La fragile economia russa e l’export di vino italiano. Un’analisi fuor di retorica

La fragile economia russa e l’export di vino italiano. Un’analisi fuor di retorica

di Tommaso Ciuffoletti

Prima di parlare di vino non possiamo non fare un rapido punto della vicenda. E anche se non siamo qui a parlare direttamente di politica, alcuni punti andranno minimamente chiariti. La situazione di guerra attuale è quella in cui ci sono un aggressore e un aggredito. Per coloro a cui fosse sfuggito: l’aggressore è la Russia, l’aggredito è l’Ucraina. Le preoccupazioni russe per l’ipotesi di ingresso dell’Ucraina nella NATO non giustificano un atto di aggressione militare come quello a cui stiamo assistendo.

Il diritto di autodeterminazione dei popoli del Donbass è una cosa, l’invasione coi carriarmati un’altra. Esistono strumenti democratici che possono garantire percorsi di autodeterminazione, i carriarmati non rientrano in questa categoria.

Chiarite queste semplici cose (che per essere comprese non richiedono una laurea con lode alla Cesare Alfieri e che anche un Salvini potrebbe capire) guardiamo più prosaicamente alle conseguenze della situazione attuale per le aziende di vino italiane.

Intanto loro, come tante altre, pagheranno il prezzo della dipendenza energetica italiana dal gas russo e più in generale da idrocarburi di provenienza estera. Questo avrà ripercussioni su tutta la filiera, e non è facile fare una stima precisa. Si può ipotizzare che le grandi aziende che hanno ottimizzato i costi attraverso l’uso intensivo di macchinari per ridurre le ore lavoro umane potrebbero pagare il costo più alto. Così come coloro che fanno largo uso di fertilizzanti, di cui la Russia è grande produttore.

Personalmente voglio prendermi 2 secondi per considerare i cacasenno che mi contestavano quando notavo l’opportunità ecologica ed economica del riuso delle bottiglie invece del loro riciclo (con grande risparmio di energia) e mandare loro un saluto quando nei prossimi mesi dovranno fare ordini di bottiglie. Durante l’edizione 2021 di wine2wine Business Forum, dello scorso ottobre, è stato fatto un focus molto interessante sul mercato del vino in Russia.

Guardiamo i primi numeri. “I volumi di vino consumato, sia russo che importato dall’estero, sono passati dalle poco più di 60.000 casse del 2015 alle quasi 100.000 del 2019, ad un prezzo medio di 3,90 dollari a bottiglia” (edit del 26/02: il dati qui riportato, grazie ad una segnalazione di Angelo Peretti su Facebook, è stato ricontrollato e risultato non corretto. Il numero di casse importato in media nel 2019 è 2020 in Russia si è aggirato intorno ai 35 milioni di casse). La Russia è stata nel 2020 il nono importatore mondiale di vino per valore e l’ottavo per volumi. Entrambi i valori sono in perdita rispetto all’anno precedente, a segnare il fatto che la contrazione dell’economia russa è stata un trend continuo e che – anche prima dell’invasione dell’Ucraina – era previsto addirittura un peggioramento (il che dovrebbe aiutare a leggere i riflessi aggressivi di un Putin in crisi interna).

Il World Economic Outlook del 2021 era molto chiaro in proposito: nel 2021, l’economia russa rappresenterà il 3,075% dell’economia globale. Si tratta del valore più basso registrato negli ultimi vent’anni. Nei prossimi cinque anni, tale quota continuerà a diminuire: nel 2022, al 3,02%; e nel 2026, al 2,83%. L’economia tornerà così agli indici di default del 1998.

La situazione è stata ulteriormente aggravata dagli effetti delle chiusure a seguito del diffondersi del Covid-19 che, ricordiamolo, in Russia è stato gestito male se non malissimo e che da settembre ad oggi non ha mai fatto meno di 2.000 vittime a settimana, con picchi di 8.700 morti a settimana.

Gli effetti delle misure restrittive attuate a partire dallo scorso ottobre sono stati stimati dal capo economista della ING Bank, Dmitry Dolgin. L’esperto ha rivelato che le misure restrittive e di chiusura hanno portato il PIL a diminuire dello 0,1% ogni sette giorni. A fronte di questa situazione la Banca statale ha deciso di agire duramente per limitare i danni al Paese, portando il tasso di inflazione al 7,5% (anche se il dato finale del 2021 è stato comunque di un’inflazione all’8,4 e quella percepita addirittura al 17,7).

Tale mossa (non riuscita) aveva lo scopo di rafforzare il rublo, anche sullo sfondo della situazione nel mercato mondiale energetico, dove la Russia continua a svolgere il ruolo di leader globale.

I muscoli militari di Putin, dunque, nascondono una situazione economica interna disastrosa, che le sanzioni – che arriveranno prestissimo e promettono di essere molto dure – aggraveranno ulteriormente.

Ciò però avrà un impatto significativo sul vino italiano. Riprendo sempre dal report di wine2wine: “La quota di vino che approda al mercato russo dall’estero rappresenta il 29% del totale, e l’Italia spicca tra i maggiori Paesi esportatori: durante tutto il primo semestre del 2020 è stata leader tra i Paesi fornitori della Russia, con 101,7 milioni di euro di fatturato export e una quota di mercato pari al 27,27%”.

Chi potrebbe rimetterci di più? Parrebbe il Prosecco che solo pochi mesi fa veniva descritto come il grande protagonista dell’export di vino italiano in Russia. “In particolare, guadagna un posto significativo tra le preferenze dei consumatori russi il Prosecco. Per questo vino non crescono solo gli acquisti, ma aumentano anche anche il suo riconoscimento tra gli altri prodotti italiani e la curiosità verso le sue caratteristiche e la sua storia”.

Stavo pensando a come chiudere il pezzo. Poi ho visto una foto di Salvini al Cremlino con una maglietta con sopra il faccione di Putin. E pensavo che c’è pure qualcuno che lo ha votato. Ma scusate, queste son cose mie.

[Cover: Fanpage]

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Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

1 Commento

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Stefano Cinelli Colombini

circa 2 anni fa - Link

Complimenti, uno dei pochi articoli sul tema che offre dati, e pure interessanti. Anni fa lessi la citazione di un saggio sull'economia tedesca nel 1938, che sosteneva una tesi (per me) sconosciuta: Hitler avrebbe finanziato il riarmo con il debito nonostante questo causasse un disastro economico, contando di annullarlo grazie a una vittoria sugli Stati dei creditori. Non so se la tesi fosse sostenuta da una analisi esatta, perché nonostante l'abbia molto cercato non ho trovato il libro. Spero molto che l'economia russa sia arrivata al disastro per cavoli suoi, e non per scelte di questo tipo.

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