Ho bevuto il Prosecco brasiliano e non sono morto

Ho bevuto il Prosecco brasiliano e non sono morto

di Salvatore Agusta

Seguendo il mio giro virtuale per il mondo, alla ricerca di vini nuovi ed interessanti, questa volta approdo in Brasile, dove nonostante tutte le perplessità del caso, si producono ottimi vini.

Il Brasile, infatti, rappresenta il Paese più esteso del Sud America, dove è possibile riscontrare molteplici fasce climatiche, da quello forse più famoso, ossia il clima amazzonico/tropicale, sino a quello equatoriale.

Il territorio del Brasile ha i suoi fondamenti strutturali in quattro elementi che sono alla base della stessa America Meridionale:

Il Massiccio della Guayana;
L’Altopiano del Brasile;
L’interposta depressione amazzonica;
L’Area subtropicale (tropico del Capricorno).

Proprio nella fascia bassa di quest’ultima, dove si riscontra un clima subcontinentale con inverni ed estati scarsamente umidi, si trova la Serra Gaúcha, vicino al confine con l’Uruguay. All’interno di quest’ultima, nella valle del Rio das Antas a pochi chilometri da Porto Alegre, sorge l’azienda Salton, una delle realtà vitivinicole più interessanti del Brasile.

All’origine di questo progetto c’è ancora una volta una splendida storia di emigrazione, che parte da Cison di Valmarino in Veneto, nel lontano 1878, con Antonio Domenico Salton.

Furono i figli di Antonio a rendere la passione del padre un’impresa a tutti gli effetti e a dedicarsi interamente alla coltivazione delle uve e alla realizzazione di vini spumanti. È una impresa di famiglia che oggi giunge alla quarta generazione, affermando sempre lo stesso impegno e la stessa professionalità.

Nell’arco di 100 anni sono state fatte tante scelte, senza pochi rischi ma tutte alla fine hanno portato al successo con l’individuazione di 4 terroir estremamente adatti per la coltivazione della vigna. Questi vanno dalle zone più in altura e localizzate al nord,  verso le zone più basse localizzate al sud della regione: Campos de Cima da Serra, Serra Gaúcha, Serra do Sudeste e Campanha Gaúcha.

Le operazioni vengono svolte secondo i principi di ecosostenibilità ambientale e sociale, nel rispetto non solo del territorio ma di tutte le maestranze che permettono a questo progetto di andare avanti.

A questo punto, non mi rimane che presentare i vini che ho avuto il piacere di assaggiare personalmente, tuttavia è doveroso allertare il lettore circa una questione alquanto spigolosa che caratterizza la produzione nel Sud America.

In breve, alcuni dei principali stati del Sud America, tra cui ovviamente il Brasile, sono artefici di una sorta di unione commerciale chiamata Mercosur (o Mercosul) mercato comune del Sud America, che mal cela un forte intento protezionistico. In questo mercato difficilmente possono entrare prodotti esteri, poiché i dazi doganali sono altamente proibitivi. Pertanto, si predilige la produzione interna alla quale talvolta vengono dati nomi che in altre aree del mondo non è permesso usare. È il caso della linea di spumanti che la Salton produce e che difficilmente troverete in Europa. Infatti, come accade in Australia, anche nel Mercosur non si riconosce la pretesa europea di usare la nomenclatura Prosecco solo per prodotti italiani, poiché con quella stessa espressione si individua un’uva e non una area di produzione individuata in un disciplinare. Infatti, il nome glera, frutto di una modifica italiana, non viene riconosciuto in molte parti del mondo, permettendo a mercati esteri di accettare vini spumanti chiamati prosecco di provenienza non italica.

Tornando alle produzioni Salton, si tratta di vini prodotti con metodo Martinotti, il primo dei quali è chiamato proprio Prosecco a partire dal fatto che la principale uva usata viene così chiamata. Suppongo si tratti di un clone della varietà originale che dopo oltre 100 anni di vita in Brasile si è adattato alle condizioni climatiche del posto.

Io ho assaggiato proprio il Salton Prosecco, un vino spumante che si caratterizza per la forte intensità delle note floreali e dei sentori di frutta tendenti leggermente al tropicale. Proviene dalla terre site in Serra Gaúcha e la cosa che più mi ha colpito è il tipico abbinamento locale che ne fanno, ossia con la zuppa di legumi.

Ovviamente producono anche un vino spumante con metodo classico.

Salton Gerações Jose Bepi Salton
Da uve pinot noir e chardonnay in egual misura, provenienti da vigne localizzate in altura al confine nord con la Serra Gaúcha, questo vino rimane a contatto con i lieviti per almeno quattro anni, e si caratterizza per la soffice cremosità e le note tostate che rendono il vino complesso; aromi che ricordano il lievito madre, l’orzo tostato, le spezie orientali e la frutta candita.

Poi mi sono dedicato alla loro linea superiore, rossi di stampo bordolese.

Salton Gerações Antonio Nini Salton 2011
Qui entriamo nel vivo della degustazione, con un tipico bordeaux blend di cabernet  sauvignon, merlot, cabernet franc e malbec.

Dopo la fermentazione a bassa temperatura e la macerazione, il vino viene messo in botti francesi nuove a media tostatura per almeno 12 mesi, in un luogo ad umidità costante e controllata. Ne viene fuori un vino con caratteri accesi ma ben bilanciati. Sorprendente nelle note di eucalyptus e foglie balsamiche secche. Tannini maturi e ben disposti, equilibrati da una acidità di base che rende un finale deciso e persistente.

Salton Septimum
Il nome deriva dal fatto che sono ben sette le uve usate per questo uvaggio: tannat, ancelota (ovvero la nostra ancelotta emiliana), merlot, cabernet  franc, teroldego, cabernet  sauvignon e marselan. Durante la fermentazione alcolica in botti da 225 litri avvengono diversi rimontaggi al fine di garantire una ottimale estrazione di antociani dalle bucce al mosto.

Successivamente, il vino matura in grosse botti di rovere francese per almeno un anno e dopo viene affinato in bottiglia per ulteriori due anni. Al naso presenta sentori di frutta secca e frutti di bosco maturi. Permangono le note balsamiche che si ripropongono anche al palato dove sovviene una piacevole nota speziata, aiutata dalla corposa presenza di tannini che rendono la bocca asciutta e bilanciano i frutti maturi. Il finale è d’incanto.

Anche per oggi spero di avervi incuriosito con qualcosa di diverso. Non mi resta che rinviarvi alla prossima scoperta. Ci aspetta la Cina.

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Salvatore Agusta

Giramondo, Francia, Lituania e poi Argentina per finire oggi a New York. Laureato in legge, sono una sorta di “avvocato per hobby”, rappresento uno studio di diritto internazionale negli Stati Uniti. Poi, quello che prima era il vero hobby, è diventato un lavoro. Inizio come export manager più di 7 anni fa a Palermo con un’azienda vitivinicola, Marchesi de Gregorio; frequento corsi ONAV, Accademia del Vino di Milano e l’International Wine Center di New York dove passo il terzo livello del WSET. Ho coperto per un po’ più di un anno la figura di Italian Wine Specialist presso Acker Merrall & Condit. Attualmente ricopro la posizione di Wine Consultant presso Metrowine, una azienda francese in quel di New York. Avevano bisogno di un italiano ed io passavo giusto di là. Comunque sono astemio.

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