La batteria di Barolo 2016 di Parusso conferma la grandeur del millesimo

La batteria di Barolo 2016 di Parusso conferma la grandeur del millesimo

di Andrea Gori

Non ci siamo gustati come volevamo, per ora, la magnifica annata 2016 in Langa ma gli assaggi dei grandi produttori li stiamo effettuando, online, con la calma relativa dovuta all’emergenza Covid19. Diciamo subito che si conferma tutta la grande magia del millesimo con il suo tannino incalzante, fermo teso ma mai aggressivo unito ad una bella polposità di frutto che non raggiunge, per fortuna, gli eccessi della 2015 mantendosi sui binari di un gusto classico. Altra cifra molto evidente il ruolo e il rango dei cru e dei vigneti che come spesso accade nelle grandi annate svelano tutto il loro potenziale e carattere. Non fa eccezione Marco Parusso e la sua gamma 2016 che mostra una definizione splendida di frutto e tannino ma anche l’insopprimibile stoffa dei vigneti.

I vini Parusso sono oggetti non semplici da maneggiare perchè concentrazione ricchezza e intensità sono piuttosto in controtendenza con le magrezze e il diafano splendore ricercato da tanti assaggiatori, ma seguono le idee del suo creatore che ormai da anni segue una filosofica e una pratica unica in Langa, con una vendemmia del nebbiolo leggermente anticipata e una prosecuzione di qualche ora in cantina della maturazione degli acini in atmosfera saturata da propoli per andare in pressa con bucce più soffici miste ai raspi.

Raspi che servono anche per innescare processi ossidativi controllati che accompagneranno l’evoluzione del vino nella lavorazione a caldo sia nel rotomaceratore (orrore!)  che nelle botti dove l’alta porosità continua il trattamento ossigeno. Una ossidazione lunga però controllata perchè l’uso della feccia nelle botti (fino a 8lt per contenitore) fa da riduttore della situazione. Quello che emerge dai bicchieri è impressionante per lucidità e pulizia ma non penalizza il carattere dei vini rendendoli semmai solo bottiglie da apprezzare con calma, se possibile tornando spesso sullo stesso vino per più volte nell’arco di diversi giorni per apprezzarne soprattutto in gioventù, tutte le sfumature.

Barolo Mariondino DOCG 2016
Siamo a Castiglione Falletto sulla destra tra Cavallotto e Monprivato e Monvigliero poco prima di passare a Monforte, l’esposizione è tutta nord ovest con tanta sabbia, Molta spezia, colore tenue e tannino meno incisivo di altre zone, con sensazioni di agrumi gialli, carattere solare piccante, peperone e cumino, sorso godereccio di pesca, albicocche passite, lunghezza e passo spedito, animato ed elettrico, di sostanza e leggerezza struggenti. 95

Barolo Mosconi DOCG 2016
Siamo a Monforte con  l’esposizione del mattino (davanti a Cascina Francia) e sotto abbiamo più argilla che sabbia (marna e tufo bianco) e quindi vini più maschili tra agrumi rossi e neri, spezia scura tra musk e pepe nero, decisamente ancora indietro ma ficcante e saporito, un carattere dark knight completato da  tabacco domenicano, tostature importanti, bocca molto indietro ma tannino che aggredisce piacevolmente il palato. Finale balsamico con tracce potenti di alloro e talco mentolato. 94+

Barolo Bussia 2016 DOCG
Esposizione da mattino, siamo vicini all’inizio delle Rocche di Castiglione con il vigneto Rocche “”più kashmir che seta” con esposizione sud sud est, calcare fine, quasi talco. Più finezza ed eleganza, sempre la prima grande vigna a vendemmiarsi, unita al vigneto più intenso Munie (sud/ovest). Note di agrumi e alchechengi, tannino estremo ma sontuoso, cresce alla distanza e regala emozioni in saliscendi di dolcezza (quasi pesca e albicocca a tratti) e amaro, umami e zuccherino, balsamico e terroso, un bellissimo affresco di Langa dove anche nocciole, alloro e mandorle tostate fanno capolino insieme a canfora e una viola ammantata di incenso. 96

Barolo Classico “etichetta bianca” DOCG 2016
Un blend ideale e che insiste attorno alla formula 50% Bussia 30% Mosconi e un 20% di Mariondino a dare leggerezza: il risultato è un classico pepato balsamico con inizio di incenso, viole e frutto intenso, scuro ma non massiccio, tratti di sangria festosa subito smorzati da frescura di senape verbena e pepe, sorso con tannino che lascia il segno a lungo nel palato solcato da rivoli balsamici. 93

Non solo Barolo in questo assaggio ma anche l’ormai ben conosciuto Brut e un curioso Alba DOC che rievoca come idea i tempi (gloriosi?) della fine degli anni ’90 quando la Langa sembrava andar dietro ai miraggi dei SuperTuscan, sfornando fantasiosi assemblaggi merlot/cabernet/nebbiolo, puntualmente premiati dalla critica e capaci di avvicinare al Piemonte i bevitori più amanti di vini accessibile e immediati che però se ne sono dimenticati in fretta direi…

Alba Doc Vegliamonte 2016
Vino da assemblaggio di uve tra 85% nebbiolo e 15% barbera ma proveniente da un importante crocevia a 400mt tra Barolo, Diano d’Alba e Barbaresco, un’azienda rilevata di recente con bella esposizione al sole e discreto anticipo di maturazione, con la splendida vista della corona delle Alpi (da cui il nome). Note di legno nuovo e bello, profondo, ricco di more di rovo e rafano, pino silvestre e cipresso, sorso ricco con i giusti spigoli ma che si risolve in bella dolcezza fruttata, sorso che resta. 91

Parusso Brut
100% nebbiolo vendemmiato in parte a 11% potenziale, vinificato in parte acciaio e in parte legno più un misto di nebbiolo concentrato passito come liqueur de tirage a dare profumo, profondità e tannino. Il risultato sono bollicine molto più adatte alla tavola che all’aperitivo grazie anche ad una tecnica di scuotimento peculiare sulle bottiglie per promuovere autolisi di lieviti, quasi tutti riassorbiti. Naso finissimo cremoso tutto fragola e mirtillo, cassis e lavanda, gustoso sferzante e croccante di lievito e panificazione. Nebbiolo in versione alternativa ma sempre riconoscibile e incessamente nel suo martellare e rinfrescare il palato. 90

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

2 Commenti

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Sancho P

circa 4 anni fa - Link

Dalle tue recensioni sembrerebbero un po' meno "tropicali" che in passato. Forse è cambiato qualcosa nel modo di vinificazione? Io ricordo, una pesca gialla nitidissima che faceva da filo conduttore al corredo aromatico di tutti i suoi Barolo. Mosconi tanta roba. A memoria, non mi viene in mente un produttore di Barolo che vini le uve di questo cru con uno stile classico (lunghe macerazioni, legni non nuovi, selezione dell'uva non esasperata in vigna ecc). Forse Giovanni Rocca. Quello di Silvano Casiraghi non lo bevo da una vita. E non si trova facilmente. Non vorrei dire una sciocchezza, ma credo che le uve di questo cru finissero nel Monfortino assieme a quelle di Le Coste di Monforte, prima dell'acquisto del vigneto Francia.

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M.T.

circa 4 anni fa - Link

Non immaginavo che vinificasse in riduzione. Ero rimasta anche io alle note stranamente tropicali richiamate da Sancho p. Voti altissimi comunque. Forse un po' troppo.

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