La Grande Dame Rosé 2015 di Veuve Clicquot è davvero imperdibile?

La Grande Dame Rosé 2015 di Veuve Clicquot è davvero imperdibile?

di Andrea Gori

L’operazione Grande Dame in casa Veuve Clicquot prosegue senza cedimenti e giunge ad un notevole punto di svolta. La 2015 Rosé è stata appena presentata a Roma ed è in tour nel mondo. La strategia complessiva messa in atto dalla Maison Clicquot sta dando importanti risultati ma oggi la definizione e la costruzione di un brand passano anche dall’immagine e dal successo della sua cuvée de prestige.

La qualità del vino di punta aziendale risulta fondamentale per l’allure di una casa come Veuve Clicquot, dalla storia centenaria sì ma non sempre sotto i riflettori per gli appassionati (soprattutto italiani). Se consideriamo inoltre il fatto che in casa LVMH deve dividersi la scena con Krug, Dom Perignon, Dom Ruinart e Armand de Brignac, giustificare la scelta della Grande Dame non è una questione banale. A quasi 200 euro sullo scaffale in enoteca e 360 per la rosa, dobbiamo chiederci se effettivamente valga l’esborso.

Nel caso di Veuve Clicquot, sul piatto dobbiamo mettere una grandiosa scelta di vigneti da cui trarre le uve con pochi eguali in Champagne; si aggiunga anche l’operato di Dominique Demarville, chef de cave della Maison per dieci anni, colui che ha portato la Grande Dame verso il quasi 100% pinot nero (a partire dall’annata 2008).

Poi, nel bel mezzo di un cambiamento climatico epocale, l’opera è stata portata avanti con convinzione dal suo successore, il “giovane” Didier Mariotti. L’amore per il pinot nero e per la Borgogna (anche per legami affettivi, la nonna materna è una Rousseau), la capacità di lavorare in tranquillità, pur sotto la pressione di una storica eredità, e la voglia di dire qualcosa di nuovo hanno portato Mariotti a infondere una scintilla particolare. Potrebbe davvero cambiare la percezione che avete della Maison del vendutissimo Carte Jaune.

Veuve

Questa Grande Dame Rosé 2015, vestita nel suo coffret dalla scultrice italiana Paola Paronetto, potrebbe farci vacillare più del suo omologo bianco, presentato lo scorso anno.

Allora non ci aveva particolarmente convinto l’insistenza nel porre come positiva la presenza di un elemento amarognolo al centro del gusto de La Grande Dame 2015 (giustificato come pregevole perché capace di allungare il gusto e la complessità, mah…).

La Grande Dame

Oggi il carattere gourmand di questa cuvée lascia spazio ad una incantevole e misurata dolcezza e ad un equilibrio mirabile delle sue parti. Il vino sfrutta il calore di un millesimo particolare come il 2015 per ribadire la superiorità tecnica in materia di rosa. Non a caso, l’assemblaggio di vini bianchi e rossi fu inventato proprio da Barbe Nicole Clicquot-Ponsardin nel 1818.

La Grande Dame Rosé 2015 nasce da 90% pinot noir e 10% chardonnay. Il 13% della parte di pinot noir proviene della storica parcella del “Clos Colin”, il cui acquisto fu fortemente voluto proprio da Barbe Nicole per la sua intrinseca capacità di dare volume e radiosità a questo vitigno. Il terreno argilloso-calcareo, con più sabbia ed elementi a grana grossa che facilitano il drenaggio e lo stress idrico delle viti, porta il pinot nero a livelli di maturazione (tannica, ma soprattutto del frutto) impensabili a questa latitudine. Se vi è capitato di assaggiare dei rossi Coteau Champenoise della regione di questa annata, ve ne ricorderete come di vini di livello, quasi Premier Cru della Borgogna.

Champagne Veuve Clicquot La Grande Dame Rosé 2015
Esordisce su note di rosa di Damasco, confetto, amarena, fragola, bergamotto e melograno, mandarini e poi anche thè nero, cumino e chinotto, lieve fumè e un’accesa salinità. Il sorso è ricco, ficcante e asciutto (più tannico e spinto della versione bianca), ma mai aggressivo. Sottolineature di mandorle, noce di cola, pepe nero, senape e tantissima spinta acida; il risultato è un sorso di leggerezza e leggiadria, che non lesina in volume e sapidità; controcanti continui di umami e pepe. Come dicevamo, nessuna traccia di amaro ma anzi una dolcezza sussurrata. Un vino bellissimo, cangiante e profondo. Si rivela eccellente su piatti a forte componente vegetale come Indivia, olive taggiasche, mandorle e olivello spinoso e sul Cardoncello, arachidi e cime di rapa di Roy Caceres. 97

Cardoncello, arachidi e cime di rapa

L’occasione della presentazione viene sfruttata anche per un riassaggio de La Grande Dame 2012 in magnum e della 3 litri de La Grande Dame Rosé 2008. La 2012 “bianca” è in forma strepitosa, con note di arancio giallo, miele allo zafferano, mandorle, brioche, resine, zenzero, pepe bianco. In bocca ha un sorso di energia e sottigliezza che impongono dinamismo; si affacciano note quasi tropicali, fumè e miele. Il quadro sembrerebbe quello di un vino con evoluzione spiccata mentre al sorso è giovanile e brillante.

Champagne Veuve Clicquot La Grande Dame Rosé 2008
Batte un colpo anche la 2008 in versione tre litri e lascia il segno incantando gli assaggiatori. Un vino lucente con riflessi oro rosa; rosa thea, charmes agli agrumi, pesca noce, mandarino, canditi e resine, ribes rosso e pepe nero, viole ed elicriso. La torrefazione è leggerissima, con tanto sottobosco e petricore. Il sorso evoca potenza e calma, ricchezza senza peso, cipria e zenzero; energia e cremosità sontuose che esplodono in una orizzontalità splendida e in una complessità rigorosa. Finale di spezie orientaleggianti, cumino e pepe nero, di serica sontuosità, mai sfacciata. 96

La Grande Dame Rosé è decisamente un vino che si dimostra sempre all’altezza dei piatti che gli vengono accostati. Sa esprimersi in annate favorevoli e fresche come la 2008 e la 2012 ma sa esaltarsi nelle annate calde come la 2015. Sul valore e il rapporto qualità-prezzo della versione “bianca” ci sbilanciamo favorevolmente; sui quasi 300 euro per il rosé… dipende dalle possibilità economiche ma non si corre il rischio di restare delusi.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

11 Commenti

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Francesco

circa 2 mesi fa - Link

Fatevelo dire: i vostri articoli - tranne quelli di Cinelli Colombini e Ciuffoletti - sono sempre più noiosi e per eno-nerd.

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Michelangelo

circa 2 mesi fa - Link

Essendo un blog ***anche*** per eno-nerd, questi sono proprio i contenuti che interessano a tanti di noi. Se non ti interessano i contenuti di un autore specifico di intravino, non lo leggere. O forse e' la solita furia iconoclasta tipicamente italiana per le cose che vorremmo, ma non ci possono permettere?

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Andrea

circa 2 mesi fa - Link

Non sono d'accordo . Sarebbe uno mosaico mancante di molte tessere. Pur amando molto i succitati mi trovo spessissimo d'accordo con le valutazioni le descrizioni dei vini di Gori e ho spesso vagato con la fantasia su quelli che il portafoglio mi rende proibitivi. Un po' come ascoltare tutto il calcio minuto per minuto ( di Ciotti e Ameri). Mi manca un po' Giannone.

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Luca Ferrero

circa 2 mesi fa - Link

Ottimo flame, complimenti ! Perché mai dovrebbe essere noioso e nerd? Senza denigrare i due succitati, che si leggono sempre volentieri, Gori scrive correttamente e in maniera intelligente, fa una degustazione impeccabile, da esperto di champagne parla di una Maison storica e che è un punto di riferimento per tutto il settore... Intravino è un'isola felice per gli appassionati, ma ricordiamoci che qui fuori è pieno di gente il cui concetto di divulgazione è ballarsi la fresca e sciabolare bottiglie urlando "Poveriiihh!"

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Vinogodi

circa 2 mesi fa - Link

...non capisco il preconcetto verso vini popolari o quotidiani come Grande Dame. Mica si puo' sempre bere Clos D'Ambonnay o Vieilles Vignes Francaises ...

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marcow

circa 2 mesi fa - Link

1 Francesco ha espresso un suo personale modo di intendere l'interesse, la curiosità, la PASSIONE per il vino. 2 Ma esistono altri modi di interpretare la Passione per il VINO: e devono trovare spazio in un wine blog. 3 Attenzione, non esiste, però, un modo SUPERIORE, MIGLIORE di interpretare la passione per il vino. 3a In generale, nella comunicazione sul mondo del vino, si tende ad enfatizzare, a dar risalto, a dare ampio spazio a una modalità particolare di vivere la passione del vino: ed è quella che non piace a Francesco. Ma, ripeto, tutte vanno rappresentate in un wine blog. 4 Allora nasce un problema perché mettere insieme, far convivere, diversi modi di vivere la passione per il vino è molto più difficile di quel che sembra. È più facile quando TUTTI hanno le STESSE OPINIONI su qualsiasi argomento(vino, food, religione, politica, cicloturismo, scuola, ecc...): da qui il successo delle ECO CHAMBERS in cui ognuno discute ... soltanto ... con chi ha le sue stesse "opinioni". 5 INTRAVINO, in qualche modo, c'è riuscito. Vediamo come 5a Scrive Luca Ferrero: "Intravino è un’isola felice per gli APPASSIONATI, ma ricordiamoci che qui fuori è pieno di gente il cui concetto di divulgazione è ballarsi la fresca e sciabolare bottiglie urlando “Poveriiihh!” (Luca Ferrero) Luca Ferrero, con una grande potenza espressiva, ci ricorda che, all'interno dell'ampia categoria più enfatizzata sui wine blog, esistono diverse modalità espressive e che su INTRAVINO non trova spazio quella da lui magnificamente descritta. Questo dovrebbe aiutare molto a sviluppare atteggiamenti di tolleranza. (v Conclusioni) 5b Intravino, si è detto spesso, è un COLLETTIVO. Cioè la struttura della redazione è organizzata e funziona come un insieme di voci collaboranti: che, cioè, stanno insieme intorno a pochi principi, valori indiscutibili e condivisi. Poi, però, le OPINIONI, tra i redattori di Intravino, possono essere DIVERSE: basta leggere con attenzione i dibattiti del blog. E questo dovrebbe spingerci verso una maggior tolleranza (v Conclusioni) ___ Considerazioni conclusive. Allora, frequentare il blog Intravino può essere interessante per ¹aumentare la conoscenza del vino (nella sue infinite sfaccettature) ma, anche, per ²"confrontare" "liberamente" le proprie opinioni (sul vino) con quelle degli Altri. Cioè un confronto tra Opinioni Diverse(Non siamo in una Echo Chamber e nemmeno il collettivo redazionale lo è) E, soprattutto, per ³sviluppare sentimenti di tolleranza (e, se possibile, di rispetto) verso le posizioni che non condividiamo: molto difficile da raggiungere in una società sempre più polarizzata.

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Vinogodi

circa 2 mesi fa - Link

...sinceramente, preferirei la struttura tipo " forum" , molto piu' interattiva. Essendo un po' bacucco, mi va bene anche questa struttura antidiluviana, dove nessuno sa a chi risponde, salvo non si specifichi il nome. Eppoi ...che tristezza i tempi infiniti di moderazione...

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Lanegano

circa 2 mesi fa - Link

Mi ritengo orgogliosamente un eno nerd. Le note di degustazione e la storia di un vino mi interessano sempre, alcuni più, alcuni meno ovviamente. Gori è un tecnico (di quelli bravi), non sempre il suo gusto incontra il mio ma vale sempre la pena di leggerlo. Oppure di non leggerlo a seconda di cosa interessa o cosa no. La cosa vale per tutti gli autori e tutti gli articoli. Mi permetto una chiosa: se si segue un blog fortemente interattivo come questo (per me i commenti dei lettori hanno quasi lo stesso valore degli articoli) forse varrebbe la pene di essere propositivi e non meramente distruttivi. Mi spiego: se l'esigenza è leggere determinate cose piuttosto che altre, è sufficiente esprimere il proprio parere chiedendo determinati approfondimenti. Magari si viene ascoltati e ne vien fuori qualcosa di buono....

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laccendiamo?

circa 2 mesi fa - Link

Non essendo nè agronomo nè enologo non è un tecnico. A me risulta, invece, che sia un ottimo ristoratore, sommelier, enotecario, giornalista e divulgatore di vino. Se fa il divulgatore, per quanto mi riguarda, non può essere al contempo anche un critico. La critica è una cosa, la propaganda tutt'altro. Ritengo le due cose incompatibili. Dopo le polemiche scoppiate a suo tempo per il Tavernello pensavo che si sarebbe spontaneamente allontanato da Intravino e magari avrebbe dato vita ad un wineblog tutto suo, invece non l'ha fatto. Ergo, quando adesso leggo i voti che dà ai vini che assaggia, per me valgono zero, tutto qui.

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marcow

circa 2 mesi fa - Link

Secondo me, quando Lanegano scrive: "Gori è un tecnico" intende dire che è un ESPERTO DEGUSTATORE, ASSAGGIATORE Non confondiamo l'enologo, o il viticoltore con chi valuta i vini con il palato ma da Esperto non da degustatore da bar di città. E, da questo punto di vista, Andrea Gori, l'ho già detto, è uno dei più bravi in Italia. Poi se vogliamo mettere sotto la lente d'ingrandimento i limiti di Gori facciamolo, perché, signori, non esiste ... al mondo ... e non è mai esistito ... un Dio degli Esperti della degustazione professionale... senza peccati.(Vogliamo parlare di Parker?) Ma, attenzione, dobbiamo mettere in fila TUTTI gli Esperti Degustatori-Assaggiatori (compreso i Critici) attualmente in esercizio in Italia (e nel mondo se volete). Cioè Andrea Gori va valutato, criticato in relazione con quanti svolgono, in Italia, la sua stessa attività (di Esperto). Sono straconvinto che quelle accuse contenute nel commento di laccendiamo andrebbero rivolte a molti altri famosi Esperti Degustatori Italiani in Esercizio. _____ Detto questo ho ripetuto mille volte in questo blog che la Critica Eno-Gastronomica Italiana va profondamente rinnovata nel segno ... dell'INDIPENDENZA. Ma, signori, non incomincerei dal bravissimo Andrea Gori.

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Vinogodi

circa 2 mesi fa - Link

...non e' perche' uno fa il comico di mestiere, nel privato non debba essere una persona seria. Non e' che se Gori ha fatto nel passato una marchetta, non debba dare un giudizio serio sui vini che beve. Inoltre e' molto piu' "tecnico" di tanti ciarlieri del web, anche di chi interviene da queste parti, essendo un laureato in Scienze Biologiche, mica pizze e fichi. Poi e' un super professionista, mi sembra anche campione fra i mescitori di vini, quelli vestiti da pinguino con la tazza placcata argento al collo con tanto di cravatta regimental d'ordinanza, quindi ...

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