#iorestoacasa: Il Rabajà di Cortese non risolve i problemi però aiuta
di Lisa FolettiL’effetto peggiore di questa voragine spazio-temporale in cui siamo cascati è che mi si sono atrofizzati i pensieri. Ora che è tutto congelato, s’è paralizzato pure il mio cervello, anche disponendo di tutto il tempo e l’agio immaginabili.
Mi sento improduttiva, incapace di un minimo di concentrazione sulle cose (manco riesco a vedere un film per intero), vorrei leggere tutti quei libri sul vino che non ho mai affrontato per pigrizia (e sono tantissimi), aprire ogni giorno una o più bottiglie e farne degustazioni di ogni sorta, raccontare cose, pensieri enoici, riflessioni enogastronomiche e così via.
Potrei persino scrivere un libro.
Ma a stento riesco a sfogliare pagine già lette, mi soffermo svogliatamente sulla copertina di qualsiasi pubblicazione che giaccia vergine sul mio comodino, stappo bottiglie (poche) con l’unico scopo di bermele in santa pace senza starci tanto a pensare, semplicemente perché sono buone e contribuiscono ad alleggerire il carico di tensioni, diluendo il grumo di sensazioni storte che si vanno accumulando.
Vorrei scrivere di vini lievi e trasognati, generosi e diretti, severi e claustrali, affilati e perentori, ricchi e prestanti, agili e luminosi, intransigenti e reattivi, ardenti e coesi, essenziali e misurati, netti e profilati, ingannevolmente semplici o sontuosamente profumati, ombrosi e terragni, vividi e saettanti, dalla tessitura nervosa o dal timbro impetuoso, dalla grazia inappuntabile, dal sorso dettagliato o dalla bevibilità inarginabile, innervati di salvifica freschezza, ritmati da una sapidità mordente, succosi e polposi, scarnificati e frugali, delicati e sussurrati, traboccanti di suggestioni.
E però m’è venuto il blocco dello scrittore, del degustatore, e anche del pensatore. Che nervoso.
Nel frattempo mi sono stappata un nebbiolo di Giuseppe Cortese, che viene dalla zona di Barbaresco, in particolare da quel meraviglioso cru chiamato Rabajà, e riesce a consolarmi con la sua infinita coerenza e l’inappuntabile finezza, con la violetta e il pot-pourri, il tannino che un poco s’aggrappa ma non gratta, quei fruttini piacevolmente succosi e le spezie dolci a far da corollario. Un vino che ho pagato poco (circa 15€) e mi sto godendo molto.
Prosit, sperando che si sblocchino i pensieri, in attesa di tornare alla solita vita e ai consueti racconti.
11 Commenti
Sancho P
circa 4 anni fa - LinkRabaja Cortese. Un punto fermo. Un monumento alla classicità. Senza fronzoli e scorciatoie. Niente altro da aggiungere, se non che per rapporto qualità/prezzo, insieme al Santo Stefano di Castello di Neive, non teme rivali. Almeno secondo me.
RispondiNicolò Miavaldi
circa 4 anni fa - Link15 €? Io l'ho sempre trovato almeno al doppio..
RispondiLisa Foletti
circa 4 anni fa - LinkIl prezzo in enoteca oscilla tra i 15 e i 20 euro. Prezzi superiori sono giustificati al ristorante.
RispondiAntonio Bernardo
circa 4 anni fa - LinkForse si riferisce al Rabajà Barbaresco di Cortese che ha un prezzo tra i 35 e i 40 in enoteca, mentre quello a cui Lisa fa riferimento è il nebbiolo base che di base ha ben poco. Mi permetto la puntualizzazione perché in un primo momento, alla lettura di Rabajà ho pensato anche io al Barbaresco. Condivido in pieno ogni descrizione, vino sublime di pulizia ed eleganza che rasentano la perfezione, in questa fascia fatico a ricordare qualcosa di simile levatura per le qualità appena descritte. La versione in magnum sale addirittura di gradino.
RispondiNicolò Miavaldi
circa 4 anni fa - LinkEsattamente così. Grazie per la precisazione.
RispondiSancho P
circa 4 anni fa - LinkAnch'io mi riferivo al Barbaresco. Sul Nebbiolo, vale quanto sopra.
RispondiJosè Pellegrini
circa 4 anni fa - LinkGià, ci sarebbe il tempo per fare tante cose , ma non c'è la testa .Dobbiamo riscoprire la parola pazienza e guardare avanti, Non è facile , ma è doveroso.Verranno i brindisi condivisi e forse saremo migliorati!
Rispondivinogodi
circa 4 anni fa - Link...chissà perché , quando penso a Cortese , Teobaldo (Serafino) Rivella e Flavio Roddolo mi vengono le lacrimucce agli occhi e la nostalgia di una artigianalità che sta scomparendo ...
RispondiLanegano
circa 4 anni fa - LinkA ragion veduta....Aggiungo Cappellano senza dubbio. Per fortuna 'giovani' vignaioli come Principiano raccolgono il testimone. Per quanto riguarda il vino in oggetto è un piccolo miracolo anche per la verde età delle vigne ma lì è il cru che fa la differenza. Ricordo un paio di riserve Rabajà dei Produttori del Barbaresco decisamente sublimi.
RispondiSancho P
circa 4 anni fa - LinkMi associo alle lacrimucce. Aggiungo Accomasso.
RispondiSancho P
circa 4 anni fa - LinkLa notorietà del cru, almeno agli inizi, è dovuta proprio al Rabaja prodotto dalla cantina sociale, e ad un grande ristoratore (figura purtroppo in via di estinzione) di Costigliole d'Asti, che durante gli anni 70' acquistando partite significative dalla Cantina Produttori, per proporlo nel suo ristorante, lo fece conoscere ad appassionati e non solo.
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