Trebbiano di Capezzana: la verticale di 10 annate

Trebbiano di Capezzana: la verticale di 10 annate

di Sabrina Somigli

Il trebbiano adesso è di moda tra i produttori e gli appassionati, ma non lo era affatto nel 2000, quando inizia la storia del Trebbiano di Capezzana. Allora l’attenzione generale era rivolta a ben altri vitigni e il trebulanum se c’era, veniva per lo più destinato all’appassimento. Ma c’è sempre un pioniere, colui che con coraggio, intuito e conoscenza, fa da apripista. Per il trebbiano toscano, il pioniere porta il nome della famiglia Contini Bonacossi, a cui si deve la “responsabilità” di un grande prodotto (a detta di poi), ma anche la salvaguardia di una varietà locale in via di espianto e abbandono. Il trebbiano di Capezzana, oggi annoverato tra i grandi bianchi italiani, ha segnato una strada per molti a seguire, ed è la pietra miliare con cui confrontarsi.

La storia del trebbiano qui parte ben prima del 2000. Già all’epoca del duca Leopoldo, il vin santo di Capezzana era famoso ed estimato, e vi si coltivava un trebbiano destinato a produrre un vino passito, che nei secoli ha subito in questo luogo una lunga selezione massale naturale. Perché come ci spiega Filippo Bonacossi, le piante hanno una memoria e non potendosi spostare fisicamente, nel corso della vita riescono ad accendere e spengere alcune sequenze di geni in funzione dell’ambiente che le circonda. In poche semplici parole si capiscono tante cose sul concetto di vigne vecchie, spesso abusato nei discorsi.

Le vigne vecchie hanno un genoma adattato al luogo in cui sono cresciute ed esprimono in modo inequivocabile quel territorio che hanno in qualche modo reso parte del loro DNA che si è modificato in situ. Ed è il caso del trebbiano di Capezzana, che ha un grappolo spargolo e piccolo di pochi etti, a differenza del trebbiano produttivo coi grappoloni da oltre 1 kg. A maturità vira verso il colore rosa, non il caratteristico dorato. Ha una produttività e vigoria ridotta anche dovuta alla presenza di ben 7 virosi che attaccano questo biotipo.

Sicuramente la popolazione di individui selezionata nei secoli ha permesso il raggiungimento di certi livelli qualitativi, e una elevata acidità dei vini, che si traduce in livelli di pH sempre sotto ai 3.3.

La verticale di 10 annate a partire dalla 2001 fino alla 2020 evidenzia alcuni tratti distintivi, primo fra tutti la salinità incredibile, che in Toscana ad eccezione di San Gimignano e della costa raramente si manifesta in modo così spiccato. E se nelle prime annate la presenza del legno può essere più evidente, vuoi per legni nuovi, vuoi il momento storico, già dalla 2004 a mio avviso si delinea un chiaro intento di alleggerimento a favore dell’uva che si fa via via più protagonista e sempre meno appesantita da altro.

Si vendemmia le prime settimane di ottobre quindi il mosto fermenta in legno, e una parte in acciaio, segue l’affinamento in barrique e tonneaux per 6 mesi con batonnage e poi riposo in bottiglia per altri 6 mesi.

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Capezzana Trebbiano Igt Toscana Bianco 2001
È l’unico vino della batteria che ha una nota ossidativa più accennata. Questo non è solo il frutto della maggiore età (20 anni), ma anche di alcune problematiche occorse con l’utilizzo di borgognotte per il trebbiano, anziché le bordolesi tradizionalmente usate nei rossi di Capezzana. Questo aspetto mi ha fatto riflettere. Quando si parte con un vino nuovo è tutto nuovo, anche il contenitore, cosa a cui non avevo mai pensato. Quindi la iniziale difficoltà di trovare un tappo idoneo al diametro del collo delle bottiglie ha dato qualche problema di scarsa tenuta, che può aver accelerato il processo di ossidazione del vino. Al naso è tendenzialmente dolce, con sentori di frutta secca, banana disidratata, uvetta e cenni di fungo secco. Ha i sentori tipici dei trebbiano che fanno lunga macerazione (ma che qui non avviene): buccia di mela su tutti. In bocca è deciso, con una massa alcolica che sovrasta un poco l’aspetto fresco. Chiude con netto varietale ammandorlato che vira verso l’amaretto e la nota salina evidente presente fin dalla prima annata.

Capezzana Trebbiano Igt Toscana Bianco 2004
Già si comincia a intravedere una sorta di intento stilistico che lascia i tratti di opulenza di moda nei primi anni duemila: come dire il buongiorno si vede dal mattino. Un vino coraggioso direi, e assolutamente attuale come gusto e come tenuta, che a tratti ci porta oltralpe con le sue note di idrocarburo ben evidenti, non così comuni nei trebbiano giovani. Ci spinge quasi a un confronto con i grandi riesling o sauvignon maturi e ricchi di sentori di combustibile. Per me un sorso di assoluta eleganza, per niente scontata nel trebbiano. Al naso la mineralità forte si sposa a cenni di caramella mou, dragoncello secco, semi di finocchio e arachide. Cambia anche la texture in bocca, si fa come più oleoso rispetto alla 2001, ma conserva una grande scorrevolezza fresca. È decisamente salato e rinforza la salivazione in chiusura che riporta al naso frutta secca tostata e sentori di fumo.

Capezzana Trebbiano Igt Toscana Bianco 2005
Annata molto asciutta sin dal principio che però in settembre ha portato fortunatamente piogge, permettendo alle uve una completa maturazione con raccolta ai primi di ottobre. Naso al primo impatto dolce di confetto alla mandorla, che poi cede spazio a fiori secchi, foglie di tè e cenni di cognac, che del resto è ugni blanc. Sorso ricco, con alcune note ferrose quasi di ruggine, frutta secca e una chiusura molto bella mentolata. Da l’idea di un sorso ben risolto e godibile tuttora.

Capezzana Trebbiano Igt Toscana Bianco 2007
Annata calda, che sembra però non aver avuto un così forte impatto sul vino, che ha sì una certa importanza alcolica ma che risulta al sorso contenuta e bilanciata da una freschezza quasi inattesa per la 2007. Ritorna al naso l’idrocarburo più leggero, erbe aromatiche e qualche spunto agrumato. L’equilibrio in bocca si risolve in un sorso rotondo, ma agile, con una chiusura molto salata che quasi rivela cenni marini e una freschezza amarognola di buccia di agrume che stuzzica la retrolfattiva. È un vino che lascia un poco stupiti per una evoluzione diversa dagli altri, più contenuta e meno spinta. Solo più tardi ci sarà rivelata la chiusura con tappo stelvin anziché con sughero come in tutte le altre annate. Altro spunto per riflettere sul tappo a vite.

Capezzana Trebbiano Igt Toscana Bianco 2011
Annata non semplice per una strizzata di freddo arrivata in primavera che ha rallentato la crescita della vegetazione. L’estate siccitosa e le alte temperature hanno portato a un calo di produzione. Il frutto è maturo, polpa bianca, cenni di sidro e buccia di mela, cannella e una certa burrosità al naso. Il sorso si fa piccantino di pepe bianco, l’aspetto minerale è più ghiaioso e il finale ricorda la caramella d’orzo. Un leggero cenno di stanchezza sul finale caldo.

Capezzana Trebbiano Igt Toscana Bianco 2013
Annata classica nel suo sviluppo, con inverno mite primavera fresca e piovosa. Estate regolare non troppo siccitosa e un bel settembre. Un ottimo sorso che non richiede troppa concentrazione o necessità di spiegazione: è immediato e ben comprensibile, si assottiglia pur non perdendo i suoi caratteri distintivi tra mela, frutta a polpa bianca, floreale di acacia. Il sorso è snello, molto elegante che ritrova freschezza citrina, cenni iodati, quasi uno sbuffo di acciuga così tipico dell’atro vitigno toscano per antonomasia.

Capezzana Trebbiano Igt Toscana Bianco 2015
Oro giallo brillante, il colore parla già da solo e ci preannuncia che sarà particolarmente buono. Ed è proprio così. Sa di zafferano, iodio, gesso, camomilla, si intravedono note mentolate e pepe bianco. È un vino molto saporito, quello che al momento è al suo apice, in assoluto il più completo e preciso, col suo bel respiro fresco di agrume in retrolfattiva, aderisce al palato con mineralità ghiaiosa e quasi zenzero piccante sul finale. Annata celebrata a ragione.

Capezzana Trebbiano Igt Toscana Bianco 2017
Annata difficile che ha visto una produzione molto ridotta del trebbiano. Sembra più maturo delle due annate precedenti, maturità che si manifesta in mela cotogna, cenni di banana disidratata e speziatura dolce. A dispetto di un naso con evidenze dolci il sorso non piega alla surmaturità e la componente sapida diventa il fattore chiave per la tenuta in bocca.

Capezzana Trebbiano Igt Toscana Bianco 2018
Annata piuttosto umida, che ha comportato la necessità di una costante monitorazione dello sviluppo parassitario in vigna. Qui ci troviamo davanti al baby trebbiano, troppo giovane per rivelarsi nella sua complessità. Naso restìo, che accenna acacia, ginestra, zafferano e mandorla cruda. Anche al sorso si mostra più nelle sue dimensioni di acidità e qualche ruvidezza astringente. Al solito la sapidità, che diventa quasi piccante, ci riporta a Capezzana in direttissima. Da attendere, secondo me regalerà belle sorprese.

Capezzana Trebbiano Igt Toscana Bianco 2020
Gran bella annata per andamento stagionale. Ha tanto floreale evidente, cenni di sapone di Marsiglia, mughetto, menta piperita. Bocca che verdeggia, tesa e nervosa di acidità che ha da integrarsi. Ci rivediamo tra 5 o 6 anni per celebrare le lodi della 2020.

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Sabrina Somigli

Chiantigiana di nascita, microbiologa di formazione, poi sommelier e ristoratrice per vocazione. Raccolgo erbe spontanee e non è colpa della laurea in scienze agrarie; amo il vermouth liscio e il brodo caldo ma non per questo so sferruzzare a maglia. Mi sono appassionata al vino più o meno vent'anni fa, quando lavoravo in Tasmania; ci rido ancora pure io, tranquilli. Credo nel bevi e lascia bere e raccontane se vuoi, ma sii breve.

1 Commento

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erique

circa 3 anni fa - Link

bella la scelta - ultimamente più marcata del solito, sarà solo mia impressione - di aver cura di inserire spesso la foto delle etichette in un pezzo dedicato a una o più cantine. alla fine funziona come promemoria visivo. visto che siamo tutti pieni di liste dei desideri personali tra dischi, vini, film e mille altre passioni possibili, segnarsi tutto diventa complicato (e faticoso). buttare invece un occhio, anche veloce, alle etichette in un pezzo permette di memorizzare agilmente una bottiglia. poi casomai l’immagine resta mesi in uno scantinato della memoria, ma poi riemerge appena la trovi sullo scaffale di un’enoteca. con me funziona.

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