Cagnulari 2015 di Giovanna Chessa. Una che proprio ha il tocco
di Gianluca RossettiCi sono giorni in cui avresti voglia di condividere qualcosa, qualunque cosa. Piazzando gli occhi in faccia al mondo per dire che ci sei, che ne fai parte. Non sempre i talenti soccorrono: soprattutto se non hai chissà che da dire. Eppure la voglia rimane. Suonare a un citofono a caso ma mica solo per raccontare i fatti tuoi: saresti anche disposto ad ascoltare pur di stabilire una connessione qualsiasi. “Buonasera signora, sta bene? I figlioli la vengono a trovare? Ha bisogno di niente?”. Io, per fortuna, batto sui tasti.
Non lo dico che scrivo perché porta male e poi non è vero: scrivere è arte totale; non le puoi dedicare le mezzore avanzate dalla bollitura di un biberon e da una fila alla posta. Per fortuna con la scusa del vino qualcosa riesco a far passare. E mi basta. Ma è un pretesto il vino, non il fine. Ci provo a stare sul pezzo, a non dire di me, a buttarla sul tecnico. Però, adesso che non ci sente nessuno, lo posso confessare: non me ne frega niente del vino!
Facciamo finta che la lente sia quella ma sappiate che è me che state guardando. Questo schifo finirà prima o poi, quando Intravino si stancherà. Io mai. Perché ho l’occasione di passare a ridosso delle vostre vite anche se solo per il tempo di un byte molesto. Poi…Improvvisamente…
Sai cosa? Mi sono accorto che mi piace parlarne. Di vino, dico. Passo ore a studiare e ad assaggiare quel che capita. Se salto un evento tengo il muso. Se non riesco a partecipare a un seminario mi dispero. Devo essere diventato parte del racconto, mio malgrado. Cercare un vino che esprima tutto questo non ha molto senso e ancora più scarse sono le possibilità di trovarlo, per quanto contorte possano essere le fantasie di un vigneron. Ci ragiono ancora su e nel mentre mi capita una bottiglia.
È più acerbo di una melacotogna in agosto, sentenzio. Assolutamente inadatto a un’apertura così precoce, mi dico. Un altro paio d’anni in vetro non guasterebbe, penso. Lo guardo, lo rigiro e, come al solito, me ne frego. Averne distolto la traiettoria da un’evoluzione che avrebbe richiesto più pazienza mi permette di apprezzare doti che sarebbero andate a confondersi nei tratti della maturità. È, per quanto giovane, buonissimo, goloso, acidulo, fruttato, speziato, salino. Me ne verso un dito per iniziare: mi ritrovo a guardarne il fondo in tempi record. Bene così. Avevo ragione io. La perfezione non è di questo mondo, tantomeno del mio. Se in Borgogna fanno uscire subito le bottiglie per quanto capaci di restare in cantina per decenni, vuol dire che un vino ha mille anime. Chi attende la perfezione è vocato alla santità. Chi si dedica al peccato perderà molti lustri in purgatorio, ma avrà parecchio da raccontare prima degli altri.
Vino il cui frutto, ora, è in netta, chiara supremazia rispetto alle componenti altre. Rivela una predisposizione certissima a migliorare se equilibrio assoluto e armonia complessiva sono i principi cui si intende puntare. A me invece interessa anche l’esuberanza giovanile; trovo sia un elemento da non sottovalutare perché mi rende partecipe di un canone per me irrinunciabile: la piacevolezza. Non è raro che associ questo parametro a una certa irruenza adolescenziale. Non è la prima volta che mi accade: ho fatto sonore litigate con chi mi rimproverava di aver stappato anzitempo un Carema 2012 poi rivelatosi buonissimo. Il cagnulari è uva bizzosa, davvero difficile da gestire in vigna e in cantina. Giovanna Chessa ha il tocco. Sa come fare. Me ne sono accorto in una orizzontale di molte aziende che trattano lo stesso vitigno sardo, a valle della quale il suo vino è emerso come testata d’angolo. Assolutamente tra i più espressivi e definiti del reame. Siamo nel nord dell’isola, a Usini (SS), terra d’elezione di un cepage che stava per scomparire e che, per quanto complicato da interpretare, ha trovato chi sa prendersene cura. Diverse le cantine in regione che hanno puntato alla sua valorizzazione. Oggi ho parlato di questa bottiglia ma guardatevi attorno: c’è un bel fermento. E, non ultimo, i prezzi sono davvero, davvero amichevoli.
Cagnulari 2015
Isola dei Nuraghi IGT
Cantine Chessa
Immagine: pagina Facebook di Chessa
6 Commenti
Giovanni Murgia
circa 7 anni fa - LinkSi ma la foto è di uve vermentino :)
RispondiDoc
circa 7 anni fa - LinkGià, forse è meglio che chi digita scelga anche la foto visto che poi in redazione chi compone il post non ricorda che il cagnulari è uva a bacca rossa (ayhòo)
RispondiTino
circa 7 anni fa - LinkCon il Cagnulari ho una "relazione" un pò ambigua... Tante volte avevo di fronte Vini che sembravano ridottivi o ricordavano al brett. Era quello che voleva dire con "..difficile da gestire in vigna e in cantina.." ? Quello di Chessa non ho mai provato, dovrò rimediare!
RispondiGianluca
circa 7 anni fa - LinkCiao. Magari bottiglie sfortunate, non demordere. Dicevo uva difficile: molto soggetta alla botrite per via di grappoli serrati e buccia delicata. Notevole vigoria che impone di contenere le rese. Territoriale al massimo, se la sposti anche di poco dal suo areale non rende. Vuole solo l'alberello. Insomma, una rompiscatole. Tanto estratto, zuccheri, ecc. Se non vinifichi a regola d'arte la finezza non la trovi. Stava per scomparire anche per questo.
RispondiFiorenzo Sartore
circa 7 anni fa - LinkL'immagine è stata sostituita, scusate, è estate e lo stagista era accaldato.
RispondiPuzzolo
circa 7 anni fa - LinkNo non va bene. Si vede benissimo che la mano non ha tagliato uva cagnulari :-)
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