Quando la scienza non accetta la biodinamica: “Effects of different management regimes on microbial biodiversity in vineyard soils” su Nature scatena il dibattito
di Andrea GoriLa maggior parte di voi griderà alla cospirazione e al tentativo della agricoltura industriale di porre un’altra pietra sul mito della superiorirà della biodinamica e il fatto che la ricerca utilizzi dati da Geisenheim e che sia pubblicata da Springer Nature potrebbe confermare le dietrologie più raffinate ma resta il fatto che l’articolo “Effects of different management regimes on microbial biodiversity in vineyard soils” di Maximilian Hendgen dice le cose in maniera piuttosto chiara.
In sostanza dimostra con uno studio piuttosto raffinato che il suolo in regime di agricoltura integrata ha una ricchezza di specie batteriche significativamente ridotta rispetto a quella organica, ma la composizione della comunità è simile a quella dei terreni gestiti in biologico e biodinamica.
Altri aspetti interessanti riguardano il tempo in cui un vigneto viene condotto in maniera biologica o biodinamica e si scopre che molte differenze avvengono nella parte più superficiale del suolo e non certo in profondità dove si trovano le radici. E che soprattutto dieci anni di gestione diversa del vigneto non cambiano la composizione delle comunità di microrganismi nel suolo.
Interestingly, community distinctions due to management only manifested in topsoil, whereas those due to position were depth-independent. As the whole site was deep ripped about 60 cm deep before planting in 1991 and therefore homogenized in soil, it can be assumed that ten years of different management did not suffice to induce differences in subsoil communities, whereas 24 years since planting sufficed to establish distinct in-row and under-vine habitats in top- and subsoil. Furthermore, the ten years of different management practices neither brought major shifts in physicochemical soil parameter, nor sufficed to affect the most abundant fungi in this probed vineyard soil. According to this, the community distinctions between the integrated, organic and biodynamic treatments related to less abundant OTUs, whereas the predominant ones generated a set of core-OTUs with ubiquitous distribution.
Sostanzialmente, di nuovo, si ribadisce che la gestione convenzionale riduce l’abbondanza delle specie di microorganismi e non la loro biodiversità. Se vi interessano i dettagli ovviamente l’articolo ne è prodigo ed è possibile affrontare la questione sotto molteplici punti di vista.
Secondo lo scrivente un risultato scientifico del genere non affossa assolutamente la biodinamica o molte pratiche entrate in voga di recente ma semplicemente sposta la ricerca e l’attenzione verso altre componenti del vigneto che non siano il suolo in sé. Come altre ricerche hanno dimostrato molto probabilmente le differenze in positivo di regime biologico e biodinamico si riflettono nella microflora e microfauna aerea e sopra il terreno stesso (vedi la questione dei lieviti sugli acini e la loro diversità dovuta alla ricombinazione negli stomaci delle vespe, studiata e stimolata nei vigneti di Gaja a Bolgheri ad esempio) e magari in altri contesti che per ora non sono stati presi in esame.
Insomma, la questione rimane aperta e più interessante di prima secondo noi.
11 Commenti
Nelle Nuvole
circa 5 anni fa - LinkSecondo la sottoscritta leggente, come per lo scrivente, quanto sopra illustrato non affossa assolutamente la biodinamica, anzi prende sul serio tale pratica di conduzione agricola al punto da intraprendere studi approfonditi a riguardo. Allora perché il titolo così inutilmente provocatorio?
RispondiJarkko Peränen
circa 5 anni fa - LinkPer motivi retoriche direi, per avere commenti come il suo.
RispondiAndrea Gori
circa 5 anni fa - LinkInsomma Raffaella, da scienziato direi che in realtà prova che almeno per molti dei "claim" della biodinamica l'articolo dimostra che l'uso dei preparati se non inutile viene quantomeno fortemente ridimensionato.
RispondiMarco
circa 5 anni fa - LinkPotrebbe indicarmi la parte dell'articolo che ridimensiona l'utilizzo dei preparati biodinamici?
RispondiMarco Prato – il Fummelier®
circa 5 anni fa - LinkMa stiamo parlando della coltivazione tramite trattamenti “dinamizzati” e “preparati 500” (corni di vacca, che abbia partorito almeno una volta, e riempiti di letame) atti a “catturare le forze cosmiche del suolo"? A me, al contrario di lei, frustra invece vedere come vengano buttati soldi per studiare cose che sono strutturalmente e dichiaratamente superstizioni. Scusate la domanda (per tutti) “provocatoria” ma davvero state a ragionare su chi promuove qualcosa da fare che abbia delle premesse come quelle sopra descritte? Ma siete anche terrapiattisti?
RispondiStefano Cinelli Colombini
circa 5 anni fa - LinkBell'articolo, l'ho letto tutto; uno studio molto dettagliato, basato su tantissima ricerca che dimostra una significativa differenza tra un'agricoltura convenzionale e ogni forma di agricoltura biologica. Però ormai un'agricoltura così "chimica" come quella che la ricerca prende a campione come convenzionale è poco praticata, in realtà quasi tutti i non-biologici usano forme miste con prevalenza biologica. Almeno a Montalcino. La tendenza è quella, presto l'uso della chimica nelle vigne sarà limitato solo alle emergenze.
RispondiLanegano
circa 5 anni fa - LinkSperiamo.....
RispondiAngelo bertacchini
circa 5 anni fa - LinkGrazie Andrea per aver posto l'attenzione su uno degli argomenti più interessanti per me, la microbiologia del terreno. É risaputo che la gestione organica del terreno, a lungo andare, comporti un incremento della sostanza orhanica dei suoli, e che al contrario le concimazioni minerali la riducano. Sta scritto su tutti i testi di agronomia. Chiaramente la maggior parte della vita microbiologica, si svolge sugli strati più superficiali del terreno, quindi la gestione organica, permetterà l'aumento della biomassa proprio in quelli strati. Quindi un bellissimo articolo, che però non aggiunge niente di nuovo a ciò che già si conosceva.
RispondiGae Saccoccio
circa 5 anni fa - LinkMi pare uno studio molto serio e puntiglioso “alla tedesca” insomma proprio nella Geisenheim di Rudolf Steiner oltretutto, ma non mi torna troppo il fatto che lo studio sia gelidamente impostato solo su 0,8 ettari gestiti a quanto sembrerebbe con diversi regimi agronomici... eppure nell’Introduzione si lamentava proprio il fatto che gli scarsi studi precedenti avessero fatto esperimenti su suoli in scala ridotta come da questo brano che riporto (traduzione mia): “La maggior parte degli studi si è concentrata sulla fertilità del suolo, la resa, la qualità delle colture e la fisiologia delle piante; tuttavia, i risultati sono alquanto incoerenti. Finora, le pubblicazioni sull'impatto dei regimi di gestione sulla diversità microbica del suolo sono disponibili solo per l'agricoltura arabile, mentre mancano i risultati ad uso del suolo viticolo. A tale proposito, i metodi di coltivazione tradizionali e la profilatura dell'acido grasso fosfolipidico (PLFA) affrontano una serie di difficoltà nella valutazione della completa diversità della microflora del suolo, dal momento che devono essere studiate quantità sostanziali di organismi microbici e la loro ecologia. Inoltre, gli studi precedenti sulla viticoltura si concentravano principalmente sull'impatto di un singolo fattore come la contaminazione del rame, o sono stati condotti in circostanze artificiali di suolo su scala ridotta o in un breve lasso di tempo. Pertanto, gli effetti di interazione come l'applicazione combinata di pesticidi ed erbicidi o effetti a lungo termine come il debito di estinzione potrebbero difficilmente essere rilevati.”
RispondiLorenzo Corino
circa 5 anni fa - LinkLavoro scientifico molto apprezzato e sono da incoraggiarsi altre ricerche in argomento a motivo della complessità della tematica . Ritengo altrettanto molto originale la ricerca delle relazioni tra vespide e Saccharomyces: un contributo fondamentale nel comprendere meglio la microbiologia del vino.
RispondiMarco Zito
circa 5 anni fa - LinkArticolo molto interessante ma ci sarebbero alcuni punti su cui bisognerebbe fermarsi a riflettere: 1) Si è vero che l'articolo "dimostra con uno studio piuttosto raffinato che il suolo in regime di agricoltura integrata ha una ricchezza di specie batteriche significativamente ridotta rispetto a quella organica, ma la composizione della comunità è simile a quella dei terreni gestiti in biologico e biodinamica." ma gli Input sono diversi. Voglio dire che, pure si fosse ottenuto un risultato senza differenze statisticamente significative in ricchezza e composizione della comunità microbica, il discriminante per la miglior filosofia di coltivazione è la "sostenibilità" degli input. Quindi il titolo, del vostro articolo, è fuorviante. L'articolo ridimensiona i proclami dell'agricoltura biodinamica? si forse, ma "la scienza non accetta la biodinamica" in questo caso mi sembra poco corretto. 2) Sulla metodologia della sperimentazione, la critica più importante deve essere fatta sulla superficie della sperimentazione. Troppo ridotta. Ci possono essere degli effetti margine, sopratutto per quel che concerne i trattamenti insetticidi e fungicidi di non poco conto, senza considerare che in caso di pioggia si possono avere mobilitazioni lungo il terreno di principi attivi. Non sono un fan della biodinamica anzi, vorrei che fossero fatti più studi per capire cosa vi sia di positivo e cosa invece sia assolutamente inutile. Questo studio può essere un buon punto di partenza, ma a mio modestissimo parere, non è sufficiente per condannare qualcuno o fare affermazioni propagandistiche.
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