Verdicchio | Appunti sparsi di un grande vino bianco mondiale (bonus: i 3 bicchieri 2013 delle Marche)
di Alessandro MorichettiIl giorno in cui bruciammo Cupramontana durò 48 ore e, vista la pioggia di 3 Bicchieri che ha coperto il Verdicchio anche quest’anno*, mi son tornate in mente minuto per minuto. Ottobre 2011: sagra dell’uva e delirio fuori, concentrazione, assaggi di lusso, espertoni e parole ponderate dentro. Certo, non sono bastati due laboratori a mappare la geografia del Verdicchio di Cupramontana (culla del Verdicchio dei Castelli di Jesi) o a celebrare una volta per tutte il “passo del maratoneta” di quello che, a detta di molti, è il più grande vino bianco italiano. Però aiutano e quest’anno si bissa.
Viste dal Piemonte dove vivo e lavoro, le Marche sono una regione lì in mezzo all’Italia, vicina a Roma, e mentre il roerino bianchista non sospetta neanche possa nascerci qualcosa di più buono dell’Arneis, il langhetto rossista ti chiede direttamente: “ma si produce vino dalle vostre parti?”. Quanto segue, quindi, è dedicato agli ignorantoni del nord, anzitutto.
Partiamo dalle basi. Un grande vino ha 3 caratteristiche: è riconoscibile, longevo e capace di migliorare nel tempo. La precondizione invece è che sia buono, qualunque cosa questo voglia dire. Ci sono vini longevi ma poco riconoscibili e un po’ anonimi. Altri invecchiano ma non migliorano. Altri non sanno invecchiare e vanno bevuti giovani. E’ questo incrocio di variabili a rendere pinot nero, nebbiolo e riesling autentici vitigni di talento del mondo.
Il Verdicchio – di Jesi o Matelica al momento cambia poco, checché ne dica la letteratura del gusto – è un tesoro nascosto, poco avvezzo all’autocelebrazione come la gente che lo produce. Nelle 3 dimensioni suggerite, sembra eccellere in tutte: ha ottime doti di riconoscibilità soprattuto al naso, sa invecchiare e matura deliziosamente, acquisendo complessità, armonia, spessore. Nonostante questo, nelle Marche innaffiate di passerina e pecorino in ogni dove, non tutti dicono “I love Verdicchio”.
I primi a non vantarsi fino in fondo del virtuosismo a disposizione tra Jesi e Matelica, spesso, sono gli stessi produttori. Un solo Ampelio Bucci (produttore di uno dei Verdicchio dei Castelli di Jesi più emblematici – qui la verticale su Doctor Wine – e infaticabile promotore nel mondo) non basta, di certo ha aiutato e aiuta. Il profluvio di riconoscimenti, buona disposizione della critica di settore e un auspicabile successo di mercato dovrebbero essere gli ingredienti giusti per l’esplosione.
Ricondurre ad aree ben definite le versioni prodotte è impresa ardua e probabilmente manca un’omogeneità stilistica capace di profilare nitidamente i terroir. Tracciare distinzioni nette tra Matelica e Jesi, o tra riva destra e sinistra dell’Esino, è prassi comune quanto spesso smentita dagli assaggi.
Al momento, parlerei di very Verdicchio più che di sottozone, anche se non mancano riflessioni interessanti. Ben vengano, comunque, tentativi come quello dell’amministrazione di Cupramontana, che ha tentato di mappare il territorio comunale (cliccando sull’immagine è possibile consultare la versione dettagliata).
La suggestione di sottozone riconoscibili è dietro l’angolo a far capolino e al momento basti utilizzare le caratteristiche pedoclimatiche come orizzonte di ricerca per cogliere sfumature raffinate. In termini macroenologici, già infilare il naso nel bicchiere e riconoscerci il Verdicchio marchigiano è un risultato imponente e di primaria rilevanza. Diciamo pure che lo sviluppo gustativo dei vini di contrada San Michele mette tutti d’accordo, miscelando “potenza condita”, sale e calore, vini aromaticamente ricchi con note di anice e canfora.
Ecco il dettaglio delle zone colorate.
Quanto a tipicità e riconoscibilità, quindi, sembrano esserci ottimi margini di manovra e studio (ogni riferimento ad Alessandro Masnaghetti e alle carte dei cru di Enogea è puramente non casuale). Pensando poi a longevità e capacità di evoluzione, è proprio il caso di ricordare una serata epocale in cui varie cantine tra le più illustri della denominazione hanno riesumato alcune delle pochissime bottiglie conservate di vecchi Verdicchio, per studiare effettivamente la tenuta nel lungo periodo dei liquidi. Pescando sul taccuino alcune note di degustazione, emergono vini di grande integrità, non di rado splendidi ed ammalianti, capaci di convincere anche il più scettico e meno informato degli appassionati. Eccoli, scendendo dal 2000 al 1988.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. 2000 Il Coroncino, Canestrari: nota boisé quasi smaltino più scorza d’arancio, finocchietto, pan brioche quindi più dolcino, naso leggero molto interessante e sussurrato, si apre gradualmente; sviluppo in bocca graduale, assolutamente calibrato nelle parti, molto godibile e sale in bocca. 92
Annata calda e siccitosa, piovve meno del 2003.
Verdicchio dei Castelli di Jesi 1994 Riserva, Garofoli. Paglierino carico ma non troppo, medicinale, balsamico, mentolato, biscotto ai cereali ampio, grande escursione in bocca, si apre, emozionante perché luminoso, irradia il palato di sapore e sale finale. “Non ti molla, resta in bocca un quarto d’ora” (G. Gravina). 93
Opaco e imperscrutabile da giovane, luminoso ed espressivo da vecchio: il Serra Fiorese è una delle espressioni più interessanti di Verdicchio affinato in legno piccolo. Alla faccia dell’annata piovosa.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. 1991 Cuprese, Colonnara: ammaliante, fresco, ancora fragrante, finocchietto anice, più si apre più diventa mostruoso; avvolgente, ricco, dettagliato, irradiante, se la batte con chiunque. 95
Ha interiorizzato una ragione di equilibrio con grande naturalezza, dinamica gustativa ed espansione al palato sono amalgamate mirabilmente. “Fino al 2004 vinificato in ossidazione, oggi in riduzione per guadagnare in profumi primari e secondari che si perderebbero con l’ossigeno” (Agostino Pisani). Peccato.
Il San Lorenzo 1991, Fattoria San Lorenzo. Volatile alta ma bocca freschissima, sembra un Terre Silvate di 20 anni: fragolina, aceto di mele, timo. La freschezza in bocca è incredibile, il vino scodinzola, niente a che vedere con Il San Lorenzo 1997. Il naso è discutibile, la bocca no. 90
Frutto di un caso, 16 anni in affinamento sui lieviti, imbottigliato 5 anni fa, uno degli ultimi vini fatti da Gino, il babbo di Natalino Crognaletti, che oggi conduce l’azienda. Vino fatto senza tecnica, gioca su un equilibrio particolare, grandissimo carattere, incarna un’opzione radicale da esplorare in assenza di legno, con una progressione al palato così scattante anche a dispetto di qualche sgrammaticatura. “Me piace più sfigato così il vino, con la volatile” (Natalino).
Verdicchio dei Castelli di Jesu Classico Riserva 1988 Villa Bucci, Bucci. Naso canforato, cresce spaventosamente nel bicchiere: cereali, umori della terra, mandorla, marzapane, liquirizia, ostrica, frutta acerba. Il sorso è monumentale, perfetto, cesellato e infinito. 97
Blend di 5 vigne diverse, affinato in vecchie botti di legno grande. Capace di competere con qualsiasi vino del mondo. Didattico. Il Grande Verdicchio. Degna conclusione di una grande verticale mista (raccontata nel video di Mauro Fermariello).
Io sono di parte, sarà l’assenza di casa o un po’ di orgoglio patrio. Però ho come la sensazione che ci sia solo molto da aggiungere e poco da togliere a quanto scritto. Quest’anno a Cupramontana si bissa e, per l’occasione, è andato a 3 Bicchieri, per la prima volta nella storia, il metodo classico Ubaldo Rosi di Colonnara. Avanti Savoia.
*BONUS: I 3 Bicchieri 2013 delle Marche per la guida del Gambero Rosso
Verdicchio dei Castelli di Jesi Brut Ubaldo Rosi Riserva 2006 Colonnara
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Crisio Riserva 2010 Casal Farneto
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Il Cantico della Figura Riserva 2009 Felici Andrea
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico San Sisto Riserva 2009 Fazi Battaglia
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Stefano Antonucci Riserva 2010 Santa Barbara
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Capovolto 2010 La Marca di San Michele
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Pallio di San Floriano 2011 Monteschiavo
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Podium 2010 Garofoli
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore San Michele 2010 Vallerosa Bonci
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Vecchie Vigne 2010 Umani Ronchi
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Vigna Novali Riserva 2009 Terre Cortesi Moncaro
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Villa Bucci Riserva 2009 Bucci
Verdicchio di Matelica Mirum Riserva 2010 La Monacesca
Barricadiero 2010 Aurora
Kurni 2010 Oasi degli Angeli
Rosso Piceno Superiore Roggio del Filare 2009 Velenosi
Il Pollenza 2009 Il Pollenza
[Video: Winestories]
20 Commenti
Vignadelmar
circa 12 anni fa - LinkA Cupramontana ci sarò, con Tonia e Verdicchio, il mio bulldog (se è vero che non tutti dicono "I love Verdicchio" è ancor più vero che nessuno aveva sino ad ora chiamato Verdicchio il proprio cane, salvo Cremona aver chiamato il proprio, Medoc). . Ciao . p.s. grazie per il link al mio pezzo sul Villa Bucci
RispondiCarlo Cleri
circa 12 anni fa - LinkCaspita! Allora devo venirci anche io...
RispondiFabio Cagnetti
circa 12 anni fa - LinkHai tirato fuori due di quelli che considero i primi tre Verdicchio in assoluto e fra i primi dieci vini bianchi italiani di ogni tempo, ossia Villa Bucci 1988 e Cuprese 1991. Ti manca solo Serra Fiorese 1986 per completare il podio... :)
RispondiVignadelmar
circa 12 anni fa - LinkSe ti capita sotto mano un Serra Fiorese 2005 provalo !!!! Annata sottovalutata e bottiglia di pregio assoluto. . Ciao
RispondiFabio Cagnetti
circa 12 anni fa - Linkne ho un cartone intonso. Più uno iniziato :)
Rispondiceedub
circa 12 anni fa - LinkI tre bicchieri del GR riescono a catapultarmi mentalmente in una corsia del supermercato ogni volta che li leggo. Ancora riescono a considerare Il Pollenza un vino valido? che tristezza.
RispondiAlessandro Morichetti
circa 12 anni fa - LinkChi arriva all'ultima riga senza schiantare merita stima e in teoria anche un bonifico :-). Se i premi vogliono lanciare un messaggio, sui bianchi è forte e chiaro mentre sui rossi sembra un fallo di confusione. Quei 4 vini appartengono a 2 famiglie diverse e non poco: io li berrei con piacere nell'ordine in cui li trovi. Per Il Pollenza mi sono fermato all'annata 2007, "materica e opulenta che la metà basta".
RispondiFrancesco Annibali
circa 12 anni fa - LinkSan Michele 2004, ris Bucci 1983, ris selezione 2006 Garofoli, ris 04 e 06 Natalino Crognaletti, cuprese 99, avoia a ddaje
RispondiAlessandro Bocchetti
circa 12 anni fa - LinkOra dico una cosa che mi renderà impopolare, ma non ce la posso fa'... Il verdicchio è senz'altro il miglior vitigno a bacca bianca d'Italia... Almeno uno dei primi tre ;) però, però c'è un però grande come una casa... "il verdicchio ha una acidità e nervosismo eccessivo, che va domato" Così mi disse un grande produttore questo inverno... ecco questa idea che il nervosismo di un vitigno vada domato, secondo me è parte grossa del problema del verdicchio! Grandissimi quest'anno villa Bucci e collestefano i più buoni quest'anno... Ciao A
RispondiAlessandro Morichetti
circa 12 anni fa - LinkPer te il problema è più il produttore o l'acidità, o tutti e due o nessuno dei due? Non ho capito. Pensa che a me invece un grande produttore disse molto onestamente (e lo apprezzai tanto, perché sono riflessioni che moltissimi si vergognano di fare, vigliaccamente) che, quando l'acidità è troppo bassa, un pizzico di tartarico non ci sta male. E se produci roba come il Podium o il Serra Fiorese dico che fai bene sia a farlo che a dirlo ;-).
RispondiAlessandro Bocchetti
circa 12 anni fa - LinkNo, ilrob Ema era la gestione dell'acidità, che bisognava gestire... Probabilmente tramite maturazion spericolate che sono troppo spesso la cifra marchigiana... Tranne Masciarelli, come dice qualcuno qui sopra :D ancora rido! Ciao A
RispondiAlessandro Bocchetti
circa 12 anni fa - LinkIl problema... Maledetto iPad :D Ciao A
RispondiGaetano
circa 12 anni fa - LinkAperto Collestefano proprio oggi a pranzo. Consigliato da un vino verista/naturista di Vicenza. Una vera folgorazione!!!!
RispondiAlessandro Morichetti
circa 12 anni fa - LinkAllora ti farà piacere leggere questo articolo con verticale di Francesco Annibali su Doctor Wine.
Rispondienzo pietrantonio
circa 12 anni fa - LinkIl verdicchio è uno di quei vini che ti conferma quanto si può bere alla grande senza svenarsi... Un semplicissimo ed umilissimo Podium (a me piace 'na cifra!) fa sempre la sua porca figura. Sia che si tratti di una tavola di profani che di appassionati bevitori. Devo dire che l'Oste Vignadelmar, sempre pronto a proporti un Verdicchio quando gli parli di bianco, me ne ha fatti assaggiare davvero tanti. Tutti mediamente molto buoni. Il Villa Bucci (qualsiasi annata) non lo cambio con nessuno! Fino a prova contraria.
RispondiAdriano Aiello
circa 12 anni fa - LinkMorichetti, mi inchino!
RispondiCarlo Cleri
circa 12 anni fa - LinkIl verdicchio da vita a questi splendi vini solo nelle zone collinari delle marche centrali, declinandosi nella sapidità e finezza dei Matelica, nella potenza ed opulenza dei sinistra-esino, nella finezza ed eleganza dei destra-esino, zona nella quale ricade anche Cupramontana. Le caratteristiche di questo terroir influenzano così fortemente il vino che lo stesso vitigno, coltivato altrove, ha sempre dato risultati non all'altezza se non nettamente deludenti. Purtroppo (o per fortuna) a noi marchigiani manca decisamente la capacità di autopromozionarsi, cosa che invece riesce benissimo ai vicini toscani e meravigliosamente ai cugini romagnoli, capaci di sfruttare al massimo le loro risorse e la loro storia in campo turistico ed enogastronomico. Il marchigiano invece si apre piano piano, quasi vergognoso di mostrare i propri tesori, restio ad autocelebrarsi come giustamente dice Morichetti. Proprio per questo motivo penso che il verdicchio non sia così conosciuto a livello nazionale e internazionale come invece potrebbe e dovrebbe essere. Quindi bottiglie di verdicchio di altissimo livello, che altrove sarebbero esaltate e vendute a cifre importanti, possono essere aquistate e godute a prezzi decisamente contenuti. A questo punto... godiamo! Poi si potrà disquisire sul fatto che in passato talvolta si è ecceduto con le maturazioni o con il legno, oggi qualcuno eccede con vinificazioni in riduzione. Chiaramente il verdicchio è un vitigno che in queste colline nasce già ricco, pieno di forza, di grande qualità e personalità. Quindi, come tutte le materie prime di altissimo livello, penso che vada lavorato in maniera lieve, con mano leggera per esaltarne al massimo le naturali caratteristiche, esaltarndone la finezza e l'eleganza, lasciando che ci racconti la storia di un territorio, di un produttore, di un'annata.
Rispondipietro
circa 12 anni fa - LinkGrandissimo post da rileggere con calma. Guarda caso letto stasera dopo un Bucci che non mi stancherò mai di bere. Ok forse quando ci saranno 20 gradi in meno... Ora attendo di assaggiare questo fantomatico Cuprese 91....
Rispondiruggero romani
circa 12 anni fa - Linkuna notazione geografica;per il gambero non ci sono rossi marchigiani meritevoli a nord del chienti nè bianchi a sud di detto fiume.è così? voi che ne pensate?
RispondiLALLA
circa 11 anni fa - LinkRaccogliamo le idee sul Verdicchio di CasalFarneto Crisio con le parole di massimo Castellani.... http://www.vinievino.com/video/degustazione-massimo-castellani/091186623756/degustazione-verdicchio-castelli-di-jesi-riserva-crisio-di-casal-farneto.html
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