Riflessione sulla cucina contemporanea partendo dal Papero “spaziale” di Davide Scabin

di Andrea Gori

Forse non ce ne siamo resi conto, ma negli ultimi tempi le frontiere della cucina italiana hanno travalicato i confini nazionali per proiettarsi oltre l’ultima frontiera, lo spazio. Di scorta a Luca Parmitano, nella stiva della Stazione Spaziale Internazionale, a rendere meno duri i 166 giorni nello spazio – nei 2.656 giri compiuti attorno alla Terra – c’erano alcune provviste speciali, nelle consuete buste sigillate, razioni alimentari per astronauti create nientedimeno che da Davide Scabin.

Il funambolico cuoco del Combal Zero ha preparato, secondo le specifiche dell’Agenzia Spaziale Europea, Lasagne, Pasta al Pesto, Parmigiana di Melanzana e, pare, del “Papero al Melarancio”. Non abbiamo, per ora, potuto assaggiare gli altri piatti ma durante la presentazione della guida Bibenda 2014, tra una fanfara dei Bersaglieri e una foto con D’Alema e la Clerici, è capitato nel nostro piatto proprio questo famoso Papero.

Ricordiamo che Scabin ha dovuto affrontare non poche sfide:

Siamo stati attenti a valutare le curvature termiche di conservazione e penso che siamo riusciti a risolvere brillantemente il problema della sapidità. Non potevamo aggiungere sale, che provoca ritenzione idrica, e così abbiamo usato pomodori e grana padano concentrati e un pizzico di salsa di soia. Il preparato è stato poi imbustato in confezioni di alluminio in grado di reggere alle sollecitazioni del decollo e del volo spaziale. Ciascuna è dotata di una specie di rubinetto, è sufficiente aggiungere acqua calda a 70 gradi e il gioco è fatto.

Il Papero “spaziale” si presenta come una busta calda, presumibilmente appena uscita da un microonde, e un foglietto di istruzioni disegnato che suggerisce di aprire la busta e versare il contenuto nel piatto. L’apertura è semplice e rapida, pure troppo: è difficile, in presenza di gravità, non schizzarsi camicia e cravatta di alto rango. Una volta riversato, il profumo è davvero invitante e speziato: ci gettiamo all’assaggio.

La carne è di una consistenza molto tenera, qualcuno direbbe molle ma ha un gusto molto umami e ricco; l’accompagnamento con carota e patata lo rende stranamente invitante. L’assaggio è gustoso e saporito. Trangugiamo il papero (che sarà poi, un’anatra?) e capiamo che il vino lo rende decisamente migliore con la sapidità che trova riscontro nel calice, e soprattutto un tannino che rende meno acquosa la preparazione. Il ricordo e l’esperienza lasciano decisamente soddisfatti anche per il malcelato piacere di aver assaggiato un pezzo di futuro.

Ma ora vogliamo riportare anche un differente punto di vista raccolto in sala. Ecco qualche rilievo sentito al volo.
Secondo un commensale, il “piatto” alla fine non è altro che una coscia di papera servita in un sacchetto pieno di brodaglia pericolosa da gestire e da aprire (soprattutto per i vestiti). Di fronte al piatto, di cui conserviamo il dubbio delle modalità di consumo in assenza di gravità, emergono alcuni interrogativi, se lo si vuole trasporre in un contesto di ristorante di alta qualità (avremmo detto “stellato” ma non si può).

Possibile che non esistano più i fuochi e le padelle? La nostra cucina di avanguardia sembra una cucina di assemblaggio di prodotti cotti sottovuoto, o mezzi lessati per via delle cotture lente a basse temperature. Qualcuno, anzi tanti di noi, ogni tanto vorrebbe tornare a mordere, a masticare, tornare alla cauterizzazione dell’arrosto in casseruola con la fiamma alta, che mantiene il sapore della carne. Insomma cucinare più che assemblare.

Una volta lo chef aveva la cucchiarella e la padella in mano, ora ha la pinzetta da cucina sempre infilata nel taschino: per forza, mica deve mescolare, deve impiattare, aggiungere la ciliegina. Il cuoco oggi sembra essere perennemente al centro della sala, come fosse a Masterchef, e assembla ciò che hanno preparato in cucina. Il tutto dopo anni di bicchierini, cannucce, cucchiai, cappuccini di seppia, spume ed emulsioni. Qualcuno vorrebbe usare quei denti che invece nei ristoranti stellati ultimamente sembrano quasi un optional.

Ci alziamo dal tavolo con tanti dubbi e interrogativi, ma anche stupiti che un singolo piatto ci abbia fatto riflettere su questioni meno spaziali e più terrene di quanto pensassimo.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

17 Commenti

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FdM

circa 10 anni fa - Link

Pare un confit de canard, né più né meno. Sbaglio?

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FdM

circa 10 anni fa - Link

(magari ispirato a Howard the Duck :) )

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stefano bonilli

circa 10 anni fa - Link

Papero spaziale pensato senza dire nulla a paperogiallo, lo scortese Scabin :-)

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Andrea Gori

circa 10 anni fa - Link

oltretutto per essere spaziale era anche molto giallognolo!!!

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alessandro bocchetti

circa 10 anni fa - Link

ma siete sicuri che questo è il "futuro"? mi torna in mente una frase "un grande futuro dietro le spalle" :D la modernità risiede nel racconto popolare... Nei sapori... Nei prodotti... Nella vigoria di un morso carnivoro... ecc ;) ciao A

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alessandro bocchetti

circa 10 anni fa - Link

ma poi la N.A.S.A. esiste ancora e pure gli astronauti? http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=49454&typeb=0

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davide scabin

circa 10 anni fa - Link

Riflessione sulla critica gastronomica contemporanea partendo da Andrea Gori: ecco qui, un bel esempio di critica che usa un pretesto e una persona per andare a parare da un'altra parte. Mettiamo a conoscenza i lettori del perché di qualche scelta; per altro, bastava farmi qualche domanda e non si sarebbe rischiato di scrivere/strumentalizzare termini come: spaziale, famoso, acquoso, curvatura(...quella è la velocità della Star Trek...) e tutto il pezzo in grassetto che sembra uscito dalla mia bocca, invece è una cozzaglia di taglia e incolla fatto male dal web o per sentito dire... . Franco maria Ricci ha progettato una grande serata all'insegna dell'Italia e del valore che ha e deve avere nel mondo. Il sottoscritto, ha pensato bene (ma sembra di no) di portare un esempio di quello che il made in Italy OGGI, anche rappresenta, grazie a qualche povero pazzo visionario che è riuscito per la prima volta e a nome di tutta la gastronomia italiana a fare arrivare nello spazio (in Francia avrebbero proposto la Legione d'Onore ma la critica, lì, è nazionalista). Secondo motivo di scelta: questa ricetta è un lampante esempio (e non è il solo) di furto storico fatto alla cucina italiana (forse il critico non conosce un po' di storia gastronomica del Rinascimento Fiorentino ), quindi, come rivendichiamo la paternalità della Gioconda, forse da "buoni" italiani dovremmo farlo anche per "la canard à l'orange, della supe à l'oignon, la bechamelle, le crepes, la pasta per choux"... tutta roba della corte di Caterina De Medici. Per altro sarebbero stati degli ottimi spunti per un pezzo più interessante ma capisco che bisogna conoscere l'argomento per scriverne... . E, fin quando chi commenta, lo paragona al confit de canard (che normalmente è arrostito, invece stiamo parlando di un umido...) non facciamo altro che servire allo scopo del critico. Futuro? si, mi auguro che quando un critico vuole commentare negativamente (con tutte le sue ragioni) un cuoco o un piatto non usi dei pretesti o peggio ancora sprechi un pezzo su di un evento bello come quello di Bibenda che parlava di Italia e non che Scabin ha detto che il papero in busta è il futuro (detto da Gori)... . Caro Gori bastava che me lo dicessi e ti fornivo argomenti ben più coloriti per fare un pezzo di folclore gastronomico che probabilmente avrebbe prodotto più commenti e interesse. Ti ringrazio per aver scritto che era una "busta calda", particolare tecnico che quando si serve un secondo per 920 commensali non è da sottovalutare... se non altro sei riuscito ad "avere" un commento da scabin. Bravo! Bonillone, Bonillone, perché non inventi un corso di critica gastronomica sul e per il web? Sei sempre stato avanti! Servirebbe un po' d'esperienza... almeno avrebbero criticato il nome del piatto: papero = oca/o giovane!

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Andrea Gori

circa 10 anni fa - Link

Non capisco tanto livore verso questo pezzo sig. Scabin. Ho provato a intervistarla ma era davvero accerchiato da tantissime persone e dopo un quarto d'ora ho dovuto rinunciare. Ma in realtà mi pare che per metà del pezzo (quella in cui riporto le mie impressioni sul piatto) ci siano elogi e anche emozione per aver assaggiato qualcosa di così unico e anche un "grazie" per l'esperienza che abbiamo potuto vivere. Ma servire un piatto del genere in una cena così sontuosa e luccicante come quella di Bibenda espone anche alle critiche che ho raccolto da varie persone tra i tavoli. Persone che si sono esaltate di meno per la questione spaziale e più prosaicamente hanno analizzato il piatto come se fosse una proposta di un ristorante stellato (e la cena Bibenda costa come una cena in un due stelle Michelin in pratica). La sperimentazione, i sifoni, il cyber egg e tanti altri piatti pensati e realizzati da lei e altri cuochi della sua brillante generazione hanno portato molto avanti il discorso di cosa dovrebbe essere la cucina italiana del prossimo millennio ma hanno anche evidenziato in molta parte del pubblico aspetti della cucina di oggi che la allontanano troppo dalla pancia delle persone. Per cui il post partiva dalla divisione generata dal piatto in sala e immaginava che tale dicotomia esistesse anche nel pubblico che frequenta i ristoranti. Se, tema che lei ha a cuore, ci deve essere più unità nella critica italiana e sostegno alle creazioni italiane, bisognerà intendersi prima di cosa intendiamo per la cucina italiana oggi.

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Carmelo

circa 10 anni fa - Link

Davide, ma perché è intervenuto? Davide, se l'autore con questo post cercava un intervento di Scabin, perchè gli ha dato questa soddisfazione? Davide, il sig. Bonilli, o Bonillone, forse stava ironizzando su qualcosa che non gli cambia la vita, nel bene e nel male. Davide probabilmente, dopo il suo intervento, questo post di folklore gastronomico, avrà molti più lettori di quelli che l'autore avrebbe mai sognato. Probabilmente. Davide... :D

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davide scabin

circa 10 anni fa - Link

Carmelo, non è una questione di dare non dare soddisfazioni, di chi critica di più o provoca di più. é il momento che si inizi a creare un nuovo dialogo (e i cuochi devono entrare nel web...dandogli valore e credito...) tra chi per professione o hobby si occupa di questo immenso mondo gastronomico, dove, se in poco tempo non ricostruiamo una critica gastronomica italiana NUOVA (non vuol dire cambiare o rottamare a tutto spiano...), che si occupi in modo nazionalista e che ri-esporti nel mondo "la nuova cucina Italiana", ci ritroveremo tra poco con nuove (ma per storia e cultura) cucine/gastronomie, vini, prodotti e quant'altro riescono a trainarsi appresso gli chef... che avranno un potere attrattivo verso i loro paesi superiore a questa Italia, "culla da sempre del miglior patrimonio gastronomico mondiale"! Per fare questo però abbiamo bisogno di suonare tutti la stessa musica, lo stesso inno..., essere "a tempo e in tempo", che purtroppo abbiamo sprecato dormendo sugli allori del nostro sapere. Nel mondo il modo di comunicare è cambiato, e se non vogliamo finire come la solita cucina della nonna è meglio che TUTTI quanti ci mettiamo a lavorare insieme, litighiamo, ci picchiamo, ci mandiamo a quel paese ma fissiamo un termine! Entro il quale scriviamo un RISORGIMENTO GASTRONOMICO ITALIANO. Chissà se ci sono ancora dei patrioti in questo pur sempre BEL PAESE...

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Antonio Tomacelli

circa 10 anni fa - Link

Risorgimento Gastronomico Italiano dopo tutti i pellegrinaggi che gli chef italiani hanno fatto da San Ferran? La vedo difficile.

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alessandro bocchetti

circa 10 anni fa - Link

Bello! Davide bello e vero... Però scusami un dubbio, può esistere un risorgimento gastronomico senza partire dall'heimat dal suolo e dal paesaggio? Perché io nel mio peregrinare da Gourmet anziano vedo tanta tecnica, tante basse temperatura esibite, tanti germogli e licheni, ma pochissimi che ragionino suo campanili, non significa cucina della nonna ma qualcosa di più importante e patriottico! Soprattutto quello che vogliono quei sei milioni di turisti enogastronomico che ogni anno solcano l'Italia per 7 miliardi di € di fatturato... Mica male E non mi tirate fuori Caterina de medici la storia la conosciamo, mi interessa di più guareschi, Fenoglio, soldati, piovene, colombani... Etc Ciao A

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davide scabin

circa 10 anni fa - Link

Ciao Alessandro, sfondi una porta aperta per me! da anni dico che sono le tecniche a creare l'omologazione. mi spiego meglio: se una tecnica o tendenza (vedi sifoni, licheni, formiche...) noi italiani la facciamo diventare una filosofia di cucina, facciamo non un errore! ma compiamo un suicidio culturale! in Italia abbiamo tante di quelle tecniche ataviche che a un cuoco non basta una vita per usarle tutte. questo non vuol dire che nuove tecniche non si possano INSERIRE IN MINORANZA nella nostra VISIONE CONTEMPORANEA della cucina italiana. non si può pensare in modo arroccato che tutto ciò che è nuovo non abbia valore. saremmo i primi detrattori di noi stessi, noi che proprio in un periodo risorgimentale abbiamo dato vita a capolavori mondiali basati sull'innovazione (la De Medici era solo citata per spiegare i furti gastronomici...). figurati io che sono di Torino dove ho avuto quei visionari dei Futuristi che avevano aperto nel 31' il Santopalato... . si può invece dire che NON tutto ciò che è innovazione sia positivo (vedi nel mondo del vino i disastri fatti negli anni 90'..., ma poi si è corretto il tiro e gli errori hanno insegnato). detto questo (non vorrei sembrare un vecchio democristiano..), riprendendo il post del capo Antonio (il tuo post lo prendo come una provocazione perché conosco personalmente la tua intelligenza e raffinatezza intellettuale per credere che parli per luoghi comuni e quindi abbocco all'amo come una trota...) sarebbe come dire che un giovane architetto che abbia fatto stage da Calatrava debba solo costruire con quello stile o tecniche. peggio ancora, trovo sconfortante che chi ha il potere di penna (anche se elettronica) abbia una visione del bicchiere "mezzo vuoto" e sia il primo a scoraggiare gli animi. e poi chiudo e chiedo scusa se non sarò ancora così presente...(occorre troppo tempo ma questo non toglie che un sano dibattito non si possa organizzare), penso che tutto questo sia scaturito da "un colpo che è partito accidentalmente", dove forse l'obbiettivo non ero io... comunque, non tutti i sifoni vengono per nuocere... SE VENGONO USATI IN PASTICCERIA... ciao a tutti e buona critica. davide

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alessandro bocchetti

circa 10 anni fa - Link

Chapeau! Ciao A

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Daniele

circa 10 anni fa - Link

Questo post è un manifesto, lo trovo splendido, complimenti Scabin, condivido ogni sillaba, se fossero in tanti a pensarla così questo paese sarebbe molto diverso. Aldilà della "polemica" con Gori che francamente mi pareva un po' esagerata.

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Pippuz

circa 10 anni fa - Link

Io avrei sentito il parere di chi lo ha mangiato nello spazio. Al ristorante della ISS non ci sono (ancora) stato :D , ma temo si mangi piuttosto male. Magari Parmitano era contento di mangiarsi il papero piuttosto che qualche schifezza de-idratata.

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Cristiana Lauro

circa 10 anni fa - Link

Azz! Mi piaceva il dibattito sul Risorgimento gastronomico italiano tirato in ballo da Davide Scabin. Sarà che, malgrado tutto, ho ancora amor di patria. A me, comunque, leggendo il post, pare che il papero a Gori sia piaciuto ma non mi stupisce abbia diviso i commensali; se non sortisce questo effetto un piatto del genere...Voglio dire: che il coniglio in casseruola della nonna sia buono e metta d'accordo tutti, è fuori discussione. Detto questo la critica gastronomica italiana per me è allo sbando, ha perso completamente la bussola e credo che una parte di responsabilità sia anche degli chef, delle star in Tv, della cucina senza fuoco, dei cucchiaini, delle cannucce, delle transumanze da Adrià, come osserva Tomacelli. O, comunque p, è la diretta conseguenza. I critici premiavano, riconoscevano, divulgavano e accreditavano successi preziosi. E vai con la seconda trasferta, sempre più in alto, sempre più in alto, come la grappa Bocchino (con questa citazione metto in piazza in un colpo solo: età e livello culturale) :-) Erano tempi diversi, li ricordo bene e col rispetto dovuto. Ora le cose sono cambiate e riconoscere una crisi vera, concreta e tangibile, senza perder tempo ad incollare ad altri le responsabilità, non può che offrire opportunità per il futuro. Bene che ne parliate! Io sono solo una cliente, una che viaggia per lavoro, ama la buona cucina, mangia molto e paga i conti ai ristoranti. @Davide Scabin a costo di sembrarti taccagna, mi devi un lavasecco, mi sono sbrodolata addosso parte del tuo piatto e, subito dopo, mezzo bicchiere di vino rosso. L'abbinamento c'era ma le macchie di sugo di papero sono tostissime da smacchiare. Altro che giaguari! :D

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