Ginacria è il gin che sa di Sicilia

Ginacria è il gin che sa di Sicilia

di Alberto Muscolino

Quando si pensa al Gin viene in mente Londra, James Bond e il suo cocktail con l’oliva, bevuto in scintillanti cene di gala tra spie, politici, paillettes e uomini d’affari. Ok scherzavo, questo era ancora trent’anni fa, forse, adesso viene in mente il gin tonic con tanto ghiaccio quanto ce ne sta nel tumbler, bevuto a ripetizione durante l’aperitivo, o sorseggiato e annusato con cura quando è il frutto di un mixologist che la sa lunga.

Il gin tonic è diventato un’istituzione insomma, ognuno di noi si è fatto una cultura, quantomeno di etichette, e ogni volta sceglie quella più profumata, più secca, più colorata, più vicina al bancone e inizia la serata. In virtù di questa esplosione dei consumi il distillato al ginepro ha allargato la sua geografia, di brutto proprio, e adesso si produce anche in posti sconosciuti e impensabili. Impensabili, almeno fino a poco tempo fa, come la Sicilia, terra di vini e di sapuri, ma non di distillati degni di nota, diciamolo pure.

Con mia grande sorpresa, invece, da qualche anno è sbarcato il gin. Si perché la materia disponibile è di qualità eccellente, mancava solo l’iniziativa, l’opportunità forse e la tradizione, ma tutte le tradizioni, all’inizio, erano innovazioni e quella che vi racconto è una storia che ha un’importante componente innovativa.

Tutto parte, neanche a dirlo, dalla capitale inglese, dove un agronomo, Dario Rinaldi, con la passione per il gin, si ritrova a poter attingere da un piazza praticamente sterminata di proposte sul distillato. Inutile dire che ne approfitta appieno e, dopo aver esplorato a dovere, arriva l’idea: perchè non provare a produrne uno in Sicilia, anzi, nel centro della Sicilia? Già perché la Trinacria ha anche un entroterra, semisconosciuto ed essenzialmente privo delle attrattive costiere, ma comunque esistente.

La cosa ancora più incredibile, almeno per me, è che il paese di provenienza di Dario è esattamente il mio, ovvero Nissoria, in provincia di Enna, e proprio lì decide di far base per la produzione. Capirete l’incredulità nello scoprire che un compaesano si è messo a distillare a 100 metri dalla casa dove sono cresciuto, facendolo, per di più, con un metodo praticamente unico nel panorama nazionale: la distillazione a freddo sottovuoto.

Io mi aspettavo di trovare alambicchi, fumi e pentoloni di rame, invece mi sono ritrovato di fronte a un macchinario minuto e somigliante a un miscelatore di liquidi da laboratorio. La tecnologia rivoluziona e, in certi casi come questo, migliora il metodo di produzione perchè, mi spiega Antonio Ilardo, amico e collaboratore di Dario, con la distillazione a freddo si preservano meglio le componenti aromatiche delle materie prime e questo ha permesso, ad esempio, di distillare la foglia di falso pepe (o pepe rosa) troppo sensibile al calore.

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Un blend di botaniche selezionate accuratamente e provenienti da varie zone dell’isola che vede, oltre alla foglia di falso pepe, il ginepro dell’Etna (Juniperus communis subspecie hemisphaerica), la liquirizia, le scorze di arancio e limone e la mandorla. Il nome scelto, Ginacria, e l’immagine in etichetta non lasciano dubbi sull’identità del prodotto, dna che viene fuori nettamente in degustazione: naso profumatissimo con una bella nota agrumata e di macchia mediterranea che invita all’assaggio, in bocca è morbido e materico, mentolato e balsamico.

Estremamente piacevole in purezza, si presta anche al mix con una tonica neutra che non ne copra la componente aromatica. Una micro produzione di 1500 bottiglie a cui se ne aggiungono 300 di una seconda etichetta, Hemisphaerica fatta solo di ginepro dell’Etna in purezza, per esaltare questo ingrediente che cresce oltre i 1400 metri sulle pendici del vulcano e che è particolarmente difficile da raccogliere.

Scommessa vinta, insomma, confermata anche dai due recenti riconoscimenti internazionali da parte di The Gin Guide Award come “Best Italian Gin” e “Best Contemporary Gin”.

Ci sono molti modi per valorizzare un territorio, bisogna aprirsi a ogni possibilità perchè, a volte, la meno probabile è quella giusta.

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Alberto Muscolino

Classe '86, di origini sicule dell’entroterra, dove il mare non c’è, le montagne sono alte più di mille metri e dio solo sa come sono fatte le strade. Emigrato a Bologna ho fatto tutto ciò che andava fatto (negli anni Ottanta però!): teatro, canto, semiotica, vino, un paio di corsi al DAMS, vino, incontrare Umberto Eco, vino, lavoro, vino. Dato il numero di occorrenze della parola “vino” alla fine ho deciso di diventare sommelier.

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