Brunello di Montalcino: si vende perché è un mito o è un mito perché si vende?
di Stefano Cinelli ColombiniDopo la centesima telefonata a base di “cercheremmo un’azienda a Montalcino” e dopo aver visto il prezzo del Brunello sfuso e delle vigne raddoppiare in due anni (e dopo aver letto della vendita di Biondi-Santi ai francesi, ndr), mi sento un filo sbilanciato. Dove andremo a finire? Venderanno tutti? Così mi sono trovato a ragionare di massimi sistemi.
Certo, è evidente, tutto questo accade perché il Brunello è un mito. Ma in Italia ci sono tanti vini ottimi e tanti miti, perché noi sì e gli altri no? Forse dipende dal come e dal perché il Brunello sia diventato un mito, che sono le cose che ne determinano la natura. Per cui la possibilità di durare. Ho sentito mille spiegazioni, ma non tornano.
Per far “quadrare i conti” sono costretti a inventarsi che tutto è cominciato in date che variano da fine ‘800 al 1990 ad opera di uno o di un altro Creatore (leader di immagine e/o di prodotto, per citare le parole dell’amico Gaja) che plasmano l’esistente dal nulla. Mah. Imprenditori capaci di portare un’azienda nel mondo ci sono, e Angelo ne è un esempio eccezionale, ma un’intera Denominazione? Oltre alla capacità ci vorrebbe un altruismo disumano, e ne vedete in giro di tipi così? Io no. Se uno è capace di fare un marchio mondiale, lo fa per sé.
E, in effetti, il Brunello ha due o tre secoli di storia documentata che raccontano tutta un’altra vicenda. Anche se pochi la conoscono, perfino tra i produttori indigeni. Se vogliamo un’ipotesi coerente con ciò che è accaduto, il successo del Brunello è dovuto soprattutto ad un fattore; fin dalle origini l’attenzione è stata focalizzata sul prodotto e non sui produttori. In altre parole, da sempre chi produce Brunello da molta più evidenza al “marchio collettivo” che al proprio marchio privato o al suo essere personaggio.
Non siamo mica i soli, su scala enormemente maggiore l’ha fatto anche lo Champagne. Perché funziona? Perché un “marchio collettivo” collega migliaia di interessi individuali e, di conseguenza, quelli pubblici del territorio. Questo è impensabile per un marchio individuale, che dà frutti solo ai suoi proprietari. Se tutto funziona un “marchio collettivo” genera una continuità, una dimensione e una durata nel tempo degli investimenti di tantissimi privati (e talvolta di Enti) per la valorizzazione del “marchio collettivo” che è impossibile per qualunque ditta individuale.
È un po’ come una barca da regata, una da otto rematori andrà sempre più veloce e più lontano di un singolo. Se sa dove va, se è coordinata e se non litigano troppo per chi comanda. O per le regole del gioco. Tanti se. Noi questo gioco l’abbiamo giocato per tanto, tantissimo tempo, e così il marchio Brunello ha acquisito un valore enorme.
Abbiamo litigato? Spesso, ma senza mai rompere. Alla fine andiamo tutti insieme nella stessa direzione. Sempre. Si può copiare? Sì, certo. Lavorate insieme, bene, con continuità e poi, tra un secolo, ne riparliamo. Se manca anche un solo componente farete la solita cometa; brilla qualche notte, e poi ciao. Dimenticavo il “dettaglio” vitale; non è un progetto per narcisisti.
Un “marchio collettivo” da prosperità a tanti, ma c’è un rovescio della medaglia; la sua immagine è dominante, alla fine prevale su tutti. Perché è troppo più forte di ogni singolo. Così nella lunga storia del Brunello decine di aziende sono state famose per un decennio o due, ma poi sono tutte ricadute nel gruppo; vivono molto bene, ma non “brillano di luce propria”. Solo una manciata è rimasta al vertice per più di una generazione. In quante altre parti di questa Italia così geniale, ma così malata di protagonismo, si può accettare un simile gioco d’ombre? Solo a Montalcino. E allora mi tranquillizzo, anche se sta arrivando il mondo non è un problema. Montalcino resterà Montalcino, perché può esistere solo così.
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14 Commenti
Samuele
circa 7 anni fa - LinkBellissimo esempio di lavoro di squadra, siete stati bravi ed avete avto un'ottima lungimiranza. Purtroppo non è semplice mettere in atto una strategia del genere, per niente.
RispondiSergio
circa 7 anni fa - LinkHai fatto un bell'esempio: la barca con otto rematori. Però nella foto c'è una barca a vela; ecco, forse alla fine molto dipende anche dal vento, no?
RispondiStefano Cinelli Colombini
circa 7 anni fa - LinkNel breve periodo è vero, dipende anche dal vento. Ovvero da mode e fortuna. Ma le mode durano qualche anno, e quante botte di fortuna ci vogliono per reggere un secolo? Troppe, non esiste una fortuna simile. No, se un fenomeno dura da tanti decenn deve per forza avere basi solide e molto diffuse.
Rispondiwine princess
circa 7 anni fa - LinkProverbio toscano: chi si loda s'imbroda! Eheheh... Et Bone Feste a tutti, belli e brutti!!
RispondiStefano Cinelli Colombini
circa 7 anni fa - LinkBeh, non mi pare di aver lodato il Brunello. Che sia un marchio collettivo notissimo e che costi molto caro non lo affermo io, sono dati oggettivi. Mi limito ad avanzare una ipotesi sul perché questo sia avvenuto. Tanti auguri anche a lei.
RispondiEmanuele
circa 7 anni fa - LinkCiao Stefano. "... guarda e passa". Buon 2017 e a presto.
RispondiLuca
circa 7 anni fa - LinkComunque il raddoppio degli ultimi due anni rende quasi impossibile anche a veri amanti della denominazione come il sottoscritto di potersi acquistare delle bottiglie...ieri mi sono recato in enoteca x acquistare una bottiglia che due anni fa costava euri 35 e ora è ad 80. Capisco le leggi di domanda offerta ma forse si è un tantino esagerato
RispondiStefano Cinelli Colombini
circa 7 anni fa - LinkSe le capita di venire a Montalcino troverà ottimi Brunello tra € 25 e € 30 in un centinaio almeno di cantine. Anche nei negozi (enoteche, negozi di ogni genere o su internet) ne può trovare tanto a prezzi sotto € 35. Certo, qualcuno è più caro ed è bene che sia così, ma non è che non sia più possibile bere un'ottimo bicchiere di Brunello a un prezzo ragionevole!
RispondiStefano Cinelli Colombini
circa 7 anni fa - LinkOps, con negozi ovviamente intendevo luoghi dove si vende il vino in Italia in genere, non solo a Montalcino!
RispondiMattia Grazioli
circa 7 anni fa - LinkSe solo si lavorasse così anche dalle mie parti... Invece i vini del vicino fanno sempre schifo, ristoratori offrono prosecco e traminer e il terreno costa 35000€ all'ettaro già vitato!!!
RispondiGiacomo Pelatti
circa 7 anni fa - LinkSono almeno tre anni che leggo Intravino senza mai scrivere un commento, ma questa volta si impone: bellissimo intervento e direi anche centrato! In effetti nella mia unica (purtroppo) visita a Montalcino ho notato questo forte attaccamento al nome Brunello di Montalcino prima che alla propria produzione. :-)
RispondiWinex
circa 7 anni fa - Linkhttps://www.facebook.com/iltestsalvagente/posts/1325052264203600
RispondiWinex
circa 7 anni fa - LinkSi parla dell'ultima partita di Brunello contraffatto.
RispondiStefano Cinelli Colombini
circa 7 anni fa - LinkLa falsificazione è una truffa, e in questo caso li hanno beccati subito. Bravi, bravi tutti gli addetti al controllo che devono stare particolarmente attenti al Brunello proprio perché è un vino di successo. Nessuno falsifica un vino non richiesto o di prezzo basso.
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