A cosa servono le campagne anti-alcol?
di Alessandro MorichettiAncora qualcuno crede nel proibizionismo? Temo di si, altrimenti non si spiega perché l’unica difesa da un consumo sempre più smodato di alcolici sia proibire, intimidire e sfruttare il senso di colpa. Risultato? Le campagna anti-alcol fanno bere di più, con tanto di studio universitario a dimostrare l’evidente contraddizione. Dico la verità, io mi sono scocciato che gente impreparata e senza il minimo senso storico continui a pensare di risolvere problemi sparando nel mucchio. La realtà è che, di fronte a un bicchiere di vino, l’80% dei genitori non sa che pesci prendere. Peggio. È di fronte a un figlio che molti padri e madri sembrano turisti della famiglia. Per capirci, prendete questa storia di provincia: discoteca di Rimini chiusa perché serviva alcol ai minori di 16 anni. Certo, dei veri criminali non pensate? Vendere bevande proibite finanche a un BAMBINO di 10 anni insieme alla sua amichetta, eccheccacchio. Siamo alla follia, d’accordo. Ma i sigilli, oltre al locale, se li meriterebbero le case di quei genitori che permettono a figli così piccoli di fare il cavolo che gli pare, andando a ballare invece di giocare coi compagnetti. Al loro ruolo di genitori si dovrebbe badare, a potenziare la valenza educativa della scuola (a patto che ci sia), non a spendere milioni in campagne antiqualcosa che non servono a una cippa.
Vietare tutto il vietabile serve solo a renderlo più desiderabile, sballoso e ggiovanile, nient’altro. Se c’è una via d’uscita, può solo essere quella di chi educa al consumo, ad ogni consumo: di un bicchiere di vino o birra come del 45esimo paio di Nike comprato, così per averne uno da sfoggiare a settimana. O i genitori si riappropriano del proprio ruolo o siamo fritti. Tanto si sa, nel lungo periodo saremo tutti morti, astemi e non. Sforziamoci di essere ottimisti, suvvia. Prima o poi anche noi, come Milena Gabanelli a Report, avremo qualche buona notizia da raccontare.
7 Commenti
Andrea Angeletti
circa 14 anni fa - Linkcredo che il problema sia la convergenza dei vari "enti" educativi (famiglia-scuola-società sportive-stato). A 13 anni la capacità discriminativa è davvero minima, perciò messagi positivi dalla famiglia possono essere resi vani in un attimo da un barista che ti lascia fare il figo con la ragazzina. Se l'abuso è obbiettivamente e scientificamente sbagliato, "con tanto di studio universitario", credo che una campagna da parte dei mass media nn possa essere errata a priori... Possiamo discutere del come-quando-dove... TRA IL PROIBIZIONISMO E L'ABUSO, in medio stat virtus. ...e perchè no, in vino veritas.
RispondiRAMPAVIA
circa 14 anni fa - LinkAlessandro, hai dei figli adolescenti? Il mio è una mosca bianca: non fuma (neanche le sigarette), non beve, non è mai entrato in una discoteca ed ha una vita regolare (forse sin troppo). Tra due giorni avrà venti anni. Al contrario il genitore beve, fuma (toscani ed habanos) ed in discoteca, ai suoi tempi, ci andava e quasi sempre usciva barcollando. La cosa più importante che ho fatto per mio figlio non è stato il buon esempio e nemmeno la proibizione di qualcosa ma, credo proprio, essergli stato vicino e aver cercato di aiutarlo a crescere (con tanti errori). A mio modo di vedere contano moltissimo il carattere che il figlio ha ed il fattore c...(quali amici incontra, che scuola e quali insegnanti gli capitano e via dicendo). E' un mix difficilissimo da comporre.
RispondiAlessandro Morichetti
circa 14 anni fa - LinkNiente figli (che io sappia :-) ) ma tanti anni spesi nell'associazionismo educativo dei 17-20enni. Convengo con te anche se temo sottovaluti un aspetto. L'esempio non è fumare o bere in sé ma quanto dici due righe sotto, cioé "essergli stato vicino e aver cercato di aiutarlo a crescere (con tanti errori)". Cosa che tanti, troppi genitori dimenticano costantemente, pensando basti bacchettare a suon di "non fumare, non bere" perché l'educazione abbia un senso. Il fattore c... conta sempre e ha un suo ruolo imponderabile nel mix, come i restanti, d'altra parte.
RispondiRAMPAVIA
circa 14 anni fa - LinkD'accordissimo. In fondo per sperare di avere un figlio e poi un uomo (o donna) a posto e magari anche in gamba contano le stesse cose che occorrono per fare un buon vino: il terroir (i genitori), condizioni climatiche favorevoli durante la maturazione delle uve (educazione, compagnie, insegnanti), vendemmia quando le uve sono pienamente mature (sposarsi o comunque effettuare la propria scelta in merito) ed infine invecchiare lungamente e serenamente nella bottiglia senza la presenza di luce, odori e rumori (i guai inevitali della vita). Per la bottiglia ed anche per tutti noi, presto o tardi, viene il momento in cui si toglie il tappo.
Rispondimanfreud
circa 14 anni fa - LinkLa soluzione è più semplice di quanto non si creda. L'antiproibizionismo va fatto in casa con costanza e dedizione, proprio come un ottimo distillato. Sono cresciuto in una famiglia in cui ad ogni pasto si beveva del buon vino. Persino in chiesa ( protestante ) al posto dell'ostia si mangiava un tocco di pane fresco e si beveva un generoso sorso di vino rosso. Sono cresciuto senza alcun desiderio e fascinazione del "proibito". Oggi a 56 anni suonati il mio fegato è ancora in buona salute, e un bicchiere di buon vino o di ottimo rhum sulla mia tavola non manca mai. Con mio figlio utilizzo lo stesso metodo educativo dei miei genitori e il risultato è eccellente. Proibire significa solo promuovere il proibito. Manfreud
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