Social Intravino | Cascina Clarabella è una storia da conoscere

Social Intravino | Cascina Clarabella è una storia da conoscere

di Stefano Senini

Conosco da anni i vini di Cascina Clarabella e mi piacciono i loro Franciacorta, devo però sempre costringermi a fare la tara alla naturale simpatia che un progetto come il loro suscita. Sì, perché non si può non guardare con ammirazione al mondo che sta dietro a questa realtà, la cui storia ho deciso di farmi raccontare andando finalmente a trovarli in cantina.

Incontro Aldo Papetti, che della cooperativa sociale Cascina Clarabella è vicepresidente, enotecnico, deus ex machina con 20 anni di lavoro qui, dopo essersi fatto le ossa a Costaripa, la cantina della famiglia Vezzola: “Più che farmi le ossa, Mattia me le ha rotte!”, esordisce scherzando, ma facendomi anche intuire che qualcosina sul metodo classico ha imparato dall’ex enologo di Bellavista.

Clarabella

Tutto ha inizio alla fine degli anni ’80, quando i dipendenti dell’azienda ospedaliera locale che gestisce tre centri psicosociali si rendono conto che ai loro pazienti, fuori dalle strutture, mancavano un tetto, un lavoro e la socialità ad esso collegata; fondano così una prima cooperativa che si occupa di verde pubblico, poi aprono un orto e una serra, per insediarsi nel 2002 a Cortefranca, nell’attuale cascina allora rudere.

L’ettaro e mezzo di vigneto circostante viene subito coltivato in biologico, seconda azienda franciacortina dopo la capostipite Barone Pizzini, a cui inizialmente si prevedeva di conferire le uve. Aldo arriva nel 2004: “Abbiamo imbottigliato da noi la prima vendemmia nel 2005; 2500 bottiglie, ma promettevano bene”. Oggi gli ettari vitati sono arrivati a 11, esclusivamente pinot nero e chardonnay, sparsi per tutta la Franciacorta, da Rodengo Saiano al caldissimo Montorfano, dove nelle crepe dei muri cresce il cappero e si vendemmia ai primi di agosto; “molta fatica a balzare col trattore da una parcella all’altra, ma anche una buona garanzia di costanza per le cuvée; e poi si spera sempre che se dovesse arrivare la grandine, non colpisca un territorio così ampio”, sottolinea Aldo.

Aldo Papetti

Aldo Papetti

Qui oggi lavorano 30 dipendenti, di cui la metà sono pazienti psichiatrici assunti regolarmente: “Per un malato psichiatrico è molto diverso – spiega Aldo – togliere erbacce da un’aiuola rispetto al vedere concretamente il frutto del proprio lavoro, in una bottiglia che poi viene venduta sugli scaffali di un negozio o sulla tavola di un ristorante”; inoltre negli edifici della cascina ci sono anche una comunità psichiatrica residenziale e un centro diurno, da cui arrivano regolarmente 8-10 ospiti che intraprendono percorsi riabilitativi lavorando nelle strutture della cooperativa.

Alla cantina si aggiungono un orto, un ristorante, un B&B con 12 appartamenti, 2 frantoi, uno di proprietà, l’altro in gestione: “è quello di Montisola – dice Aldo – il comune ci ha chiesto di occuparcene; è molto interessante, perché sull’isola c’è una buona cultura dell’olio e la qualità delle olive che ci conferiscono è generalmente ottima”. È invece in stand-by, dopo un paio di anni di attività, l’itticoltura e la lavorazione dei prodotti del lago d’Iseo: “i costi erano diventati poco sostenibili: avremmo dovuto far pagare un filetto di trota a peso d’oro; comunque impianti, celle e know-how rimangono, vedremo se riprendere in futuro”.
Torniamo ai vini: con una media di 70.000 bottiglie all’anno Clarabella esce con il Curtefranca bianco Cesare Cantù, che è uno chardonnay barricato; con i Franciacorta Brut e Satèn, che rappresentano il nerbo della produzione (rispettivamente 38.000 e 15.000 bottiglie); con un non dosato, Èssenza, con un altro non dosato millesimato, chiamato 180 in onore della legge Basaglia (e che per alcune partite rimane sui lieviti a oltranza e veste poi un’etichetta propria, in dialetto bresciano: Dés aign, dieci anni, appunto dal tempo passato sur lattes); con il rosè millesimato Annalisa Faifer, dedicato ad una storica socia della cooperativa, portata via da una leucemia fulminante.

A questo punto, considerando le finalità di Clarabella, non dovrebbe essere importante parlare del vino nel bicchiere, giusto? Invece no, trovo sia fondamentale sottolineare che qui non si fa beneficienza, ma efficienza, e che la qualità dei vini, nei miei assaggi negli anni, si è sempre rivelata alta e costante. Diversamente non si spiegherebbe il successo sul mercato, che però in questo uggioso pomeriggio invernale mi penalizza: quasi tutto esaurito, impossibile degustare in modo completo. Mi pare maleducato strappare alla linea di dégorgement in funzione una bottiglia di brut, così Aldo Papetti mi propone altre due bottiglie.

Clarabella

Franciacorta Non Dosato Èssenza (50% pn, 50% ch, 12,5°)
Sboccato da 15 giorni, al naso si riesce solo ad intuire la vena agrumata e il frutto croccante; dopo qualche minuto dal bicchiere escono anche i sentori floreali. In bocca è davvero accattivante ed equilibrato, secco, ma non tagliente, dal finale rinfrescante.

Franciacorta rosè 2019 Annalisa Faifer (100% pn, 12,5°)
Sboccato da poco più di un mese, impressiona per il contrasto tra il colore e il naso delicato da una parte, e la potenza dall’altra; fatico a credere che le basi non passino in legno, ma in effetti il sorso è strutturato, con una bella spalla, che però non va a discapito della (pericolosa) facilità di beva. Di questo vino annuso anche la base-vendemmia 2022; uve quasi cotte, colore molto più scuro… vendemmia problematica, Aldo non sa cosa potrà ricavarne.

Annalisa Faifer

Forse ho assaggiato poco, ma ho incontrato una storia bellissima.

[Foto bottiglie: Lucio Elio]

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Stefano Senini

Laureato in lettere classiche, diplomato sommelier da ormai trent’anni, è stato un critico gastronomico professionista (sì, di quelli seri che girano in incognito), responsabile del Liceo all’interno del carcere di Porto Azzurro sull’Elba e oggi felicemente insegnante in un Liceo nella provincia di Brescia. Non ha uno smartphone né peli sulla lingua ma tanta esperienza.

4 Commenti

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Una storia bellissima. Veramente bellissima. Ordinerò i vini quanto prima.

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Mattia Grazioli

circa 1 anno fa - Link

Ci sono realtà che ti fanno venire voglia di far vino e realtà che te la fanno passare… meno male ci sono realtà come questa!

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marcow

circa 1 anno fa - Link

Complimenti. __ In un mondo in cui il SOCIAL (i legami, le relazioni tra "individui" in una "comunità") stanno diventando soprattutto ... SOCIAL MEDIA

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Enrico Pedrotti

circa 1 anno fa - Link

Sarebbe facile farsi conquistare dalla bellissima storia che esiste dietro a questa realtà, e infatti ci conquista, ma se riusciamo a fare davvero la tara... È pensiamo al prodotto... Assaggiare per credere, fatevela raccontare dopo la storia, e non crederete che sia vera. Plauso alla qualità e esempio di umanità.

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