Perché non aboliamo l’imbottigliamento fuori zona del Barolo? Esempio pratico (dalla Svizzera)

Perché non aboliamo l’imbottigliamento fuori zona del Barolo? Esempio pratico (dalla Svizzera)

di Andrea Gori

Il casus belli è una bottiglia trovata ad una festa tra amici in Svizzera, un Barolo dimenticabilissimo: “Quasso”. Importato (sfuso) da Selectvini di Canelli e imbottigliato da Coop, che lo vende nei suoi supermercati in suolo elvetico ad una cifra attorno ai 16 CHF, sovente in offerta e disponibile pure online. La notizia è che la rivelazione di questa etichetta finisce per generare un certo subbuglio, una volta diffusa, con generale caduta dalle nuvole per molti che scoprono (adesso) che il Barolo, come tantissime altre DOC e DOCG nonchè IGT italiane, si può imbottigliare non solo fuori dai comuni di coltivazione che rientrano nella DOC, ma spesso anche fuori Italia.

Una pratica che trae le origini nella notte dei tempi, ma che dopo essere stata salutata con entusiasmo, per esempio in Valpolicella, è stata attivamente sostenuta e per moltissime situazioni resa definitiva e forse immutabile da un atto dell’ex ministro Martina. Si tratta di una norma contenuta nella famosa L. del 12 dicembre 2016, n. 238 (Testo Unico del vino), e ribadita da una circolare del 8 agosto 2017 dove è contenuta appunto la disposizione all’art. 35 comma 3, con la quale “vengono rese definitive le autorizzazioni ad effettuare le operazioni di imbottigliamento al di fuori della zona di produzione delimitata dai disciplinari dei vini a Denominazione di Origine“.

Ma se pensate che Valpolicella e Barolo siano uno scandalo, cosa dovremmo pensare dell’oltre metà del vino abruzzese che viene imbottigliato fuori regione e che solo recentemente ha visto un’inversione di tendenza? I casi sono molti, e spesso generano polemiche come quando una grande azienda di Frascati decise di imbottigliare il suo Frascati DOC ad Orvieto (zona il cui vino DOC è tra l’altro spesso imbottigliato a sua volta altrove) per effetto di decreti, norme, ricorsi che si concludono sempre alla stessa maniera: la legge impone e garantisce l’imbottigliamento in zona FATTO SALVO alcune deroghe, che a quanto pare i consorzi o comunque chi potrebbe modificare i disciplinari stessi non possono o non vogliono impedire.

Le motivazioni dei consorzi spesso sono condivisibili (garantire l’occupazione in zona, facilitare i controlli della filiera) ma i motivi economici delle cantine e distributori/imbottigliatori (che, ricordiamo, detengono il numero più alto di voti dentro un consorzio perché il peso del voto dipende dalle bottiglie e non dal prestigio o altro) alla fine prevalgono sempre e comunque. Recenti vittorie, come quella del Soave, contengono sempre e comunque le deroghe spesso definitive per consentire a chi lo ha sempre fatto di continuare a imbottigliare altrove i vini DOC e DOCG.

L’imbottigliamento del vino, nella millenaria storia del prodotto di Bacco e dell’Uomo, è materia delicata e controversa ma soprattutto recentissima se paragonata ai quasi 10mila anni in cui l’uomo lo produce. Di fatto fino al 1800, ovvero, quando cominciano ad essere prodotte su larga scala le bottiglie di vetro di una certa robustezza, l’imbottigliamento avveniva per lo più nel luogo di consumo, come è stato anche per i grandi chateau bordolesi comunque presente nel mercato londinese già dalle metà del 1500 ma, appunto, imbottigliati come generici Bordeaux in loco. Ma ben presto si capì che l’imbottigliamento in zona di produzione aveva un valore aggiunto in termini qualitativi e di garanzia d’origine non discutibile.

In tempi recenti in materia ha fatto scuola il caso Rioja quando la Spagna provò a rendere obbligatorio l’imbottigliamento del vino Rioja impedendone la circolazione come sfuso in Europa, provvedimento subito impugnato con ricorso alla Corte Europea e ben discusso in questo testo dell’avvocato Diego Maggio presentato a Vinitaly nel 2013: “imbottigliare fuori dalla zona di origine può diminuire il prestigio di un vino di qualità. Viene ormai riconosciuto che la singola d.o. protetta appartiene alla collettività dei produttori locali. L’imbottigliamento del vino viene perciò ora considerato quale parte integrante della produzione, così da affidare la salvaguardia delle caratteristiche particolari della qualità a coloro che posseggono la cognizione e il Know how e che hanno un interesse fondamentale al mantenimento della reputazione acquisita nella percezione dei consumatori“.

Questo nonostante il trattato CEE che all’ art. 34 difende la libera circolazione delle merci – vino sfuso incluso – secondo l’interpretazione giuridica tradizionale. Sempre dallo stesso testo di Diego Maggio si legge che “si introduceva una disparità di trattamento in quanto era possibile per i produttori di vino effettuare vendite nella regione di produzione di vino non ancora imbottigliato, mentre non era possibile fare la stessa cosa al di fuori di detta regione. La normativa spagnola comportava l’agevolazione delle imprese della regione del Rioja. Da questo trattamento preferenziale derivava la discriminazione degli operatori economici degli altri Stati membri.  L’obbligo di imbottigliamento dei vini di qualità nella regione di produzione in uno Stato membro – si disse – costituisce un ostacolo all’esportazione di una merce, il vino sfuso, che avrebbe potuto essere effettuata qualora l’ imbottigliamento obbligatorio non fosse stato in vigore: e che detto obbligo era pertanto vietato dall’ art. 34 del Trattato”

La battaglia legale spagnola non finì lì e l’Unione Europea dopo anni ha dovuto ammettere che la tutela dei consumatori, in questo caso speciale, non lede il principio della libera circolazione delle merci, anzi, è un caso in cui la libera circolazione delle merci crea potenziali danni al consumatore stesso, perchè la qualità del vino dipende indiscutibilmente dalla zona in cui il vino stesso viene imbottigliato.

Secondo il testo della Corte Europea sul caso DO Rioja quindi: “il provvedimento che limita l’imbottigliamento di un vino DOC alla zona di produzione è legittimo, siccome funzionale a diverse esigenze ovvero  preservare lo stretto collegamento con il territorio anche nella fase successiva alla coltivazione e vinificazione, dare certezza della provenienza del prodotto imbottigliato e commercializzato dal territorio tutelato con la DO, una più elevata forma di tutela del consumatore sotto il profilo del contrasto ad eventuali contraffazioni“.

Se guardiamo alle DOC e DOCG italiane più importanti, i casi in cui le deroghe non siano previste sono pochi e rari ma va anche spesso detto che le deroghe riguardano i comuni vicini (o la regione di cui si fa parte come nel caso del Passito di Pantelleria). Del resto di fatto, come ribadì Stefano Campatelli (allora direttore del consorzio del Brunello di Montalcino) commentando la sentenza della corte Europea in merito alla vicenda Rioja e  riguardo l’imbottigliamento in zona: “il vantaggio di gran lunga più importante è quello relativo alla possibilità di salvaguardare la specificità di un vino e di tutelare la fama connessa alla denominazione, aumentando così l’immagine del prodotto”.

Quindi se non è l’Unione Europea a poterlo vietare, come mai ogni deroga che preveda l’imbottigliamento anche all’estero di vini prestigiosi italiani non viene espunta dai disciplinari su proposta degli  stessi consorzi? La risposta in realtà l’abbiamo data sopra, quando abbiamo accennato che le deroghe sono appannaggio degli imbottigliatori che, spesso, sono anche quelli che hanno il peso maggiore in voti nei consorzi e che quindi non hanno nessun interesse immediato a togliere le deroghe a loro stessi. Una specie di comma 22 del vino che mantiene lo status quo, che rende molte battaglie sul prezzo e sulla qualità dei vini delle nostre denominazioni più prestigiose una chimera e che in pratica fa lavorare gli artigiani vignaioli protagonisti dell’innalzamento della qualità di vini come il Barolo per i grandi imbottigliatori stessi.

E se invece potessimo far accadere il contrario? Ricordiamo che la modifica di un disciplinare può essere richiesta dal Consorzio di tutela incaricato dal Ministero o, in sua assenza, dai soggetti immessi nel sistema di controllo della DOP o IGP che rappresentino almeno il 51% della produzione controllata/certificata dell’ultimo anno solare/campagna produttiva, nonché una percentuale pari al 30% delle imprese coinvolte nella produzione.

Se le cose non cambiano sappiamo di chi è la colpa e sappiamo anche perché sempre più grandi attori delle DOC e DOCG italiane migrano verso le IGT, zone in cui i benefici del loro lavoro sono meno sfruttabili da parte degli imbottigliatori.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

33 Commenti

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Gianpaolo

circa 5 anni fa - Link

Non sono un esperto di questioni legali, ma da quanto mi hanno sempre detto qualunque modifica si voglia fare in quel senso non puo' comunquere scalfire o danneggiare o cancellare i diritti acquisiti. Ovvero e' ovviamente possibile proibire l'imbottigliamento fuori zona, e quasi tutti i vini DOCG credo lo facciano, ma solo per gli imbottigliatori che non hanno gia' un diritto acquisito.

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Andrea Gori

circa 5 anni fa - Link

in realtà come dimostra il caso Rioja si può fare eccome, basta volerlo e anche le deroghe si possono eliminare... i diritti acquisiti sono il vero cancro dell'Italia, e non solo del vino!

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Gianpaolo

circa 5 anni fa - Link

Non hi modo di verificare, ma se la sentenza introduce il principio che l'imbottigliamento fuori zona può essere legittimamente proibito è un conto. Se invece oltre a questo introduce anche la cancellazione delle deroghe per diritti acquisiti è un altro. Però dai link che hai messo questo non viene detto. Dubito fortemente che sia il caso, ma sono pronto a ricredermi.

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

Infatti non si può

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Gurit

circa 5 anni fa - Link

Più che un danno di immagine non vedo. Se poi al vino dai una eccessiva sacralità al posto di vederlo come alimento il discorso cambia. Posto sia il trasporto il problema, allora dobbiamo anche pensare alle bottiglie che vanno fino alle Hawaii, dubito lo stress subito sia paragonabile. E nello specifico, regge sicuramente di più il viaggio un Barolo fino alla Svizzera, che un Pinot grigio delle Venezie in Friuli. Comunque articolo interessante, penso sia una delle cose su cui ognuno di noi si sia almeno una volta imbattuto e su cui abbia riflettuto.

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Federico

circa 5 anni fa - Link

Il vino come alimento non si può più sentire, se non in un trattato di storia enologica.

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Gurit

circa 5 anni fa - Link

..e questi commenti anche...sei per caso nervoso perché hai trovato un vino da 50 carte che sapeva di tappo?

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Federico

circa 5 anni fa - Link

Quindi convieni con me 😂

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Andrea Gori

circa 5 anni fa - Link

Guri ti invito a leggere l'intero scritto di Di Maggio sulla questione Rioja : http://ugivi.org/wp-content/uploads/2016/12/2013_relazione_maggio_2013.docx Si spiega molto bene che il problema non è il trasporto in se' come si potrebbe ingenuamente pensare...

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Montosoli

circa 5 anni fa - Link

Sono sorpreso che questo prodotto ...cosi sotto costo ....ha un mercato.....con tutti soldi che girano in quel paese! La sola speranza e che...chi compra questo diciamo Nebbiolo...poi passa ai Barolo veri e limitati.

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Stefano

circa 5 anni fa - Link

Mah, non pensare che la Svizzera sia ... la Svizzera! 15 euro son pochi per un Barolo, ma pure gli Elvetici stanno attenti ai prezzi e non bevono Haut-Brion tutti i giorni

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Andrea Gori

circa 5 anni fa - Link

in Svizzera quelli che spendono non sono gli Svizzeri... gli svizzeri DOCG comprano come i tedeschi, ovvero stando MOLTO attenti a quanto spendono... il che significa che mirano al rapporto qualità prezzo ma molto più al prezzo che alla qualità.

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Nobilone

circa 5 anni fa - Link

Vi ricordo che proprio nelle rivendite italiane di un notissimo discount svizzero, vendono tutt'ora bottiglie di Barolo DOCG non a 15, ma a 9,99 (ne avete parlato anche voi qualche anno fa, con un assaggio non proprio entusiasta), insieme con dei meno stupefacenti Amarone a 14 e Brunello a 23. Il Barolo è difficilissimo da intercettare perché sparisce - ovviamente - dagli scaffali a velocità record, almeno nel supermercato di fronte al mio ufficio.

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

Non serve a niente modificare i disciplinare (cosa che infatti in diverse zone è stata fatta escludendo la possibilità di imbottigliare fuori zona) perché la modifica non può avere effetto retroattivo e chi può dimostrare di avere svolto attività di imbottigliamento fuori zona può continuare a praticare la sua attività a prescindere da qualsiasi modifica ai disciplinari. È una situazione che a pochi piace, ma purtroppo non si può cambiare, o quantomeno i Consorzi e il mondo del vino non possono farci proprio nulla.

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Andrea Gori

circa 5 anni fa - Link

I disciplinari si possono modificare togliendo i paragrafi che riguardano proprio le DEROGHE, cosa c'è di difficile da capire? Ovvio che poi le aziende ti farebbero causa ma se c'è riuscita la Spagna a vietarlo perchè non dovremmo riuscirci noi?!?

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

Mi scusi ma forse è Lei che non capisce. I disciplinari devono essere approvati dal Ministero e in seconda istanza dall'UE. Il Ministero non approverebbe mai un disciplinare che vieti le deroghe se già esistenti. Inutile citare il caso della Spagna che è un altro stato. Se ha dei dubbi scriva al Ministero e vedrà che le risponderanno che un disciplinare che annulla le deroghe non è accettabile. Ovviamente ci si può impuntare e andare per vie legali contro il Ministero, ma un percorso normale e semplice come quello che ha ipotizzato Lei in cui basta modificare il disciplinare non è reale in Italia.

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Andrea Gori

circa 5 anni fa - Link

il caso Spagna non è "inutile" proprio perchè è Europa. Se il percorso che io ipotizzato non è percorribile se ne trovi un altro oppure accettiamo il fatto che la qualità in Italia saranno sempre tante chiacchere e poco più..

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

È molto brutto da dire ma è così per questa faccenda. Anche i Paesi Bassi o la Svezia sono Europa, eppure sono molti diversi da noi per tante cose, sopratutto dal punto di vista politico (non a livello di partiti, ma di meccanismi). In Italia non c'è la volontà di abolire i diritti precostituiti. Per quello dico che non è un problema dei Consorzi o del mondo di vino, essendo le barriere ben al di sopra.

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Massimiliano

circa 5 anni fa - Link

Io parlo da consumatore che, quando acquista un vino, si affida all'etichetta che esprime dove quel vino è stato prodotto cioè dove l'uva è stata raccolta e lavorata, con la dicitura DOCG (Di Origine Controllata e Garantita) cosa si garantisce? Che il vino è stato trasportato subendo sbalzi di temperatura e pressione ed imbottigliato in qualche zona industriale dalla discutibile qualità di aria??? Invece che nel suo naturale luogo di origine?...mi sembra una presa in giro allora pretendere che il consumatore paghi una qualità che in realtà non è quella espressa dall'etichetta.

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Andrea Gori

circa 5 anni fa - Link

secondo il lettore qui sopra Riccardo in Italia non è possibile cambiare le deroghe quindi tanto vale rassegnarsi...

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

Massimiliano, per fortuna la normativa impone almeno che la sede dell'imbottigliamento sia sempre specificata, per cui serve un po' di competenza in più da parte del consumatore che leggendo ad esempio Canelli su una bottiglia di Barolo deve sapere che Canelli è fuori dall'area della DOCG.

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Mattia Grazioli

circa 5 anni fa - Link

Viva la Bonarda di Cermenate❤️❤️❤️

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Hamlet

circa 5 anni fa - Link

ma nessuno fa la domanda chiave "come diavolo possiamo essere sicuri della provenienza dell'uva se si permette l'imbottigliamento fuori zona, addirittura fuori dai confini nazionali?" come posso essere sicuro che un Barolo imbottigliato in Svizzera non abbia nebbiolo proveniente da zone fuori dalla Docg Barolo? Se si proibisse l'imbottigliamento fuori zona dei vini, sicuramente sarebbe più difficile fare truffe mescolando vini di zone diverse o sbaglio? e mi chiedo ma quali sarebbero i vantaggi per il consumatore, nella situazione attuale in cui è permesso di imbottigliare fuori zona?? Sicuramente sappiamo quali sono gli svantaggi per il consumatore e per i produttori seri ...

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

Non facciamo confusione però, quello di cui si sta discutendo qui è il problema dell'imbottigliamento fuori zona, non della produzione di vino, che non è mai svolta fuori dall'area delimitata. Per cui un Barolo o qualsiasi vino DOC o DOCG che vuole, può ricevere anche la deroga a essere imbottigliato sulla luna, ma la produzione di uva e la vinificazione sono sempre come da disciplinare e svolte sul territorio, Per quanto riguarda invece i controlli sono quelli canonici a cui è sottoposta la denominazione, per cui non è che comporti una qualche problematica avere a che fare con qualcuno che imbottiglia fuori, semplicemente in caso di verifiche straordinarie ci sarà da fare più strada. Un imbottigliatore (nel caso in cui il soggetto svolga solo questa fase) non produce vino DOC o DOCG, lo compra già atto o certificato semplicemente al fine di imbottigliarlo. Per quanto questa vicenda non sia positiva e siamo tutti d'accordo, se c'è una cosa che in Italia funziona meglio che altrove (o meno peggio che altrove se preferisce), sono i controlli nella filiera alimentare e se un consumatore può essere più tranquillo di altri su quello che mangia e beve è senza dubbio quello italiano.

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Andrea Gori

circa 5 anni fa - Link

Vorrei proprio vedere i controlli sugli imbottigliamenti in Svizzera se sono più o meno frequenti di quelli nelle Langhe... ricordiamo che Pecchenino è stato fatto fuori per un cavillo del genere...per una segnalazione di un vicino di casa. Che i controlli funzionino meglio che altrove insomma è tutto da dimostrare. Quello che l'imbottigliamento fuori zona crea di problema è che imbottigliare fuori dalla zona di origine diminuisce il prestigio di un vino di qualità. Viene ormai riconosciuto che la singola d.o. protetta appartiene alla collettività dei produttori locali, l’imbottigliamento del vino viene considerato quale parte integrante della produzione, così da affidare la salvaguardia delle caratteristiche particolari della qualità a coloro che posseggono la cognizione e il Know how e che hanno un interesse fondamentale al mantenimento della reputazione acquisita nella percezione dei consumatori. E questi non possono essere gli svizzeri (ovvero chi imbottiglia in Svizzera) che mirano con operazioni commerciali al ribasso a trarre profitto dalla nomea del Barolo DOCG e non certo ad aumentarne il percepito nè la qualità media.

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

Mi sembra che siamo tutti d'accordo sul discorso che non dovrebbero esserci deroghe proprio per il discorso del prestigio della denominazione, nessuno qui ha mai affermato il contrario ed è pleonastico quindi continuare a ripeterlo. I controlli ordinari sono fatti tramite sorteggio dalla lista dei soggetti iscritti al sistema di controllo, quindi è irrilevante dove si trovi uno stabilimento di produzione. Sul discorso delle segnalazioni Le rigiro l'esempio: se i produttori si fanno segnalazioni tra vicini (in alcuni casi addirittura verso un Presidente), vuole che a maggior ragione non si lamentino o facciano pressioni alle autorità competenti affinché vengano fatti controlli su soggetti che sono al di fuori della loro zona e che praticano un attività che sminuirebbe il valore dei loro vini?

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Lorenzetto

circa 5 anni fa - Link

Riccardo, grazie. Fondamentale contestualizzare dal punto di vista giuridico.

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Rolando

circa 5 anni fa - Link

Tra i problemi che questa pratica comporta per la qualità e la tracciatura, vedo anche la difficoltà nel controllo della provenienza dello sfuso. Il primo semestre di quest'anno in Italia sono stati importati 1 milione di ettolitri di vino sfuso. Sarebbe interessante sapere in quali bottiglie vanno a finire.

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

Ringraziando dello spazio dedicato a questo argomento, ne approfitto per fare un'ulteriore considerazione che è ovvia ma che penso non tutti colgano quando si parla della questione: non è che gli imbottigliatori si presentano sul territorio di una DOC e requisiscono il prezioso vino protetto minacciando di morte le persone, sono dei semplici acquirenti di un prodotto che è in vendita. Se da un lato è giusto criticare questo aspetto però bisogna anche considerare il fenomeno all'origine, ovvero di quello del produttore che piuttosto che imbottigliare il vino da sé preferisce venderlo a terzi monetizzando prima. Il problema origina da qui, ovvero che ci sono produttori, che preferiscono operare in questa maniera. Questo fatto è il primo a generare questo fenomeno ed è causato dai produttori del territorio, non da chi è fuori, e state sicuri che tantissimi fanno così, anche produttori di assoluta nomea. Pertanto, al di là che annullare le deroghe è infattibile, gli interessi in ballo non sono solo quelli della Coop Svizzera di turno, ma dei tanti produttori, in questo caso di Barolo, come ci sono ovunque, a cui conviene venderlo lì piuttosto che imbottigliarlo, vuoi perché il loro mercato è saturo, vuoi perché è un partita che benché rispondente ai parametri del disciplinare non li convince, ecc.

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Sisto

circa 5 anni fa - Link

Corretta osservazione. Aggiungo che, siccome l'imbottigliamento e tutte le altre operazioni viti vinicole, sono movimenti contabili (registro di cantina), come qualsiasi contabilità può essere alterata, gli artifizi sono mille, il più semplice è non documentare alla fonte (carico, origine, tipologia, quantità). Ma davvero i lettori di questo blog pensano che tutto il vino che sta dentro una bottiglia dop/igp corrisponda sempre a quanto specificato in disciplinare? È come pensare che la contabilità di un'azienda/lav. autonomo X corrisponda alla realtà accaduta. È un fatto risaputo tra addetti. I lettori di questo blog sanno, per caso, quale è la % di vino comune/generico prodotto e venduto fatto 100 il totale vino, e di questo quanto è sfuso? Ecco, dopo che lo sapranno, tutto sarà più chiaro. E poi: chi ha detto che se ho ottenuto (non ho scritto vendemmiato) 100 Kg di uva io scriva sul registro proprio 100 Kg? Da lì in poi è facile.

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M/M

circa 5 anni fa - Link

Con tutto il rispetto ma mi sembra si stia facendo un po' di confusione. Prima di tutto non è che il produttore da un ettaro di una qualsiasi DOCG possa dichiarare di produrre la quantità che vuole. Tutti i disciplinari indicano chiaramente le quantità massime ad ettaro, sono inoltre precisamente indicate le rese massime per i kg di uva raccolta che determineranno le quantità di vino "finale" che ogni ettaro avrà prodotto. Seconda cosa la realtà del Barolo (ma vale per moltissime zone d'Italia) è fatta soprattutto di aziende piccole o piccolissime, non tutti hanno la possibilità e capacità di imbottigliare e commercializzare le proprie bottiglie, non perché vogliono monetizzare prima ma semplicemente sarebbe impossibile da fare.

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Antonio

circa 5 anni fa - Link

Vivo in Svizzera e alla Coop qui si trova anche il Barolo base di una cantina prestigiosa come Palladino che offre bottiglie imbottigliate in Svizzera a circa 19 franchi...

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Paolo

circa 5 anni fa - Link

Onestamente l’ho consumato personalmente e credo che abbia un ottimo rapporto qualità prezzo.
Quanto alla tracciabilità del prodotto non penso proprio che un colosso come Coop trascuri aspetti così fondamentali.
Non dimentichiamo che gli organi cantonali Svizzeri effettuano controlli sui vini.
La cosa che giudico positiva che comunque compare in etichetta il nome del fornitore e guardando su internet si apprende che è un’ azienda ultra centenaria, onestamente questo è per me un aspetto tutt’altro che trascurabile e mi da sicuramente delle garanzie .
Ho inoltre trovato ottime referenze della ditta Selectvini sugli annuari di Luca Maroni e Veronelli, perchè questo aspetto mi incuriosiva parecchio, spesso accade che i prodotti alimentari vengano distribuiti con brand di “fantasia” dove non si può venire a conoscenza con altrettanta facilità del produttore.
In questo caso mi sembra tutto molto lineare e trasparente.

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