Fare a meno del Dry January (e vivere meglio)

Fare a meno del Dry January (e vivere meglio)

di Redazione

di Michele Antonio Fino e Tommaso Ciuffoletti

Nel loro celeberrimo Eat well stay well. The Mediterranean way (1975), Ancel e Margaret Keys, gli inventori della dieta mediterranea per americani (poi se volete un’altra volta potremo approfondire perché di invenzione si tratti e non di scoperta, ma nel caso voleste farvi una buona idea, fate un giro su DOI – Denominazione di Origine Inventata) scrivevano che nelle popolazioni che essi avevano scelto per analizzarne i costumi alimentari (in Italia, Francia, Spagna e Grecia) il vino era sempre presente nei pasti principali, cioè gli unici che la gente faceva.

Scrivevano che un uomo beveva in media una pinta (470 ml) di vino a pranzo e la sua signora circa metà, di vini tra gli 11 e i 14° gradi. Basterebbe questo, tra l’altro, a far ben comprendere che la loro non è una ricostruzione della tradizione: che fossero disponibili largamente ai più poveri vini di quella forza – anche solo a fine ‘800, figuriamoci prima – è semplicemente fantasioso. Ma torniamo al racconto. Ancel e Margaret appuntano che gli uomini mediterranei risultano assumere quasi il 10% di calorie dal vino. Non consumano mai superalcolici, salvo qualche aperitivo (anche questo un documento di quanto sia recente la loro invenzione). Viceversa, scrivono, non pochi uomini di affari americani assumono, a inizio anni ’70, il 20% o più delle loro calorie dall’alcol.

Ai coniugi Keys, ignari di ciò che sappiamo oggi sull’alcol, interessavano le calorie: la loro missione era convincere gli americani a passare a una dieta meno calorica, meno ricca di grassi saturi, ma accattivante e appetitosa. L’alcol sviluppa circa 7 calorie al grammo e un grammo di alcol è pari a 1,26 ml di alcol puro.
Aggiungevano poi una osservazione che per questo ragionamento è fondamentale: l’ubriachezza è molto poco comune nei paesi mediterranei, nonostante la domenica durante un pranzo di festa si beva anche una bottiglia o più a testa, in un tempo non inferiore alle due ore.

Come già detto, i coniugi Keys non avevano a disposizione i dati del GBD di Lancet sui pericoli connessi al consumo di alcol, per cui la loro valutazione era limitata alle calorie e alla constatazione che il bere dannoso (quello con immediati effetti negativi, come l’ubriachezza, la perdita dei sensi, l’intossicazione acuta e tutte le conseguenze pericolose per sé e per gli altri) non è tipico di un consumo quotidiano, durante i pasti di una quantità moderata di vino.
Certo, la loro idea di moderato era alta, ma questo perché noi sappiamo che digerire l’alcol trasformandolo in acetaldeide sottopone COMUNQUE il corpo a uno stress che deriva proprio da questo prodotto del metabolismo: semplicemente ineliminabile. Tuttavia, intuivano un aspetto: quanto maggiormente favorevole alla digestione è la proporzione (meno alcol, più tempo) tanto minori sono gli effetti negativi dell’alcol, in termini di acuzie.

 

Cosa c’entra tutto questo con il Dry January?

Innanzitutto chiariamo di cosa parliamo quando parliamo di Dry January, partendo dal fatto che tale nome è un marchio registrato di proprietà dell’organizzazione Alcohol Change UK [1], gruppo di pressione per sensibilizzare sui rischi dell’alcool. Questo gruppo ha sviluppato nel tempo una serie di campagne, utilizzando spesso proprio il calendario per dare loro risalto. Ecco quindi la Alcohol Awareness Week [2], che un tempo era indetta a novembre e ora si tiene a luglio, ed ecco il Dry January.

Questa attenzione ad iniziative così fortemente calendarizzate, anche nel nome stesso, risponde ad una utilità social che chi abbia mai avuto responsabilità di social media manager conosce bene. È la stessa logica delle giornate mondiali che, proprio con l’avvento dei social, sono passate da essere momenti ufficiali per riflettere su temi di una certa rilevanza, ad ingolfare un calendario in cui non mancano giornate dedicate alla qualunque (dalla giornata mondiale della Lentezza, il 27 febbraio, alla giornata mondiale dell’Orgasmo il 22 dicembre) [3].
Tuttavia siccome sia i social media manager che gli editori di testate online hanno ormai la stessa esigenza di fare visualizzazioni, la lunga onda dei calendari ad uso click non ha accennato a conoscere flessioni. E basterà digitare su Google “Dry January” per capire che il gioco funziona. Un profluvio di articoli facili facili, per proporre un tema di rapido consumo e altrettanto rapido click.

Se proviamo a leggere questi articoli, infatti, troveremo una costruzione piuttosto simile. Ricorrono i titoli con punto di domanda stile “A cosa serve il Dry January?”, “È davvero utile il Dry January?” e così via. In questo senso, la domanda invita al click per scoprire la risposta, ma ciò che normalmente si troverà cliccando uno qualunque di quei link – non importa se in italiano, inglese o altra lingua – sarà un articolo che, muovendosi con la dovuta cautela che non si può non usare quando si tratta di salute, citerà una ricerca compiuta dall’università del Sussex che sostiene i benefici effetti di questa iniziativa per coloro che vi aderiscono.

Prendiamo, tra i tanti disponibili, uno degli articoli meglio realizzati, (non a caso) quello del Post. Che meglio di quanto fanno tanti altri riporta i dati della succitata ricerca.

Una ricerca della University of Sussex guidata dallo psicologo Richard de Visser e condotta su oltre 800 partecipanti al Dry January del 2018 mostrò che, tra quelle persone, non bere nel mese di gennaio aveva favorito una generale riduzione nel consumo di alcol riscontrabile ancora ad agosto. Erano mediamente diminuite sia la frequenza delle sbornie (da 3,4 a 2,1 al mese), sia i giorni della settimana in cui le persone bevevano (da 4,3 a 3,3), sia le unità di alcol assunto in quei giorni (da 8,6 a 7,1).
Le persone riferirono inoltre notevoli benefici immediati tra cui un risparmio economico rilevante, una migliore qualità del sonno e una perdita di peso. E gli stessi benefici e cambiamenti dello stile di vita furono riferiti, seppure in misura minore, dalle persone che avevano aderito al Dry January ma non erano riuscite a rispettarlo perfettamente: dato interpretato dai ricercatori come una prova dell’influenza comunque positiva dell’iniziativa.

Tutto chiaro? Beh, avete provato a cliccare il link alla ricerca menzionata? Rimanda non già alla ricerca in sé, dove si presentano le tesi, la metodologia, i risultati etc… Rimanda ad un comunicato stampa, pubblicato sì sulla pagina della Università del Sussex, ma questo comunicato appare un po’ particolare. Per cominciare non rimanda, nemmeno lui, ad alcun paper da scaricare, ma in secondo luogo è accompagnato dalle frasi del Dr Richard Piper, CEO di Alcohol Change UK, che è – appunto – l’organizzazione che detiene il marchio Dry January. Il dubbio che la ricerca sia stata commissionata, anche se non viene detto espressamente, viene.

Un’ulteriore indagine venne condotta, sempre dall’Università del Sussex, sempre dallo psicologo Richard de Visser, anche nel 2019 e in questo caso si può trovare online il relativo paper [4].

“La ricerca si basa su indagini condotte su due campioni di bevitori adulti. Un campione di iscritti al Dry January è stato reclutato invitando le persone a compilare un questionario online al momento dell’iscrizione tramite il sito web o l’applicazione per telefoni cellulari. Un campione di membri della popolazione generale è stato reclutato da una società di ricerca sociale indipendente. Entrambi i campioni hanno completato i questionari online di riferimento per un periodo di 10 giorni che si è concluso il 5 gennaio 2019”.

Non ci spingiamo oltre nel valutare il merito di queste ricerche, ma ecco, se i presupposti scientifici a corredo di tanta comunicazione sono questi beh… crediamo sia giusto valutarne la consistenza, anche perché, sul fronte opposto, una ricerca enorme per “dimostrare” i vantaggi del bere moderato è stata cancellata dall’NIH statunitense perché c’erano stati semplici contatti tra ricercatori e industria delle bevande alcoliche.

Il Dry January pare proprio essere nient’altro che un altro tassello di sostituzione di momenti simbolici, di passaggio, nel corso dell’anno che, un tempo, erano scanditi dalla religione, e adesso sono scanditi dai riti del consumo. Fateci caso, altrimenti un’altra volta vi raccontiamo quale preciso scadenziario rappresentano Halloween, Ringraziamento, BlackFriday, Calendario dell’Avvento (che non vi serve per andare a messa…), Natale, Capodanno, San Valentino, Spring Break, Pasqua, Festa della mamma: sono tutti maglioncini cerulei, direbbe Miranda ne “Il Diavolo veste Prada”. Tutta roba che CREDETE siano feste vostre, ma lo sono solo in quanto ci spendete i denari.
Se il Dry January fosse come la quaresima dei nostri nonni contadini, sarebbe una pausa da certi alimenti che però non finirebbe con un qualche liberate gli ormeggi. Invece, siamo seri, quanti di noi che hanno pensato al Dry January non assaporano già il finale, come se si auto-caricassero a molla per tornare a bere come Pantagruele?

Peccato, soprattutto perché tutti gli studi più recenti che hanno individuato delle correlazioni positive tra consumo di alcol e protezione cardiovascolare, protezione contro le malattie degenerative e diabete di tipo 2 – senza MAI trovare che questi vantaggi non si accompagnassero comunque a un aumento di rischio di patologie diverse connesse all’alcol, tra cui diversi tipi di cancro – hanno trovato questi “vantaggi” solo per bevitori quotidiani e moderati, nell’ordine di 20 cl di alcol/die per gli uomini e 10 cl/die per le donne.

Dunque, se non bevete, non credete a chi porta ragioni “sanitarie” per iniziare: mente, visto che nessuna società scientifica suggerisce di iniziare a bere, nemmeno quando trova qualche correlazione marginale positiva. Per trarre benefici dalle sostanze minori disciolte nel vino dovremmo prenderci una cirrosi sicura viste le quantità necessarie.

Se bevete e non intendete smettere, non fate l’errore di pensare che se state a secco cinque giorni in settimana allora al sabato vi spetta una bottiglia (che tra l’altro è lo straordinario risultato documentato dalla “ricerca” di Università del Sussex: i suoi bevitori diventati morigerati sono scesi da 7,8 a 6,4 bicchieri di vino rosso al 14% di alcol per volta…), perché la concentrazione dell’alcol in poco tempo elimina i vantaggi marginali e massimizza tutte le conseguenze negative. L’unico modo di minimizzare i rischi, ineliminabili, godendosi la bevanda e guadagnando forse qualche vantaggio marginale (specialmente per alcuni aspetti cardiocircolatori), il consumo moderato e quotidiano è da preferire a qualsiasi stop&go.

Michele Antonio Fino e Tommaso Ciuffoletti

[1] https://trademarks.ipo.gov.uk/ipo-tmcase/page/Results/1/UK00003025919
[2] https://alcoholchange.org.uk/get-involved/campaigns/alcohol-awareness-week-1
[3] https://www.esquire.com/it/news/attualita/a14424817/giornate-mondiali-assurde/
[4] https://www.drugsandalcohol.ie/32647/1/R-de-Visser-Dry-January-evaluation-2019.pdf 

8 Commenti

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Lanegano

circa 4 mesi fa - Link

Dai, NON VALE !!!! :) Intanto questo blog è sicuramente gestito da individui loschi che hanno una punta di sadismo: prima aizzano le folle con testimonianze di soggetti che fanno un mese di astinenza e ne decantano le lodi e poi, quando il malcapitato di turno (tipo me...) decide di fare un mese senza vino (e salumi e carne rossa) dopo le libagioni festive, ZAC! una stilettata al cuore mentre soffre e si dibatte tra le spire delle tentazioni scrivendo che il mese asciutto non vale una cippa. Passando dal faceto al serio, mi è capitato di scrivere in altri post sull'argomento che per quanto mi riguarda non sono bravo nel gioco di equilibrio alcolico: non bevo vino quotidiano e mi capita di stare 7, 8, anche 10 giorni senza alcool per poi lanciarmi in sessioni dove i tappi saltano come grilli e si mangia come se non ci fosse un domani (pochi mesi fa siamo stati salvati solo dal Geffer, Michele, durante una vostra incursione parmigiana, se ben rimembri...). Porterò comunque strenuamente in fondo questo mese di moderatezza e poi vi dico come è andata. Ho già una orizzontale di Barolo 1996 che mi attende all'orizzonte.....

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Tommaso Ciuffoletti

circa 4 mesi fa - Link

Ahahaha! Commento e testimonianza splendida! Personalmente ti dico che io sono favorevole alle astinenze di ogni tipo. Tuttavia, ecco, era importante sottolineare due aspetti che rischiavano di perdersi nel profluvio di articoli che trattavano la questione in modo standardizzato. I due aspetti, credo centrali, sono: 1) il Dry January è un'iniziativa di una lobby e ha a supporto della propria "bontà" ricerche il cui committente pare essere la stessa lobby che promuove il Dry January 2) da un punto di vista della salute .- pur ricordando che l'alcool presente fattori di rischio ineliminabili - meglio un consumo anche frequente, ma moderato, rispetto a intermittenze di astinenze e poi abbuffate senza criterio. Tutto qua. Provare un periodo di astinenza non è certo un male ... ecco, se posso consigliare: magari l'orizzontale 1996 falla insieme ad un nutrito gruppo di amici con cui condividere la gioia e anche le porzioni! ... anzi, già che ci sei: invitaci! ;) Un abbraccio e buona astinenza!

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Lanegano

circa 4 mesi fa - Link

Eh, Tommaso, lo so che purtroppo sarebbe meglio consumare un paio di calici giornalieri invece di dibattersi tra la verginità e l'orgiastico ma purtroppo per ora mi tocca così.... All'orizzontale di Barolo siamo in nove, direi che il convivio è garantito. Cari saluti.

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marcow

circa 4 mesi fa - Link

Sono d'accordo con la tesi centrale dell'articolo che ho ribadito, con parole mie, in vari dibattiti che si sono svolti sul tema dei danni alla salute dovuti all'alcol. Vorrei qui ricordare che sono l'unico, in questo blog, ad esaltare l'alcol come componente importante del vino mentre in generale lo si nasconde nei discorsi sul vino. Ho riassunto il concetto con queste parole: "Il vino senza alcol è una ciofeca" E penso che il miracolo che il vino compie nel cervello degli uomini, quando viene assunto, è dovuto in gran parte a quella sostanza che chiamiamo alcol. La scienza medica ci ha detto ... anche se con un certo ritardo ... che l'alcol oltre a provocare dei danni che si conoscono da secoli, può essere all'origine di una delle malattie più temute dall'uomo. Quest'ultima informazione, se fate una veloce indagine tra i vostri conoscenti, non è ancora molto diffusa tra la gente. Consapevole di questo ... continuo a bere vino ... moderando i consumi ... che possono però variare in circostante particolari. ____ L'articolo, però, contiene anche altri spunti interessanti.

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mariazzo

circa 4 mesi fa - Link

"Il vino senza alcol è una ciofeca" CONFERMO! ahahahaah Purtroppo mi devo ricredere su tutto quello che ho scritto nei commenti ai dealcolati. Ma come San Tommaso, se non ci metto il dito, non ci credo. Durante le festività ho stappato una bollicina NO ALCOL. Dire che era imbevibile farei un complimento. Davvero, se dovessi bere una cosa così, preferirei non bere proprio. :D Detto questo: ho un dubbio su tutta questa questione. Il vino si beve da secoli/millenni; il cancro si conosce relativamente da poco tempo e nel contempo l'aspettativa di vita si è allungata. Mi domando senza andare troppo in là nel tempo: i nostri nonni o bisnonni com'è che non sono morti per cancro "causato dall'alcool"? o meglio dovrebbe esserci stata una moria di persone forse anche più che per il fumo. Perché se l'alcool fa male (e ok) dovrebbe far male sia sotto forma di vino che di birra che di bacardi breezer, ecc.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 4 mesi fa - Link

Il vino fa male in quanto bevanda che contiene alcol. In percentuale ne contiene meno di altre bevande e più di altre. Ma ognuna di esse contiene delle molecole di alcool che il nostro organismo deve scomporre per poterle assorbire. Questo lavoro viene svolto da degli enzimi chiamati alcol deidrogenasi (ad). Ognuno di noi ha una dotazione di questi enzimi diversa dagli altri. Ad incidere su questa dotazione sono - tra le altre - fattori legati al sesso (tipicamente si riscontra una maggiore presenza di ad nei soggetti maschili rispetto a quelli femminili) o al gruppo etnico di provenienza (motivo per cui l'indagine di Lancet citata anche qui, registra dati molto diversi a seconda delle diverse aree del globo da cui provenivano i risultati). Ovviamente, sotto una soglia che è diversa per ciascuno di noi, il nostro organismo è in grado di scomporre le molecole di alcol ed assorbirle con un dispendio inevitabile di energia, ma relativamente poche conseguenze in termini di aumento del rischio di cancro (per dirla semplice). Pur accettando che ci siano soglie diverse da persona a persona, dovendo stabilire una soglia minima generale che esenta dal rischio, quella soglia è sicuramente riferibile a: zero alcool.

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marcow

circa 4 mesi fa - Link

Due articoli con al centro il prof Giorgio Calabrese. Il prof. Giorgio Calabrese è Presidente del comitato nazionale della sicurezza alimentare e docente di dietoterapia all'Università del Piemonte Orientale (Dal Web) 1º articolo È un articolo di ieri su Fanpage che intervista il prof Giorgio Calabrese proprio sul Dry Janyary. Link: "Perché smettere di bere alcol per un mese non è una buona idea, il parere del medico sul Dry January" https://www.fanpage.it/innovazione/tecnologia/perche-smettere-di-bere-alcol-per-un-mese-non-e-una-buona-idea-il-parere-del-medico-sul-dry-january/ ______ 2º articolo È un articolo di Cotarella che aveva organizzato nel 2023 il famoso Simposio Assoenologi su “Vino e salute, tra alimentazione e benessere”. In quel Simposio il prof. Giorgio Calabrese era uno dei più autorevoli relatori, anche per la sua fama mediatica. In quel Simposio il prof. Giorgio Calabrese si schierò in difesa del vino esaltandone i benefici: che era lo scopo del famoso Simposio organizzato da Cotarella. Link: "Calabrese: il vino fa bene alla salute, lo dice la scienza" - Assoenologi https://www.assoenologi.it/enologoonline/enologo-online-marzo-2023/calabrese-il-vino-fa-bene-alla-salute-lo-dice-la-scienza/#:~:text=Una%20moderata%20quantit%C3%A0%20di%20vino,%2C%20tra%20alimentazione%20e%20benessere%E2%80%9D. ____ Conclusione. Il prof. Giorgio Calabrese nell'intervista a Fanpage non fa un minimo accenno al fatto che la SCIENZA MEDICA, di cui fa parte, abbia detto da tempo(anche se non da molto tempo) che l'alcol contenuto nel vino(ma anche in tanti altri prodotti che contengono l'alcol) "può" essere all'origine dell'insorgenza di cancro. Al contrario nel Simposio del 2023 organizzato da Cotarella ha esaltato le virtù salutistiche del vino sempre "dimenticando" di dire quello che autorevoli suoi colleghi medici, anche docenti universitari, non tacciono.

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Sisto

circa 4 mesi fa - Link

marcow, Sai cosa disse Cotarella nel 2023 in un'intervista a margine del convegno citato (la si ritrova nel web)? Tieniti forte: 1) che egli ha "anche" mangiato tanto stufato bello grasso 2) che Leonardo beveva vino Hai capito che fior fiore di argomenti arrivano dal capo mondiale degli enologi? Che tristezza! E poi qui c'è gente che mi contesta/deride perché chiedo fonti, revisione paritaria e IF delle riviste che pubblicano (di cui, tra parentesi, se non erro, sono stato il primo a parlarne qui). È che a sputare puttanate, dal suono pseudoscientifico, senza avere poi l'onere di dimostrarle e provarle, non ci vuole niente, tanto si può contare sul popolo bue che si beve qualsiasi frescaccia.

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