Quello che il Nero d’Avola ha da dire, parola di Mark Pygott MW

Quello che il Nero d’Avola ha da dire, parola di Mark Pygott MW

di Jacopo Cossater

Why should we care about Nero d’Avola? È così, come si vede bene anche in foto, che Mark Pygott ha introdotto una masterclass dedicata a uno dei vini rossi dell’Italia Meridionale più conosciuti e diffusi nel mondo. L’occasione della recente Sicilia En Primeur (qui alcuni dei migliori assaggi di quei giorni) è stata infatti buona anche per alcuni approfondimenti dedicati a vini e denominazioni regionali. Appuntamenti condotti da Master of Wine di diversa provenienza ed estrazione che, ognuno con le proprie caratteristiche, hanno raccontato la propria visione rispetto a uno specifico argomento. Scordatevi quindi analisi particolarmente approfondite sulle differenze territoriali o espressive del Nero d’Avola: anche quello di Mark si è rivelato, come spesso capita in presenza di Master of Wine che non hanno una lunga esperienza di assaggio e di studio legata al tema della degustazione, approccio quanto mai pragmatico, rivolto prima di tutto al mercato.

Introducendo la degustazione Mark ha ricordato alcune cose molto semplici, utili a mettere qualche punto fermo: quanto per esempio quello del vino sia mondo molto sfaccettato, fatto di persone con gusti molto diversi tra loro. E ancora: una delle grandi forze dell’Italia nella sua interezza ha a che fare con il crescente interesse nei confronti dei vini meno conosciuti o celebrati, quelli che insomma riescono in qualche modo a sfuggire alla corazzata ben rappresentata da Toscana e Piemonte. Se queste sono cose che vanno ancora ribadite, nel 2017? A quanto pare sì, specie dove il vino gioca un ruolo da attore non protagonista. In Cina, per esempio.

Why should we care about Nero d’Avola, quindi?

  • Because not everyone wants to drink Nerello Mascalese. L’idea è quella che i vini rossi dell’Etna per le loro peculiarità più naturali, specie per quel tannino a volte così graffiante, si rivolgano a bevitori piuttosto evoluti, che frequentano il vino da molti anni e che sono in grado di apprezzare quelle durezze che ne caratterizzano il profilo gustativo.
  • Because Nero d’Avola is a wine that provides a perfect gateway to introducing the joy of wine into developing markets. Va da sé che il Nero d’Avola, vino rosso caratterizzato da una certa morbidezza alcolica e da una sicura esuberanza del frutto, sia quindi perfetto per bevitori meno esperti, che nel vino cercano una bevanda in qualche modo rassicurante.
  • Because Nero d’Avola is more than a one trick pony. Al tempo stesso non è possibile racchiudere il Nero d’Avola in un recinto così stringente, si tratta infatti di vino che viene prodotto nei luoghi più diversi, che si tratti della costa o dell’entroterra siciliano, ad altitudini molto differenti. Si tratta quindi di un rosso capace di presentarsi sul mercato con etichette molto diverse fra loro, e questa varietà non può essere che positiva.
  • Because Sicily needs Nero d’Avola to work, and anyone with an ounce of passion loves Sicily. Per numeri e per diffusione il Nero d’Avola è il naturale ambasciatore della Sicilia nel mondo, vino che rappresenta una perfetta cartolina per una delle regioni italiane più amate all’estero.

La degustazione ha inizio con un campione da considerarsi come zero, che secondo Mark incarna perfettamente ciò che ci si dovrebbe aspettare dalla tipologia. Si tratta del Nero d’Avola 2015 di De Gregorio (16,5+/20), rosso prodotto nella zona di Monreale, Palermo, a un’altitudine di circa 220 metri sul livello del mare. Caratterizzato da un bel bouquet di frutta matura e impreziosito da una punta di cioccolato fondente e di pepe nero, è succoso e articolato, frenato solo da una trama tannica piuttosto tenace, specie in chiusura. Si tratta (forse) solo una questione di tempo, anche solo qualche mese di permanenza in bottiglia potrebbero influire nel renderlo maggiormente armonico.

L’assaggio prosegue con tre vini che sempre secondo lui ben possono rappresentare quello che è “l’effetto dell’altitudine”. Il Nero d’Avola “Alto” 2015 di Tenuta Rapitalà (15,5/20) viene prodotto a Camporeale, Palermo, a un’altezza di circa 550 metri. La frutta è centrata sulla ciliegia, c’è vaniglia e un piacevole ricordo di pepe bianco. È assaggio largo, il cui calore tende a risultare leggermente bruciante, specie in chiusura. Il Nero d’Avola “Vrucara” 2013 di Feudo Montoni (17/20) viene prodotto a Cammarata, Agrigento, a circa 500 metri e ha grande complessità: alle tipiche note di ciliegia, in questo caso quasi sotto spirito, si affiancano menta, liquirizia, eucalipto. È rigoroso, appagante, splendidamente calibrato tra calore e freschezza. Il Nero d’Avola “Rosso delle Rose” 2014 di Masseria del Feudo (16+/20) proviene dalla zona a sud-ovest di Caltanissetta a circa 480 metri sul livello del mare. Un classico: belle note di frutta rossa, specie di ciliegia, si affiancano a sentori appena più selvatici da una parte e un po’ più soffici dall’altra, vaniglia e tabacco. È fresco, caratterizzato da una buona beva anche se un filo largo sul finale. Il Nero d’Avola “Sàgana” 2014 di Cusumano (16,5/20) viene prodotto a Butera, Caltanissetta, a circa 350 metri. È ben rifinito tra frutto e note che richiamano un rovere di grande piacevolezza, sentori solo accennati che rendono più complesso un impatto olfattivo molto netto, preciso, a tratti profondo. Un rosso che non eccede nel calore e la cui trama tannica “lavora” molto bene, è saporito e lungo.

La degustazione continua con un focus sul rapporto del Nero d’Avola con il legno. Non che i precedenti non fossero stati vinificati o lasciati maturare in botti, semplicemente secondo Mark i seguenti possono essere più utili per approfondirne la relazione. Il Nero d’Avola “Versace” 2014 di Feudi del Pisciotto (17-/20) viene prodotto a Niscemi, sempre in provincia di Caltanissetta, a circa 100 metri e nel bicchiere apre con raffinatezza grazie a toni di spezie mai troppo invadenti che ben ne bilanciano l’esuberanza fruttata. È fresco, appagante, piacevolissimo grazie anche a una bella vena di acidità che dona ritmo a tutto l’assaggio. Il Nero d’Avola “Lu Patri” 2014 di Baglio del Cristo di Campobello (16/20) viene prodotto in provincia di Agrigento, a Campobello di Licata a un’altezza tra i 230 e i 270 metri. È rosso di grande intensità, avvolgente, caldo e maturo, caratterizzato da belle note balsamiche da cui emergono toni di liquirizia e di vaniglia, anche se appena accennata. È elegante, dalla trama tannica rifinita e vellutata, appena bruciante nel calore, sensazione che si trasforma in una nota un po’ amarognola in chiusura. Il Nero d’Avola “Duca Enrico” 2012 di Duca di Salaparuta (16/20) viene prodotto da vigneti nella zona di Gela, Agrigento, tra i 200 e i 300 metri. È saporito, ben calibrato tra frutto e spezie. In particolare invita al riassaggio grazie a freschezza e allungo. A distanza di 5 anni un bell’esempio di evoluzione nobile.

Infine tre vini che provengono dalla zona più a sud-est della Sicilia, quella che più è intimamente legata al Nero d’Avola. Per il sottoscritto forse quelli più rappresentativi della tipologia tra quelli in assaggio, molto solari, saporiti, mai eccessivi nel calore e anche per questo molto godibili, da bere a sorsi generosi (in particolare i primi due). Il Nero d’Avola 2015 di Zisola (17/20), la tenuta siciliana dei toscani Mazzei, viene prodotto nell’omonima contrada non lontano da Noto, Siracusa, a un’altezza di circa 130 metri. Un rosso di discreta ampiezza, specie in relazione ai suoi profumi più fruttati, che esprime una bella nota agrumata e sentori levigati e nobili di spezie dolci, che richiamano il rovere. È composto, elegante, raffinato, disteso. Il Nero d’Avola “Santa Cecilia” 2013 di Planeta (17+/20) viene da Noto a un’altezza di 35/40 metri sul livello del mare. Anche in questo caso il frutto più rosso, quello che richiama la marasca, è affiancato da belle note agrumate prima, balsamiche poi. Un rosso che si muove su almeno due diversi strati, con la compattezza necessaria a dargli corpo da una parte, con quella leggerezza necessaria a renderlo più filiforme dall’altra. Godibilissimo grazie anche a una leggera scia più sapida in chiusura. Il Nero d’Avola “Sergio” 2011 di Barone Sergio (16,5-/20) viene da Pachino, sempre Siracusa, e da un’altezza di circa 70 metri. È giocato su un profilo meno fruttato, più vegetale e per certi versi più terragno. Sensazioni che al palato lo rendono intrigante grazie anche a una trama tannica particolarmente integrata all’assaggio e a un’insospettabile freschezza.

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

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