversi anni, credo dal 2011-12, il Kamen , una Vitovska affinata in pietra Carsica ed è un vino veramente fantastico....e non ha mai avuto alcun problema di "cessioni" di alcun tipo.....Basta fare le cose con criterio e attenzione...caro Minu......cin cin
RispondiMinu
circa 3 mesi fa - LinkLe pietre carsiche hanno una composizione completamente diverse dal granito e dal marmo. La signora Maddalena dell’azienda Musella ha dovuto buttare via ettolitri di vino prodotto nel marmo. Cin Cin anche a te
Rispondimarcow
circa 3 mesi fa - LinkSiamo qui per "confrontare" "opinioni diverse". Non per avere ragione. Ma prima di tutto per Comprendere, per Capire meglio dei fatti che riguardano il mondo del vino. Cioè il confronto, secondo me, aiuta a schiarirsi le idee ed eventualmente a cambiarle se qualcuno dimostra che sono errate. Con questo spirito inserisco un articolo che parla di un'altra vicenda simile, con dati interessanti e considerazioni che ognuno può "interpretare" come meglio crede. __ Link "Il marmo la nuova frontiera del Vino? Farneticare o ragionare? - Corriere del Vino" https://corrieredelvino.it/primopiano/il-marmo-la-nuova-frontiera-del-vino-farneticare-o-ragionare/
RispondiVinologista
circa 3 mesi fa - LinkMarcow a me non interessa avere ragione ma solo essere preciso nei limiti della conoscenza ed esperienza.Prima di scrivere certe cose cerco di essere abbastanza certo delle informazioni in mio possesso. Ho solo corretto Minu che ha detto qualcosa di inesatto e che non ha bisogno di essere "difeso"....mannaggia che permalosi.....un bel bicchiere di vino affinato in anfora di pirite e passa tutto.....
Rispondimarcow
circa 3 mesi fa - LinkVinologista non ho proprio pensato a Minu quando ho inserito l'articolo. Mi è sembrato interessante perché contiene dei dati, quali, ad esempio, il costo finale del manufatto di marmo che possono aiutare a valutare meglio questa tecnica. ___ Come ho detto io penso che un dibattito senza opinioni diverse non è molto interessante e utile per me. E, quindi, apprezzo chi ha opinioni diverse dalle mie perché è il confronto di opinioni diverse a fare un vero dibattito. Saluti
Rispondimarcow
circa 3 mesi fa - LinkVinologista, ora che ci penso l'articolo da me linkato conferma che si può utilizzare il marmo mentre Minu non lo pensa.
RispondiGiacomo
circa 3 mesi fa - LinkVinapule a 60 euri a bottiglia, e ve le meritate tutte.
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