Assaggiando Sclavia da Gino Sorbillo a Milano. Musica by Napoli Centrale
di Graziano NaniQuello che mi piace dell’Italia è che basta prendere qualsiasi pezzo di territorio e metterci sopra una lente di ingrandimento per scoprire un mondo che prima era nascosto. Tipo la Campania, che da sola conta più di 100 vitigni autoctoni. E avvicinando ancora un po’ la lente a nord di Caserta si apre un mondo popolato da creature come pallagrello nero, pallagrello bianco e casavecchia. Erano questi i tre nomi chiave della degustazione di Sclavia, guidata nel pomeriggio del 14 novembre a Milano da Luciano Pignataro, da Lievito Madre al Duomo, la pizzeria di Gino Sorbillo.
Un’esperienza con passaggi audaci e cambi di timbro sorprendenti, una degustazione jazz rock come una jam session dei Napoli Centrale. Basta rimettere la lente sulla Campania e guardare bene gli anni Settanta per scoprire uno dei gruppi più importanti della scena prog rock. Durante la degustazione i loro pezzi mi sono venuti in mente uno dopo l’altro, è comparso James Senese insieme a tutti gli altri ed era come se stessero proprio lì vicino, a suonare solo per noi attaccando con “Ngazzate nire”.
In effetti Montecardillo 2014 è piuttosto arrabbiato, è un pallagrello nero in purezza e parla la lingua di un tannino ruvido che non si lascia dire più di tanto cosa deve fare. L’acidità spinge al naso e in bocca, la morbidezza degli 11 mesi di barrique di secondo passaggio le risponde per le rime, ma probabilmente serve un po’ di tempo perché possano capirsi. Il concerto dà una sterzata con “Sangue Misto” e questo pezzo jazzato e un po’ fuori di testa ci porta sorprendentemente a un bianco, Calù 2015, 85% pallagrello bianco più un 15% di fiano. L’ingresso è acido, si fa notare subito per grande beva e freschezza e un corpo interessante che lascia trapelare lo zampino del fiano. “Simme iute e simme venute“, siamo andati e siamo venuti, suonano i Napoli Centrale, e canta il rosso che dopo la pausa bianco ritorna in versione casavecchia in purezza. Il suo nome è Granito, è del 2012 e i toni del sax qui si fanno più eleganti e meno rustici. L’attacco in effetti è più gentile rispetto al pallagrello nero, la frutta in bocca è succosa e un contorno di spezie rende tutto interessante. La levatura di James Senese inizia a venire fuori parecchio, “O Nonno mio” tocca il picco più alto della session mentre viene servito Liberi 2012, riserva di Sclavia e loro massima espressione del casavecchia in purezza. I 24 mesi in legno si fanno un poco sentire, ma la bella acidità ha già instaurato un dialogo interessante con il corpo del vino e col tempo non potranno che andare più d’accordo.
Si passa a Pallarè 2015, un esperimento di sole 500 bottiglie per un passito da pallagrello bianco che per me è il picco della degustazione. Suadente come sanno essere al sud, ma con una freschezza che sa di montagna. Ne voglio ancora. Si chiude con “Qualcosa ca nu’ mmmore”, è il 1977 e compare pure un giovane bassista sconosciuto, Pino Daniele. La lente d’ingrandimento, per lui, deve ancora arrivare.
6 Commenti
Sergio
circa 7 anni fa - Linkciao Graziano, dove posso trovare un elenco delle più di cento varietà autoctone campane? sei sicuro del numero? a me sembra esagerato, ma in ogni caso mi interessa molto
Rispondigraziano
circa 7 anni fa - LinkCiao Sergio, provo a recuperarlo, se dovessi trovarlo ti faccio sapere.
RispondiFrancesco
circa 7 anni fa - Link"...uno dei gruppi più importanti della scena prog rock..." ? Se non ricordo male credo che fosse jazz-rock.
Rispondigraziano
circa 7 anni fa - Linkqui li annoverano:
Rispondihttps://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Gruppi_musicali_rock_progressivo_italiano
Terza Luna
circa 7 anni fa - LinkMeraviglioso posto Sorbillo a Milano.
Rispondicasadelte
circa 2 anni fa - LinkSuper consigliato! Ci sono stato 2 anni fa e rivedere quest'articolo me l'ha ricordato!
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